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Autore: Heart    04/03/2018    1 recensioni
- Ti va di divertirci insieme, una cosa veloce - disse, scandendo le parole “divertirci” ma per chi mi aveva preso?
- Fottiti! - allontanai la sua mano e cercai di uscire fuori da quella situazione.
- Mi piaci - , come cavolo sentivo la sua voce nella mia testa? Questo si chiama incantesimo della mente, forse stavo farneticando e i migliaia di libri che avevo letto a proposito mi avevano fumato il cervello? Mi girai e lo trovai ancora fermo, adesso i suoi occhi assomigliavano a un leone che analizza la strategia migliore per uccidere la sua preda; quel ragazzo era strano e io ero curiosa come una pazza a scoprirlo anche se da un lato del mio cervello mi diceva di scappare e lo stavo facendo e come!
[Questa storia è residuo di un sogno, spero di caratterizzare il tutto bene e di far comprendere la vita solitaria e la sofferenza della protagonista. Comunque non sarà solo romantica ma anche con un pizzico di sovrannaturale. Buona lettura]
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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35°Capitolo
“Qui, dove batte il cuore”




 
 
I mesi si era susseguiti troppo velocemente. Se prima eravamo a Giugno adesso eravamo ai primi di Agosto e nemmeno me ne ero accorta. Il progetto del centro mi aveva del tutto avvolta che non avevo fatto caso allo scorrere del tempo. Crystal ed io eravamo così concentrate che nessuno riusciva a distorcerci da ciò che facevamo, anche Luca stava dando il suo massimo, ci aveva proposto diverse locandine, ma nessuno che ci colpisse al cuore.
I nostri ragazzi erano sempre intorno o quasi, perché quando lavoravamo sparivano come se avessero letto i nostri pensieri.
I nonni di Kaname se ne erano andati dopo due settimane di soggiorno, ero stata paziente e remissiva in alcune situazioni, ma più delle volte scoppiavo come una bolla, e la mia valvola di sfogo era stata le faccende del centro a calmarmi. Mi ero ridotta a non mangiare per il nervosismo e Kaname c’era rimasto male per quello, lo vedevo che ne soffriva, ma non ci potevo far nulla se il mio stomaco non voleva ingerire nulla, tranne che acqua. Ogni sera veniva a bussare alla mia camera e mi chiedeva se avesse bisogno di qualcosa, ma rispondevo sempre che stavo bene e che sarebbe passato. Come no. Quella pressione che avvertivo ogni volta che varcavo la porta della mia camera mi opprimeva a tal punto che a volte non riuscivo nemmeno a respirare, era stata una consolazione la loro partenza. Ero stata cattiva me ne rendevo conto, il mio ragazzo era felice che finalmente io e la sua famiglia c’eravamo incontrati, ma non era andata come se l’aspettava. Forse per una prossima volta. Mi strinsi le ginocchia e li portai al petto. I raggi della luna entravano dalla porta a finestre, mi sentivo malinconica quella notte. Kaname era dovuto rimanere a lavoro per finire alcune carte per poi entrare in ferie, due mesi. Un sogno.
Mi alzai sconsolata e vagai per la casa alla ricerca di qualcosa che mi distraesse dal peso che portavo al cuore. Da quella mattinata di fuoco non avevamo più toccato il tasto, mi sentivo un poco incompleta. Ero sicura che sarebbe sfociato in un atto completo ed invece niente. Ero stata distante. Antipatica. Ero stata una stupida a non accoglierlo.
Mi ritrovai dinanzi alla porta della sua camera, alzai il braccio e aprii la mano. Volevo entrare e buttarmi tra le sue braccia. Quando varcai la soglia il letto era vuoto, immacolato. Mi appoggiai sulla trapunta e fissai il buio.
Mi mancava. Come avevo fatto a vivere senza la sua presenza in tutti quegli anni? Lo aspettavo. Lo desideravo e adesso non riuscivo a muovermi, quella dannata paura mi opprimeva le viscere, per una mossa sbagliata, per qualcosa che … non poteva andare avanti così, lui si sarebbe stancato presto di me e mi avrebbe lasciato, ed era giusto così. Non meritavo nulla.
Appoggiai la testa sul suo cuscino e le lacrime salate iniziarono a scendere dagli occhi, come mi ero ridotta? Mi ero buttata anima e corpo nel nuovo progetto che avevo dimenticato il mio cuore, le esigenze del mio corpo, ma soprattutto della mia anima.
Un ricordo si focalizzò nella mente. La notte del mio compleanno.
Era stata una settimana difficile, piena di problemi, e proprio non me lo ricordai. Era stata una sorpresa varcare la porta di casa e trovarlo nel salotto, con un grande mazzo di rose blu e bianche e al centro un cuore di rose rosse. Era stato super romantico.
-Il mio cuore ha sperato che tu varcassi quella porta innumerevoli volte, alla fine è stato compensato. –Si era alzato, portandomi le rose di fronte per poi avvicinare il suo viso sulla fronte e baciarmela. Era stato gentilissimo.
Ero senza parole, mai nessuno aveva fatto una cosa del genere.
Mi ero commossa e avevo pianto. Lui da bravo ragazzo mi aveva consolato e coccolato per tutta la notte. Gli avevo detto che ancora non ero nata, ma invano.
-Quando nasce una stella non ha importanza né il luogo ne l’ora, basta ricordargli che è importante. –Aveva riferito con uno sguardo magnete, fisso nei miei.
Aveva cucinato tutto anche il dolce, si era dato da fare. Il salotto era cosparso di petali di rose, l’atmosfera era calda con le candele sparpagliate ovunque. Era stata una notte da sogno, mi ero addormentata tra le sue braccia e tutto era svanito, eravamo rimasti solo noi.

∞∞∞

 
La notte era fonda, arrivai a casa verso le due e mezza.
Ero distrutto. I progetti erano stati conclusi tutti, finalmente potevo godermi un poco di pace. Ad ottobre ci saremo rimessi a lavoro, anche perché il palazzo andava in cantiere. Dopo anni finalmente la provincia aveva concordato la ristrutturazione. La casa era silenziosa, mi spogliai della valigetta e della giacca per salire di sopra, avevo bisogno di una doccia rinfrescante. Però appena varcai la porta della mia camera un’ombra oscurava il mio lato dormiente. Sorrisi prima di focalizzare la figura, il cuore già sapeva che si trattava di lei. Mi avvicinai con cautela e la sfiorai e mi corsi che aveva le guance bagnate. Mi domandai perché avesse pianto. Non persi tempo, mi tolsi la camicia e i pantaloni per stringerla tra le mie braccia. Non importava di essere sudato la volevo al mio fianco, se aveva pianto ci doveva essere un motivo. L’accarezzai la schiena notando che era gelata e l’avvicinai più a me, che cosa l’era successo? Diversi episodi mi vennero in mente, come era di qualche settimana fa; lei che si fissava allo specchio aveva solo l’intimo e il suo sguardo sembrava lontano, alla deriva. Era dimagrita, in alcuni punti si notavano la sporgenza delle ossa.
Ero rimasto fermo a fissarla. Era bellissima. Purtroppo lei rimaneva a tale pensiero di non meritare niente. Il progetto del centro andava avanti, aveva chiesto molte volte il mio aiuto, ne ero felice, ma alle volte si isolava dal mondo e nessuno poteva varcare il suo guscio.
-Che cosa devo fare con te …mia farfallina? –Una domanda senza risposta.
Un fascio di luce mi colpì il viso era caldo, infuocato a dirla tutta. Cercai di girarmi, ma ero bloccato. Con tutta la forza che possedevo aprii un occhio. Vedevo tutto sfocato, avevo un gran sonno, avrei preferito girarmi dall’altro lato e dormire ancora.
-Buongiorno. –Disse una voce. Abbassai la testa e mi trovai una matassa di capelli tutti spettinati, sembrava un cespuglio disordinato.
-Giorno. –Dissi. In verità bisbigliai.
Non vedevo il suo viso, si era abbassata per non mostrarmela, cercai il suo corpo e lo trovai appiccicato al mio, anche se avvertivo il sudore scendere dai nostri corpi. Ad un tratto le lenzuola volarono via e mi ritrovai lei sul mio grembo che mi bloccava i polsi. Spalancai gli occhi per quella mossa, lei aveva gli occhi vispi e un sorrisino stampato in faccia. Era magnifica.
-Sei…- iniziai a dire ma lei assottigliò gli occhi e mi ammonii. Non voleva che io parlassi.
- Non osare dire una parola…-Annunciò schietta.
Ci guardando per un po’. Io perso nei suoi occhi e lei nei miei. Mi piaceva vederla in quel modo, sembrava una leonessa. I capelli le facevano da criniera, lo sguardo feroce ma nello stesso tempo battagliero e calmo. Era un miscuglio di emozioni contrastanti.
-Mi sei mancato. –Disse ferma. Orgogliosa di quel traguardo.
Sorrisi senza sapere perché o forse sì. Era ciò che avevo sperato. Lei avvertiva la mia assenza e questo colmava tutti i miei vuoti.
-Mi fa piacere che ti sono mancato, anche tu, piccola. –Le risposi, ma nemmeno il tempo che gonfiò le guance e si abbassò su di me. Chiusi gli occhi e …mi baciò sulla fronte e mi scompigliò i capelli.
-Bambino disubbidiente, per punizione non avrai un bacio. –Detto questo si alzò di fretta e mi gettò le lenzuola di sopra per poi correre verso la porta.
-Jessica! –Urlai per prenderla ma lei lesta chiuse la porta in faccia.
 
Le giornate passavano troppo lentamente, mi annoiavo a non averla in casa. Lei che canticchiava sotto la doccia, credeva che non la sentissi quando lo faceva? Ero molto silenzioso per non farmi sentire per spiarla, poi quando avvertivo che stava per uscire, me la svignavo. Mi piacevano i suoi piccoli pregi. Quando fissava la luna senza una meta precisa, lì entravo in gioco e l’abbracciavo forte e mi sentivo l’uomo più fortunato del mondo. Beh anche lei iniziava a conoscermi. Quando mi preparava quei manicaretti che tanto amavo. Molto piccanti. Lei si atteneva a ciò che poteva mangiare, ma infine lo faceva per me.
Tuttavia mi mancava la sua presenza l’estate stava per terminare e le vacanze le avevo visto con il binocolo. Giorgio mi aveva più volte invitato a delle feste, ma avevo sempre negato.
-Questa ragazza ti farà del male o già lo sta facendo. –Aveva detto una sera a telefono. Ma se nemmeno la conosceva. Male non male io non riuscivo a farle qualcosa di brutto era come se mi tradissi.
Un pomeriggio ricevette una chiamata da Federico.
Ci incontrammo un’ora dopo al bar e c’era pure Simon.
Parlottammo per qualche ora per poi essere più carichi che mai.
Entrammo con determinazione dentro il centro che ormai era quasi finito e trovammo i nostri amori a discutere sugli arredi finali.
Loro nemmeno se ne accorsero della nostra entrata, fino a che con un colpo di tosse Simon li fece svegliare.
-Ciao Amore che cosa ci fai qui? –Domandò Crystal alzandosi e avvicinandosi alla sua borsa. Guardò il telefono che era posto dentro una tasca per poi fissarlo. –E’ successo qualcosa? –Chiese.
-Nulla tesoro. Non posso fare una visita sorpresa alla mia mogliettina? –Disse con calma.
-Certo. –Disse.
-E voi due? –Ci interpello Jessica che rimase a fissarci da dov’era.
Iniziai a sganciare la bomba –stiamo partendo. –Dissi. In quell’istante nessuno parlò, solo dopo poco Luca si alzò e venne da me, tirandomi la camicia.
-Dove stai andando? –Urlò. Non lo lasciai nemmeno concludere che con una mossa lo sorpassai e con uno scatto veloce presi in braccio Jessica, lei urlò per la sorpresa per poi iniziare divincolarsi.
-Che cosa vuoi fare? – Disse tutta rossa. Sorrisi a quell’imbarazzo.
-Partiamo. –
-Esattamente. –Fece la medesima cosa Federico con Crystal,- domani mattina abbiamo l‘aereo e dobbiamo preparare ancora le nostre valigie.
-Voi siete del tutto pazzi. –Gridò Jessica.
-Pazzi d’amore! –Urlai felice. Che le vacanze avessero inizio.
 
∞∞∞
Fu un fuggi e fuggi quel giorno. Eravamo rimasti paralizzati a quella notizia, nessuno dei tre ce l’immaginavamo. Di punto in bianco ci trovammo in casa a fare le valigie. Kaname aveva un sorriso così bello che più delle volte rimanevo a fissarlo senza motivo, poi lui mi scopriva e mi giravo di scatto tutta rossa.
La sera arrivò troppo velocemente e ancora ero nel caos più assoluto, non sapevo che cosa mettere in valigia, ero nel panico.
-Non capisco tutta questa confusione, voi donne siete così strane. Mettici qualcosa di utile e dei costumi, poiché staremo lì per quasi tutto il tempo…e poi. – Con una falcata era già tra le sue braccia, appoggiai la testa sul suo petto e cercai di sentire il suo cuore battere. –Porta qualcosa di Sexy. –Disse a brucia pelo. Mi allontanai da lui e lo guardai storto che intenzioni aveva?
-Ma che richiesta fai? –Gli urlai, per poi spingerlo fuori dalla mia camera.
-Un pensiero. –Rise lui avanzando per uscire.
-Io ti uccido! –Urlai.
-Spero di baci? – Rispose.
-A via di colpi in testa idiota! –E’ gli sbattei la porta in faccia.
Mi sedetti con un balzo sul letto e caddero alcune cose a terra, “cose sexy” ma ne avevo? Non mi ero mai soffermata su quelle cose non avendo bisogno, ma adesso? Ero sprovvista. L’unica cosa che avevo nel cassetto era un perizoma rosso regalato per i miei diciott’anni.
Lo presi con le mani tremanti e lo fissai, un momento dopo era buttato nel cestino, non avrei messo una cosa del genere per far felice lui.
Mi appisolai e mi addormentai del tutto. La mattina fui risvegliata dai rumori sottostanti, solo allora il mio cervello collegò tutto e mi alzai di scatto. Nel momento in cui lo feci mi afflosciai a terra con tanti puntini negli occhi.
-Oh cavolo, perché non rifletto prima di agire. Aspettai il tempo che tutto scemasse per poi ritrovarmi a vestirmi di fretta in furia e scendere come una pazza in salotto, dove lui era seduto in cucina a bere un caffe.
-Buongiorno. Lo sai che sembri un dinosauro quando ti svegli tardi? –Iniziò a dire con quell’aria di sapientone.
-Vai al diavolo! - Gli urlai per poi prendermi dell’acqua.
Cercai di regolare il respiro e ritornare lucida, -ma dove andiamo? Credo che non l’abbia sentito. –Dissi.
-Infatti non l’hai sentito è una sorpresa. – Rise lui sotto i baffi.
-Dai dimmelo! –
-No. Un poco di pazienza e lo scoprirai. – Concluse lui per poi uscire fuori dalla cucina, avrei torturato qualcun altro, ma nello stesso tempo che il pensiero si focalizzasse, ricevetti una doppia chiamata e quando mai Crystal e Luca era in sincronia perfetta.
La loro voce squillante mi trapassò i timpani, la voglia di buttare tutto in aria era vicina.
-Sai dove ci porteranno? –Chiese Crystal più veloce dell’amico.
-No, mi ha detto che è una sorpresa. – Affermai.
-Idem. Questa me la pagano quei tre, qua gatta ci cova, stiamo attenti alle loro mosse. –Terminò Luca, in quel flagrante Kaname mi chiamò, era ora di partire.
 
 
Mi ero addormentata alla fine per la stanchezza. Avevo appoggiato la testa sul cuscino e non ci avevo capito più nulla. Non m’importava che a pochi centimetri avevo Kaname, la cosa più importare era di dormire, gli occhi si chiudevano da soli.
Il susseguire di vicende, sorprese mi avevano talmente colpito che non ci credevo ancora. Anche prima di cadere in un sonno profondo temevo che al mio risveglio tutto sarebbe sparito.
Presi un lungo respiro, come se non respirassi da anni. Il fiato uscii lungo, liberatorio. Rimasi nella mia posizione e ripensai a tutto. Alla mia fortuna di aver incontrato degli amici fantastici e un ragazzo che mi amava per davvero.
Presi un altro respiro per rammentare quello che era accaduto poche ore fa. Il nostro arrivo all’aeroporto, c’era un caos, chi spingeva da una parte o dall’altra, la nostra confusione. Kaname che mi prese per mano e ci mi condusse in un corridoio a parte. La mia bocca spalancata appena capii che quel jet era per noi.
Due hostess ci stavano aspettando e il comandante all’entrata. Appena vide Kaname lo salutarono, dando l’appellativo di “sama”, e inchinandosi? Quegli atteggiamenti ci parsero fin troppo, ma non parlammo. In breve ci spiegò che i voli erano tutti pieni, la quale la sua famiglia possedeva un veicolo privato, e per puro caso si trovasse nel nostro paese per un viaggio improvvisato. Mi venne subito il dubbio che era stato lui a richiamarlo per fare occhio su di me. Salimmo entusiasti soprattutto Luca che si era messo a pavoneggiare a destra e a manca, Crystal che chiedeva anche lei una cosa del genere al suo adorato “maritino” ed io che rimanevo silente con la testa appoggiata sulla mano a fissare il finestrino. Mi stavano sulle scatole quelle due ragazze che si congratulavano con il mio ragazzo di quanto era bello.
-Mi sembri nervosa. –Mi disse appena si erano allontanate un attimo. –Non soffrirai il mal d’aria? –Domandò curioso, anche se, forse si era reso conto del mio sguardo omicida.
Era intervenuto Luca, la quale avrei ucciso a coltellate in quel momento per le sue battute – forse è gelosa, Kanameuccio! –Borbottò tutto pomposo.
Tutti si erano messi a ridere, ma dentro di me covavo un nervosismo pazzesco. Mi stavo alzando con la briga di allontanarmi da quei pazzi, quando lui mi sorprese con poche parole.  Si era avvicinato al mio viso, credevo che mi baciasse, invece mi spostò una ciocca di capelli e mi disse- adoro la tua gelosia, significa che sono importante per te. – Non ero riuscita a replicare, poiché il cuore mi era scoppiato in gola, ero diventata tutta rossa per l’imbarazzo, ma nessuno aveva sentito. Per fortuna.
Il viaggio tutto sommato era andato bene, avevamo parlato, anche se i ragazzi non ci volevano dire dov’eravamo diretti, ma a capirlo fu quando uscimmo dal jet e a carattere cubitale c’era insegna della città. Atena. Tutte le domande cessarono. Crystal mi abbracciò con slancio e urlò di gioia. Dopo aver preso le valigie e un mezzo per spostarci, ci fermammo al porto per prendere il traghetto che ci avrebbe condotto sull’isola predestinata.
 
 
Due braccia mi strinsero all’improvviso, un corpo caldo si avvicinò e sentii il suo fiato sul collo. – Buongiorno. –Parlò dolcemente.
-Giorno. –Dissi piano.
-Come hai dormito? – Sussurrò sfiorando il collo con la lingua a quel gesto il corpo divenne rigido.  Continuò fino a raggiungere il lobo e darmi un morso. Mi girai di scatto per insultarlo, ma rimasi a fissarlo. Era senza maglietta, con solo un pantaloncino. Era bellissimo. Quell’aria da ragazzino sul viso, il sorriso che mi rivolgeva. Ero in trance.
-Ti faccio questo effetto? – Affermò, prendendomi di sprovvista e capovolgendo la situazione, avendo il suo peso addosso, mi ritrovavo in trappola. Il mio corpo era tutto teso. Occhi dentro occhi. Abbassò la testa e soffiò sulla pelle scoperta, quel fiato giungere in quei punti nudi mi fecero eccitare, fremevo. Volevo di più. Cercai di sbloccare quella scena, ma lui me lo impose.
-Voglio averti. –Disse serio.
-No.- Risposi.
Abbassò le sopracciglia come per dire, stai giocando sporco –sei una tentatrice. Lo fai apposta, stai mettendo a dura prova il mio autocontrollo, ti ho capito ormai. Ma perderai. –
-Lo vedremo marinaio. Forse cadrai tu in mano mia. –Dichiarai. Sorrise e fu in quell’istante che colsi l’occasione per fuggire e ripararmi dal suo sguardo.
 
Stavo vivendo emozioni mai vissute. Ero alle prime armi, ma mi sentivo tenace sui miei principi. Doveva meritarsela qualcosa, quando mi sarei concessa sarebbe stata unica. Un ricordo memorabile. Per entrambi. La giornata era stata faticosa, l’aria era più pesante dalla nostra, ma ci divertimmo lo stesso. Le corse tra me e Happy e poi l’aggiunta di Luca. Le risate degli altri. I schizzi d’acqua. Gli abbracci del mio ragazzo. Quelli erano bellissimi, soprattutto quando i piedi non toccavano più il fondo. L’acqua in alcun punti era cristallina, si poteva vedere i fondali. Cercammo di esplorare alcune grotte, imprimendo quei momenti in scatti unici.
Le facce buffe di Luca e Simon, i baci dei sposini. La mia ira contro Kaname, poiché mi aveva gettato un secchio d’acqua gelata, nel momento in cui stavo prendendo il sole. Quando poi giungeva la sera, o mangiavamo fuori, visitando anche i piccoli paesini e la loro movida notturna. Il luogo in cui sostavamo era situata in una piccola montagna, dove erano situate altre piccole case bianche e con il tetto blu. Avevo chiesto a Kaname perché di questo colore, -per i greci è il colore della fortuna. Del mare. –Aveva risposo.
-Penso che hanno ragione e questo colore è fantastico in tutte le sue sfumature. –Affermai contenta. Il blu mi piaceva e questo mi entusiasmava. La costa era uno spettacolo, da lontano si vedevano anche le altre isole, ma li avremo visitato tutte.
Quel giorno mi ero svegliata di buon umore e anche presto, mi ero presa la briga di fare una sorpresa a tutti. Ma prima di tutto volevo rilassarmi. Io e Crystal ci stavamo divertendo e rilassando, più delle volte ci allontanavamo dai ragazzi per isolarci. Era un attimo di tregua. Mi ero confidata con lei sui comportamenti di Kaname, lei mi aveva messo una mano sulla spalla e mi aveva guardato seriamente.
-Se lo ami, quanto lui ama te... Non ti farai tutti questi problemi, quando giungerà quel momento. Lo farai senza pensarci due volte, e ti sentirai al settimo cielo. Realizzata. Sarai un'altra persona. Rinata. Non temere. –Mi ero sentita confortata. Ma avevo paura. L’alba era giunta e il sole baciava il mare, la sabbia fredda, diventava dorata, come se brillasse.
Rientrata dentro casa avevo trovato già Crystal in piedi, i ragazzi sparpagliati che organizzavano la trasferta per la giornata.
 
 
 




La Grecia era un’isola molto bella, con i suoi luoghi pieni di arte e cultura. Ricordai tutti quegli anni a studiare la storia e adesso realizzarsi davanti ai miei occhi. La storia era un punto importante nella nostra vita, sapevamo da dove risalivamo, che cosa c’era stato prima…il nostro passato. Camminare in quei cunicoli e osservare quell’architettura mi aveva affascinato talmente tanto che mi ero isolata da tutto, seguivo solo la guida turistica che parlava di continuo. La mia mente elaborava di continuo e fu in quell’istante un idea mi folgorò. Sapevo cosa fare. Volevo avere una penna e un foglio, ma ciò che possedevo era solo il telefonino, così con tutta la pazienza del mondo cominciai a scarabocchiare su paint la mia idea.
-Finalmente ti abbiamo trovata! –Esclamò una voce. Non feci nemmeno attenzione, che qualcuno mi aveva girato e mi stava parlando. –Almeno ascoltami. Oh ma ci sei? –Mi alzai un attimo dallo schermo e vidi Simon arrabbiato.
-Scusami, ma ero impegnata. –Dissi sbrigativa.
-L’ho capito. Dai andiamo gli altri ci stanno aspettando. Cosa da pazzi! –Affermò, mentre mi stringeva un braccio per farmi spostare. Ero davvero strana. Abbandonai il telefono e camminai da sola, senza che qualcuno mi dovesse trascinare. Appena giungemmo dinanzi agli altri, ci pensò Crystal a farmi una lunga ramanzina, in quanto alle volte mi comportavo da bambina e li facevo preoccupare. 
-Adesso basta, Crystal. Non sei mia madre. Non ho bisogno che mi tratti così. Ho capito che vi siete preoccupati, ma non ho più due anni. –Mi ero arrabbiata in fine. La mia sopportazione aveva un limite. Kaname non mi rivolgeva la parola, come se dopo ci sarebbe stata un'altra ramanzina, ma si sbagliava non ne avremo più parlato.
Finimmo di visitare i templi e ci fermammo in un piccolo covo rustico. Il tempo era diventato grigio nell’aria sentivo odore di pioggia. Speravo che la pioggia non ci avesse preso; vane speranze, perché proprio per la strada del ritorno, una cascata d’acqua ci fece diventare pulcini. Arrivammo in casa totalmente bagnati.
-Adesso finisce? Certo ci doveva fare la doccia prima. –Dissi al vento, poiché non c’era nessuno intorno a me. Pensavo.
-E che ci vuoi fare, la natura è birichina. –Giunse una voce sommersa. Mi girai appena e me lo trovai dietro di me, mentre si asciugava i capelli.
-E’ spuntato l’arcobaleno. –Mormorai, rivolgendo l’attenzione nuovamente al cielo.
-E’ del tutto normale, dopo la pioggia c’è il sole. – Sussurrò piano. Era troppo vicino. Sentivo il suo respiro addosso. Lui mi stava tentando, ma stavolta avrei giocato io. Sarei stata diversa, più provocante. Con uno scatto veloce mi girai e lo sorpresi. Mi avvicinai con un sorriso strano, ma lui capii al volo che l’atmosfera era diventata elettrizzante. Mi fece condurre il gioco. Mi avvicinai al suo corpo, mentre lui indietreggiava, fino a giungere sulla poltrona il quale si sedette. Lo fissai e poi mi sedetti a cavalcioni su di lui.
-Che intenzioni hai? –Mi sussurrò.
Gli feci no con il dito e avvicinai la bocca alla sua, ma cambiai direzione e gli baciai la guancia. Iniziai un gioco di seduzione, che non sapevo dar nome. Sensazione contrastanti mi spingevano a superare dei tabu che nemmeno esistevano. Scesi senza vergogna dalla sua gola, fino a fermarmi sul petto e continuare il mio gioco. Avvertivo il rumore assordante del suo cuore, dei rumori che la sua gola stavano provocando per quello. I suoi occhi erano chiusi, il suo respiro più pesante. Le mani incollate alla sedia come se avesse paura di cadere. Ero ancora bagnata, le goccioline mi scendevano dal viso, dalla schiena, ma non li sentivo come se il calore che stavo emanando li facesse evaporare. Sapevo. La mia mente me lo stava urlando. Se lo baciavo, tutto sarebbe cambiato. Volevo questo? Mi staccai e fissai l’uomo che avevo eccitato. I suoi occhi sembravano buchi neri. Avevo le labbra gonfie e un corpo che reclamava il suo premio. Ma lo abbondonai. Ero meschina e lo sapevo. Lui non mi disse nulla, era come se non ci fosse in quell’istante.
 
Mi ero messa nei casini. Kaname non mi guardava più. E tutti se ne accorsero. Avevo sbagliato tutto come al solito. Volevo scappare e fu così che una notte per troppi rimpianti me ne andai, il mare mi avrebbe calmato.
 








 
 ∞Ω∞
L’aria fresca mi stava consumando. Dopo quell’episodio non le avevo più rivolto la parola. Ero arrabbiato. Come si era permessa di illudermi. Era ritornata quella donna audace e combattiva, non capivo se in lei ci fossero più personalità.
Rientrai in camera, avevo bisogno di chiarire alcuni limiti assoluti con lei, ma appena varcai la porta avvertii subito che di lei non c’era nessuna traccia. Erano le due di notte, la sua borsa era ancora lì e anche il cellulare, dov’era andata a finire? mi avvicinai alla finestra e notai un ombra verso la spiaggia. Il mare era un elemento che più volte ci ritrovavamo a ritrovarci, non ci pensai nemmeno un attimo e seguii il mio istinto.
La sabbia era fredda, c’era un bellissima luna piena in cielo che illuminava tutto il mare.
La trovai seduta su un tronco abbandonato, aveva lo sguardo perso e i capelli che volavano leggermente. Mi sedetti senza dire nulla. Fissai anch’io il nulla, non avrebbe parlato lei, oramai avevo intuito il suo carattere. Si chiudeva a guscio quando sbagliava. La fissai senza farmi vedere. Aveva indosso solo un corto vestito bianco, i piedi scalzi, non si sarebbe allontanata. Quel pensiero mi tranquillizzò.
-Jessica dobbiamo parlare. –Dissi piano, senza farla spaventare.
-Mi vuoi lasciare, perché io…- le parole furono sostituiti da singhiozzi, dal suo ripentivo cambiamento. In un attimo si trovava in piedi e mi dava le spalle.
-Perché ti dovrei lasciare? La tua mente elabora troppo. Il voler parlare non significa abbandonare, ma discutere su ciò che non va. –Mi apprestai a dirle, e poi voltarla verso di me. Non mi dava il permesso di vedere il suo viso, i capelli le facevano da scudo, ma non volevo mollare. Quella sera mi aveva fatto sognare con quel gioco improvvisato, ero un suo burattino. Ma si era fermata, forse per paura o per ripensamenti? Le alzai il viso con fatica, ma non mollai ed era in lacrime. Si stava ferendo da sola. 
-Perché stai piangendo? –Domandai.
-Io non lo so. –
-Certo che tu lo sappia, ma non me lo vuoi dire. Mi va bene. Ma ti prego non chiuderti a guscio. Credevo che le barriere si fossero ritirate e invece no. Non mi dai il permesso di entrare nel tuo cuore. –Affermai. Lei non era pronta per iniziare un nuovo inizio. Era rimasta la fragile ragazzina di una volta.
-Tu già ci sei in questo maledetto cuore! Sono io che non ti merito! –Urlò forte.
A quelle parole qualcosa in me scattò. La buttai sulla spiaggia e la coprii con il mio corpo, le bloccai le mani e la guardai fissa negli occhi.
-Non mi ripeterò per una seconda volta. Tu mi meriti, senno non saresti qui, con me. Non ti avrei nemmeno dato il permesso a raggiungere questo livello. Ti amo Jessica e non sarà questo a farmi cambiare idea. Hai bisogno di tempo e credo che non ti ho mai fatto fretta. Che cosa c’è che non va? Ti ho mai detto che non sarei stato dalla tua parte? –Gli urlai. La rabbia era scemata dopo quel monologo. Lei non parlava più, solo le sue lacrime che scendevano copiosamente mi dicevano che l’avevo colpita.
-Che cosa ti ha colpito di me, se sono vuota? –Sussurrò rotta dai singhiozzi.
-Che cosa mi ha colpito? Lo dovresti sapere. Perché in fine e questo che sei: un’anima che ha ballato talmente tante volte sotto le tempeste che adesso ha paura di farlo sotto il sole.  Ciò che provo per te non ha parole per descriverlo. Ti basta che questo è tuo. –Premendo la mano sul cuore.
La vide emozionarsi, gli occhi si umidirono di altre lacrime e poi sorridermi. –Anche il mio cuore è tuo. –Disse.  Mi abbassai e la baciai, dovevamo interrompere quel duello, perché l’arcobaleno era spuntato. Lei si lasciò andare, le asciugare le guance, le baciai gli occhi che sapevano di sale.
Il corpo era cosparso di brividi e anche il suo. Non parlai, non parlammo. Ci facemmo guidare dall’istinto e dal cuore. Accarezzai il suo corpo, il quale al mio passaggio diventava bollente. Iniziammo una danza d’amore, dettata da quel legame che ci aveva unito e che si stava rinforzando. Lei si fece guidare da me, era serena e non vedevo più quei dubbi che l’assillavano. In quella notte sotto lo sguardo della luna due anime si era ricongiunte. Il suo abbraccio mi fu fatale. Avevo trovato il mio porto. La mia ancora. Quel posto, quel momento sarebbe rimasto impresso per sempre nelle nostre memorie.
 


















 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
∞Ω∞
 
 
Un dolce freschetto mi raggiunse. Distesi una mano per toccare il caldo lenzuolo e invece toccai della sabbia? Mi alzai di scatto e mi trovai il mare che brillava di una luce meravigliosa. Il sole stava nascendo e gli dava quell’effetto wow. Accanto a me avevo una persona, che nel tempo mi aveva cambiato in meglio, facendo scoprire nuove qualità del mio essere. Si, mi aveva anche sbattuto la dura realtà in faccia ma c’era sempre stato. Un forte calore mi giunse sulle guance, avevamo fatto l’amore in spiaggia. Un sogno venuto realtà, ma anche pericoloso. Chiunque ci poteva notare. Nel ripensare quel momento non avevo nessun senso di colpa, mi sentivo finalmente completa. Mi ero lasciata andare, le paure erano scivolate …Crystal aveva ragione, se si faceva per amore niente era sbagliato. Sentivo ancora i brividi che le sue mani provocavano sul mio corpo, lento e caldo al suo passaggio. Aveva giocato da ottimo maestro, c’eravamo andati con calma, con i nostri tempi. Avevo visto uno sguardo nuovo, i suoi occhi si erano aperti nel momento in cui i nostri corpi si erano legati del tutto. Mi sentivo euforica. Mi alzai di bacino, la sabbia mi stava entrando anche nel naso, e sentii un certo prurito sulla spalla sinistra, forse mi ero graffiata. Sembrava un brufolo, lo avrei guardato più tardi. Il sole era sorto ed ero in ottima forza, il mio ragazzo dormiva ancora sereno sulla sabbia, era un peccato svegliarlo, ma dovevamo andare.
-Kaname, svegliati. –Lo mossi lentamente, ma non funzionò. Così mi avvicinai al suo corpo, con una mano fredda (una caratteristica che mi seguiva tutto l’anno) gliela appoggiai prima sulla spalla e poi scendendo verso il bacino. Lui sembrava che non avesse sofferto di quell’effetto così continuai a scendere, mi sentivo un poco imbarazzata, ma infine per che cosa era? Forse pudore?
All’improvviso mi sentii spostata e due occhi che pian piano avevo iniziato ad amare si pararono su di me, aveva un sorriso malizioso che diceva tutto.
-Vuoi ancora giocare? Non credevo che fossi così focosa di prima mattina. –Disse beffardo.
-Si, mi piacerebbe giocare. Ma non in questo momento, tra breve giungeranno i primi bagnanti. Non vorrei essere denunciata per atti sessuali all’aperto. –Risposi, il mio sorriso era radioso, ero elettrizzata a quel duello di sguardi. Lui mi faceva emozionare e poi come mi guardava.
-Mmm… Capisco. – Fece lui per poi rialzarsi. A quella vista cambiai prospettiva. –Non mi dire che t’imbarazzi adesso. Mi sembrava che non avessi pudore…-mi punse sul vivo. La notte scorsa avevo fatto del mio meglio per non risultare troppo goffa in quelle prime esperienze, lui ne aveva avuto tempo di perfezionarsi, invece io ero solo sul piano teorico. Si, avevo vissuto emozioni indescrivibili, che erano state meravigliosi e non sarei riuscita a raccontarle, forse il mio corpo, la mia anima. Avevo perso la ragione e mi ero fatta guidare dall’istinto e lui se ne era accorto. Mi aveva aiutato e dargli piacere, a ricambiarlo, ero stata diversa, unica.
-A cosa stai pensando? –Disse lui tutto in un colpo ritrovandolo alla mia altezza.
-Niente. –Balbettai.
-Davvero? –In un attimo mi trovai il suo corpo sopra il mio, i suoi capelli che mi solleticavano il naso e il suo viso appiccicato al mio stomaco, sentii chiaramente la sua lingua solleticare la mia pelle che rabbrividii a quel contatto. Le sue mani avevano tolto il vestito con agilità e adeso mi ritrovavo di nuovo in balia di lui. Chiusi gli occhi, volevo viverlo, senza nessun pensiero.
-Ti amo. – Sussurrai piano, forse troppo. Ma non m’importava.
-Ripetilo. –Disse serio.
-No. –Risposi.
-Jessica, ripetilo. Fammelo sentire bene. Voglio che mi esprimi le tue emozioni in quella parola. –La sua voce era roca, suadente. Vibrava forse era anche lui emozionato?
Mi alzai. I brividi di piacere mi cospargevano completamente, con una stabilità ardi poco nulla mi avvicinai al suo viso. Sorrisi. Sentivo il mio cuore scoppiare nella gabbia toracica. Presi una sua mano e l’appoggiai proprio lì, lui chiuse gli occhi per sentirlo. Sembravamo in un altro pianeta, nessuno ci avrebbe fermato.
-Ti amo Kaname Washi e questo battito è solamente per te, tu mi fai risvegliare istinti primordiali. –Dissi chiaramente, senza temere il suo giudizio.
Anche lui fece la medesima cosa, mi portò la mia mano sul suo cuore e mi rese felice quel battito. –Tu sei stata l’unica donna di aver avuto il permesso ti entrare interamente nella mia vita. –Affermò con due occhi di diamante. Brillavano di una luce nuova, viva, piena di amore represso ed ero felice che quella bagliore era stato creato dalla mia presenza, dal mio amore, dalle nostre essenze che si erano legate.
 
 
 
Ci ritrovammo a sorridere come due idioti nella strada del ritorno. Lui che dopo innumerevoli scherzi mi prese tra le braccia e in attimo arrivammo in camera nostra. Non ci pensai due volte e lo abbracciai da dietro.
-Che devo a questo gesto? –Chiese, mentre avvertivo il suo fiato farsi più veloce.
-A niente o tutto. Comunque grazie. – Gli baciai sulla nuca e scappai verso la doccia, ne avevo proprio bisogno.
Quando uscii dalla doccia lui non era più in camera, indossai un nuovo vestitino e mi apprestai ad andare in cucina, il quale trovai già gli altri mentre organizzavano un nuovo tour.
Il sole caldo era insopportabile, ma ci avrei fatto un pensiero per abbronzarmi. Crystal era della mia stessa idea, e non ci pensammo un attimo per stenderci sotto. Il calore mi faceva ripensare alle sue mani, in quanto sembravano lava bollente sul mio corpo. I suoi sospiri e sussurri. Strane voglie mi stavano vorticando in testa da un po’ e quel calore non mi dava aiuto.
-Dove vai? –Chiese la mia amica.
-A rinfrescarmi. –Borbottai. I piedi mi facevano male a causa dei sassi. La spiaggia era totalmente ricoperta di essa, non potevo stare con i piedi più di tre secondi, poiché scottavano.
-Stai attenta che l’acqua è già alta quando entri. –Mi avvisò.
Le spiagge erano bellissimi, ma al contempo ero ristretta su tante cose non sapendo nuotare. Mi afflosciai alla riva, dove già notavo il blu della profondità.
Era davvero un peccato.
Ad un tratto mi sentii trascinata nelle acque oscure e cercai di rimmergere, ma due mani forti mi tenevano saldamente.
-Stai tranquilla, il luogo più sicuro e accanto a me. –Disse una voce che conoscevo fin troppo bene. Mi girai con uno sguardo omicida per quel gesto che mi aveva fatto morire di paura.
-Baka mi volevi uccidere! –Urlai forte, agitai le braccia con vigore.
-No. Volevo solo farti uno scherzo, ma ahimè non è riuscito. – Disse stringendomi ancora con più forza, come se avesse realmente paura che non ritornassi più a galla. –Scusami. –Disse tutto dispiaciuto.
Rimasi in silenzio per un tempo eterno, gli unici rumori erano le acque che lambivano i nostri corpi.
-Scuse accettate. –Ripresi in mano la situazione, non mi piaceva quel silenzio tra di noi. Il suo torace era schiacciato sulle mie spalle, la sua testa ad un certo punto si era appoggiato sulla spalla sinistra.
-Che cosa hai fatto qui? –Chiese dopo un poco.
Cercai di girare la testa, non riuscendo a far molto, allungai la mano e la tastai. Non l’avevo più guardato. La superfice era liscia, ma era rossa come se da un momento all’altro sarebbe scoppiata.
-Ti fa male? –Domandò preoccupato.
-Un poco, ma sopportabile. Non ti preoccupare. –Sussurrai per ricoprire la sua testa con le mie mani. I capelli era bagnati e gli ricadevano sulle spalle.
-Se riesci a girarti lentamente ci possiamo vedere. –Feci come mi aveva detto e in breve tempo lo guardai negli occhi. –Sei stupenda. –Affermò.
-Anche tu, faresti strage di cuori. – Mormorai.
-Mi basta quello tuo, Jessica. Solo il tuo. –E me lo ritrovai incollato. Le sue labbra premevano sulle mie, approfondì il bacio dopo il mio permesso e danzammo in mare. Con la passione che pian piano aumentava, avevo paura di fare quella richiesta ardua. Non sapevo nuotare e tutto il peso era su di lui.
-Batti i piedi e ci avviciniamo a quella conca. –Affermò deciso, non sapevo dove volesse portarmi, ma lo seguii. Appena giunta in quella insenatura, mi prese si peso e mi appoggio su una roccia ovale. Eravamo di altezze perfette e in un attimo le sue mani furono addosso smaniose di scoprirmi. Cercai in vano di protestare, ma lui ripeteva che nessuno avesse visto il nostro momento, protetto dagli alti scogli che c’erano da quelle parte. Così mi lasciai andare alla passione. Le sue mani che mi scostavano il costume, i suoi baci profondi, i giochi sessuali. Mi sentivo euforica.
-Ti amo. –Dichiarò per poi avermi tutta sua. Ero pronta per quella nuova missione. Le paure ci sarebbero state, ma se accanto a me avevo lui tutto si riducevano. Chissà che cosa aveva in serbo il destino per me. Tante sorprese desederai.
-Sei unico al mondo Washi! - Urlai dando più vigore a quel rapporto.
-Mi fai impazzire! -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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