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Autore: Yumeji    28/02/2018    0 recensioni
Alternative Universe ambientato in una Londra di fine 800 (per quanto vi siano citati eventi, personaggi e luoghi realmente esistiti, vista la natura asiatica dei personaggi e per alcuni anacronismi, non è da considerarsi storica), quali ruoli ricoprono i nostri beniamini in un ambiente tanto diverso, eppure non troppo dissimile, dal loro abituale?
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- Un cadavere? - aveva domandato Dazai nel socchiudere la porta, in modo da poter scrutare i due dall'interno ed accertarsi se fossero davvero chi affermavano di essere. Si era quindi trovato di fronte due giovani poliziotti dai volti imbarazzati, scossi all'apparenza da un forte disagio e probabilmente indecisi sul da farsi, essendo stati abbandonati lì fuori, ad attendere sulla corta scalinata che precedeva l'ingresso agli appartamenti, da una buona decina di minuti.
- Un cadavere - confermò uno dei due, ricomponendosi e prendendo un'espressione grave nell'incrociare lo sguardo di Dazai, - Ci hanno mandati a chiamarla - aggiunse avvicinandosi alla soglia, probabilmente per cercare di aprirla ed entrare. Non doveva essere piacevole rimanere fuori al freddo, sopratutto se si doveva rimanere fermi per un lungo periodo.
- Devo vestirmi, datemi un momento - non aveva potuto non accarezzare il proprio sadismo Dazai, congedandosi chiudendogli la porta in faccia.
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Ryuunosuke Akutagawa, Un po' tutti
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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ATTENZIONE: Essendo la maggior parte dei personaggi di BSD asiatici e vista la presenza di alcuni anacronismi storici (e di licenza poetica che verrà chiarita inseguito), questa fanfic, nonostante faccia riferimento a fatti realmente accaduti e citi luoghi e persone realmente esistite, non è da considerarsi storica ma un AU ambientato in una Londra di fine 800... chiarito questo punto,
Godetevela!


DEAR BOSS...



Si trattava di una donna bianca fra i trenta e i quarant'anni, indossava vesti vecchie e logore dal colore slavato, stivaletti dalla suola consunta e rovinata, avevano un foro vicino al tallone destro e all'apparenza parevano essere stati riassemblati assieme varie volte. Mal nutrita, la pelle delle sue mani era rovinata, ma non si trattava dei segni di una colluttazione, probabilmente era o era stata per lungo tempo una lavandaia. Forse abitava nei pressi del porto, visto il luogo in cui era stata trovata, oppure aveva perso il lavoro nell'ultimo periodo e non aveva trovato altro modo di guadagnare se non andando a battere per strada. Era però difficile che una donna di quell'età, per quanto fosse in ristrettezze economiche, prendesse una decisione simile, in più portava appuntata al petto una spilla con l'effige di un qualche santo. Doveva trattarsi di una cristiana devota, e se ciò era vero, visto il suo credo non poteva essersi ridotta a vendere il proprio corpo. Senza contare che mancava del trucco e del tipico abbigliamento osceno a cui le prostitute dei bassi borghi erano dedite. Sul suo viso mancava anzi ogni traccia di qualche abbellimento estetico e per ciò era ben visibile il tipico invecchiamento precoce di chi era un fumatore incallito. Ed era proprio a causa di quest'ultimo fattore se Dazai faticava a farsi un idea precisa della usa età, solitamente si dava una soglia d'errore di due o massimo di tre anni, non certo di una decina. Lo stile di vita della donna, probabilmente difficile ed estenuante, doveva però averne debilitato il fisico e la salute. Viste le condizioni in cui versava, e riscontrando un sospettoso rigonfiamento all'altezza del fegato, nonostante il resto del corpo fosse pelle d'ossa, non sarebbe comunque vissuta ancora a lungo, quattro anni al massimo. E forse era stato meglio per lei finire sgozzata ad un angolo della strada che spegnersi a seguito di una malattia debilitante, probabilmente incapace di coprire le proprie spese mediche e morendo alle porte di una clinica comunque non molto lontano da dove il suo cadavere quel mattino era stato trovato.
Non era una vista piacevole, ma non era neppure la peggiore che Dazai avesse visto, eppure si trovava a sbuffare insofferente di fronte all'ennesimo cadavere. Era solo l'alba, ma si sentiva già esausto e il male di vivere che lo coglieva era peggiore del solito.
Per lui la giornata non era iniziata nel migliore dei modi, un risveglio affatto lieto lo aveva strappato con violenza al mondo onirico per gettarlo brutale in quella gelida Londra coperta da una sottile coltre di neve. Sbraitando come un cerbero idrofobo la sua affittuaria era penetrata nella sua camera d'improvviso, senza neppure bussare alla porta. Simile ad un tifone aveva attraversato a passi pesanti la camera e con fare brusco aveva aperto le imposte alle finestre, sbattendole con violenza e  facendo entrare il gelo di un nuovo giorno, in cui però il sole non si era ancora neppure lontanamente affacciato all'orizzonte, nella stanza. Notando l'oscurità al di fuori, Dazai si era limitato ad ignorare la donna e le sue parole che, nella letargia del dormiveglia, non riusciva a tradurre in suoni comprensibili al suo orecchio. Rigirandosi nelle coperte le aveva dato ostinato le spalle, avvolgendosi nelle lenzuola come in un bozzolo, cercando di fuggire al freddo che inesorabile aveva cominciato ad arrivare dalla finestra spalancata. Probabile che avesse nevicato di nuovo, aveva pensato un momento prima di trovarsi a rotolare giù dal letto, le lenzuola sottratte da quel diavolo della sua affittuaria che ancora aveva insistito per farlo alzare. Dazai si era trovato ad imprecare, dolorante per l'impatto avuto con il pavimento, avvertendo a quel punto una certa irritazione colmargli il petto. Non comprendeva il motivo di tutta quell'insistenza. Anche se ci fosse stato un incendio nell'edificio, quella donna lo mal sopportava al punto che lo avrebbe abbandonato al suo destino senza pensarci due volte, anzi, probabilmente sarebbe stata felice di potersi liberare di lui, avendo così la possibilità di guadagnarci, trovandosi con la camera libera e potendo cercare un nuovo affittuario.
- Perché tutta questa violenza gratuita? - aveva domandato mettendosi faticosamente seduto sul freddo pavimento, tastandosi la parte del viso dolorante che aveva cozzato malamente a terra.
- A chi sta dando della violenta?! - si era subito offesa la donna, gettandogli addosso le coperte che ancora aveva tenuto strette, - Dovrebbe solo ringraziare viste tutte le premure che le concedo! Devo forse ricordavi che non sono la sua domestica?!! - aveva continuato a sbraitare per un po'. - Se avessi saputo chi mi stavo portando in casa non le avrei mai concesso di abitare qui. Lei è solo un ingrato trasandato e pigro! - quel donnone di un metro e cinquanta per ottanta chili aveva preso ad scrutarlo con sguardo arcigno ed accusatore, le mani appoggiate sui fianchi in una posa inquisitoria che probabilmente il marito della donna, prima di scappare con una ballerina due anni prima, aveva ben temuto e conosciuto.
- PERCHE' E' ANCORA SEDUTO!? SI MUOVA! - lo aveva incitato aumentando il volume della voce, rendendola ancora più acuta ed isterica, provocando un espressione sofferente in Dazai che piegò le labbra in una smorfia, pareva un pipistrello quando emetteva degli ultrasuoni.
- Muovermi per andare dove..? - si era trovato a domandargli Dazai, sempre al quanto confuso, alzandosi in piedi con aria svogliata, usando le coperte che la donna gli aveva lanciato per coprirsi in qualche modo, la vestaglia che usava per dormire era piuttosto leggera e la finestra era rimasta ancora aperta.
- Ma ha ascoltato una sola parola di quello che le ho detto?!! - in risposta lui si era limitato ad osservarla con un'espressione assente e al quanto assonnata, - Ci sono due uomini alla porta che chiedono la sua presenza! - si era dovuta rispiegare, non meno seccata di poco prima. - Ovviamente non li ho fatti entrare, chi farebbe mai entrare due sconosciuti a quest'ora indecente? Di certo si tratta di delinquenti, chi altri potrebbe mai essere tanto maleducato da disturbare una donna di buona fede durante le giuste ore che il Signore le ha concesso di sonno?! - aveva nuovamente cominciato a divagare, incrociando forzatamente le braccia al petto contro il seno e il ventre prominenti.
- Due uomini? - aveva subito drizzato le orecchie Dazai, svegliandosi del tutto, lo sguardo reso sottile dal sospetto, - Non avevano nulla di particolare, questi "due uomini"?  -aveva domandato, interrompendo le inutili chiacchiere della affittuaria, la quale avrebbe potuto andare avanti per tutto il giorno se nessuno gli avesse fatto fare una tregua.
- Indossano delle divise e dicono di essere della polizia - gli aveva rivelato sempre con quel suo fare altezzoso ed offeso, - Ma avevano entrambi la faccia da poco di buono, in più lei sa cosa penso dei poliziotti - a quel punto però Dazai non era più rimasto nella stanza ad ascoltarla. Di scatto si era gettato fuori dalla porta, finendo quasi per capitolare giù dalle scale dalla foga, inciampando nelle lenzuola con cui si copriva. Ovviamente, chiunque con un po' di sale in zucca avrebbe compreso che, se la polizia si presentava alla porta ad un'ora così tarda, non era certo per portare buone notizie.
- Un cadavere? - aveva domandato Dazai nel socchiudere la porta, in modo da poter scrutare i due dall'interno ed accertarsi se fossero davvero chi affermavano di essere. Si era quindi trovato di fronte due giovani poliziotti dai volti imbarazzati, scossi all'apparenza da un forte disagio e probabilmente indecisi sul da farsi, essendo stati abbandonati lì fuori, ad attendere sulla corta scalinata che precedeva l'ingresso agli appartamenti, da una buona decina di minuti.
- Un cadavere - confermò uno dei due, ricomponendosi e prendendo un'espressione grave nell'incrociare lo sguardo di Dazai, - Ci hanno mandati a chiamarla - aggiunse avvicinandosi alla soglia, probabilmente per cercare di aprirla ed entrare. Non doveva essere piacevole rimanere fuori al freddo, sopratutto se si doveva rimanere fermi per un lungo periodo.
- Devo vestirmi, datemi un momento - non aveva potuto non accarezzare il proprio sadismo Dazai, congedandosi da loro con fare chiocciante e chiudendogli per una seconda volta la porta in faccia, gustandosi divertito quelle espressioni allibite e colme di sconcerto. Erano pur sempre venuti a disturbarlo nel cuore della notte e per colpa loro la sua affittuaria lo aveva aspramente rimproverato, si meritavano di finire morti assiderati. Si era detto sul momento, per poi ragionare, mentre era intento a vestirsi, che l'unico a cui dovesse dare la colpa era il (o la) pazzoide che se ne andava in giro in una notte tanto fredda a commettere un omicidio. Quel (o quella) dannato/a non pensava neppure un po' al quel povero medico legale che si sarebbe trovato ad essere trascinato fuori dal letto ed obbligato a recarsi sulla scena del suo delitto? Dov'era la sua pietà?
"Gli assassini sono così egoisti" aveva pensato nel prendere la sua vecchia borsa nera con gli utensili da lavoro, quella tipica di tutti i medici o laureandi in medicina e che si diceva essere posseduta persino dal famigerato Jack lo Squartatore.
- Sveglia Akutagawa! - urlò, trovandosi a schioccare ripetutamente le dita davanti al viso del suo assistente (sfruttato però come se fosse un segretario), il quale si era addormentato in piedi con ancora in mano il taccuino e la matita con cui si appuntava le prime impressioni avute da Dazai nell'esaminare superficialmente un corpo.
- Se hai di meglio da fare posso trovare qualcun altro per fare il tuo lavoro - lo minacciò rivolgendogli uno sguardo gelido e furente, essendo d'umore nero vista la pessima mattinata avuta. Ovviamente stava mentendo, ma l'altro ci cascava puntualmente ogni volta e c'era qualcosa di molto comico nell'espressione spaventata che riusciva ad indurgli. - Allora..? - lo incitò porgendogli la mano, trovandosi però ad incrociare il suo sguardo confuso, - Hai intenzione di farmi leggere i tuoi appunti o devo rimanere tutto il giorno qui a gelare finché non ti decidi? - lo apostrofò severo, ricevendo subito il taccuino su cui, come poté riscontrare, il corvino aveva annotato scrupoloso tutte le osservazioni da lui fatte, e anche alcuni commenti non pertinenti, da quando era arrivato sulla scena del caso. - Bene...- strappò le pagine interessate e gli restituì l'oggetto, - Ora riscrivi tutto in maniera leggibile - gli ordinò mentre si teneva i suoi appunti, accartocciandoli nel pugno e poi infilandoseli in tasca. - Te li ricordi, vero? Infondo li hai appena scritti - aggiunse con una nota di crudele e freddo sarcasmo, l'avere qualcuno da tiranneggiare e punzecchiare a piacimento rasserenava almeno un poco l'animo cupo con cui si era alzato. Questo però significava che sarebbe stata una giornata al quanto difficile per Akutagawa.

"Felice di non essere un suo sottoposto..." pensò il vice ispettore Tanizaki osservando in silenzio e vagamente intimorito la scena, per quanto il corvino non fosse nelle sue simpatie, provava un poco di pietà nei suoi confronti.
- Voleva chiedermi qualcosa "agente"? - si trovò a sussultare nel ricevere su di se l'attenzione di quel Dazai di pessimo umore, il che in realtà era il motivo per cui gli si era avvicinato.
- Ehm... ecco - iniziò a balbettare sentendosi vagamente mortificato nel trovarsi con ancora addosso il proprio precedente incarico. "Fa ancora finta di non ricordare che sono stato promosso.." pensò con un sospiro insofferente, preparandosi ad affrontarlo, avvertendo la mancanza dell'ispettore capo Kunikida alle proprie spalle. Il suo superiore aveva sempre saputo come gestire i comportamenti tal volta problematici di Dazai, per quanto spesso usasse metodi non ortodossi per richiamarlo all'ordine.
- Vice ispettore..- puntualizzò Junichiro con aria quasi dispiaciuta e un sorriso tirato, - Noi abbiamo finito con le rilevazioni preliminari, e devo chiedervi se possiamo spostare il corpo, signor Da.. -
- Sì, sì..- lo interruppe lui con aria svogliata, - Qui abbiamo finito anche noi, portatelo al mio laboratorio - ordinò, cercando di allontanarlo con un gesto vago con la mano.
- Intende l'obitorio? - gli domandò confuso, incapace di interpretarne il gesto,
- Sì, quello - confermò, tenendo l'aria superficiale e annoiata di quando non trovava nulla ad interessarlo. Non molto dissimile dall'atteggiamento che coglieva il detective privato Ranpo quando un caso si dimostrava fin troppo noioso per il suo impareggiabile intelletto. Ma se nel caso di Edogawa era la noia a renderlo insofferente, per Dazai era l'irritazione per essere stato disturbato ad un orario indecente ed essere poi costretto ad osservare il sole svolgere sul Tamigi in una mattinata gelida di gennaio. - Comunque, sono molto impegnato, quindi non credo che riuscirò a fare degli esami più approfonditi prima di uno o cinque giorni -
- C-cinque giorni? - sobbalzò Tanizaki incredulo, ora stava esagerando, pensò. Quando c'era Kunikida, l'altro non si era mai permesso di prendersi simili libertà.
- Eh, sì... è quasi una settimana, giusto? - si tenne sul vago mentre prendeva a grattarsi la nuca, non trattenendo uno sbadiglio, - Bhé, sapete ci sono altri cadaveri che hanno la precedenza, quindi dovrete aspettare. Intanto accontentatevi di questi - frugò nella tasca e gli consegnò gli appunti accartocciati che aveva sottratto ad Akutagawa. - Sono i risultati di una prima osservazione, non prendete tutto come oro colato, sopratutto sull'ora del decesso. Al momento è tutto molto approssimativo, ma sono certo che voi della polizia farete del vostro meglio - chiocciò fingendosi amichevole, rivolgendo al giovane vice ispettore una pacca sulla spalla. - Ora è meglio che vada - annunciò tirando fuori un orologio dalla proprio tasca adocchiandovi l'ora, e che Tanizaki riconobbe essere il proprio. "Ma quando lo ha..?" non ebbe il tempo di stupirsene o di fermarlo che l'altro già se ne stava andando, -  Avete visto? Neppure le sei e mezzo! Ho come minimo almeno due ore di sonno arretrato da recuperare - li salutò senza più voltarsi, evitandosi di rivolgere un altro sguardo a quel vicolo deprimente e al corpo che lo occupava. Non aveva null'altro da fare lì, e sapeva che Akutagawa si sarebbe assicurato che il cadavere raggiungesse l'obitorio sano e salvo, per quanto non fosse la definizione più appropriata.
- Mi ha... mi ha rubato l'orologio? - biascicò Tanizaki un poco sconvolto e interdetto, quello era un uomo assurdo, - Ha rubato l'orologio ad un agente della polizia?? - disse ancor più confuso, trovandosi come unico ascoltatore Akutagawa, il quale gli rivolse in risposta uno sguardo indecifrabile, con cui cui pareva volerlo scrutare dall'alto in basso.
- Ma non aveva detto d'essere un vice ispettore? -  puntualizzò, per poi tornare a trascrive per la seconda volta i propri appunti, come Dazai gli aveva ordinato, stando ben attento a non commettere la minima sbavatura o distrazione.
- E tu cosa saresti? Una specie di beccamorto? - replicò lui aspramente , ricordando come fosse proprio quel atteggiamento che ne suscitasse l'antipatia, in qualche modo lo avvertiva come il suo antipodo, non gli riusciva di sopportalo.
Presto Tanizaki cominciò a comprendere perché Kunikida avesse infine preferito accettare quella promozione che lo delegava ad un lavoro d'ufficio, ben lontano da quello sul campo a cui aveva donato anima e corpo per anni. Probabilmente era stato per bloccare quel inizio di calvizie che, l'aver sempre a che fare con quel coroner lunatico e il suo assistente vestito da becchino, gli aveva provocato.
"Se inizio a perdere i capelli Naomi non me lo perdonerà" pensò stringendo con fare frustrato le pagine di note che Dazai gli aveva lasciato. Era tutto ciò che aveva per iniziare ad indagare sul caso. No, quella non era proprio una buona giornata per nessuno.


- DAZAI!! - la voce del neo-eletto commissario di uno dei quartieri più popolosi della city si propagò alta e furente all'interno del freddo obitorio, accompagnato dal suo passo di marcia, frettoloso e pesante. Non pareva disturbarlo interrompere il silenzio mortifero che regnava incontrastato fra i tavoli su cui i cadaveri, nascosti sotto ad un sottile lenzuolo di un bianco sporco, riposavano. - Cosa significa che vuoi far aspettare a Tanizaki una settimana prima dei referti? E cosa diavolo sono quei appunti striminziti che gli hai dato!? - in realtà, per quanto sbraitasse, era ben consapevole che non si trattava più della sua giurisdizione, e non avrebbe avuto quindi voce in capitolo sul caso. Non aveva però potuto astenersi da allungare un orecchio quando aveva sentito il suo segretario Tayama, mentre era intento a sedersi alla scrivania con le spalle avvolte da una coperta - era noto il suo essere un eccentrico freddoloso e talvolta svogliato -, raccontare di quale sfortuna fosse stata per quel nuovo "vice ispettore" trovarsi a dover gestire il suo primo caso ufficiale con quel coroner che amava sbranare i novellini appena promossi. Per Kunikida era stato impossibile trattenere l'impulso di chiedere ulteriori dettagli, già immaginando a chi si riferisse, che Tayama gli aveva snocciolato di buon grado, essendo una specie di raccoglitore ambulante di nozioni all'apparenza inutili e di pettegolezzi.
Come risultato, Kunikida era corso via dalla sua nuova, lucente e particolarmente pulita postazione da capo ufficio, per tornare ancora volta in quell'antro buio e freddo che era l'obitorio dove quel dannato buon a nulla di Dazai Osamu credeva di poter regnare incontrastato.
- Dazai!! -  ancor più rabbioso nel non aver ancora ricevuto risposta dal medico legale, il biondo occhialuto aguzzo la vista per mettere ben a fuoco la larga camera mal illuminata. Si era sempre stupito di come l'odore dei svariati prodotti chimici, tra disinfettanti e formaldeide, riuscisse a nascondere il puzzo di morte che quei corpi portavano con se. Quel maledetto coroner poteva avere tanti difetti, ma per lo meno manteneva per bene i cadaveri che gli venivano affidati, evitando che la carne si decomponesse prima che fossero affidati al becchino o, se non c'era famiglia a reclamare il defunto oppure questa era troppo povera per permettersi una tomba, alla fosse comune.
- Lo so che sei nascosto qui, razza di spreco di bende e d'ossigeno! - lo informò digrignando i denti, quasi a produrre un ringhio, - Dici di avere un mucchio di lavoro da fare e poi perdi tempo a giocare a nascondino?! - aggiunse sollevando il telo dal primo tavolo che aveva affianco. Ovviamente però non poteva essere così facile trovarlo. - DAZAI! -
- Ero in pausa pranzo - lo informò l'interessato apparendo sulla stessa soglia che Kunikida aveva da poco attraversato, - Nutrirmi mi dovrebbe essere ancora concesso, no? Ispettore Ku-ni-ki-da - apostrofò il suo nome con aria divertita, ricordando il precedente ruolo che il biondo si era ritrovato a ricoprire e il motivo principale per cui aveva avuto la sfortuna di conoscerlo.
- Sono commissario ora, e non fingere di non saperlo - incrociò le braccia la petto con fare nervoso, mentre con una mano si sistemava gli occhiali sulla radice del naso, un riflesso sulle lenti a nasconderne per un momento lo sguardo. Cercava di occultare un vago imbarazzo, essendosi reso conto di aver passato gli ultimi minuti a sbraitato a dei cadaveri che non avrebbero potuto di certo rispondergli.
- Va bene, va bene ho capito - sbuffò alzando con fare esasperato gli occhi al cielo, le  braccia incrociate dietro la testa, - Tutti a vantarsi delle loro promozioni. Qui l'unico a non ricevere un aumento di stipendio sono io - incrociò le braccia al petto con fare imbronciato,
- A meno che tu non sia in grado di riportare in vita i morti o a farli parlare, non mi risulta che tu possa effettivamente ricevere una promozione - puntualizzò freddamente Kunikida, ignorandone l'atteggiamento infantile. Di che poteva lamentarsi, gli era già stata affidata la gestione dell'intero obitorio alla sua età.
- E da un bel po' che non ci vediamo, allora, a cosa devo la visita, Commissario? - cambiò rapidamente discorso ed atteggiamento Dazai, arrivando dritto al punto con il suo solito tono chiocciante e superficiale, mentre gli faceva strada verso il suo ufficio-sgabuzzino, dove per lo meno non avrebbero avuto una dozzina di orecchie morte ad ascoltarli.
Entrando in quella piccola stanza claustrofobica, stipata  di scatoloni su scatoloni che, in alte colonne dall'equilibrio precario, coprivano quasi per intero le pareti Kunikida pote notare come nulla fosse cambiato dalla sua ultima visita.
 - Mai pensato di vendere tutto al mercato delle pulci? - propose con sguardo scettico, incrociando con un sospiro le braccia al petto, ben consapevole che non sarebbe stato ascoltato, oramai era da una vita che tentava di convincere l'altro a liberarsene. Poteva comprendere la collezione di cartelle e documenti che registravano l'identità e il passaggio dei corpi da quel obitorio, ma che Dazai si ostinasse a voler tenere qualunque oggetto appartenuto ad ogni singolo cadavere che fosse transitato da lì e che nessuno si fosse mai premurato di venir a reclamate, Kunikida lo trovava un inutile spreco di spazio. C'era una ragione se i parenti o, chi per loro, non si fosse mai premurato di venirli a ritirare, e il motivo era tanto semplice quanto ovvio: si trattava di oggetti inutili e privi di valore. Dazai non aveva motivo di tenerli, doveva semplicemente gettarli nella spazzatura, eppure non pareva capirlo.
- E chi la vorrebbe questa spazzatura?..- rise con fare superficiale, - Non ci guadagnerei neppure abbastanza per un penny dreadful - non aveva mai nascosto il suo amore per il macabro.
- Se sai che è spazzatura allora perché ti ostini a tenerla? - era un discorse che avevano già fatto molte volte, eppure Kunikida ancora insisteva a ripeterlo, forse sperando di poterla spuntare prima o poi.
- Chissà...- chiocciò Dazai alzando le spalle con fare svogliato, dandogli per un momento le spalle, osservando con sguardo assente quella montagna di scatole stracolme che occupavano le pareti di quel sgabuzzino adibito ad ufficio, per qualche motivo non gli riusciva di contarle, parevano un'infinità. Ed ogni oggetto, diverso per forma, grandezza e natura, era appartenuto ad una persona diversa. - Non hai idea con quali oggetti curiosi o strani la gente si faccia trovare addosso - disse con un velo di quella che per un momento a Kunikida parve malinconia, ma che subito tornò ad essere la sua solita aria superficiale mentre si voltava verso di lui. Si conoscevano da tempo e Kunikida era di solo qualche anno più grande di lui, eppure, della volte, l'altro gli appariva come una voragine oscura e colma di marciume, dalle profondità irraggiungibili dove nulla poteva sopravvivere, probabilmente neppure il suo stesso animo.
- Allora, il motivo della visita? - gli domandò il medico legale, sedendosi sul bordo della propria scrivania, avendo la sedia occupata da una montagna di cartelle, lavoro arretrato che si accumulava sempre più. - Ti inviterei a sederti, ma so' che preferisci stare in piedi, in più credo che l'altra seggiola sia implosa sotto il peso degli scatoloni e non saprei dove è finita - aggiunse con un gesto vago della mano, come a dire che fosse una cosa di poco conto, normale amministrazione.
- Stai approfittando della tua posizione per mettere in difficoltà Tanizaki - si ricordò di essere furente con lui Kunikida, recuperando il tono alterato e severo con cui poco prima aveva urlato ai cadaveri.
- Te l'ha detto lui? - gli domandò Dazai, alzando un sopracciglio mostrando un senso di confusione e vago disappunto,
- No, ma le voci girano, e tu sei famoso per "divorare" i neo-promossi - sintetizzò sistemandosi gli occhiali che nuovamente gli erano scivolati sulla punta del naso.
- Non credi di essere troppo iperprotettivo nei confronti di un tuo ex-sottoposto? Come credi che possa maturare se tu, pur essendo stato trasferito in una altro commissariato, ogni qual volta qualcun lo strapazza un po', corri in suo aiuto a salvarlo? - prese il tono schietto e monocorde di quando si sentiva irritato da qualcosa, cosa di cui Kunikida si stupì un poco, solitamente Dazai non reagiva a quel modo quando gli rivolgeva l'ennesima predica. Più nei suoi canoni sarebbe stato fingere di non ascoltarlo, ignorandolo del tutto, o scherzandoci su senza prenderlo sul serio, tanto per farlo arrabbiare ulteriormente.
Per un lungo momento Kunikida rimase interdetto ad osservarlo, assottigliando lo sguardo per scrutarlo cercando di carpire cosa si muovesse sul fondo di quel pozzo oscuro che era Dazai, era però difficile vedere qualcosa. Era come cercare di comprendere chi ci fosse all'interno di una stanza buia sbirciando dal buco della serratura.
- Anche se sei arrabbiato per qualcosa, questo non ti da il diritto di prendertela con Tanizaki - rinunciò a svelare quell'enigma, avvolto in un rompicapo, chiuso in una cassa e seppellito sul fondo del mare, preferendo continuare con il solito copione, sperando inconsciamente in cuor suoi che l'altro vi si adattasse come al suo solito, evitando atteggiamenti inediti. - ... o di essere svogliato sul tuo rendimento, ho visto gli appunti che gli hai dato e, per quanto ammetto che siano accurati, sono comunque scritti su della carta straccia. Avresti potuto stenderli in bella copia -
- Uff...- sbuffò Dazai svogliato, cominciando a dondolare una gamba che, essendo seduto sulla scrivania, sfiorava appena il pavimento. Aveva un'espressione non molto dissimile, se non del tutto identica, a quella di un alunno discolo stanco dei rimproveri del proprio maestro, - Tanizaki è un adulto, se ha problemi con il sottoscritto che venga lui stesso ad informarmi - puntualizzò questa volta visibilmente stizzito, prendendo a picchiettare con le dita sulla superficie piana della scrivania. - In più hai detto tu stesso che non è stato Tanizaki a chiedere il tuo intervento, quindi esattamente cosa ci fai qui, Commissario Kunikida? - volutamente sottolineò il nuovo titolo dell'altro, accentuando il volume delle voce nel pronunciarlo.
Ancora una volta colto di sorpresa dalla sua reazione, Kunikida lo fissò per un lungo istante, incerto su come dovesse comportasi e consapevole che l'altro non avesse tutti i torti. Era solo per motivi personali se si era sentito in dovere di intervenire, ma in realtà non aveva alcun diritto di farlo.
- Tu sapevi che sarei venuto se ti fossi comportato in maniera illogica, e mi hai attirato qui di proposito - ebbe finalmente l'illuminazione il biondo occhialuto, indotta dagli evidenti indizi che l'altro non si premurava di occultare e, anzi, abbandonava di proposito per fargli mangiare la foglia. E quella rivelazione lo colpì simile ad un sussulto, forse aveva commesso un errore a presentarsi. - Perché sono qui, Dazai? - si ritrovò a rigirargli la domanda in tono seccato, a pensarci, se l'altro non si fosse comportato in quel modo tanto disdicevole per la sua pozione e, ci faceva caso solo a quel punto, fuori dai suoi standard, non si sarebbero visti ancora per un bel po'.
Se vi avesse riflettuto di più e non si fosse fatto prendere dalla rabbia, probabilmente Kunikida si sarebbe accorto che, per quanto l'altro si divertisse a punzecchiare i neo-promossi, ciò non andava mai ad intaccare il suo lavoro. Non per nulla era riconosciuto molto abile e qualcuno era persino arrivato a definirlo genio. Il biondo non era certo tra questi, ma doveva riconoscere che ci doveva essere qualcosa di geniale, ma sopratutto di diabolico, nella trappola che l'altro era riuscito ad intessere per attirarlo ancora una volta tra le mura di quel obitorio.
- Di cosa hai bisogno? - gli domandò, la voce arrendevole di chi era ben consapevole di aver appena subito una sconfitta.


Chuuya osservava svogliato il cielo buio sopra i tetti di Londra, vedendo il proprio fiato condensare con quell'aria gelida che prometteva, così come la coltre di nubi sopra la sua testa che oscurava la luna e le stelle, un'altra nevicata. Rabbrividì, nonostante i vestiti a coprirlo non gli mancassero, indossava almeno tre strati di capi invernali d'alta sartoria l'uno sull'altro, eppure degli spifferi gelidi riuscivano ancora a raggiungerlo, insinuandosi fra le pieghe del tessuto.
Si calò ancor di più il cappello sul capo, cercando di proteggersi la punta delle orecchie, rese gelide ed arrossate, mentre immergeva metà del viso nella spessa sciarpa, avvertendo il proprio respiro riscaldarla.
Non meritava tutto questo! Si disse fra se e se, cominciando a battere la punta del piede impaziente, non comprendeva cosa stesse pensando quando, ben due settimane prima, dopo mesi di silenzio senza il minimo contatto od interazione, aveva accettato di incontrarlo. Come si permetteva quello sgombro a ripresentarsi in quel modo di punto e bianco? Non sapeva quanto la sorellona fosse stata preoccupata non ricevendo più sue notizie? Come si era permesso di comportarsi in maniera tanto negligente ed egoista?
Chuuya era ben consapevole che era inutile imbestialirsi con un tipo del genere, poiché irritare gli altri pareva essere lo scopo della sua vita e, indubbiamente, era un passatempo che lo divertiva molto, la rabbia però pareva riscaldarlo. Simile ad un fuoco pronto a divampare, gli bastava aizzarlo un poco per provare subito un senso di calore invaderlo. Sopratutto se pensava a come Dazai fosse ben consapevole di quanto fosse freddoloso e, il sospetto che lo avesse abbandonato di proposito al freddo di quella notte invernale, era più che altro una certezza. Si trattava dell'ennesimo dei suoi dispetti di cui, si prometteva Chuuya,  prima o poi si sarebbe di certo vendicato con gli interessi.
- Vedo che devi ancora imparare a vestirti, sei ridicolo conciato così - lo colse di sorpresa la voce di Dazai, trovandolo in un momento in cui tentava di riscaldarsi le mani inguantate con il proprio fiato. E subito la sua espressione si tramutò in una smorfia, mentre il viso, già in parte arrossato dal freddo, si accendeva ancor di più dalla rabbia.
- Non ho alcuna intenzione di farmi dare dei consigli di stile da qualcuno che indossa le stesse cose ogni giorno! - gli si rivolse stizzito, i denti stretti in un ghigno nervoso, - E poi si gela! Da quanto credi che sia qui ad aspettarti? - sbottò di seguito, pronto a versargli addosso una serie di insulti ed improperi abbastanza volgari.
- Stai morendo dal freddo eppure sei rimasto qui ad aspettarmi? - chiocciò Dazai rivolgendogli un sorriso allegro, di quelli fatti apposta per irritare il rosso, - Allora questo nostro appuntamento deve contare molto per te - la sua voce presa una nota mielosa che fece accapponare la pelle del altro.
- Piantala! - gli ordinò stizzito, non si era certo presentato per farsi prendere in giro, - Sono qui solo perché avevi detto che era una questione importante - schioccò la lingua portando gli occhi sulla parete dell'edificio di fianco a loro, tanto per non essere costretto ad incrociarne lo sguardo. Per qualche motivo Dazai incrementava il suo desiderio di violenza, e voleva evitarsi di colpirlo dritto in faccia, provocando uno scontro che di certo avrebbe attirato l'attenzione di qualcuno. Il vicolo in cui si erano dati appuntamento dava su una strada trafficata, dove, nonostante il freddo, a quell'ora della sera vi era un via vai non indifferente di persone. Era una zona della città dove non mancavano teatri dagli spettacoli tutt'altro che eleganti, e colma di svariati luoghi di piacere a cui i gentiluomini altolocati piaceva dedicarsi solo dopo il calar del sole. - So' che non faresti il suo nome solo per farmi uno dei tuoi scherzi idioti - aggiunse dopo essersi stretto le braccia al petto, cercando di trattenere il calore che ancora sembrava sfuggirgli dalle dita. Quanto poteva fare freddo?! Sarebbe morto assiderato! Pensò rivolgendo uno sguardo d'odio verso il proprio interlocutore, considerandolo colpevole non solo del proprio stato ma anche delle condizioni metereologiche.
- Effettivamente non lo nomino spesso...- convenne Dazai, nonostante si fosse presentato con quel suo modo strafottente e superficiale, vi era un'ombra scura sul suo viso che non riusciva del tutto celare. Ciò che era riuscito ad ottenere da Kunikida quel pomeriggio aveva dato conferma ai sospetti accumulati per settimane, e per i quali si era sentito obbligato a contattare Chuuya.
- Allora? - lo incitò lui, l'espressione interrogativa mentre lo guardava stringersi nel cappotto scuro e appoggiarsi con le spalle contro alla parete esterna dell'Hungerford Palace of Varieties, dove il poster sbiadito di uno spettacolo annunciava l'arrivo di un lupo mannaro sulla scena. Gatti, il proprietario, mancava di qualunque gusto artistico ed amava esaltare lo squallore. Piuttosto delle opere classiche osannate da secoli, preferiva mettere in scena spettacoli volgari con giovani donne e bambini vestiti in maniera promiscua. L'immagine di quella prossima rappresentazione tradiva subito la bassezza della sua ennesima  produzione gore, con sangue finto e pelle umana scoperta fino all'indecenza.
La classica storia nata dal successo dei penny dreadful, giudicò Chuuya, per nulla interessato al genere o a quelle storielle di poche pagine. In passato aveva conosciuto l'orrore nascosto dietro a quei palchi pieni di risa e i segreti celati sotto ai costumi indecenti e il ricordo gli bastava.
- Il 26 Novembre dello scorso anno a Portsmout - Dazai si decise a parlare e con il gelo in corpo il rosso fu costretto a tornare alle realtà di quel vicolo. - Percy Knight Searle, otto anni, è stato trovato con la gola recisa, l'omicida è stato interrotto e il ragazzo è morto poco dopo il suo ritrovamento. Circa un mese dopo, il 27 Dicembre, a Bradford nello Yorkshire. John Gill è scomparso dopo essere stato visto parlare con uno sconosciuto. Pochi giorni dopo, nello stesso paesino, è stato rinvenuto il suo cadavere. Era stato fatto a pezzi, brutalmente mutilato e ricomposto sommariamente. Non si è sicuri della causa del decesso, viste le sue condizioni, ma pare sia stato pugnalato. Anche lui aveva otto anni - fu il suo breve reso conto, la voce piatta ed impersonale nel ripetere informazioni che aveva imparato a memoria. Le immagini di quei corpi straziati, le foto sfocate che era riuscito a reperire dai fascicoli, a ripresentarsi ai suoi occhi nella loro cruda verità in bianco e nero.
- Non sembrano affatto gli obbiettivi tipici di Jack - commentò Chuuya con uno sbuffo, dopo un attimo di silenzio in cui ne aveva soppesato le parole, come a cercare un collegamento di cui però pareva allo scuro. - Insomma, di solito lui si dedica a ben altro genere, no? - obbiettò, cercando con fare disinteressato qualcosa nelle proprie tasche, sussultando stupito nel trovarle però vuote.
- Cerchi questa?..- gli domandò Dazai, per nulla stupito o contrariato dal suo scetticismo, mostrandogli nel mentre una pipa molto sottile, lunga poco più di una decina di centimetri e dal fornello minuscolo, con la prima parte del cannello in quello che sembrava bambù e dal bocchino metallico. - Mi pare più corta di quella che usa la sorellona - commentò studiandola con occhio esperto, - Oppio? - ne riconobbe l'odore familiare,
- Ridamela! - protestò Chuuya allarmato, perdendo qualunque aspetto serio potesse aver acquisito nell'ascoltarlo, chiedendosi poi quando l'altro gliel'avesse sottratta. - E comunque non sono affari tuoi! - aggiunse con fare aggressivo, togliendogli l'oggetto di mano con un gesto brusco. - Ti ho aspettato per tre quarti d'ora e la prima cosa che mi vieni  a dire è che due bambini, qualche mese fa, sono stati uccisi, cosa che non mi interessava per nulla sapere! Mi merito di fumare - annunciò, sentendo i muscoli delle spalle irrigidirsi e la mascella serrarsi con forza. Non poteva farci nulla, la presenza di Dazai lo rendeva nervoso, sopratutto perché sapeva che l'altro non gli stava dicendo quelle cose senza motivo. E più di ogni altra cosa era scoprirne la motivazione ad alterarlo, era certo di volerne rimanere allo scuro. Qualunque ragione fosse, per istinto, sapeva di non volerne entrare a conoscenza. L'anno precedente era stato terribile, con il fantasma dello Squartatore pronto a saltar fuori da ogni anfratto buio e la coscienza sporca di chi ha l'obbligo di guardare dall'altra parte. Non voleva tornare in quell'incubo, sopratutto perché sapeva che non sarebbe stato lui a soffrirne di più.
Jack se ne era andato da Londra, forse per sempre, e non aveva nessuna intenzione di rievocarlo.
Purtroppo però era altrettanto consapevole che non sarebbe riuscito ad impedirsi ad ascoltare, nel momento in cui Dazai si fosse deciso a parlare. D'altronde, per quanto reticente, aveva deciso di incontrarlo proprio per scoprire le informazione in suo possesso.
- So che Percy e Gill non paiono proprio le vittime preferite del vecchio Jack, e proprio per questo, e per la loro distanza dal suo noto territorio di caccia, probabilmente non sono stati ricondotti a lui - gli spiegò Dazai, alzando le spalle con fare rassegnato nel vederlo accendersi la pipa con un fiammifero, non doveva essere troppo facile farlo con le mani inguantate, pensò ma per l'altro era un'abitudine. - Però ho studiato diversi casi, cercando indizi per scoprire dove si sia recato Jack dopo essere scappato da Londra e, so per certo, che dietro questi due omicidi, c'è il suo zampino - affermò convinto, lo sguardo serio nel cercare quello del rosso, il quale però ne sfuggiva, tenendolo fisso a terra.
- E perché ne saresti così certo? - irritazione mista a vecchi timori risalì alla gola di Chuuya, il quale aspirò un lunga boccata il fumo dalla pipa, sentendo il bisogno di riempirsene i polmoni per calmarsi, i denti a serrarsi con troppa forza sul bocchino in metallo, al punto da provocargli una fitta di dolore.
- Credi che non sia in grado di riconoscere la mano di Jack? - obbiettò Dazai, ben consapevole delle paure che colmavano l'animo del rosso,
- Penso che tu ne sia ossessionato e l'ossessione porta a trovare indizi o collegamenti che non esistono, ecco tutto - rispose stizzito, mentre il suo fiato caldo, misto al fumo dall'odore d'oppio, condensava con il gelo serale. - Da quando è comparso non hai fatto altro che cercarlo e, ora che finalmente se ne è andato, ancora continui a tormentarti con delle inutili ricerche - lo scrutò in viso con attenzione, come fino ad un momento prima aveva evitato di fare.
- Da quant'è che non fai una dormita decente? - e a quest'ultima osservazione Dazai volle tagliar corto, non avendo modo di dare una risposta soddisfacente poiché non se ne ricordava,
- Non è che io non voglia dormire, è che devo essere l'unico coroner della city -
- Quindi il lavoro non ti manca - osservò Chuuya, accennando ad un sorriso divertito, - E vuoi farmi credere che hai anche il tempo per correre dietro ad un fantasma? - rise, rilassato dall'effetto dell'oppio.  
- Non si tratta di un fantasma! - fece laconico Osamu, riservandogli un'occhiata severa e forse persino più fredda dell'aria che li circondava, - I fantasmi non esistono, e di certo non uccidono -
- Eppure li hai letti i giornali, e hai anche assistito in prima persona alle indagini della polizia. Jack è un fantasma, svanisce nel nulla come si dissolve la nebbia - canticchiò allegro e Dazai cominciò a chiedersi se ci fosse qualcos'altro, oltre all'oppio, in quella pipa, ma forse, come diveniva subito brillo ad un solo bicchiere di vino, Chuuya era altrettanto sensibile al fumo.
- Non si può discutere con te in queste condizioni - scosse piano la testa con uno sbuffo, forse aveva sbagliato a cercare di parlarne con lui, visto il suo atteggiamento doveva esserne rimasto più scosso di quanto non volesse dare a vedere.
In realtà, Dazai aveva già compreso fosse così, ma aveva ignorato la propria intuizione non avendo altra scelta. Chuuya era il contatto più saldo rimastogli con la famiglia da cui si era allontanato, il solo di cui si potesse fidare in un simile frangente.
Sin dal principio delle sue ricerche, Osamu non aveva avuto alcun desiderio di tenere le informazioni di cui era entrato in possesso solo per se, Jack lo Squartatore non era "qualcosa" che riguardava lui solo, per quanto avvolte pensasse l'opposto. Aveva però voluto evitare di tornare alla "casa familiare" a riferire i propri progressi, non volendo dar adito a litigi o fomentando del malcontento. Era pur sempre scappato da quel luogo e aveva fatto perdere le proprie tracce, non poteva ripresentarsi come se nulla fosse, ne aveva intenzione di farlo. Aveva creduto Chuuya fosse il ripiego migliore per aggirare il problema, ora però comprendeva il proprio errore.
Il rosso credeva di essere finalmente fuggito ad un incubo da cui era stato tormentato per ben quattro mesi e Dazai invece ce lo aveva appena ributtato dentro.
- Tu non ti rendi conto di quanto sei crudele? - gli domandò piegando le labbra in una smorfia sofferente, lo sguardo azzurro fattosi largo da vecchie paure e ricordi, - Speravo mi dicessi che era morto, che tutto era stato un errore, che ci eravamo sbagliati... - la sua mano ebbe un sussulto mentre un moto di rabbia lo attraversava, serrandosi stretta a pugno sul cannello della pipa, - Ero convinto fossi venuto a dirmi che questa storia era definitivamente finita! - sbottò, i denti stretti in un ringhio.
- E da quando ti risulta che io ti dica quello che tu vuoi sentirti dire, Chuuya? - toccò a Dazai sta volta sorridere, divertito dalle bugie che l'altro si raccontava, - Se hai accettato di incontrarmi perché volevi che ti dicessi "è tutto finito" è perché anche tu infondo sospettavi che non fosse così, no? -
- N-no - negò lui, preso però in contropiede, sussultando leggermente mentre per errore si mordeva la lingua, - Cioè sì, insomma... - sembrò aver difficoltà ad articolare i propri pensieri e dovette passare un lungo momento a fissare il vuoto di fronte a se per riuscire ad formare nella propria mente una frase. - Se tu mi avessi confermato quello che tutti dicevano era vero, ovvero che Jack è scomparso, allora non avrei più avuto dubbi - ammise, dimostrando a Dazai come in realtà non fosse affatto convinto della sparizione dello Squartatore, ne che avesse mai creduto fosse davvero un fantasma.
- Solo perché ora non uccide più donne a Whitechapel, non significa che sia scomparso per sempre - disse, cercando di recuperare un po' della lucidità del rosso, cui sguardo ora era tornato a fissarsi su di lui.
- O che abbia smesso di uccidere - ne completò il pensiero, dimostrandogli di essere tornato almeno in parte in sé,
- E' appunto dubitando di questo che ho scovato i suoi spostamenti - si lasciò sfuggire un sorriso arrogante, colmo di vanto, per quanto neppure per lui fosse stato poi tanto facile tracciare i movimento di quel fantasma sanguinario, sopratutto a causa del cambiamento nella tipologia delle sue vittime.
- Quindi sai dove si trova ora? - non dubitava più delle sue parole Chuuya e pareva ascoltarlo con attenzione, nonostante probabilmente la prospettiva di un'altra aspirata d'oppio lo attirasse come un bimbo lo era dalle caramelle.
- Ci sono due possibilità - chiocciò a quel punto Dazai, tornando all'aria falsamente allegra e superficiale, era quasi un dispiacere per lui, arrivato a convincerlo sino a quel punto, non poter dargli una risposta decisa. - O è in vacanza in Cornovaglia, anche se è l'opzione meno plausibile - e a quel punto l'espressione del rosso era tornata a farsi scettica, - Oppure da qualche parte all'estero - e quel "da qualche parte" comprendeva non solo il resto del continente, ma l'intero pianeta.
Nei successivi trenta secondi di silenzio, Chuuya dovette fare forza su se stesso per non aizzarsi contro di lui e stringere entrambe le proprie mani al suo collo,
-  E io cosa dovrei riferire a casa? - faticava a controllare il volume della voce, non volendo urlare ed attirare l'attenzione di chi attraversava la via principale che fiancheggiavano, un'espressione grottesca con un leggero tic al sopracciglio sinistro e la mascella serrata a forza.
- Che sappiamo cosa cerca e, se lo troviamo prima di lui e ce ne appropriamo, abbiamo una possibilità di catturarlo - affermò lui e, di colpo, l'espressione di Chuuya si tramutò da furiosamente contrita e colma di stupore,
- Vuoi dire che.. - era tornata una nota di timore mentre un senso di disgusto gli saliva alla gola.
- I diari del dottore non sono andati distrutti, non tutti almeno, e il vecchio Jack punta ad ottenerli - ne confermò le supposizioni mentre lo sgomento si palesava sul volto del più basso,
- Ma.. ma non è possibile, l'uomo che ha scritto quei diari era un pazzo! Jack non può pensare di riuscire in ciò in cui quel dottore fuori di testa ha fallito - obbiettò vividamente.
- A giudicare dal suo operato, neppure lo Squartatore sembra poi molto sano di mente - l'espressione di Dazai si era fatta piatta e forse un tantino assente, la mente persa in altri pensieri, come su cosa avrebbe avuto per cena.
- Non puoi pensarlo sul serio...- lo scruto Chuuya, lo sguardo ad assottigliarsi nel tentativo di carpirne i pensieri, senza però riuscire a leggervi nulla.
- Una volta che avremo sia i diari che Jack, cosa pensi che succederà? - gli domandò, un momento esitante, trovandosi nuovamente colto dal paradosso del "chiedere, ma senza voler davvero sapere".
- Sarà la famiglia a deciderlo - alzò le spalle lui, gli occhi fissi su quello stesso manifesto che poco prima aveva attirato l'attenzione di Chuuya, trovandosi a ricambiare disinteressato lo sguardo vuoto della bestia dalle larghe fauci sporche di sangue.
- Fai finta che non ti riguardi? - sembrò in qualche modo divertito dal suo atteggiamento il rosso, lasciando che un sorriso divertito gli incurvasse le labbra
- Ho abbandonato la famiglia, non è una questione che mi riguardi - sottolineò freddo Dazai, l'espressione granitica, illeggibile, di quando voleva allontanare o spaventare degli scocciatori.
- Eppure sei tu l'unico rimasto a cercarlo, noi abbiamo abbandonato le ricerche da quando ha lasciato la città - gli rivelò, tornando ad accendersi la pipa consumando un altro fiammifero. Sta volta avrebbe fatto ben attenzione e non finir ubriacato dall'oppio alla prima boccata, - Sai che il nostro potere è soprattutto sul porto, e se dovessimo uscire dal territorio che ci compete rischieremo di provocare una guerra tra famiglie -
- Non raccontiamoci storie, avete abbastanza agganci sia nelle polizia che nelle alte cariche governative, è un altro il motivo per cui avete smesso di tentare di acciuffarlo - gli sorrise con fare acido, il tono sprezzante di chi era già a conoscenza di tutte le risposte.
- Per noi sarebbe più comodo se Jack fosse catturato dalla polizia e poi giustiziato - sfuggì al suo sguardo, preso in fallo, aveva sbagliato nel credere di poter divertirsi a premere sui peccati dell'altro. Quella era un'abilità di cui Dazai era un maestro, mentre lui rimaneva un semplice principiante.
- Certo, perché da una parte si avrebbe la fine del mito di Jack lo Squartatore e dall'altra la famiglia si libererebbe di una seccatura senza finir direttamente coinvolta - Chuuya era ben consapevole che l'altro stava dando a lui e al resto della famiglia degli ipocriti, ma questa volta non aveva modi per ribattere. Aveva ragione, non poteva negarlo.
- Parli tanto, ma non mi sembra che tu abbia fatto poi molto - rimbeccò sentendosi punto nel vivo, - Sì, sei sulle sue traccie, ma ti sei rivolto a me perché sai che da solo non riusciresti ad eliminarlo - fissò gli occhi nello sguardo morto dell'altro, di nuovo incapace di intuire cosa si muovesse sotto quella superficie scura. - E non perché tu non ne sia in grado, ma perché non vuoi farlo..- gli puntò contro il piccolo fornello della pipa. - Esattamente come non lo vuole la sorellona, non lo voglio io e nessun altro della famiglia - e, a quell'accusa, il silenzio nel vicolo divenne una presenza quasi palpabile da quanto si protrasse per diversi secondi.
- Uff.. a continuare a passarci la patata bollente l'un l'altro non arriveremo a nulla - sbuffò Dazai arrendevole, chinando sconsolato il capo, le braccia conserte al petto. Si era stancato, - Per il momento dovremmo dedicarci alla ricerca dei diari, di cui non conosciamo l'ubicazione, e a catturare Jack così da impedirgli di provare ad usarli. Per il resto si vedrà sul momento - sentenziò, e Chuuya ebbe come la netta sensazione che gli stesse dando un ordine e non una semplice comunicazione.
- Non ti aspetti troppo da noi, visto che non sei più nella famiglia? - se ne sentì urtato, poiché detestava quando l'altro si comportava come un suo superiore, cosa che non era mai stato.
- Ma è nel vostro interesse farlo - obbiettò, - Jack è un problema che riguarda tutti e, adesso che vi ho fornito delle informazioni a riguardo, non potrete solo girarvi dall'altra parte - scosto con la punta dell'indice il fornello che ancora l'altro gli puntava contro, il sorriso mefistofelico di quando tutti i pezzi di un puzzle finalmente andavano a loro posto. - E se non per Jack, lo farete per ottenere i diari, quelli farebbero gola a chiunque, quindi è meglio se vi sbrigate a cercare di accaparrarveli -
- E quando li avremmo ottenuti, Jack tornerà in città per rubarceli e, visto che si muoverà contro di noi, non potremmo far a meno di intervenire - in qualche modo Chuuya si sentiva preso in trappola, quasi l'altro gli avesse infilato un cappio al collo senza che se ne accorgesse. Sapeva che non avrebbe dovuto presentarsi a quell'appuntamento.
- Vedo che l'oppio ti fa afferrare le cose più in fretta - chiocciò allegro Dazai.


Tre mesi dopo, sulle sponde del fiume Tamigi, in un punto troppo distante dal porto per giustificarne la presenza, fu rinvenuto il corpo di un ragazzo fiocinato.



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Nomi e riferimenti storici sono tratti da Wikipedia e dal libro di Patricia Cornwell Ritratto di un assassino (2002), libro inchiesta dedicato a Jack the Ripper
  
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