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Autore: ayamehana    04/03/2018    9 recensioni
Oneshot inspirata al contest 'Il Rosso della Passione' indetto da MissChiara sul forum di EFP
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È passato un anno dal giorno in cui Ladybug e Chat Noir hanno iniziato a combattere insieme e Adrien decide di cogliere l'occasione per provare a fare colpo sulla sua insettina preferita. Basteranno una cenetta a lume di candela e una location romantica per farlo riuscire nell'intento?
[Aged!Up]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg, Tikki
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Piccola premessa dell'autrice: Finalmente riesco ad approdare anch'io in questo fandom, non riesco ancora a crederci! Quando ho iniziato a scrivere questa storia, avevo appena iniziato a vedere Miraculous (inutile dire che ho scoperto questo cartone per caso, perché mia sorella lo stava guardando!) e credevo che i protagonisti avessero sui sedici anni... quindi, sì, mi sono detta: 'Okay, chiediamo a MissChiara (che saluto e con cui mi scuso, perché ho superato il limite di parole, sigh) se posso cambiare fandom e scrivere su questi bellissimi bambini che sto iniziando ad amare'. Vista la mia grave mancanza dovuta alla mia scarsa conoscenza di Miraculous, vi chiedo pertanto di far finta che in questa storia i personaggi abbiano diciassette anni e non quindici...
Fatta questa piccola premessa, volevo ringraziare di cuore la mia betareader, Napee, per aver revisionato e sistemato i miei errori di battitura (credo che il mio computer abbia qualche serio problema con Word, visto che non mi segnala gli errori). Ho aggiunto anche la nota OOC perché non sono sicura al cento per cento della caratterizzazione...
Infine, ho deciso di provare una nuova impaginazione con questa oneshot, per capire se la preferisco agli spazi tra un paragrafo e l'altro. Vi mando un bacione e vi ringrazio nel caso in cui decideste di leggere!

Tutti i personaggi presenti in questa storia non mi appartengono. Sono stati creati da Thomas Astruc e sono di sua proprietà. Questa storia non è a scopo di lucro e non intende infrangere il copyright. Nemmeno la fanart sottostante è di mia proprietà, appartiene all'artista abbiwhozit su Tumblr.

 

DIETRO LA MASCHERA


«Non mi interessa chi c’è dietro la maschera,
io amo questa ragazza.»
 

 
  L’odore speziato della carne di manzo impregnava l’aria, facendo venire l’acquolina in bocca anche al cuoco stesso. Doveva essere tutto perfetto, se sperava davvero di conquistare il cuore della sua amata Ladybug; e, a tal proposito, si era impegnato molto per imparare a cucinare dei deliziosi manicaretti in occasione di quella serata. Doveva farla sentire una principessa, dimostrarle di essere degno del suo amore, e poi, forse…
  «Pensi davvero che Ladybug apprezzerà?» esclamò Plagg, seduto su un tagliere ricolmo di formaggi francesi. Si stava ingozzando ancora con del camembert, quell’ingordo. «Insomma, non ha mai ceduto a una delle tue avances, perché stasera dovrebbe essere diverso?»
  Adrien finì di allentare le luci delle candele, prima di rispondere al suo kwami.  «Non hai mai sentito il detto ‘La speranza è l’ultima a morire’? Un ragazzo avrà pure il diritto di sognare.»
  «Sarà», replicò il miraculous del gatto nero, leccandosi i baffi insozzati di formaggio. «Ma sei sicuro che non si addormenterà con la noiosa tiritera che hai messo?»
  «Si chiama jazz», lo corresse il ragazzo, prima di avvicinarsi al piccolo stereo per abbassarne il volume, «e fa atmosfera. Non te ne intendi proprio di romanticismo tu, eh?»
  «No, l’unico amore che conosco è quello per il camembert. Non ho tempo da perdere con queste… cose
  Adrien roteò gli occhi al cielo. Plagg sapeva essere davvero cinico, a volte; mentre lui… lui avrebbe fatto di tutto pur di impressionare la sua lady. Sospirò spensierato, osservando soddisfatto l’eccellente lavoro che aveva svolto. L’attico era stato arredato in modo semplice, con qualche candela aromatica qua e là. Sopra il tavolo già apparecchiato, svettava un profumatissimo bouquet di rose rosse, affianco a una bottiglia di prestigioso vino francese. Il punto forte, però, era il panorama che si poteva ammirare da lassù. Chissà come avrebbe reagito la sua coccinella preferita, alla vista della Tour Eiffel illuminata da mille e mille luci…
  Il ragazzo si ridestò dai suoi sogni a occhi aperti, solo per lanciare un’occhiata fugace all’orologio da parete. Aveva dato appuntamento a Ladybug per le otto di sera, indicandole il punto esatto in cui si sarebbero dovuti incontrare. «È ora di andare», annunciò, dopo essersi accertato di aver spento il forno. «Plagg, trasformami!» 
 
 
  Le acque torbide della Senna scorrevano tranquille sotto il Pont Alexandre III, increspate di tanto in tanto da qualche imbarcazione di passaggio. Erano ormai le otto di sera e i lampioni avevano iniziato ad accendersi, gettando flebili luci sul fiume sottostante. Appoggiata a uno dei quattro pilastri del ponte, Ladybug osservava la Parigi notturna: pareva così pacifica, senza gli akuma a minacciarla… Magari fosse sempre così, pensò la ragazza con una certa amarezza, lasciandosi sfuggire un sospiro.
  «Che cosa ti affligge, mia dolce lady?» le domandò una voce familiare, strappandola dal flusso dei suoi pensieri. La supereroina roteò gli occhi e li posò sul giovane che, da un anno a quella parte, era divenuto il suo partner fisso nella lotta contro il male. Se ne stava accovacciato sulla ringhiera di marmo e la scrutava con non poca curiosità.
  Ladybug scosse la testa e arcuò un angolo della bocca in un sorriso. «Chaton, ti stavo aspettando», esclamò, prima di staccarsi dal pilastro per avvicinarsi al compagno. «Possibile che tu debba sempre farti attendere?»
  «Chiedo venia, insettina», le rispose a tono il ragazzo, restituendole il sorriso con un ghigno a trentadue denti. «Ho perso tempo dalla tosatrice per gatti… Sai, non è cosa da tutti trovare un taglio adeguato al mio bel faccino; del resto, quando si è così affascinanti…»
  Ladybug represse uno sbuffo sul nascere. «Risparmiati questi discorsi per dopo», tagliò corto, puntellandosi i fianchi con le mani. «Piuttosto, mi vuoi dire che diavolo ci facciamo qui?»
  «Non posso dirtelo, ma chérie Si tratta di una sorpresa, ma sono certo che ti piacerà!» 
  «Ma io…» iniziò la ragazza, mentre il suo partner balzava giù dal muretto per prenderla per mano. 
  «Ti fidi di me?» 
  «N-Non saprei…» 
  Chat Noir sospirò, ma non si diede per vinto. «Beh… provaci, per una volta; sono sicuro che non te ne pentirai!» sentenziò, scortandola lungo uno stretto e tortuoso vicolo di Parigi. Era un quartiere poco affollato, quello, e Marinette immaginò che stessero percorrendo proprio quella strada per non dare nell’occhio. Ma perché poi? Che cos’aveva il suo compagno di così urgente da mostrarle?
  Aveva la testa talmente per aria, che la supereroina non si accorse quando il giovane si fermò e, di conseguenza, finì inevitabilmente con il cozzare il naso contro la sua schiena. «Ma che diamine…» borbottò, mentre Chat Noir si girava verso di lei per rivolgerle un sorriso smagliante. 
  «Siamo arrivati», annunciò il ragazzo, allargando le braccia per indicarle un elegante palazzo in stile parigino. Pareva un edificio di lusso, di quelli che frequentavano solamente le persone abbienti, come Chloé Bourgeois e… Adrien. Ladybug si mordicchiò l’interno della guancia: pensare al suo adorato Agreste le causava sempre una stretta al cuore. Chissà che cosa stava facendo lui, in quel momento…   
  «Allora, non mi dici nulla?» la incalzò improvvisamente Chat Noir, al che lei cadde dalle nuvole. 
  «C-Che cosa…» 
  «E aspetta di vedere il resto!» continuò il giovane, imperturbabile. Era letteralmente su di giri, ma, nonostante ciò, Marinette non riusciva a cogliere tutto quel suo entusiasmo: che cos’aveva di così speciale quel palazzo?
  Una risata nervosa cominciò a sfarfallarle nel petto, nel momento esatto in cui aprì bocca per replicare: «Oh, non vedo proprio l’ora di scoprire di che cosa si tratta, mon Chaton.» 
  Sulle labbra del suo partner si allargò, invece, un sorriso che gli mise in risalto lo smeraldo degli occhi. «Allora, che stiamo aspettando?» domandò il ragazzo, afferrandole nuovamente le dita. «Vieni con me!»
 
 
  Dal momento che Ladybug non pareva avere l’intenzione di muoversi, Chat Noir la prese per mano e la condusse alla rampa di scale che portava direttamente all’attico. Fremeva dalla voglia di vedere la reazione della sua amata coccinella alla vista della piccola sorpresa che le aveva preparato. Chissà se avrebbe apprezzato le sue doti culinarie o se, invece, sarebbe rimasta semplicemente senza parole... Il ragazzo sorrise tra sé e sé e, dopo aver fatto scattare le chiavi nella serratura, si fece da parte per lasciar passare la sua partner. 
  «Dopo di te, milady.» 
  Lo stupore non tardò a manifestarsi sul viso della sua compagna. La vide, infatti, spalancare le labbra in una ‘o’ perfetta e sgranare le palpebre per la meraviglia. «Chaton, è… è magnifico!» esclamò Ladybug, portandosi le mani alla bocca e girandosi verso di lui. Le brillavano gli occhi – notò Chat Noir, con il cuore traboccante di gioia. «Ma… come mai hai voluto portarmi qui?»
  Il supereroe si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò al tavolo per prendere una rosa dal bouquet. «Ricordi quella volta che ho cercato di farti una sorpresa?» le domandò, porgendole il fiore, mentre lei annuiva piano con la testa. 
  «Sono stata talmente sciocca da non presentarmi a quell’appuntamento… Tu ci tenevi tanto…» 
  Chat Noir scosse il capo. «Non importa, la colpa è mia che mi sono fatto false illusioni sulla nostra amicizia…» mormorò, cercando di frenare il tremolio nella voce. «Comunque, mi piace la faccia che fai quando sei meravigliata. I tuoi occhi… risplendono come la luce del sole sul mare.» 
  L’aveva sicuramente lasciata senza parole, perché la osservò abbassare lo sguardo sulla rosa rossa che stringeva tra le dita. Sbaglio o è arrossita? si chiese il ragazzo, prima di allontanarsi da lei per andare a prendere la cena nel forno. 
  «Chaton, io…» iniziò Ladybug, ma lasciò la frase in sospeso per aggiungere: «Che cos’è questo delizioso profumino?» 
  Il giovane si grattò una guancia. «Beh… ho sempre desiderato invitarti a cena e ho pensato di cucinare qualcosa per l’occasione», le rispose, servendole una generosa porzione di boeuf bourguignon. «Spero che ti piaccia la carne di manzo; ho optato per un piatto semplice, ma francese.» 
  «Oh, non sapevo che te ne intendessi di cucina», lo canzonò la ragazza, prendendo posto sulla sedia di fronte alla sua. 
  «Ti sembrerà strano, insettina, ma io sono pieno di sorprese.» 
  Ladybug roteò gli occhi al cielo, prima di scoppiare a ridere, suo malgrado. La sua bellezza, quando era divertita, era a dir poco disarmante. 
  «C’è un altro motivo per cui ho deciso di organizzare tutto questo.» 
  «E… sarebbe?» 
  Chat Noir si morse il labbro inferiore, ponderando le giuste parole da rivolgere alla sua lady. «Vedi…» cominciò, giocherellando nervosamente con la forchetta, «… un pomeriggio di esattamente un anno fa, mi sei piombata addosso con quel tuo buffo costume da coccinella e quel tuo yoyo che faticavi a utilizzare.» 
  Sul volto di Ladybug si aprì un ennesimo sorriso divertito. «Hai ragione! Ci siamo ritrovati a penzolare a qualche metro da terra, per colpa mia.» 
  «Già», replicò il giovane, lasciando andare la posata per afferrare la bottiglia di vino. «Che ne dici, se facciamo un brindisi a noi due e al nostro eccellente lavoro di squadra?» 
  «Stai ricominciando a fare il gradasso o mi sbaglio, mon Chaton?»
  Il supereroe ghignò, prima di sollevare il calice per farlo tintinnare contro quello della compagna. «Mi conosci, ma chérie, e sai bene che non mi permetterei mai di farlo.» 
 
  La cena proseguì nel migliore dei modi. Non solo era riuscito a strappare alla sua lady un mugolio estasiato con la sua deliziosa carne di manzo, ma era stato capace anche di farla ridere e divertire. Chissà se anche il suo rivale in amore era in grado di provocare quelle reazioni nella sua insettina preferita… o se, invece, con lui, lei si comportava in maniera completamente differente. Magari, sotto la maschera a pois, si nascondeva una ragazza timida e impacciata… totalmente diversa dall’eroina più rinomata di tutta Parigi. Chat Noir represse un sospiro: quanto gli sarebbe piaciuto appurarlo con i suoi stessi occhi, ma, al contempo, non aveva intenzione di venir meno al volere della sua partner. Non possiamo sapere nulla dell’altro; la nostra identità deve rimanere segreta ad ogni costo, gli aveva ripetuto Ladybug più di una volta. 
  «Era tutto buonissimo, Chaton», esclamò la ragazza, con un sorriso compiaciuto sulle labbra. Come poteva continuare a resistere dal fiondarsi su quella bocca tentatrice? «Vuoi che ti aiuti a sparecchiare?»
  Il giovane scosse la testa e si mise ad accatastare i piatti per fare spazio sul tavolo. «No, sei mia ospite; non sarei un gentiluomo se ti chiedessi di aiutarmi.»
  Ladybug sgranò gli occhi, prima di scoppiare a ridere. «Un gentiluomo? Tu? Ma fammi un…» cominciò, ma si bloccò quando lui le rivolse uno sguardo accigliato. «Tutto apposto, minou? Guarda che stavo scherzando, non volevo assolutamente offenderti!»
  Chat Noir annuì con poca convinzione, per poi lasciarsi scivolare di nuovo sulla sedia di fronte alla compagna. «Sì, stavo solo… pensando.»
  «E a che cosa?» lo incalzò la supereroina, sollevando un sopracciglio. «Avanti, Chat Noir, sai bene che se c’è qualcosa che ti turba, puoi contare su di me! Siamo amici, prima di essere partner e…» 
  «Che cos’ha lui che io non ho?»
  Ladybug trasalì e lo guardò come se gli fosse spuntata una seconda testa. Perché si ostinava a non capire? Certo, essere suo amico era fantastico, ma lui non voleva limitarsi a quello. Voleva renderla sua e farla felice; desiderava ardentemente cancellare il pensiero del suo misterioso rivale dalla mente di lei. 
  «Chaton, io…» mormorò la ragazza, abbassando lo sguardo sulle mani. «Lo sai che non posso rivelarti nulla sul mio conto… Sarebbe pericoloso e sconveniente, per entrambi.» 
  «Già, hai ragione... e mi dispiace essere così indiscreto, ma io… io devo sapere contro cui sto competendo per il tuo cuore.»
  Le spalle della sua partner furono percorse da un leggero fremito, che si attenuò quando questa tornò a rilassarsi. È rimasta turbata dalle mie parole? si ritrovò a chiedersi Chat Noir, con non poca amarezza. Gli sembrava che il suo cuore si stesse accartocciando, come un vecchio pezzo di giornale gettato nel fuoco. «Io…» cominciò, ma le parole si frapposero nella sua gola, quando lei alzò la testa per guardarlo negli occhi. Riuscì quasi a specchiarsi, in quelle sue iridi cristalline annebbiate dalla confusione, dalla tristezza… dalla compassione. Era troppo anche per lui. «Lascia stare.» 
  «Lui è…» iniziò, invece, Ladybug, sorprendendolo, «… è gentile, dolce e mi ripete sempre che sono fantastica, anche se, in realtà, sono un disastro totale. Quando sono in sua presenza, non faccio altro se non balbettare e dire cose sconnesse… ma a lui sembra non importare. Mi ascolta e mi considera un’ottima amica, nonostante tutto.»
  Il supereroe le prestò ascolto, cercando di cogliere ogni singolo guizzo sul viso della compagna, mentre quest’ultima si apprestava a parlargli del ragazzo di cui era innamorata. Faceva male, sì, ma era felice che si fosse finalmente aperta con lui. «Deve piacerti molto, non è vero?»
  La portatrice del miraculous della coccinella annuì e un accenno di sorriso le increspò le labbra. «Sì… Adrien è semplicemente meraviglioso.» 
  Chat Noir, che in quel momento stava sorseggiando dal suo bicchiere, si strozzò con il vino e cominciò a tossicchiare convulsamente sotto lo sguardo allibito della sua partner. Ladybug, la sua Ladybug, era innamorata di lui? Era talmente assurdo che non riusciva a credere alle sue orecchie! Aprì la bocca per replicare, ma da essa vi uscì solo un suono simile a un gracidio: «A te… piace Adrien Agreste?!» 
 
 
  Ladybug strabuzzò gli occhi, con la gola improvvisamente secca. Perché Chat Noir aveva fatto il nome di Adrien? Che cosa si era lasciata sfuggire? Si era forse tradita da sola? Idiota che non sei altro! si maledisse, mentre un’ondata di panico la prendeva di soprassalto, lasciandola completamente a corto di parole. Che cosa poteva mai dire, ora, per rimediare al disastro che aveva appena combinato? «A-Adrien?» pigolò, con la voce più acuta del normale. Oh, no, fa che non si accorga della mia agitazione, ti prego… 
  Sul viso del suo compagno si aprì un sorriso incerto. «Sì, il figlio di Gabriel Agreste… Sai, quel famoso stilista di Parigi che tu hai scambiato per Papillon…»  
  «Mi ricordo di lui», tagliò corto la supereroina, socchiudendo le palpebre per scrutare il suo adorato Chaton. Vi era un che di bizzarro nel suo tono di voce: sembrava guardingo, quasi… speranzoso? Ma perché, poi? si chiese, mentre Chat Noir balzava in piedi per raggiungerla. 
  «Allora… sei innamorata di lui?» le domandò il giovane, posandole le mani sulle spalle. Una strana luce brillava in fondo ai suoi occhi verdi, così simili a quelli di un gatto vero. 
  Ladybug socchiuse la bocca, ma ben presto si accorse di non riuscire ad articolare alcuna parola. Perché doveva essere così imbranata? Sospirò e chinò la testa, interrompendo il contatto visivo con il partner. «Mi prometti che non lo dirai a nessuno?» mormorò, sentendo un improvviso calore sulle guance e alla base del collo. Ecco, l’aveva fatto; aveva abbattuto quel muro invisibile che si era imposta di costruire tra lei e il suo compagno di mille avventure. 
  Chat Noir si zittì per un breve istante, dopodiché si abbassò per cingerla in un caloroso abbraccio. «Sì…» le sussurrò all’orecchio, provocandole dei piacevoli brividi lungo tutta la spina dorsale. Non riusciva ancora a capacitarsi dell’effetto che le faceva lui, a volte. «E poi… c’è una cosa che vorrei che sapessi anche tu, a questo punto.» 
  «Che…»
  Il ragazzo si allontanò da lei e sollevò un angolo della bocca in un sorriso. «Aspetta e vedrai», esclamò, prima di aggiungere: «Plagg, ritrasformami.» 
  Ladybug schiuse le labbra per dirgli di non farlo, ma ormai era troppo tardi. Una luce esplose intorno al corpo del suo partner, cancellando la maschera, gli artigli e il costume da gatto… e rivelandole la vera identità del ragazzo irriverente e giocoso con cui era solita combattere contro le forze del male. La supereroina dovette aggrapparsi alla sedia per non cadere a terra, a causa dello sgomento. Come aveva fatto a essere così cieca? «A-Adrien?» balbettò, sentendosi subito una perfetta idiota. Aveva voglia di urlare e di fuggire via, di nascondersi da quegli occhi color smeraldo che, ora, la stavano scrutando con sincero divertimento. Stava forse ridendo della sua orribile gaffe? 
  «Sei così buffa, milady», la prese in giro quello stupido, guadagnandosi subito un’occhiataccia da parte sua. Adesso sì, che l’avrebbe volentieri preso a pugni… però, d’altro canto, si trattava sempre di Adrien, del suo Adrien… Perché si sentiva così scossa? Avrebbe dovuto fare i salti di gioia, al pensiero di lavorare tutti i giorni con il ragazzo di cui era innamorata, ma… che cos’era quel peso che aveva cominciato a opprimerle il cuore?
  «Sei ingiusto», borbottò Ladybug, mentre il rossore tornava a imporporarle le guance. Era accaldata, imbarazzata e… terribilmente confusa. Chi era realmente Adrien Agreste? Il micione sfacciato che aveva continuato a farle la corte, nonostante i suoi rifiuti… oppure il timido ragazzo che aveva conosciuto tra i banchi di scuola? 
  «Come?»
  La supereroina gli rivolse un’occhiata di sottinsù: possibile che in lui si celassero due lati opposti della stessa medaglia? si domandò, prima di scuotere la testa con vigore. «Sei ingiusto, perché sembra quasi che, mostrandomi la tua vera identità, tu voglia indurmi a rilasciare la mia, di trasformazione… mentre io… io non mi sento ancora pronta.»
  Adrien sbatté le palpebre e le ciglia chiare gli disegnarono delle ombre scure sulle guance. «Ti sbagli», esclamò, chinandosi su di lei e mettendole le mani sulle ginocchia. Da così vicino, Ladybug poteva sentire l’odore muschiato e familiare della sua acqua di colonia... «Ti ho svelato la mia vera identità, non perché voglio che tu mi riveli la tua… ma perché io… io sono innamorato di te, milady.»
  Sentirglielo dire chiaramente fu un tuffo al cuore per Marinette che, però, si limitò a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore. «T-Tu… sei innamorato di me?»
  Il ragazzo annuì e, nel farlo, un ciuffo di capelli dorati gli ricadde sugli occhi. Era così bello… anche con le guance talmente paonazze da poterci cucinare degli hamburger sopra. «Non è forse evidente?» sussurrò con voce roca, dimezzando la poca distanza che li separava. Era come se il mondo, intorno a loro, stesse lentamente scomparendo, e Ladybug si sentiva frastornata, quasi ebbra di lui e del suo profumo. «Ho voglia… posso baciarti?»
  Quella domanda la colse di sorpresa: lui voleva baciarla? Se si tratta di un sogno, per piacere, non svegliatemi, pensò, chiudendo gli occhi e sporgendosi in avanti. La bocca di Adrien incontrò subito la sua, attratta da una forza simile a quella di una calamita. Era più soffice di quanto avesse mai immaginato e sapeva di… salsa piccante, con un retrogusto speziato di vino francese. 
  Ladybug la saggiò timidamente, sollevando le braccia per allacciarle dietro la nuca del compagno. I riccioli biondi di lui le ricaddero piano tra le mani, solleticandole teneramente le dita e strappandole un sorriso estasiato. Anche Adrien emise un mugolio di piacere, suo malgrado, mentre con delicatezza le apriva le labbra con le proprie. Marinette non sapeva esattamente come comportarsi; si sentiva impacciata e inebetita, ma anche vogliosa di assecondare le azioni del compagno, di perdersi e di annullarsi in lui. Voleva averlo più vicino, sentirlo sulla sua pelle, e quasi si stupì di quei pensieri poco casti, così inusuali per lei. Fu il cuore a vincere sulla ragione, perché lasciò che la lingua di lui scivolasse piano nella sua bocca, accendendo nel suo corpo emozioni del tutto sconosciute. Uno sciame di farfalle si librò agitato nel suo stomaco, facendole sentire le gambe molli e simili a gelatina. Quasi avesse paura di cadere realmente, si aggrappò con più forza ad Adrien, il cui petto aderì perfettamente al suo. Riuscì a percepire il battere incessante del suo cuore, i fremiti che scuotevano il suo corpo tonico, il modo in cui le mani tremavano mentre le stringeva i fianchi… Era bello riuscire a scatenare in lui simili reazioni e sapere di avere la prerogativa, di essere la ragazza di cui era innamorato. Quel pensiero, però, al posto di farle toccare il cielo con un dito, la mise nuovamente in allarme. Se da una parte Adrien aveva perso la testa per la supereroina più rinomata di tutta Parigi, dall’altra, sarebbe mai riuscito a innamorarsi di Marinette, quella sua compagna talmente maldestra e impacciata da non riuscire ad articolare una frase di senso compiuto? 
  Quella nuova considerazione s’insinuò prepotentemente nella sua mente e la turbò a tal punto che Ladybug si ritrasse di scatto, quasi quel contatto così intimo l’avesse scottata. 
  «Milady?» la chiamò Adrien, osservandola da sotto le ciglia chiare. Aveva le labbra gonfie per i baci che si erano scambiati, e stava boccheggiando, come se allontanarsi da lei l’avesse lasciato senza fiato. Marinette non poteva certo biasimarlo: si sentiva allo stesso modo, visto che, quando si era staccata da lui, le era mancata completamente l’aria.
  «Non posso», rispose, poggiando entrambe le mani sul petto del compagno e spingendolo il più distante possibile. Un’espressione di assoluto dolore contrasse i bei lineamenti del suo adorato Agreste e lei volse lo sguardo altrove, mentre il senso di colpa iniziava ad artigliarle il cuore. Perché doveva essere così difficile? 
  «Non capisco», esclamò il giovane con voce incrinata. «Hai detto di amarmi… ed io…»
  «… e tu hai una cotta per Ladybug, la ragazza che combatte ogni giorno contro le forze del male», concluse Marinette al suo posto, in modo fin troppo brusco. Le lacrime stavano cominciando a premerle in fondo alla gola e la supereroina dovette fare uno sforzo enorme per ricacciarle indietro. Non doveva piangere, non di fronte a lui. «Capisci, ora? Tu sei innamorato di lei, non di me.»
  Adrien rimase in silenzio per un istante quasi infinito, prima di sbuffare una risata. «Sei davvero sciocca, milady», la rimproverò, chinandosi di nuovo su di lei e arruffandole teneramente la frangetta. «Ti ho forse mai imposto di mostrarmi il tuo vero volto?»
  La portatrice del miraculous della coccinella sollevò gli occhi e li inchiodò in quelli del partner. Le sue iridi avevano lo stesso colore dei prati di campagna, attraversate di tanto in tanto da qualche pagliuzza dorata. Quasi affogando in quello sguardo tanto penetrante, Marinette si ritrovò a scuotere la testa, suo malgrado. «Mi hai chiesto di svelarti la mia vera identità… ma non hai mai mancato di rispetto al mio volere di mantenere una certa privacy, tra noi due.»   
  «E questo perché ti amo, Ladybug», mormorò Adrien con decisione, nonostante il rossore si fosse diffuso sulle sue guance.«Ci ho pensato molto e sono arrivato alla conclusione che non m’importa di chi si nasconda dietro la maschera. Alla fin fine, sei sempre tu, no? Come io, d’altro canto, sono Chat Noir.»
  La supereroina corrugò la fronte, assimilando a lungo le sue parole. Quando assumeva le sembianze di Ladybug, in effetti, le sue insicurezze venivano meno, rendendola capace di fare qualsiasi cosa. Che fosse quello il suo vero io, dopotutto? Stava per aprire bocca per replicare, quando il giovane di fronte a lei allungò una mano in sua direzione. 
  «Sai che ti dico? Stare in piedi mi ha fatto venire un gran mal di gambe! Hai voglia di sederti con me sul divano?»
 
 
  Il divano in questione era posto di fronte all’enorme vetrata che affacciava direttamente sulla Parigi notturna. Lì sotto, la città era accesa in un tripudio di luci colorate che facevano brillare le acque scure della Senna. Più in fondo, invece, si ergeva imponente la Tour Eiffel illuminata anch’essa di giallo e arancione. Ad Adrien venne quasi da sorridere, pensando a quante volte lui e la sua amata Ladybug avevano combattuto in cima a quel maestoso monumento. «Ti ricordi… quando quell’imbrogliona di Volpina ci ha minacciati di gettare una mia illusione dalla Tour Eiffel?» domandò, mentre la sua coccinella preferita prendeva posto accanto a lui sul sofà.
  «Adesso capisco perché sapevi che quella pazza stava bleffando!» esclamò la sua partner piccata, al che lui sorrise, colpevole. «Certo, non potevi essere tu, se stavi combattendo al mio fianco nei panni di Chat Noir.» 
  «Prrrecisamente!» concordò il ragazzo, ammiccando come solo il suo alter ego sapeva fare. «E tu, invece, insettina, saresti stata disposta a consegnare il tuo miraculous per salvarmi… perché hai una cotta per me, giusto?» 
  «C-Cosa?!» scattò la supereroina con voce tremula, arrossendo fino all’attaccatura dei capelli. «I-Io non…» continuò poi, prima di abbassare lo sguardo e tartagliare frasi completamente prive di senso. Il giovane la osservò con il cuore gonfio di amore: non aveva mai visto la sua Ladybug così in difficoltà e doveva ammettere che era davvero molto tenera. Chissà quante altre sorprese celava dietro quella maschera a pois… Adrien si ripromise che, un giorno o l’altro, le avrebbe riscoperte tutte.
  «Dai, vieni qua», mormorò, allungando un braccio e cingendole le spalle per trarla maggiormente a sé. Una nuvola di profumo dolciastro gli inondò le narici, quando lei si appoggiò goffamente contro la sua spalla. Voleva farlo impazzire, forse? «Milady…»
  «Dimmi, Chaton.»  
  Non fece in tempo a rispondere, perché il miraculous della sua partner cominciò a suonare, segno inequivocabile che la trasformazione era quasi giunta al termine. Ladybug si divincolò dal suo abbraccio e scattò in piedi, agitata. «M-Mi dispiace, ma io...» farfugliò, dandogli le spalle e cominciando a dirigersi verso la porta. 
  «No, non andare!» proruppe Adrien, inciampando quasi sul divano per prenderla per mano. Riuscì a percepire le dita della ragazza irrigidirsi sotto la sua presa, ma non gli importava: lui non poteva lasciarla fuggire in quel modo. «Ti prego…»
  «A-Adrien…» 
  «Resta», la supplicò ancora una volta il portatore del miraculous del gatto nero. «Possiamo spegnere le candele e chiudere le tende, se vuoi… ma, ti prego, almeno per questa notte… abbatti le tue difese e rimani con me.» 
 
 
  Ladybug non sapeva esattamente come Adrien c’era riuscito, ma alla fine il suo adorato Chaton l’aveva convinta a restare. Nonostante non le fosse mai piaciuto particolarmente il buio, vi era un che di confortante nell’oscurità che la circondava: poteva finalmente lasciar cadere la maschera, senza avere il timore di essere scoperta. La supereroina intrecciò le dita al petto e inspirò a fondo, mentre il suo miraculous continuava a emettere trilli sempre più forti, implorandola quasi di tornare normale. Si sentiva pronta? si domandò per l’ennesima volta, prima di schiudere le labbra. «Tikki, ritrasformarmi.» 
  La magia defluì subito dal suo corpo e, in un attimo, la ragazza si ritrovò a essere solo e semplicemente Marinette. È fatta, si disse, cacciando un sospiro che non si era accorta di aver trattenuto. 
  Liberata dalla trasformazione, Tikki le svolazzò accanto e si accasciò sulla sua spalla. «Mi dispiace tanto», mormorò la piccola kwami con il petto scosso dai singhiozzi, «ma non ce la facevo davvero più.»
  Pareva esausta, ma anche sinceramente affranta, e Marinette si ritrovò a sorridere, suo malgrado. «Non ti preoccupare, Tikki», le rispose, dandole un tenero buffetto sulla testolina. «Sei stata fin troppo brava a resistere così a lungo.» 
  Alle sue spalle, Adrien, che era rimasto in religioso silenzio sino a quel momento, simulò un colpo di tosse. «Se il tuo kwami vuole, può andare a rifocillarsi con il mio. Ho messo da parte del camembert e…» 
  Tikki proruppe in un risolino divertito. «Non gli è ancora passata la fissa per quel formaggio puzzolente?» domandò, al che il giovane Agreste sbuffò. Marinette non poteva vederlo, ma era pronta a scommettere che aveva roteato gli occhi al cielo. 
  «No, finirà con l’insozzarmi tutti i vestiti… prima o poi!»
  La kwami sghignazzò, se possibile, ancora più forte. «Sono secoli che conosco Plagg e, credimi, non è mai cambiato di una singola virgola. Comunque, ho proprio bisogno di mettere qualcosa sotto i denti, quindi lo raggiungo.» 
  Sbaglio o suona quasi come una scusa per lasciarci da soli? pensò Marinette, spostando nervosamente il proprio peso da un piede all’altro. Doveva dire qualcosa e, subito, prima che l’imbarazzo calasse tra di loro. «D-Dunque…» cominciò, ma s’interruppe quando Adrien la afferrò per il bacino e la abbracciò da dietro. La sua schiena combaciò perfettamente con l’addome del compagno, il cui cuore batteva alla stessa frequenza del suo. «C-Che cosa…?» esclamò la ragazza, sentendosi immediatamente avvampare. 
  «Ti prego, non dire nulla», mormorò il suo partner, poggiandole il mento nell’incavo della spalla e sfiorandole delicatamente il collo con la bocca. Un piacevole torpore s'irradiò da quel punto e si diffuse in tutto il suo corpo, facendola sentire letteralmente in paradiso. «Rimaniamo semplicemente così... Lo desidero da… dalla prima volta in cui abbiamo combattuto insieme.» 
  Il cuore di Marinette fece una capovolta su se stesso e prese a palpitare furiosamente nel suo petto. Quindi anche lui aveva avuto un colpo di fulmine per lei… e lei, da assoluta sciocca, non aveva fatto altro se non rifiutare le sue avances… Quel solo pensiero le fece venir voglia di strapparsi tutti i capelli dalla nuca. Rimasta totalmente a corto di parole, la supereroina si limitò ad annuire, decidendo di lasciarsi un po’ andare a quelle meravigliose effusioni. Le labbra di Adrien erano sorprendentemente morbide, mentre scivolavano lungo il suo collo, carezzandola come se la sua pelle fosse fatta di pregiata porcellana. Erano baci delicati, quelli, ma che la facevano comunque fremere di puro e semplice desiderio. «A-Adrien», gemette la giovane, quando lui le lambì un punto poco sopra la scapola. 
  «Sì, milady?»
  Marinette si girò semplicemente nel suo abbraccio, in modo da poter stare faccia a faccia con lui. Aveva il viso talmente vicino a quello del compagno, che riusciva quasi a sentire il suo respiro caldo sulle guance… Adrien abbassò la testa, nell’esatto momento in cui lei si sollevò sulle punte… e le loro bocche s’incontrarono di nuovo. Si baciarono con estrema dolcezza e senza fretta, riprendendo lentamente familiarità l’uno con il corpo dell’altra. 
  Le dita da pianista del ragazzo le strinsero piano i fianchi, per poi insinuarsi sotto la sua maglietta e lambirle la pelle nuda della schiena. Nessuno l’aveva mai toccata in quel modo e Marinette non riuscì a fare a meno di irrigidirsi per la sorpresa. 
  «Scusa, io…» mormorò Adrien, staccandosi da lei di qualche centimetro, «… non volevo prendermi tutte queste libertà…» 
  La supereroina inspirò forte e appoggiò la fronte contro quella del partner. «S-Sono io che dovrei scusarmi, non tu», bisbigliò, prima di racimolare un po’ di coraggio e aggiungere: «Non voglio che tu ti fermi.» 
  «Ne sei sicura?» 
  Marinette annuì… e, in un attimo, le labbra di Adrien furono di nuovo sulle sue. Le loro lingue si sfiorarono più e più volte, in un modo che le fece girare la testa… ma non bastava, non più. Incapace di tenere le mani al loro posto, la portatrice del miraculous della coccinella afferrò la giacca del compagno e gliela fece scivolare via dalle spalle. Adrien non possedeva una muscolatura possente, ma il suo fisico era comunque quello di un modello, tonico e con le forme nei punti giusti. La piccola Dupain-Cheng lo carezzò piano con la punta delle dita, sentendolo tremare di piacere sotto il suo tocco leggero. «Sei stupendo, Chaton…» sussurrò con voce roca, prima di mordersi l’interno della guancia. Possibile che non riuscisse mai a starsene zitta? 
  «Anche tu lo sei, milady», le rispose lui, cingendole la vita con un braccio e mandandola totalmente in brodo di giuggiole. «E, comunque, ora tocca a me.» 
 
 
  Adrien si sentiva scosso da una scarica di adrenalina pura: non solo la sua adorata Ladybug gli aveva confessato di amarlo, ma era anche pronta a concedersi completamente a lui… Sono forse in paradiso? pensò, gongolando come un emerito idiota. «E, comunque, ora tocca a me», esclamò, afferrando i lembi della canotta della sua insettina preferita e tirandoli verso l’alto. 
  La reazione della ragazza non tardò a manifestarsi: la sentì, infatti, emettere un gridolino acuto seguito subito da un verso di protesta. Il giovane ridacchiò. «Non voglio che tu ti fermi», la scimmiottò, beccandosi uno scappellotto alla base della nuca. 
  «M-Mi hai colta di sorpresa!» 
  «Oh, avanti, milady, lasciati andare», la rimbeccò il supereroe, sfilandole la maglietta con un gesto fluido della mano. «Insomma, sai bene anche tu che insieme facciamo scintille
  «Certo, come no», gli rispose lei piccata, prima di sussultare per lo stupore quando lui le posò le labbra nell’incavo del collo. Aveva una pelle talmente morbida che avrebbe passato ore a baciarla… per non parlare di quel suo dannatissimo profumo… Sapeva di zucchero filato e di… macarons. Dov’è che l’aveva già sentito?
  Adrien scosse la testa e tornò a tempestare il corpo della sua partner con una serie infinita di baci. Voleva farla sentire amata e desiderata al pari di una principessa… Senza pensarci su troppo, le prese delicatamente un seno e cominciò a massaggiarlo con la punta delle dita. «Mi stavo domandando…»
  «Che cosa?»
  «… Di che colore è la tua lingerie?» 
  Ladybug sobbalzò e lui, non riuscendo più a trattenersi, scoppiò a ridere di gusto. Era davvero divertente stuzzicarla in quel modo… e chissà quanto era arrossita, poi! «Oh, avanti, stavo scherzando!» borbottò, quando lei gli assestò una gomitata nello sterno. 
  «Sei proprio un… un…» iniziò, ma lui la zittì, premendo le labbra sulle sue. La baciò con amore, schiudendole piano la bocca per cercare la sua lingua con la propria. 
  A quel contatto, la sua adorata lady parve finalmente rilassarsi e lui ne approfittò per toglierle il resto dei vestiti. Stava davvero per fare l’amore con lei? si chiese, prendendola in braccio e adagiandola sul divano. Quel solo pensiero gli faceva dolere terribilmente il basso ventre: diavolo, quanto la desiderava! 
  «Milady, ne sei davvero sicura?» le domandò per l’ennesima volta, cominciando a trafficare con la zip dei pantaloni. Non avrebbe fatto nulla contro il volere della sua amata Ladybug, mai e poi mai. 
  Di tutta risposta, la ragazza lo afferrò per un braccio e lo trascinò sopra di sé. I loro corpi aderirono perfettamente l’uno contro l’altro, come se fossero fatti per completarsi a vicenda. Gli servivano forse altre prove per capire che anche lei era consenziente? 
  Con il cuore traboccante di gioia, Adrien si chinò di nuovo su di lei e le depositò un bacio all’angolo della bocca; dopodiché si spogliò velocemente, sentendosi quasi uno sciocco adolescente in calore. «Sai, insettina», iniziò, sistemandosi bene tra le gambe della partner, «in questo momento, vorrei poterti guardare negli occhi. Sono certo… Sono certo che dietro la maschera, si nasconda una bellissima ragazza.» 
  Ladybug sbuffò. «Adrien, sai bene che io…»
  «Sì, ma permettimi di continuare a sperare, almeno finché non ti sentirai pronta», mormorò, prima di entrare in lei con un semplice movimento del bacino. La giovane tremò e inarcò i fianchi sotto di lui, emettendo un gemito di dolore. «T-Ti ho fatto male?» le chiese Adrien con voce incrinata. «Mi dispiace, io…»
  «No, non preoccuparti, va tutto bene» lo rassicurò Ladybug, allungando le braccia e carezzandogli teneramente i capelli. «E poi, sono stata io a volerlo, quindi…»
  Nonostante la sua adorata insettina non riuscisse a vederlo, Adrien non poté fare a meno di rivolgerle un sorriso colmo d’amore, prima di cominciare a muoversi in lei con delicatezza, stando ben attento a non arrecarle troppo dolore. Dopo alcuni secondi che gli parvero infiniti, Ladybug iniziò finalmente ad assecondare i suoi movimenti, sollevando le gambe per allacciarle intorno al suo fondoschiena. Era davvero bello poterla toccare in quel modo, come se potesse arrivare a lambirle anche il punto più remoto dell’anima… 
  «Ladybug…» mormorò, mentre l’apice lo coglieva come un’onda durante una giornata di tempesta, scuotendolo e lasciandolo completamente senza fiato. Avrebbe volentieri urlato quel nome altre cento e mille volte, senza stancarsi mai. Com’era possibile che una singola donna fosse capace di farlo sentire contemporaneamente in inferno e in paradiso? 
  «Adrien…» gli rispose la ragazza, artigliandogli la schiena con le unghie e stringendo maggiormente i piedi contro i suoi fianchi. «Sono così felice…»
  Il supereroe emise un sospiro di piacere e scivolò fuori dal corpo della compagna che, nel mentre, si era accoccolata placidamente sul suo petto. «Anch’io lo sono, milady» le sussurrò lui, carezzandole una guancia e riscoprendola bagnata. Stava forse… piangendo per la gioia? Adrien si sollevò sui gomiti e aprì la bocca per domandarglielo, ma rinunciò quando si accorse che lei era già sprofondata nel mondo dei sogni. Si chinò, quindi, per sfiorarle la fronte in un bacio a fior di labbra. «Bonne nuit, ma chérie», esclamò, prima di lasciarsi scivolare anche lui tra le braccia di Morfeo. 
 
  Un timido raggio di sole filtrava dalle tende socchiuse, colpendo ripetutamente negli occhi Adrien che si risvegliò di soprassalto. Un dolce profumo di macarons gli carezzava le narici, facendogli tornare alla mente i ricordi della notte appena passata con l’amore della sua vita. Ladybug era ancora profondamente addormentata accanto a lui, con il viso schiacciato contro il suo petto nudo. Nella penombra della stanza, il ragazzo riusciva a scorgerne solo qualche fugace dettaglio: i capelli neri dalle sfumature bluastre raccolti in due codini ormai disordinati, il braccio che gli stava cingendo la vita, la pelle nivea dei fianchi e delle gambe… Il giovane supereroe distolse lo sguardo, sentendosi improvvisamente le guance in fiamme. Se, da una parte, quando vestiva nei panni di Chat Noir, perdeva completamente i suoi freni inibitori; non si poteva certo dire lo stesso quando era semplicemente Adrien, il timido figlio dello stilista più rinomato di tutta Parigi. Ma, allora, che cos’era successo la notte precedente? Davvero aveva detto e fatto certe cose con la sua insettina preferita? Adrien si coprì gli occhi con un braccio, sentendosi scoppiare il cuore nel petto. 
  «Plagg, sei sveglio?» chiese, lanciando un’occhiata in un punto imprecisato nell’oscurità che lo circondava. Che domanda sciocca, poi: sapeva perfettamente che il suo kwami era solito ingozzarsi di prima mattina. 
  «Oh, certo», gli rispose, infatti, il miraculous del gatto nero. «Stavo giusto cercando del camembert per il mio spuntino mattutino.»
  «Rimanda la colazione a dopo, per favore… Vorrei andarmene, se non ti dispiace.»
  «Che cosa?!» esclamò il suo kwami, alzando un po’ troppo la voce. Al suo fianco, Ladybug mugolò nel sonno e si strinse maggiormente a lui, cingendogli il bacino con una gamba. «E perché mai? Non vuoi aspettare che lei si svegli?»
  Adrien scosse la testa, seppur a malincuore. Non gli piaceva l’idea di lasciarla, ma rimanere lì era troppo rischioso. La sua lady, infatti, era stata abbastanza categorica al riguardo: non voleva assolutamente che lui scoprisse la sua vera identità, perché non si sentiva ancora pronta. Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro. «No, lei vuole mantenere il segreto ed io… non desidero venir meno al suo volere.»
  «Tu devi essere completamente fuori di testa.»
  «Solo perché tu non sei mai stato innamorato», si difese il supereroe, prima di scostarsi delicatamente da Ladybug per lasciarla dormire. Chissà come reagirà quando vedrà che me ne sono andato… forse, più tardi, dovrei mandarle un messaggio di spiegazioni. «Per preservare la tua identità», mormorò il ragazzo, abbassandosi sulla sua amata per lasciarle un bacio sulla guancia. Magari, un giorno… «Plagg, andiamo?»
  «Finalmente, ho lo stomaco che brontola per colpa tua!»
  Adrien scoppiò a ridere. «Credo che dovrai aspettare, amico mio, perché adesso ho proprio voglia di farmi un giretto! Plagg… trasformami!»
  
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