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Autore: Cici_Ce    12/03/2018    3 recensioni
Dopo la rinascita del Nemeton e la possessione da parte del Nogitsune, Stiles si scopre più turbato e ferito di quanto pensava di essere. Quando il branco scopre che ogni notte sogna una strana figura che cerca di affogarlo e che al mattino si sveglia completamente fradicio, Stiles decide che è il momento di risolvere qualsiasi trauma gli sia rimasto. Nota così che in tutti gli eventi importanti della sua vita, l'acqua è sempre presente. (Questa storia ha partecipato al Teen Wolf Big Bang Italia del 2014)
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cora Hale, Derek Hale, Sceriffo Stilinsky, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 5

The Prodigal - Sacha Sacket

 

Stiles apre gli occhi al buio. È la stessa sensazione della sua prima e ultima visione, è come se fosse sveglio, pienamente cosciente di sé, ma in un’altra realtà, in un altro tempo. E allo stesso modo è diverso perché questa volta non ha acqua attorno a sé, solo il buio.

Si guarda attorno ma non riesce a distinguere alcunché, l’oscurità è fitta e leggermente opprimente, gli trasmette una sensazione che ha imparato a riconoscere e che non ama affatto: ansia, disagio, paura. È un malessere interiore che gli afferra  il cuore e lo stringe come in una morsa, non troppo da essere insostenibile ma abbastanza da fare male; poi qualcosa cambia. Stiles si massaggia il petto, quasi pensi di poter scacciare quella sensazione al pari di un prurito, mentre un lampo illumina la stanza per una manciata di secondi, forse anche meno.

Stiles capisce di trovarsi nel loft di Derek e immediatamente sente che andrà a finire male, come l’ultima volta. Per un momento spera semplicemente di essere un irrimediabile pessimista.

Non che possa starsene fermo nel buio senza fare un passo avanti, o uno indietro. No, non è da lui, lui non è lo Stiles che nell’ultima settimana ha preferito rimanere chiuso nel suo guscio ed evitare lo strano terrore profondo del suo cuore. No, lui è lo Stiles che architetta piani geniali, che vede collegamenti lì dove nessun altro li vede, che trova soluzioni per aiutare il branco anche dove non ce ne sono. Che battibecca con Derek, che non ha paura di rispondergli a tono perché… beh, perché lui è Stiles, e  Derek è Derek, e sono fatti così.

Stringe i pugni e avanza nel loft finché un leggero chiarore comincia a illuminare la stanza; proviene dalla grande vetrata e ora Stiles lo vede bene: fuori piove e le goccioline scivolano lungo la superficie della finestra creando strani ricami sul pavimento, illuminate regolarmente dai lampi esattamente come l’interno della stanza.

Un passo in avanti si conclude con un sonoro clack bagnato che rimbomba nel silenzio. Stiles china la testa e dal luccichio sinistro riconosce l’acqua. Non è profonda come nella visione della piscina, né lo circonda come nei sogni. È bassa, saranno pochi centimetri, quanto basta per arrivargli al bordo superiore delle scarpe, forse alle caviglie. Ha le scarpe di tela, ai piedi, e ora si accorge di quanto siano davvero inzuppate.

Quello che Stiles prova è uno strano senso di déjà-vu, non che ci sia niente da stupirsi, ormai: se c’è una cosa che ha capito, di quel gran casino, è che riporta a galla i ricordi, i suoi, di avvenimenti che lo hanno lasciato particolarmente colpito, o addolorato. Ricordi che in qualche modo lo hanno toccato profondamente. Ricordi dolorosi, terribilmente dolorosi.

Giusto per essere sicuro si controlla le mani ma no, niente dita in più. Non sa se esserne sollevato o avere paura. Perché il suo subconscio ha deciso di fargli rivivere certi ricordi? Stiles sa che non possono essere casuali, devono per forza avere un senso, un legame con qualcosa che non riesce a vedere ma che c’è, lì da qualche parte, forse così vicino da poter essere toccato. Quindi perché? Cos’è?

Stiles ci pensa man mano che si avvicina alla vetrata del loft, che lo attira come da una calamita, il cervello di nuovo attivo. Fino a quel momento nei suoi sogni c’erano stati solo sprazzi, momenti in cui aveva ricordato Scott sotto la doccia che faticava a controllarsi, un breve flash del kanima, altri frammenti di ricordi e poi la visione in cui aveva rivisto Derek affogare. Solo che, a differenza che nei sogni, nella visione il finale era cambiato. In quella specie di trance, Stiles aveva rivissuto un ricordo diverso, un ricordo dove non aveva ripescato Derek in tempo, dove lo aveva visto affogare lentamente. Dove si era sentito impotente.

La sua avanzata si ferma all’improvviso perché le sue gambe cozzano contro qualcosa di grande, duro e immobile. È un ostacolo, e Stiles non è molto sicuro di voler scoprire di cosa si tratti, perché quella è una visione e, qualsiasi cosa gli farà vedere il suo subconscio, ha la netta sensazione che non sarà realistica tanto quanto non sarà semplice.

Solo che la sua forza di volontà, il suo bisogno di sapere, di capire, sono più forti della paura – e che diavolo lui non ha paura, non del soprannaturale, poco importi che qui ci sia in ballo il suo cervello a rischio di nevrosi, anzi – perciò Stiles chiude gli occhi e li riapre solamente quando ha mosso il capo e sa di averlo rivolto verso il basso.

Sotto di lui c’è Derek, inginocchiato in quella che sembra a tutti gli effetti una posa sofferente. A Stiles si stringe il cuore quando riconosce la scena: Derek sta fissando il corpo senza vita di Boyd, e trema. Stiles non avrebbe mai potuto scordare e non scorderà mai quell’immagine: ce l'ha marchiata a fuoco nella mente forse tanto quanto la sagoma scura di Derek sul fondo della piscina. Solo che, se qualcuno gli avesse mai chiesto di pensare a un momento che riguardi Derek e che sia impresso nella sua memoria, questo  in particolare non gli sarebbe mai venuto in mente. Capisce, però, perché il suo cervello o chi per lui lo abbia scelto.

Stiles ricorda quella scena alla perfezione. Ricorda il rumore dei loro passi nell’acqua quando lui, Cora e Lydia sono arrivati di corsa; ricorda i peli sulle braccia rizzarsi per l’elettricità residua; ricorda di aver notato il corpo di qualcuno steso a terra quando ancora non aveva capito che fosse Boyd; ricorda il pianto di Cora mentre si avvicinavano alla scena e a Derek. E ricorda la sua figura inginocchiata nell’acqua, le mani sospese nel vuoto lì dove avevano perso il contatto con il corpo del suo beta; ricorda il volto di Derek, un’espressione che non gli aveva mai  visto in faccia. Ricorda com'era addolorato, spezzato, indifeso. Ricorda le sue mani, sporche del sangue di un amico, e ricorda la tensione dei muscoli della spalla, tremanti per il dolore, sotto la stretta delle dita.

Stiles ricorda tutto e lo rivede adesso. Allunga istintivamente una mano, come aveva fatto quella sera, e la posa sulla  spalla di Derek dapprima incerto, ma adagiandola poi  fino a farla aderire completamente e stringere con decisione. Ha paura di essere di troppo, di violare una qualche barriera, ma Derek non reagisce. Si limita a restare inginocchiato, immobile, come se gli avessero succhiato ogni forza vitale. Tutto come quella sera.

È in quel momento, mentre Stiles si chiede disperatamente cosa fare per aiutarlo almeno ora, che una mano chiara, quasi argentea, esce dal buio e si posa sulla sua spalla, quasi a riflesso della sua su quella di Derek.

La donna che gli sta davanti ha la pelle talmente chiara da essere quasi trasparente, un colore che si adatterebbe molto di più a un fantasma, sempre ammesso che non lo sia anche lei. Un tempo doveva avere i capelli molto folti e ricci, di quel riccio pieno, tondo, che crea un gran cesto sulla testa; ora invece le cadono sulle spalle in una matassa informe, mosci e senza vita proprio come sembra essere lei.

Per non parlare della sua espressione. Quella donna spettrale lo guarda con una tristezza negli occhi che farebbe piangere anche un nogitsune. Una tristezza che a Stiles ricorda dolorosamente quella di Derek, e la propria. Stiles la osserva, ricambia lo sguardo di quegli occhi vuoti, e non riesce a non provare dolore per lei e per qualcosa che non è lei, ma che non sa riconoscere o collegare.

«Chi sei?» chiese con voce strozzata.

Lei non risponde, si limita a puntarlo con un dito.

Stiles si punta l’indice al petto, indicando sé stesso, e alza le sopracciglia. «Ti assicuro che non sono commestibile. Un wendigo ci ha provato a man…» la voce gli si assottiglia fino a scomparire, lasciandolo fermo a fissare la donna.

Non servono parole, non con lei, chiunque sia. Stiles la fissa e non riesce a capire perché, ma quegli occhi così vuoti eppure così addolorati sembrano non volerlo lasciare in pace. Stiles li sente come se fossero parte di sé. E trema.

Solo dopo parecchi istanti si accorge che la donna è completamente bagnata: gronda acqua dalla testa ai piedi, persino la sua pelle luccica di goccioline, in un’inquietante imitazione della vetrata del loft. Come se l’acqua sul pavimento nascesse da lei. Come fosse acqua corrente.

«Perché mi tormenti?» riesce a sussurrarle. È una supplica, più che la domanda di chi sta cercando risposte, e Stiles sa che dovrebbe essere il contrario, eppure non può farne a meno. È lei che lo tormenta da quando sono iniziati gli incubi, è sua la mano che lo afferra e lo tira sul fondo, sua la figura che lo scruta nell’ombra quando rivive momenti in cui non può aiutare le persone a lui care. Come Derek.

«Io… sono stanco. Sono davvero stanco, lasciami tornare a essere l’adolescente goffo e irritante che rompe le palle a tutti e fa impazzire il padre…» mormora.

«Io non sto facendo niente.»

Sono le prime parole che la donna pronuncia e Stiles non è certo se averne paura o sentirsi rincuorato. L’essere, qualsiasi cosa sia, ha una voce che non ne rispecchia assolutamente l'aspetto, una voce viva, seppur triste. Viva e calda, tanto quanto lei sembra morta e fredda.

«Sì invece!» esclama lui. «Ci sei tu, sei tu nei miei incubi, ogni notte mi sveglio per colpa tua, con le tue mani addosso, con l’acqua addosso e ora sei anche qui. Perché lo fai? Chi sei?»

«Tu lo sai.»

«Come?»

«Lo sai.»

 

 

Stiles si rese conto di essere ritornato alla realtà solamente quando cadde a terra e il suo fianco entrò in contatto con lo spigolo della doccia, facendolo guaire. Doveva decisamente smetterla di cadere e sbattere contro qualsiasi cosa.

Dal basso del pavimento, Stiles fissò il lavandino e il bacile che non poteva vedere ma che sapeva essere lì; aveva dimenticato il rubinetto aperto prima di cominciare e ora l’acqua traboccava dal lavabo rovesciandosi poi sul pavimento.

Escludendo il ricordo di per sé doloroso di Derek, quella visione non era stata dura come la prima, non in quanto a effetti collaterali fisici, ma gli tremavano comunque le mani – e gli faceva male il cuore. Stiles cercò di alzarsi e scoprì che le gambe non lo reggevano.

Chi era quella “donna”? La ragione cercava di dirgli che era solo frutto della sua mente, così come tutto il resto, che si stava lasciando trasportare e che avrebbe magari dovuto vedere un buon psichiatra, ma Stiles rifiutava di crederci. Non poteva essere così semplice, l’esperienza gli aveva dimostrato che semplicemente non erapossibile.

La donna dei suoi incubi era qualcosa che non aveva mai visto, qualcosa che portava in sé il dolore, quasi un’essenza, qualcosa di sconosciuto ma reale. Stiles ne era certo, doveva essere reale.

Stiles gemette per il mal di testa crescente e si alzò faticosamente in piedi. Poi sgranò gli occhi.

L’associazione di idee fu istantanea; Stiles quasi ruzzolò sul pavimento mentre si lanciava fuori dal bagno e dentro la sua camera, ignorando di nuovo gli avvisi del proprio corpo  – in questo caso dei piedi gelidi che quanto fossero fradici.

Stiles si tuffò letteralmente sul libro che tanto lo aveva aiutato e lo aprì alla pagina della mantica.

 “Molte erano le creature legate all'elemento acqua, come il Kelpie, demone acquatico dalla forma di cavallo, o la Agana. Tale creatura cadde però presto in disuso, svanendo dalle leggende in Irlanda , e divenendo bensì d’usanza tipica in altri paesi, introdotta dai celti al seguito dei romani.

Si diceva che l’Agana fosse una donna, di solito morta nei pressi di un corso d’acqua o durante una tempesta; il suo spirito perdeva il sembiante avuto in vita acquistandone uno più consono alla sua triste condizione di deceduta, per poi infestare i corsi d’acqua dove era morta o viaggiare, in cerca di anime da prendere con sé per alleviare la sofferenza della solitudine. Era comune credere che se un  mortale incontrava un’Agana,  era perduto per sempre.

Le Agane univano nella loro figura l’immagine della morte e quella dell’acqua come potere naturale; l’una non poteva essere senza l’altra, tramite la quale era in grado di raggiungere i segreti più profondi dell’anima della vittima designata, così da riuscire a irretirla e portarla via con sé.”

Stiles deglutì mentre fissava quelle righe, che dapprima aveva ritenuto così insignificanti, a occhi sgranati. Non sapeva per certo che aspetto potesse avere una morta in un fiume, o cosa diavolo c’entrasse con lui, ma era quasi certo che si trattasse proprio di una di quelle creature. E se era una Agana, se il suo scopo era unicamente quello di fare una vittima, allora perché aveva scelto proprio lui?

 

 

 

 

 

 

   
 
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