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Autore: _ Arya _    04/03/2018    7 recensioni
2018
Killian Jones ha 30 anni e si trova nel periodo più buio della sua vita. Dopo aver viaggiato per 10 anni, l'incidente che ha ridotto in coma sua figlia l'ha costretto a fermarsi.
Ad un anno dal tragico giorno, chiede un miracolo al magico cerchio di pietre di Drombeg. E qualcosa accade.
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1518
Emma Swan, 20 anni, è la figlia dei governatori della contea irlandese di Cork. Una vera principessa, ma soprattutto un'abile guerriera e una ragazza che sogna l'avventura.
Dopo aver litigato per l'ennesima volta coi suoi genitori, i quali vogliono convincerla a sposare un inglese benestante per salvare il popolo dalla crisi, decide di saltare la cena e fugge per sbollire la rabbia, raggiungendo il cerchio di pietre di Drumbeg.
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma, Swan, Killian, Jones/Capitan, Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Gennaio 2018, Irlanda, Drombeg Stone Circle

KILLIAN JONES

I cerchi di pietre rappresentavano la magia sulla Terra. O almeno, era ciò di cui ero sempre stato convinto.
La prima volta che ne avevo visto uno era stato all'età di 11 anni, in gita con la scuola a Stonehenge. Quel luogo mi aveva rapito, se chiudevo gli occhi riuscivo ancora a ricordare la strana sensazione provata una volta messo piede nel mistico cerchio. Mi era mancato il fiato, avevo percepito un'energia che tutt'oggi sapevo di non essermi immaginato.
A rendermi chi ero oggi, era stata proprio quell'esperienza. Nel bene e nel male.
I miei genitori non erano stati felici quando, preso il diploma, avevo deciso di non iscrivermi all'università. Inizialmente avevo previsto solo di prendermi un anno sabbatico e viaggiare in giro per il mondo, alla scoperta dei misteri che racchiudeva. Erano passati ormai 11 anni da quando quel diciannovenne curioso era partito con zaino e motorino – regalo per la maggiore età – verso il Sudafrica ed aveva aperto un blog che raccontasse le sue esperienze, per condividere quella meravigliosa avventura.
Avevo visto luoghi incantevoli e mi era sembrato puro egoismo non mostrarli al resto del mondo, tramite racconti, video e fotografie. In poche settimane avevo ricevuto centinaia di commenti, il che mi aveva reso davvero euforico: allora non ero l'unico, avevo pensato! Ci sono così tante persone affascinate dalle meraviglie del nostro mondo!
Tempo tre mesi, ed era arrivato il primo invito a soggiornare in un albergo nella città di Kimberley e partecipare ad una visita guidata al Big Hole, la famosa miniera di diamanti locale scavata dall'uomo. Un enorme buco creato duecento anni fa per raccogliere i diamanti. Il tutto gratuitamente, a patto che avessi documentato il mio soggiorno e la visita.
Nel corso delle settimane avevo continuato a ricevere inviti ed il mio sito era diventato così popolare da sponsorizzare completamente il viaggio. Avevo praticamente iniziato non solo a viaggiare gratis, ma anche a guadagnare dei soldi da mettere da parte per l'università.
Avevo esplorato luoghi magici, toccati solo dalla natura e pochi avventurieri che come me desideravano conoscerla con rispetto.
Un anno dopo ero tornato a casa come una persona completamente nuova.
Era stato davvero buffo. L'università in cui avrei voluto iscrivermi per studiare storia e archeologia mi aveva invitato a tenere un incontro con gli studenti per parlare di ciò che avevo vissuto.
Quel giorno avevo spiegato come un cerchio di pietre mi fosse rimasto tanto impresso da segnarmi fino a quel punto, e avevo promesso a loro e a me stesso di visitarne uno all'anno. Soltanto uno. Poco per volta, senza fretta.
Pochi giorni a casa mi erano bastati a realizzare di non essere più capace di stare fermo. Non ero pronto a passare tre anni sui libri per prendere una laurea. Avrei letto tanto, avrei studiato da solo ciò che mi interessava e, grazie ai soldi che guadagnavo, avrei incontrato studioso ed avventurieri esperti che mi insegnassero cose nuove.
Mio padre e mia madre erano stati distrutti, non tanto perché avessi deciso di non continuare la mia istruzione. Ma perché avevo deciso di lasciare il nido familiare e continuare a vivere come avevo iniziato. Senza mai fermarmi troppo a lungo in un posto solo. Quando però avevano capito che non ci fosse modo di farmi cambiare idea mi avevano sostenuto e quando avevano delle ferie più lunghe mi raggiungevano ovunque fossi e viaggiavamo insieme.
I successivi cinque anni erano stati pura magia, avevo visto e vissuto esperienze uniche arricchendomi più di quanto avrei fatto conseguendo la laurea. Inoltre, i miei incassi mensili erano diventati così alti da permettermi di donarne metà in beneficenza. Ovunque mi recassi, trovavo una casa famiglia, una casa di riposo, o persino una famiglia che gentilmente mi accoglieva da aiutare.
Avevo fatto il volontario in un monastero buddhista in Tibet.
Avevo vissuto tre mesi con una tribù amazzonica in Colombia.
Avevo trascorso un mese nella giungla, a vivere di ciò che riuscivo a prendere.
Avevo insegnato l'inglese in una scuola improvvisata in Nepal, che successivamente avevo finanziato perché potesse dare l'istruzione adeguata a quei bambini a cui la vita lo stava negando.
Per scoprire la Thailandia e la Malesia avevo impiegato otto mesi interi e nel tempo libero avevo condotto traghetti turistici tra le isole più belle.
E avevo tenuto fede alla mia promessa.
Ogni anno un cerchio di pietra. Ed ogni volta era stata pura magia. Era come se quei sassi secolari mi chiamassero, come se volessero parlarmi... e in fondo così era stato.
Proprio in questo modo, cinque anni fa, avevo trovato Alice. In Israele, quando avevo deciso di visitare il cerchio di pietre subacqueo di Atlit Yam. Una volta immerso e raggiunto il punto magico avevo scoperto di non essere solo. Una splendida bimba bionda, senza maschera né pinné, nuotava attorno alle pietre. Ci eravamo solo guardati e, per i successivi minuti, avevamo continuato ad osservare quella meraviglia dimenticata dal mondo. Quando avevo visto che la piccola non riusciva più a trattenere il fiato ero riemerso con lei, e quella mi aveva sorriso e abbracciato. Mi era venuto naturale dare a lei la maschera, e rituffaci insieme per ancora qualche minuto – fino a che i miei polmoni me lo avessero permesso.
Tornati su, le avevo chiesto il nome... Alice. Poi, per mia grande sorpresa, aveva iniziato a rispondermi in inglese. Le avevo ovviamente chiesto se si fosse persa e dove fossero i suoi genitori, ma la piccola bionda dagli occhi grigio-azzurri aveva scosso le spalle dicendo di non averne. Aveva uncici anni, aveva perso madre e padre due anni prima ed ora viveva in una casa famiglia con altri bimbi orfani. Lei era tra i più grandi, per questo le era permesso avventurarsi da sola, purché non si allontanasse troppo.
Tra me e lei era scattato subito qualcosa. Avevo sentito un forte istinto paterno verso quella dolce ragazzina, così le avevo chiesto di portarmi a “casa” sua.
Due mesi dopo, ed era diventata mia figlia. Visto il mio status e la sua condizione non era stata un'adozione difficile. Subito dopo eravamo tornati in Irlanda ed i miei erano rimasti davvero shockati quando gli avevo spiegato che la nuova arrivata fosse mia figlia in tutto e per tutto! Ma lei era dolce ed espansiva, le si erano affezionati subito e il sentimento era reciproco.
Un mese dopo l'avevo portata a Drombeg Stone Circle, dove le avevo raccontato praticamente tutta la mia storia. Quello stesso giorno, mi aveva detto che non dovevo fermarmi per colpa sua. Voleva viaggiare insieme a me e scoprire tante cose nuove! E anche lei trovava magiche quelle strane formazioni neolitiche. Così, avevamo iniziato le nostre avventure insieme visitando quelle che io avevo già visto, così da poter essere pari. Poi eravamo partiti alla volta del Canada e degli Stati Uniti. Non sapevo fare il padre, i primi mesi mi ero sempre sentito impacciato, per non parlare di quando a tredici anni era arrivato il suo ciclo mestruale! Momento così imbarazzante non l'avevo mai vissuto, ma mi ero costretto a rimanere calmo perché era corsa di me in lacrime dicendo che aveva paura di morire dissanguata!
Ma era anche una ragazzina intelligente e responsabile, la mia dolce Alice. Le avevo insegnato la matematica, la storia, la geografia e tutte le materie che le sarebbero state utili per passare gli esami, perché ci tenevo alla sua istruzione: per il suo bene. E lei era contenta di imparare.
Così, un anno fa, eravamo tornati in Irlanda perché potesse tenere gli esami della Secondary Education. A quindici anni, un anno prima di quando avrebbe dovuto. Eravamo rimasti a Cork dai miei per un mese in modo che potesse prepararsi ai test, ed ovviamente li aveva superati egregiamente!
Quando mi aveva chiesto il permesso di andare a festeggiare insieme ad un gruppo di ragazzi e ragazze conosciuti durante i giorni d'esame non ero proprio riuscito a dire di no! Con la promessa che il giorno dopo avremmo festeggiato io e lei. Avevo organizzato un angolo nel mio blog tutto per lei, con l'intento di regalarglielo quel giorno. Insieme ad un taccuino identico al primo che avevo avuto io: pagine ingiallite e copertina rilegata in pelle.
E dopo un anno, quel taccuino era ancora per me.
Perché quella sera avevo ricevuto la peggiore delle chiamate.
Uno dei ragazzi aveva preso la macchina per portare tutti al lago nella zona di Blackrock Castle, ma un camion era saltato fuori dal nulla e l'auto si era ribaltata.
Il diciottenne alla guida era rimasto paralizzato dalla vita in giù. L'altro aveva perso un occhio.
Le due ragazze erano state ferite, mentre la mia Alice aveva battuto forte la testa e ciò le aveva causato un grave trauma cranico.
Era in coma da un anno.
Oggi era esattamente il trecentosessantacinquesimo giorno.
Non passava giorno che non andassi a trovarla, parlandole e raccontandole storie nella speranza che potesse sentirmi. Una sola volta mi ero ubriacato, ma non avevo ripetuto più l'errore. Dovevo esserci per lei, dovevo prendermi cura di lei fino a che non fosse tornata da me... e non volevo deluderla. Non volevo che si trovasse davanti l'ombra di suo padre.
Aveva bisogno che fossi forte per lei.
Tuttavia, non avevo più viaggiato. Non avevo avuto le forze per lasciarla, perché nulla avrebbe più avuto senso senza di lei. Nonostante avessi un conto in banca di tutto rispetto avevo accettato un lavoro mediocre in ufficio per tenermi occupato e continuavo a sopravvivere nella speranza che quell'inferno finisse il prima possibile.
Mi ero trasferito in una nuova casa, perché dopo qualche mese i miei genitori avevano iniziato a tormentarmi cercando di convincermi a rifarmi una vita. A trovare una donna.
Non avevano capito che fino a che la mia unica donna non fosse tornata, non ci sarebbe stato spazio per altre. Solo qualche avventura, ma mai nulla di serio. Non avevo mai richiamato nessuna.
Ed ora mi trovavo al centro di quel cerchio di pietre, col taccuino destinato alla mia bambina, a pregare quella magia che mi aveva condotto lì dov'ero a fare un miracolo per me.
Mi alzai lentamente, dirigendomi verso la pietra più grande e vi posai una mano.
“Per favore” pensai “La mia fede nella vostra magia preistorica è sempre stata reale. Ho sempre pensato che foste stati voi a condurmi in viaggio lungo la mia vita. Mi avete regalato la mia Alice, l'amore della mia vita. Mi ha reso una persona migliore, mi ha insegnato tanto, mi ha insegnato ad amare incondizionatamente. Ciò che ho fatto l'ho sempre fatto con le mie forze, non ho mai chiesto nulla in cambio. Ma ora, per favore... per favore, so che sei abbastanza potente per restituirmi la luce dei miei occhi. Ha ancora tutta la vita davanti, merita l'occasione di viverla. Il mondo è un luogo più triste senza il suo bellissimo sorriso... se è necessario prendi me al posto suo. Ma ti prego... ti prego... restituisci la luce alla mia Alice...
Le lacrime scivolavano incessanti lungo le mie guance, ma una soltanto, a causa di una lieve folata di vento, svanì nella pietra secolare.
E si illuminò.
Dal punto esatto in cui la lacrima si era sciolta nella pietra, si divagò una luce intensa come il sole che illuminò il cerchio intero schiarendo il buio della notte.
Non riuscii a reagire, non riuscii neanche a chiedermi se stessi sognando... che mi sentii risucchiare da un vortice invisibile. I miei piedi si staccarono a terra ed iniziai a vorticare alla velocità della luce, ed i miei sensi iniziarono prima a confondersi... poi a spegnersi.
Finché tutto divenne buio.


Gennaio 1518, Irlanda, Drombeg Stone Circle

EMMA EVLEEN SWAN CHARMING

-Ma madre. padre! Ho solo vent'anni! Non voglio sposarmi, la mia vita finirebbe! Voglio vedere il mondo...
-Tesoro mio, e lo vedrai il mondo. Sir Neal Baelfire è un giovane intelligente e curioso, avrai modo di conoscerlo tu stessa! Abbiamo rimandato il vostro incontro perché era in viaggio nelle Americhe, questo non ti dice niente?
-Mi dice che non mi frega un accidenti di Sir Neal Nonsocosa! Non voglio sposare né lui né nessun altro, né ora né mai!
Amavo i miei genitori, ma odiavo il fatto che non mi capissero. Ero uno spirito libero e lo ero sempre stata. Avevo imparato a combattere con la spada e con l'arco a dodici anni: a quattordici avevo vinto il torneo di tiro con l'arco delle contee d'Irlanda e a quindici avevo guidato con mio padre l'esercito in difesa della nostra amata contea di Cork. Ero una guerriera, non una donna in attesa di matrimonio e figli! Mio dio, solo all'idea rabbrividivo. Io e i bambini non eravamo neanche mai andati d'accordo! E le feste a palazzo, in cui ero costretta ad indossare abiti suntuosi, le amavo soltanto perché avevo modo di parlare con tanti giovani avventurieri che avevano avuto modo di scoprire il nuovo continente: l'America! Dio, quanto avrei voluto andarci io stessa!
Ma ovviamente era troppo pericoloso. Tra gli spagnoli e i pirati, i miei genitori non mi avrebbero mai permesso di intraprendere un viaggio così lungo da sola. Come se non sapessi difendermi!
Per un periodo della mia vita, avevo pensato che mi avessero compresa. Perché, altrimenti, mi avrebbero lasciato imparare a combattere? Ero l'unica ragazza agli addestramenti militari, lo ero sempre stata. E l'avevo sempre considerato normale, non me ne ero mai vergognata. Neanche quando le mie coetanee avevano cominciato ad evitarmi perché mi consideravano un “maschiaccio”.
Ma da un anno c'era la crisi e qual era la soluzione a tutti i problemi? Farmi sposare un nobiluomo d'Inghilterra! Erano tre mesi che lottavo con loro, che cercavo di far loro che non era ciò che desideravo per la mia vita! Un matrimonio combinato, poi: era disgustoso!
E mia madre e mio padre, degli ipocriti. Anche lei era stata una combattente, lo era tutt'ora, e si era sposata per amore e non per imposizione! Pensava davvero che conoscendo quel bell'imbusto avrei potuto innamorarmi di lui? Neanche ci credevo, nell'amore.
E se solo mi avessero lasciata partire, avrei trovato una soluzione alternativa ai nostri problemi! E invece no. Dovevo stare lì, conoscere Sir Qualcosa, sposarmi, formare una famiglia e finire rilegata lì per sempre.
-Non discutere, Emma! Non ti obbligheremo a sposarlo se non dovesse piacerti, ma ormai le cose stanno così. Al suo ritorno dall'America terremo un grande ballo e in quell'occasione conoscerai il ragazzo!
-Ma mamma!
-Niente ma! Adesso fila a prepararti per la cena, forza.
-Non ho fame!


E poi ero fuggita nei boschi.
 

Più ripensavo alle infinite lotte coi miei sull'argomento matrimonio, e più mi ribolliva il sangue nelle vene. “Non ti obbligheremo”, come no! Avrebbero fatto leva sui miei sensi di colpa, cercando di imprimermi nella testa che fosse mio compito per il benessere del popolo.
E al mio, di benessere, non ci pensavano? Mi avrebbero venduta al miglior acquirente per le sue ricchezze?
Proprio quando giunsi al limitare della foresta che apriva la vista al cerchio di pietre di Drombeg, una luce accecante illuminò la notte.
Avrei dovuto correre via e spiegare l'accaduto ai miei genitori.
Ma non lo feci.
Corsi invece nella direzione opposta, pochi alberi mi separavano dal campo aperto. E se fosse stato un attacco nemico?
Ma no, tutto mi diceva che non potesse esserlo. Non aveva senso.
Continuai a correre per gli ultimi cento metri senza timore.
Proprio al centro delle pietre c'era qualcuno.



 

Agolo dell'autrice;
E niente, alle 2.30 la mia mente per qualche oscura ragione ha partorito questa idea. L'ho scritta quasi di getto, invece di andare a dormire una persona normale, e ne è uscita questa cosa. Per il momento è una one shot, ma se dovesse piacere potrei valutare di sviluppare l'idea prima o poi...
L'idea è presa da Outlander, chi lo conosce se ne renderà subito conto! Però ho scelto periodi storici diversi, sia al presente che al passato. La parte del passato non è storicamente accurata, diciamo le idee base sono quelle... ma con un (grosso) tocco fantasy.
Prendetela per quello che è, non so cosa ne è uscito fuori perché sono le 4 e mezza e l'ho scritta e postata senza nemmeno rileggere xD
   
 
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