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Autore: Flos Ignis    11/03/2018    0 recensioni
Seconda classificata al contest "True Colours (of Your Soul)" indetto da Laodamia94 sul forum di EFP.
Terza classificata al contest "Un personaggio in cerca d'autore" indetto da Emanuela.Emy79 sul forum di EFP.
AU!Fantasy
Due anime spezzate sono destinate a incontrarsi: il loro passato, per quanto diverso, li rende due creature uniche al mondo e solo la presenza dell'altro potrà salvarli. Anche se loro ancora non lo sanno.
Il crollo di una miniera metterà in moto gli eventi: un soldato, inviato per prestare soccorso, incontrerà una giovane ferita nel corpo e nell'anima e deciderà di proteggerla. Non sa ancora che sarà grazie a lei che la spirale di vendetta in cui è invischiato da molti anni sarà interrotta, come non sa che lui stesso porrà fine alla depressione in cui era precipitata la giovane, dandole uno scopo.
Una strega bambina animata dalla vendetta, un soldato maledetto che ha fatto voto di proteggere, una ragazza con un grande sogno ed un corpo spezzato.
Volete scoprire come va a finire? Benvenuti in un Giappone antico in cui la magia può fare grandi cose, sia distruggere che guarire.
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genos, Metal Bat, Nuovo personaggio, Tatsumaki, Zenko
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tragedia in atto





Molte ore dopo la richiesta di soccorso, per le strade del villaggio aveva iniziato a deflagrare l'ansia che fino a quel momento era stata faticosamente tenuta sotto controllo.

I bambini erano stati chiusi a forza nelle loro case mentre tutte le donne e gli anziani si erano trovati in piazza per decidere se fosse il caso di prendere una qualche iniziativa. 

La casa in cui Kin viveva con suo padre era ai margini più esterni dell'agglomerato di abitazioni, ma nonostante ciò riusciva comunque a distinguere alcune delle voci che il vento trasportava fino a lei, facendola sospirare. Non sembrava che si sarebbe giunti ad un accordo tanto presto: era una situazione di emergenza, ma allo stesso tempo una loro mossa sbagliata avrebbe comportato la fine dei loro uomini intrappolati.

Iniziava a temere che i soccorsi sarebbero arrivati troppo tardi, di quel passo la poca aria che filtrava tra le rocce dopo il crollo si sarebbe esaurita e i prigionieri sarebbero morti soffocati.

Non avrebbero più potuto baciare le mogli e rimboccare le coperte ai figli, nè lamentarsi gli uni con gli altri per la situazione ormai ingestibile all'interno della loro stessa comunità a causa della proposta di diventare proprietà di un signore feudale in cambio di un lauto compenso. Non ci sarebbero più state feste a cui partecipare, compleanni da celebrare, funerali in cui piangere... molti di loro se ne sarebbero andati per la loro strada, ricordando solo a tarda sera, davanti al fuoco di un camino, delle danze tribali a cui avevano partecipato in gioventù insieme ai compagni di una vita intera.

Fino a quella mattina era quella la peggiore prospettiva cui Kin potesse pensare... ma se l'alternativa era quella di perdere la metà di loro per uno sfortunato incidente, allora tutto il resto sembrava di colpo diventare più sopportabile.

La giovane percepì più forte che mai la terribile frustrazione che provava a causa delle sue gambe immobili, la percezione violenta di essere inutile la colpiva a ondate come la crudele realtà, come l'implacabile marea che si infrangeva contro gli scogli, ma aveva imparato da tempo che nonostante tutti i suoi sforzi lei non era una roccia, non poteva resistere tutta intera a simili colpi.

Quando la diga che aveva creato intorno al suo cuore finì per creparsi, ogni cosa fuoriuscì in violenti singhiozzi, percorrendo il suo viso pallido in due paralleli fiumi di lacrime che bruciavano come acido sulla pelle.

Si sentiva davvero patetica.

Non riusciva neppure ad aiutare suo padre, l'unica persona che le fosse rimasta cara al mondo; con quel suo debole corpo, con quelle mani dalle dita sottili che stringevano con disperazione la leggera stoffa del vestito bianco che indossava quel giorno, cosa mai avrebbe potuto fare? L'unica cosa che una persona inutile e spezzata come lei era in grado di fare era usare la testa, perchè era l'unica facoltà che le era rimasta, ma la paura aveva congelato i suoi pensieri come il freddo vento autunnale mandava in letargo la lussureggiante natura.

I suoi singhiozzi aumentarono di minuto in minuto, diventando così forti da farle cadere davanti agli occhi alcune ciocche dei suoi lunghi ricci color pervinca. Si portò le mani al viso, tentando di fermare quei sussulti e di nascondere le lacrime al resto del mondo.

-Signorina, si sente male?-

Si era rivolta a lei una voce roca, chiaramente maschile, ma sconosciuta.

Era raro che da quelle parti arrivassero degli stranieri, per cui la curiosità prese il sopravvento il tempo necessario a farle calmare il pianto disperato a cui si era lasciata andare. Quando alzò lo sguardo umido di lacrime dai piccoli palmi dietro cui si era nascosta rimase senza fiato.

L'uomo che le si era rivolto era in realtà un giovane che avrà avuto a malapena vent'anni, ma era talmente diverso da chiunque avesse mai incontrato nella sua breva vita che la sua voce non volle saperne di uscire per rispondergli.

Tanto per cominciare, la mano che le aveva allungato era chiaramente una protesi magica e dall'apertura del suo mantello da viaggio vedeva l'altra mano, anch'essa artificiale, poggiata sull'elsa della spada d'ordinanza che veniva fornita a tutti i soldati semplici. Quell'arma le era fin troppo familiare...

Ma a lasciarla ancor più senza parole era il sole che aveva racchiuso nelle sue iridi e la notte che le circondava: non erano solo le sue pupille a essere nere, persino il resto dell'occhio era tinto dalla medesima oscurità.

Aveva letto in uno dei suoi libri cosa ciò significasse...

-Signorina?- lui pareva perplesso, ma era difficile esserne sicura vista l'immobilità di quel volto tanto bello quanto dannato.

-Mi scusi, sto bene. Lei è un soldato, non è vero?- l'unico motivo per cui lui potesse trovarsi da quelle parti era...

-Esatto. Mi trovo qui per rispondere alla richiesta di soccorso per il crollo di una miniera. Sarebbe così gentile da indicarmi la strada?-

-Siano ringraziati i Kami! C'è anche mio padre là dentro. Purtroppo non posso accompagnarla... le mie gambe non me lo permettono. Se prosegue per questa strada però troverà senz'altro qualcuno che le indicherà la via. La prego, sono là dentro da molte ore, deve salvarli!-

Si lanciò in avanti per afferrare la mano di quel ragazzo, sentendo finalmente un po' di sollievo al suo tormento: suo padre era salvo...

Se non fosse stato per la prontezza di riflessi di quel ragazzo sarebbe finita faccia a terra, ma lui la prese con delicatezza, passandole poi un braccio dietro le spalle e uno dietro le ginocchia.

-Ma cosa...-

-Mi dispiace signorina, ma lei non sembra stare molto bene. La porto con me per un tratto di strada e la affiderò ai suoi compaesani, non mi sentirei tranquillo a saperla da sola in queste condizioni.-

-Ci sono abituata, non si preoccupi...-

-Genos. Può chiamarmi Genos, signorina e darmi del tu. Mi dispiace insistere, ma questa è la soluzione migliore.-

-Allora chiamami Kin, non "signorina". Sono sicuramente più piccola di te, Genos.-

-Come desideri.-

Proseguirono per qualche minuto in silenzio, ignari che la bolla di pace intorno a loro si sarebbe infranta nel peggiore dei modi.




Fu in quel momento che la montagna prese a tremare.

Il fragore scosse tutta la terra, il mondo vibrò intorno a loro e chiunque fosse nel raggio di diversi chilometri fu preso alla sprovvista da quel terremoto.

Fu talmente forte da rendere impossibile per chiunque mantenere l'equilibrio.

Sembrava che il tempo avesse deciso di riavvolgersi bruscamente, riportando quei luoghi al breve terrore che avevano vissuto tre anni prima.

Genos lo ricordava bene, perchè era stato lui la causa di quel terremoto e, se la memoria non lo ingannava, ora si trovava esattamente dal versante opposto delle montagne in cui si era avventurato all'epoca per compiere la sua vendetta.

Non aveva il tempo di perdersi nei ricordi in quel momento, nonostante essi cercassero di catturarlo nella loro vischiosa rete, aveva una missione da compiere e ciò che stava accadendo non faceva altro che accrescere la sua determinazione proprio per l'inquietante somiglianza con gli eventi passati.

Per prima cosa però, doveva assicurarsi che la sua giovane accompagnatrice fosse al sicuro. Aveva fatto voto di proteggere tutti quando era entrato nell'esercito e ancor prima aveva giurato nel suo cuore che quanto accaduto a lui non ricapitasse mai più.

-Kin, stai bene? Sei ferita?-

La giovane dai capelli color pervinca si sollevò come potè sulle braccia, guardandosi intorno prima di fissare le sue iridi violette su di lui.

-Sto bene. Cosa è successo? Non ci sono mai stati terremoti da queste parti, ad ecccezione...-

-...di quello avvenuto tre anni fa. Quello non fu un evento naturale e ho la sensazione che anche la causa di questo sia simile. Cambio di programma: ti porto con me, non è sicuro che tu rimanga da sola.-

-Ma non voglio esserti di peso! Ti conviene lasciarmi qui...-

-Non potrei mai. Andiamo, dobbiamo sbrigarci.-

-Sei davvero gentile e premuroso, Genos. Hai l'animo nobile di un cavaliere più che quello di un soldato.-

Lei gli cinse il collo con le braccia, arresa alla sua volontà, e per un momento Genos avrebbe giurato di sentire profumo di fiori provenire da lei. Fiori, ma anche qualcos'altro di familiare... cos'era?

Non si lasciò distrarre dai pensieri che vagavano senza il suo permesso e prese nuovamente in braccio la sua giovane protetta, affrettando il passo il più possibile.

Ciò che vide poco più avanti gli gelò il sangue nelle vene, riportandolo indietro al terribile giorno della sua infanzia in cui aveva perso tutto.

Molte, innumerevoli persone giacevano immobili sotto cumuli di pietre e calcinacci, e mano a mano che il polverone dei crolli si posava a terra si potevano notare sempre più particolari, aumentando l'orrore di quella scena.

Alcuni bambini erano usciti dai loro nascondigli, piangendo pieni di paura e disperazione mentre chiamavano a gran voce i genitori che erano rimasti schiacciati sotto una tonnellata di macigni che un tempo dovevano comporre un grande tetto di pietra sorretto da colonne sotto cui si riunivano i concili cittadini. Ce n'era sempre uno al centro di tutti i villaggi, ricordava che anche lui da bambino correva in mezzo alle gambe degli adulti con i suoi amichetti mentre i grandi discutevano di noiosi affari che all'epoca non comprendeva.

Era tutta colpa sua...

Era per aspettare lui che tutti quelli che si erano salvati dal crollo della miniera si erano riuniti in quel luogo e si trovavano ora in critiche condizioni.

Tra le pietre vedeva ogni tanto spuntare dei corpi immobili, talvolta persino degli arti che si erano staccati tanto gli urti erano stati violenti.

Genos si risvegliò dalla sua immobilità solo sentendo l'urlo devastato di Kin, che si agitò con così tanta forza da cadere dalle sue braccia urtando con violenza il terreno. Aveva iniziato a piangere, ma non credeva se ne fosse accorta tanto era presa a guardarsi intorno mentre urlava dei nomi a lui sconosciuti.

Battendo un pugno contro la terra che aveva scosso tutto il suo mondo, urlando la sua rabbia per quell'ingiustizia, prese a trascinare il suo corpo inerme centimetro dopo centimetro, avvicinandosi alle persone con cui aveva condiviso ricordi che ora sarebbero sopravvissuti solo in lei.

Non fu difficile per il giovane soldato sovrapporre l'immagine della ragazza, terrorizzata e sofferente, che faceva forza sulle deboli braccia per cercare i suoi cari, al sè stesso bambino che era saltato in mezzo alle fiamme per cercare di salvare i suoi genitori e la sua sorellina da un branco di lupi demoniaci.

Passato e presente si sovrapponevano nella sua mente, aumentando esponenzialmente il tormento che stava vivendo nel suo cuore e aggiungendone sempre di nuovo ad ogni lacrima che vedeva sul volto di Kin, ad ogni cicatrice di quel giorno che pulsava sul suo corpo, ad ogni nome che lei urlava e che trovava il suo corrispettivo tra quelli che aveva inciso lui sulle lapidi improvvisate che aveva creato per la sua gente.

Perchè al tormento non c'era mai fine.




-Genos! Genos, riprenditi, ti prego! Mi serve il tuo aiuto!-

Quello doveva essere un incubo, era impossibile che una ragazza potesse provare tanti orrori in una volta sola e fosse comunque obbligata ad andare avanti, procedendo a tentoni solo con le proprie misere forze, già dimezzate dall'impossibilità di camminare.

Ci aveva impiegato un tempo indefinibile a raggiungere le macerie trascinandosi a terra, stracciandosi l'abito bianco ormai zuppo di terra e sangue della sua gente e ferendosi la pelle non più candida. 

Si era fermata solo quando aveva raggiunto una delle massaie più giovani, la signora Rachel, tanto gentile che portava almeno una volta alla settimana qualcosa di già pronto da mangiare a lei e suo padre, curandosi che entrambi mettessero nello stomaco qualcosa di sano. Era a malapena cosciente quando era arrivata vicino a lei, ma non sembrava messa così male... a parte la trave di legno che le trapassava un fianco. Le era venuto da vomitare per l'orrore quando dei movimenti poco distanti avevano fatto spostare anche la signora Rachel, che poco dopo era svenuta per il dolore. Si rifiutava di credere altro, doveva aver perso solo i sensi, non la vita!

Aveva fatto del suo meglio per tenerla cosciente, ma non era bastato, quel brusco movimento aveva vinto sulla sua mente provata dal dolore. Come non era bastato che si fosse stracciata parte della gonna per fermare la copiosa emorragia che era iniziata quando la trave si era spostata, smettendo di bloccare il flusso del sangue.

Era tutto troppo, troppo per lei. 

Zenko, la figlia della massaia, l'aveva raggiunta e ora piangeva disperata attaccata al collo della madre, tenendo al contempo una delle sue manine sulla sua ferita.

Era una scena tanto straziante che anche lei desiderò essere svenuta per non dovervi assistere. 

Lei però era illesa, forse avrebbe potuto aiutare qualcuno... se qualcuno da salvare c'era ancora. Doveva fare in fretta. Non perse nemmeno tempo ad asciugarsi gli occhi dalle lacrime o a spostare i capelli dalla pozza di sangue che si stava allargando intorno a lei e alla piccola Zenko. Volle persino ignorarne il significato, non avrebbe potuto fare nulla se si fosse soffermata a pensarci.

-Genos, ti prego! Dobbiamo aiutare queste persone, mi serve il tuo aiuto!-

Finalmente il soldato si riscosse dalla sua immobilità, chinandosi accanto a lei e cercando di sentire le pulsazioni della signora Rachel. Il tempo parve immobilizzarsi, Kin ebbe la curiosa sensazione di essere stata cristallizzata in un secondo di eternità, ma poi Genos scosse la testa e prese la bambina in braccio, provocandone le sentite proteste, che però ignorò completamente.

-Non possiamo fare più niente per lei.-

Crack.

Non era sicura, la giovane Murasaki, di cosa fosse stato a produrre quel rumore. Forse era solo uno scricchiolio, perfettamente normale considerando la situazione in cui si trovavano.

Eppure...

Le si era aperta una voragine nel petto che stava risucchiando tutte le sue energie e i suoi sentimenti.

Di lei stava rimanendo solo un corpo vuoto, senza più soffio vitale.

A spezzarsi era stato il suo cuore.

E non servì a nulla la presenza solida e rassicurante di Genos, né quella piccola e bisognosa di conforto di Zenko che aveva appena perso sua madre.

Perchè quel terremoto, anche se si era rifiutata di pensarci fino a quel momento, doveva certamente aver aggravato la già precaria situazione della miniera. Non potevano essere sopravvissuti gli uomini intrappolati laggiù.

Davanti a lei, giacevano morte quasi tutte le persone con cui era vissuta per tutti i sedici anni della sua esistenza. Aveva appena assistito con i suoi stessi occhi alla fine di quanto di più simile avesse ad una madre, perché la peste aveva portato via la sua quando lei era troppo piccola per conservarne memoria. Aveva perso suo padre, l'ultimo familiare che le era rimasto da quando suo fratello maggiore Bad era morto sul campo di battaglia poco dopo essersi arruolato con l'orgoglio nel cuore e una spada in mano: “per diventare forte abbastanza da proteggere la sua sorellina”, così aveva risposto ogni volta che gli era stato chiesto perché avesse voluto arruolarsi. Era così orgoglioso di possedere una spada che le aveva persino dato un nome, Metal Bat, perché aveva un suono forte come i suoi colpi.

Una spada identica a quella di Genos.

L'associazione di idee la portò a guardare verso il ragazzo, ancora immobile accanto a lei con in braccio Zenko, che aveva gli occhioni scuri rossi per il pianto e i capelli corti sporchi di sangue che ancora le colava sul volto, lacrime di sangue che si mischiavano a quelle salate nella più pura essenza del dolore.

Distolse lo sguardo da quella visione così straziante, portandolo a seguire quello dorato e maledetto di Genos, fisso su qualcosa... su qualcuno, che prima non aveva notato.

Fu come precipitare nel vuoto e riprendere a respirare.

Era incredibile, il potere della paura: spazzava via indecisioni e tristezza per concentrare la mente su qualcosa di più immediato.

Sopravvivere.



*****



Era avanzata silenziosa e letale verso il suo obiettivo, ad ogni suo passo la terra si era sottomessa sempre più al suo comando, fino a quando con un semplice gesto della mano essa si era messa a tremare. 

Gli insetti che aveva schiacciato sul suo cammino avevano tentato una debole resistenza, per lo più consistente in urla e picconi sventolati qua e là senza alcun criterio. Andava riconosciuto loro che, persino indeboliti dalla prolungata prigionia, gli uomini dimostravano sempre un incredibile attaccamento a ciò che ritenevano fosse un loro possesso esclusivo.

Il loro oro, la loro vita... si era presa entrambe le cose.

L'unica differenza tra le due, era che per lei la prima aveva un valore.

L'oro era fondamentale per i suoi esperimenti, era davvero un materiale perfetto per incanalare la sua magia e permetterle di comandare le Bestie Demoniache.

Quando aveva recuperato tutto il prezioso metallo che era in grado di trasportare con la sua telecinesi aveva deciso che era il momento di andarsene, magari dando un altro scossone alla terra, così, giusto per divertimento. 

E per assicurarsi che nessuno potesse arrivare a lei. Aveva ancora del lavoro da fare, prima di potersi concentrare sulla sua vendetta.

Si perse per un po' ad ammirare la distruzione che aveva portato in quelle zone, e ad un certo punto vide qualcosa di inusuale: un uomo biondo, in piedi vicino a delle rovine, accompagnato da un bambino e una ragaza dai capelli talmente insoliti che spiccavano come un fiore sanguigno in mezzo al grigiore di quella scena. Non ci avrebbe fatto nemmeno troppo caso se non fosse stato per il numero troppo alto di coincidenze che si concentravano nella figura maschile, in circostanze diverse avrebbe pensato semplicemente che uno degli abitanti era sopravvissuto. 

Poco male, se non fosse stato per il fatto che i contadini non portavano spade, non erano dotati di arti magici, ma soprattutto... non finivano con una maledizione a marchiare loro il volto.

Si era avvicinata, temendo e sperando che la sua intuizione fosse corretta... e così era stato.

Era davvero lui, l'oggetto della sua vendetta, colui che le aveva portato via ogni cosa.

E al diavolo la prudenza, il piano che ancora doveva creare per sconfiggerlo, all'inferno qualsiasi cosa non fosse il desiderio di ucciderlo.

I suoi capelli verdi presero a vorticare impazziti intorno a lei, quasi perse il controllo sui suoi poteri. Ombre senza corpo di fameliche bestie presero forma intorno a lei come un branco di lupi affamati, a circondarli l'aura verde acido che caratterizzava i suoi incantesimi.

-Finalmente ci incontriamo di nuovo, Genos, lo Stermiantore di Streghe. Ti ricordi di me? Sono la bambina che hai risparmiato tre anni fa, quando hai raso al suolo la base di noi streghe su queste montagne. Sono quella bambina davanti alla quale hai ucciso la madre, che era la nostra protettrice e la nostra guida. Ero destinata a ereditare il comando di quella confraternita, fino a quando non sei arrivato tu!-

L'ultima frase la disse urlando, ma non aveva importanza. Si era tenuta tutto dentro così a lungo, aspettando solo l'occasione giusta per sfogarsi e compiere la sua vendetta, che nulla importava più all'infuori di quell'uomo e del desiderio incontrollabile di farlo a pezzi.

Ed ora, finalmente, il momento perfetto era giunto.

-La maledizione che ti ha inflitto mia madre ti ucciderà comunque, ma non mi basta. Oggi, qui, io porrò fine alla tua vita e l'ultima cosa che conoscerai di questo mondo sarà il mio nome: Tornado!-


  
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