Re Sehun
tornava dalla guerra
lo acclama
la sua terra
cingendolo
d’allor.
Al sol della
gaia primavera
rifulge
l’armatura
del Sire
vincitor.
Il sangue
del Broccolo e dell’Unno
ombreggiano
il cimiero
di identico
color.
Ma
più che
del corpo le ferite
da Sehun son
patite
le bramosie
d’ammmòòòr.
“Se
fame di
gloria e sete d’onore
assicuran la
guerra al vincitore
non ti lascian
un momento per fare
l’ammmòòòreH!
Chi poi
impone alla sposa soave
di
castità
la cintura assai grave
nella pugna
può correr il rischio di smarrire la chiave”.
Così
si
lamenta il re coreano
biondeggia
intorno il grano
gli son
corona i fior.
Lo specchio
di chiara fontanella
riflette
fiero in sella
dei Cinesi
il vincitor.
Quand’ecco,
nell’acqua si compone
mirabile
visione
il simbolo
d’ammmmòòòr:
al riparo,
celato dalle fronde,
un giovin si
confonde
ignudo in
pieno sol.
“Mai
fu
vista creatura più bella
colui
è più
leggiadro d’ogni donzella!”
disse re
Sehun scendendo veloce di sella.
“Prego,
messere, non v’accostate
di niun
è
gaudio quel che cercate
ad altra
più
facile fonte la sete placate”.
Interdetto
da un eloquio sì preciso
sentendosi
deriso
re Sehun
s’arrestò.
Ma
più
dell’onor poté il digiuno
fremendo
l’elmo bruno
il Sire si
levò.
Codesto era un
gesto calcolato
da egli
spesso usato
in gran
difficoltà.
Al ragazzo
apparve un gran nasone
e un volto
da pirlone
ma era Sua
Maestà.
“Se
voi non
foste il mio sovrano”
-Sehun si
sfila il pesante spadone-
“non
celerei
il disio di fuggire lontano.
Ma
poiché
siete il mio signore”
-Sehun
libera il proprio pitone-
“debbo
concedermi spoglio d’ogni pudore”.
Cavaliere
era il Re assai valente
ed anche in
quel frangente
d’onor
si
ricoprì.
Giunto alla
fin della tenzone
incerto
sull’arcione
si
apprestò
a risalir.
Lesto lo
ferma il giovincello
reso ancor
più bello
da un pudico
rossor.
“Io
ben so
che siete il Sire
e non dovrei
aver l’adire
ma avverto
in me l’ammmòòòr.
Jongin
è il
nome mio
se non mi
volete: addio,
spero
però
che vi rivedrò”.
“Giammai
un
tal sgarbo io ti farò”
asserì
Sehun
con vero ardore.
“Sposarti
per me sarà un grande onore!”
Ciò
detto
agì da gran marpione
e con balzo
da leone
in sella
Jongin issò.
Frustando il
cavallo come un ciuco,
tra i
glicini e il sambuco
la coppia si
dileguò.
Re Sehun
tornava dalla guerra
lo acclama
la sua terra
cingendolo
d’allor.
Al sol della
gaia primavera
rifulge
l’armatura
del Sire
vincitor.
Per chi non
l’avesse riconosciuta, la mia fonte d’ispirazione
per questa ficcy è la canzone
Carlo Martello ritorna dalla battaglia di
Poitiers di Fabrizio De André, scritta insieme a
Paolo Villaggio. Ho preso
il testo e l’ho adattato e modificato là dove
potevo (soprattutto il finale),
cercando di mantenerne la musicalità e al contempo renderla
un po’ più mia. Non
so se ci sono riuscita a pieno, però ho fatto del mio
meglio. Il merito, in
ogni caso, va ai due autori. La versione originale la trovate qui (https://www.youtube.com/watch?v=5ZFbFyyFICs); se non la
conoscete, ascoltatela
perché ha una musica splendida, molto medievale, ed
è un capolavoro di ironia.
Una
cliccatina è sempre gradita: https://www.facebook.com/IlGeniodelMaleEFP/?ref=bookmarks.