Una “fiaba” un po’ cruda… era
partita molto più simile a Cenerentola, ma devo dire che poi mi ha preso tutta un’altra piega… fatemi sapere che ne pensate,
ci tengo molto!!
storIa di due dee
Tutto iniziò al tempo in cui la
Fortuna e la Sfortuna dividevano equamente i loro doni sulla Terra, senza fare
preferenze: la fortuna era elargita in ugual parte a
tutti, e la sfortuna solo a chi l’aveva meritata con le proprie azioni
malvagie. A quel tempo erano le due Dee a controllare e regolare ogni cosa sul
nostro pianeta.
In quell’epoca visse un principe
di un paese lontano, alto, snello, bruno, dal viso delicato e dolce, con due
occhi penetranti e scuri come l’abisso senza fondo dell’oceano. Era bello, di
una bellezza tenebrosa e abbagliante, ma, nonostante le numerose pretendenti,
non si era ancora sposato, dicendo al padre che stava aspettando di trovare il
vero amore. Il ragazzo era un sognatore, e credeva fermamente che un giorno o l’altro
avrebbe incontrato la donna della sua vita, l’unica con cui avrebbe potuto
condividere ogni suo segreto. Ciò che il ragazzo non sapeva era di aver
catturato l’amore della più pericolosa delle due Dee immortali: la Sfortuna.
Sì, cari lettori, la Sfortuna si era innamorata perdutamente del giovane e, nel tentativo di stargli
vicino, gli causava centinaia di guai, faceva fallire ogni suo progetto,
rovinava ogni suo momento di gioia, facendogli conquistare la compassione del
suo popolo. Il ragazzo tuttavia non perdeva la speranza, e continuava a sognare
il suo grande amore, e una vita felice al suo fianco.
Un giorno la sorella della
Sfortuna, non vedendola correre insieme a lei sulle
nubi, la cercò fra i colori dell’arcobaleno e il bagliore delle stelle, e la
trovò persa a guardare il mondo degli uomini con sguardo sognante. La Fortuna
si sedette lì accanto e seppe così dell’infatuazione della sorella, rendendosi
conto che in quel modo il giovane non avrebbe mai potuto avere una vita felice
e la Sfortuna si sarebbe tormentata inutilmente per anni. Così, senza dire
nulla alla sorella, scelse una principessa sua pupilla e comparve in sogno al
padre, sussurrandogli di proporla in sposa al principe sfortunato. Il re,
colpito da quell’apparizione, organizzò un incontro con il padre del giovane, e
così i due si incontrarono. La ragazza, splendente
della benedizione della Fortuna, riuscì a superare la cattiva influenza della
Sfortuna e si innamorò del ragazzo, che presto la
ricambiò. Ma il ragazzo aveva paura: si rendeva conto
che la giovane era troppo diversa da lui, e sapeva che questo non poteva
portare nulla di buono; presto il loro rapporto sarebbe degenerato, e sarebbe
stato troppo tardi per tornare indietro. Così chiese ai due re di concedergli
un po’ di tempo per conoscere la principessa.
La Sfortuna intanto soffriva
vedendo il suo amato felice con un’altra donna e, ben lungi dal dimenticarlo
come aveva sperato la Fortuna, cominciò ad ideare un piano ardito e pericoloso.
Andò da sua sorella a chiedere consiglio e aiuto che, impietosita da tanta
sofferenza, promise di darle una mano. La Sfortuna iniziò quindi a preparare la
pozione che le avrebbe cambiato per sempre la vita,
trasformandola in una semplice umana.
Nel frattempo i due giovani
avevano sciolto l’accordo per il matrimonio, rendendosi conto di essere troppo diversi; così la principessa tornò nel suo
reame, e il principe scoprì con stupore e disappunto di non riuscire a non
pensarla. La passava a trovare quando aveva un po’ di
tempo libero, senza sbilanciarsi però con doni o visite troppo frequenti; si
sparse la voce che i due erano diventati ottimi amici, e il padre del principe
si rassegnò all’idea che il figlio non si sarebbe mai sposato.
La Sfortuna allora tentennò,
spaventata dalla prospettiva di abbandonare le vastità del cielo per la Terra
piccola e polverosa. Esitava, osservando ogni giorno il suo
amato a cui, a causa sua, andava tutto storto. Sospirava, si chiedeva se
sarebbe riuscita a rinunciare ai suoi poteri per diventare una comune mortale. Sarebbe
riuscita a sopportare il peso della vita, di un corpo da trascinare con sé ogni
giorno? Ma le divinità sono sempre state attratte
dalla mortalità così dolorosa e al tempo stesso meravigliosa degli esseri
umani.
Il principe aveva troncato
qualsiasi rapporto con la principessa, rendendosi conto che se voleva davvero
trovare l’amore della sua vita non poteva aspettarlo seduto sul suo trono, ma
doveva partire per cercarlo. Allora la Sfortuna decise:
avrebbe rinunciato per sempre ai suoi poteri e all’immortalità, e sarebbe scesa
sulla Terra aspettando il principe sul cammino che aveva deciso di
intraprendere alla ricerca del vero amore. La Fortuna, memore della promessa
fatta, consegnò alla sorella il dono più prezioso che si possa
ricevere: le donò i suoi occhi.
«Tienili con cura» si raccomandò.
«Ti proteggeranno affinchè vada tutto bene, e sono
l’unica cosa che ti permetterà di tornare qui in cielo quando la vita del tuo
uomo sarà giunta alla fine»
La Sfortuna ascoltò attentamente
le raccomandazioni della sorella, anche se era terribilmente agitata al
pensiero di ciò che sarebbe successo di lì a poco.
«Attenta» la ammonì la Fortuna.
«I miei occhi ti porteranno la buona sorte finchè li porterai
con te; ma se qualcun altro dovesse prenderli si distruggeranno e io resterò
cieca per sempre. Non parlarne mai con nessuno, perché di nessun potrai fidarti»
La Sfortuna annuì; poi baciò la
sorella sulle palpebre abbassate e giurò di proteggere quel dono con tutta se
stessa. Infine bevve la pozione e cadde sulla Terra.
Il principe la trovò e, grazie
agli occhi della Fortuna, trasformatisi in un ciondolo lucente e bellissimo, si innamorò perdutamente di lei. La portò a palazzo e
annunciò a suo padre di volerla sposare. Questi, ben felice
che il figlio avesse finalmente trovato una donna, non pose troppe domande
sulla provenienza della straniera, che finse di non ricordare nulla del suo
passato.
Le nozze si celebrarono e i due
sposi vissero felici per molti anni. La sfortuna del principe era svanita e
tutti pensavano che fosse merito della sua bellissima sposa.
Una sera la Sfortuna decise di
raccontare tutta la verità al marito, pur temendo di essere rifiutata; ma il
principe, stupito, si dichiarò doppiamente felice di averla
sposata. La Dea Caduta, allora, si sentì così euforica da non temere di
parlargli anche dell’amuleto. Gli spiegò che conteneva gli occhi della Fortuna,
quasi la sua essenza stessa, e che grazie ad esso non
gli sarebbe mai successo nulla di male.
Ahimè, quanta ingenuità porta
l’amore! La Sfortuna non si accorse dello sguardo bramoso che brillò per un
attimo negli occhi dell’amato. Quella notte l’uomo, dominato dal desiderio di
potere nascosto in ogni essere umano che si accende quando
gli viene messo davanti un oggetto che va ben oltre la sua più grande
immaginazione, sfilò dolcemente il ciondolo dal collo della moglie, che non lo
toglieva mai, e lo indossò. Poi, desideroso di sperimentarne i poteri, uscì.
Fu questione di pochi passi.
La Sfortuna si svegliò con un
presentimento terribile e corse fuori, ma era già troppo tardi; nella luce
della luna che filtrava attraverso una finestra vide il marito fissare sorpreso
il ciondolo ricamato che si dissolveva in mille cristalli dorati. La Dea urlò
con ogni fibra del suo essere, e il suo grido svegliò
il mondo intero, che si strinse tremante sotto le lenzuola. La Sfortuna urlò
tutta la sua rabbia contro il marito, ancora stordito da ciò che era appena
successo, e lo maledisse: per tutta l’eternità lei
avrebbe perseguitato la sua stirpe e, una volta che questa si fosse estinta,
tutte le sue successive reincarnazioni.
L’uomo, compreso ciò che aveva
fatto, cadde in ginocchio e la implorò di risparmiarlo. Ma
il cuore della Dea, che lo aveva amato così intensamente per tutta la sua breve
vita, divenne freddo e privo di pietà; e la sorte del giovane fu segnata per
sempre.
La Fortuna, dall’alto del cielo,
aveva sentito l’urlo devastato della sorella, e aveva capito con dolore
indicibile ciò che era successo: si portò le dita tremanti alle cavità vuote
sul suo viso, che non avrebbero mai più ospitato i
suoi occhi dorati, e si stupì nel sentire un fiotto di lacrime calde scenderle
lungo la guance. Sentì il pianto della Sfortuna unito al suo, i singhiozzi
spezzati della sorella che non sarebbe mai più tornata alle vastità del cielo,
costretta ad una vita eterna di solitudine e dolore.
La Fortuna da quel giorno si
bendò il viso e i suoi doni iniziarono a cadere casualmente, anche sulle
persone meno meritevoli; per questo a volte dai suoi occhi vuoti cade una
lacrima, che brilla nel nostro cielo come una stella cadente. Quelle notti sua
sorella piange con lei, dal buio del nostro mondo devastato, guardando il cielo
da cui si è lanciata per amore e chiedendosi se ha davvero mai cavalcato le
nuvole e le stelle, e chi c’è adesso a guidare i passi solitari di sua sorella
nella volta scura dell’universo.