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Autore: Sameko    13/03/2018    1 recensioni
Una Genocide rimasta incompleta.
Una Pacifist che si prospetta essere quella definitiva, quella che assicurerà il lieto fine a lungo sperato.
Ma gli ingranaggi erano già stati messi in moto da tempo. Fili che dal passato tendono verso il presente aspettano di intrecciarsi con un futuro ancora incerto. Ed è ora che iniziano le sfide più difficili, in cui anche una mano amica in più può fare la differenza.
L’importante è non perdere mai la propria determinazione.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chara, Frisk, Sans, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 27: Perché sono ciò che sono - Parte Tre
 





Un passo dopo l’altro nella neve soffice e con la penombra che andava sempre più trasformandosi nel buio della sera, cominciarono a profilarsi davanti ai suoi occhi le prime luci di Snowdin, una tranquilla cittadina di periferia che, ad un primo sguardo, sarebbe stata perfetta come nuova casa per lui e Paps. Magari gli affitti non erano neanche tanto cari da quelle parti e avrebbero potuto permettersi una casa confortevole facendo solo qualche piccolo sacrificio – per tagliare i ponti col passato, ricominciare da zero avrebbe potuto essere un primo passo ideale. Accompagnato dall’alone di positività che gli aveva donato la signora del portone, passeggiò con una piacevole calma lungo la via principale, godendosi l'atmosfera accogliente che traspirava da ogni modesto edificio sopra cui i suoi occhi si posavano. Che aria casalinga si respirava lì, del ritmo frenetico che animava la vita su a New Home sembrava non ce ne fosse proprio traccia a Snowdin.
Un sorriso sereno fece capolino sul suo volto mentre canticchiava sottovoce, sempre più convinto che lui e Paps non avrebbero avuto problemi ad ambientarsi se queste sue prime impressioni corrispondevano a verità... e toh, là c'era anche un locale – Grillby's citava l'insegna luminescente – e locale significava luogo di ritrovo e luogo di ritrovo significava più amicizie per il suo socievolissimo fratellino. Non si sarebbero davvero fatti mancare niente in questo posto.
Mentre era felicemente perso in quei pensieri, fu con un paralizzante sgomento che rivide suo padre dopo settimane dal loro litigio, intento ad aggirarsi con aria guardinga nei pressi di una costruzione in legno. I suoi sensi si misero istantaneamente in allarme e corse ai ripari dietro al muro di quella che sembrava essere la biblioteca locale, il nascondiglio a lui più vicino in quel frangente. Non era stato visto per suo grande sollievo e, da quella posizione riparata, poté tenere d’occhio l’altro scheletro finché non lo vide entrare in una scorciatoia, il bianco inconfondibile del suo camice inghiottito in un battito di ciglia dai flussi spazio-temporali. In un primo momento, Sans credette avesse lasciato il posto, ma quell’idea cozzò immediatamente con un razionale disaccordo: suo padre non era solito frequentare la zona di Snowdin, teletrasportarsi lì senza apparente motivo e sparire subito dopo era decisamente troppo sospetto.
Perlustrò quindi costruzione e dintorni, col risultato che l’unico elemento fuori dell’ordinario che individuò era quella porta collocata sul lato destro della casa, rinforzata e molto probabilmente difficile da aprire senza una chiave. Suo padre avrebbe potuto essere lì dentro, a fare chissà cosa all’oscuro di chiunque altro – ed era per questo che lui doveva entrare.
Cercando di trovare la traccia lasciata nello spazio-tempo dalla recente scorciatoia dallo scienziato, Sans poté oltrepassare quella porta e teletrasportarsi all’interno di quello che pareva essere uno scantinato adibito a laboratorio… e suo padre non poteva essere che , chino su un tavolo da lavoro, a controllare progetti e qualche altra delle sue diavolerie. Bingo.
Ciò che si impadronì di tutta l’attenzione del giovane scheletro fu, bensì, il macchinario posto sul fondo di quel laboratorio, un congegno a lui sconosciuto e che pareva essere in fase di riscaldamento, il leggero ronzio degli ingranaggi appena udibile sopra il frusciare dei fogli che Gaster stava spostando.
« Sans? »
Sans ridiresse la proprio attenzione su suo padre, il cui tono era stato carico di una leggera nota allarmata. Il suo volto, qualunque soluzione avesse trovato per arrestare il processo di scioglimento, era rimasto segnato da lunghe e profonde crepe, i suoi palmi resi cavi da buchi impressionanti, che il suo genitore stava palesemente cercando di nascondere indossando un camice dalle maniche più larghe del solito… un’altra cosa di suo padre con cui, oramai, aveva perso qualunque familiarità. Tutto per le sue ricerche, tutto per le sue stupide ricerche.
« Che cosa… come…? » Sussurrò lo scienziato, che aveva scritto in faccia a caratteri cubitali il suo non aspettarsi e, soprattutto, non volere intorno visitatori indigesti – visitatori indigesti come lui. Fu il ringhiare mal contenuto che emise ad arrestare le domande di suo padre.
« Non sei tu quello che dovrebbe pretendere delle risposte qui. Da quanto tempo hai il tuo bel laboratorio segreto personale, mh? »
“ Come se non ne avesse già uno di cui era despota indiscusso. ” Aggiunse tra sé e sé, ma mantenendo cautamente segreto quel pensiero.
« Non parlarmi con questo tono, ragazzo. » Lo avvertì lo scienziato e Sans si sentì seriamente ribollire dal nervoso dopo l’ammonizione di suo padre, che lo aveva prontamente ripreso come si fa con un bambino troppo capriccioso.
« Spiega che cosa sono tutte queste cianfrusaglie, o giuro che questo posto non rimarrà segreto un minuto di più. »
E Gaster lo conosceva abbastanza per sapere che la sua era una minaccia più che concreta, che se fosse stata messa in atto avrebbe rischiato di compromettere la fiducia di Asgore nei confronti di suo padre, oltre che quella del suo staff di collaboratori.
Lo scheletro più anziano sospirò seccato, massaggiandosi l’osso nasale con le dita per parecchi secondi. Già solo il verificarsi di quelle movenze gli fece intuire che lo aveva messo all’angolo con successo – per una volta, finalmente.
« Vuoi le tue risposte, Sans? » Gli venne chiesto con fare snervato e Sans strinse leggermente gli occhi, come per fargli presente che non avrebbe apprezzato stalli di alcun genere. Gaster gli fece quindi cenno di avvicinarsi. « Avrai le tue risposte, se è questo ciò che vuoi. »
Non avrebbe voluto obbedire a quel richiamo, una parte di lui si sentiva esitante nel farlo, ma comprese che solo assecondando l’altro scheletro avrebbe ottenuto una qualche spiegazione.
Solo Sans quando fu al suo fianco, lo scienziato si accinse a spiegare col tono di una sottile resa.
« Asgore, dopo la morte dei suoi due figli, mi affidò in prevalenza due incarichi da svolgere… uno, era cercare un sistema per infrangere la barriera che ci tieni imprigionati… come ben sai, non fui in grado di trovare una soluzione alternativa al raccogliere le anime degli esseri umani, fino ad oggi non sappiamo se sia almeno possibile crearne una artificialmente… l’altro incarico fu, dunque, quello su cui concentrai ogni mia prerogativa. Dovevo mettere a punto un metodo efficace e alla portata di qualunque mostro per uccidere un essere umano… e, per far questo, il primo passo era scoprire cosa li rendeva troppo potenti per noi e neutralizzarlo al meglio. Asgore era deciso a dichiarare guerra agli umani al tempo, né i tentativi di persuasione della regina né i miei furono in grado di dissuaderlo dall’idea… era divenuto quasi irriconoscibile, quasi impossibile da averci a che fare, e… io non potei far altro che accettare le sue direttive e mettermi al lavoro. »
Per un istante, Sans notò il vuoto farsi strada nell’occhio sinistro di suo padre – l’altro era socchiuso e molto probabilmente cieco, a giudicare da quanto a stento la pupilla bianca del suo genitore vi brillava all’interno. Era stato soltanto un attimo, come una perdita di equilibrio troppo misera per causare uno scivolone… e quel vuoto, così come si era palesato, si era velocemente dileguato.
« Consultai gli archivi storici e la biblioteca reale, raccolsi testimonianze da veterani di guerra… qualunque cosa, qualsiasi cosa che avesse potuto fornirmi qualche informazione in più sugli esseri umani, o su un qualche tipo di arma da usare contro di loro, io la volevo trovare e fare mia. Fu deludente per me venire a sapere che la nostra razza stava brancolando nel buio a distanza di secoli dalla nostra sconfitta… e nessuno era stato ancora in grado di determinarne in primo luogo le cause. Un vero scempio. »
Le mani di suo padre si erano strette in due pugni spazientiti e vagamente tremanti nel pronunciare quelle parole disgustate.
« Ormai snervato per la mancanza di risultati concreti, chiesi un permesso ad Asgore per analizzare l’anima della sua figlia umana; fortunatamente, le mie ricerche poterono così avviarsi. Capii finalmente cosa rendeva le anime umane tanto diverse e molto più resistenti delle nostre, un solo elemento che aveva avuto l’ultima parola su chi aveva dovuto rivestire il ruolo di dominatore e dominato, un composto chimico che potevo estrarre e analizzare in laboratorio e che chiamai Determinazione, con DT come relativa sigla. In mancanza di cavie da usare, sperimentai se me stesso gli effetti della DT, iniettandomela regolarmente e a dosi controllate. Fu grazie alla DT della figlia di Asgore che fui in grado di creare i Gaster Blaster. Tu e Papyrus li avete poi ereditati quando siete nati. »
E qui, Sans trovò la prima incongruenza con le informazioni che lui possedeva.
« Credevo fossero una tecnica d’attacco caratteristica solo di noi scheletri. » Considerò, dando voce alla sua attuale perplessità, oltre che stupore.
« No, decisamente no. » Negò immediatamente suo padre. « Furono una mia personale creazione, che non esitai a mostrare al re una volta opportunamente testata. Sua moglie, apprendendo dell’utilizzo che stavo facendo dell’anima di sua figlia, non fu ovviamente entusiasta. Quando la regina fuggì da palazzo, portò via sia il corpo della principessa che l’unica anima umana in nostro possesso. Nessuno l’ha più vista da allora. Tu, Sans, sei nato proprio in quel periodo… quando pensavo che le mie ricerche non sarebbero più proseguite in mancanza di materiale e che avrei potuto… concentrarmi anche su altro. »
Lo sguardo inflessibile di Sans si era leggermente mitigato udendo quelle ultime parole. Lui non riusciva… faceva fatica ad assimilare ciò che stava sentendo, l’implicazione che quel semplice altro poteva celare… suo padre non si comportava in maniera tanto emotiva da troppo, troppo tempo, a malapena ricordava l’aspetto che assumeva quel volto sotto l’influenza di tutte le emozioni che Gaster sembrava aver gettato via negli anni. Quelle riflessioni furono, tuttavia, solo un breve attimo di ‘debolezza’ che Sans si era concesso di avere, perché la sua precedente durezza era tornata a fare da padrona nel suo animo una volta che le ebbe scacciate.
« E poi? Che è successo? » Spronò, cercando di non suonare troppo impaziente.
« Altri due umani comparvero nel regno a distanza di pochi anni l’uno dall’altro. Fu re Asgore ad occuparsi del primo, ma quel compito venne in seguito assegnato a me… fui io ad occuparmi del secondo, del terzo, e di tutti gli altri a venire. Le mie ricerche ripresero e con loro i miei esperimenti sulla DT. Avendola ormai in corpo e unita alla mia magia, pensai che forse sarebbe stato possibile trasferirla anche a qualcuno che avrebbe potuto trarne qualche giovamento. Pensai a te a quel punto, credendo fermamente che avrei potuto aiutarti. Avevi sempre avuto un corpo fragile sin da quando eri bambino e volevo rimediare a quella che poteva essere stata una mia… mancanza… mancare di farti nascere con un organismo sano e forte come quello di tuo fratello. »
« Che… che cosa mi hai fatto? » Domandò quietamente Sans, tornando un poco sulla difensiva. Altra incongruenza.
« Niente di male, Sans. Non c’è motivo di preoccuparsi. » Tentò di tranquillizzarlo Gaster, facendo per poggiargli una mano sulla spalla, ma il giovane si scostò prima che potesse anche solo venir sfiorato. Quella mano restò sospesa nell’aria per un istante, prima di ritrarsi a lato del corpo di suo padre e fermarsi a ciondolare lungo il suo fianco. « Non volevo, infatti, che ti facessi del male… così, adoperai il metodo più sicuro tra quelli che avevo opzionato: stabilii con te una Sintonia e riuscii dunque a passarti parte della mia magia, della mia resistenza, e con esse alcune delle recenti abilità che ero riuscito a sviluppare… è per questa ragione che sei in grado di usare le ‘scorciatoie’ esattamente come me, che riesci ad incanalare la tua magia sfruttando il tuo occhio... » “ E incongruenza numero tre. ” Pensò il giovane con silenziosa irritazione, mentre lo scienziato proseguiva. « Un simile risultato lo avevo considerato un enorme successo ai tempi, ero entusiasta alla sola idea di scoprire se ce ne sarebbero stati altri persino più importanti… ma, purtroppo, non ci furono ulteriori risultati visibili. In seguito, ho ritenuto opportuno interrompere il legame e cancellare ogni ricordo ad esso relativo dalla tua mente. Per questo non ne hai memoria… non volevo che venissi continuamente bersagliato dalle mie emozioni quando eri ancora così piccolo. »
 
Siamo a quattro. ” Contò mentalmente e Frisk si mostrò subito perplessa di fronte alla sua dichiarazione, perché in quei ricordi non c’era ovviamente segno di una quarta incongruenza. Il suo sé passato, in fin dei conti, non poteva sapere di quell’ultima falla nelle informazioni che Gaster gli aveva sempre fornito – perché il suo sé passato aveva ancora una conoscenza parziale degli appunti di Gaster sulla Sintonia, non poteva sapere che se la loro Sintonia non fosse stata interrotta, lui e quell’incosciente sarebbero morti l’uno per sovraccarico di magia e l’altro per mancanza della suddetta.
Percepì un lieve brivido farsi strada nell’anima di Frisk quando le passò quei ricordi ben più recenti, risalenti al quinto giorno della linea temporale attuale. L’inquietudine della piccola si intensificò ulteriormente quando si ricordò dell’età in cui lui aveva scoperto dell’esistenza del suo occhio magico… otto anni… otto anni – e magari persino meno, visto che quegli appunti non riportavano date che potessero indicargli quando precisamente era stato stabilito quel legame – era una troppo giovane età per rischiare di perdere la propria vita. E Gaster gli aveva mentito anche su questo, sul pericolo che gli aveva fatto correre in quelle circostanze di cui lui non serbava più alcun ricordo.
 
« E me lo dici soltanto adesso? » Sbottò il giovane scheletro, strabuzzando gli occhi.
« Esattamente. » Rispose suo padre, pizzicandosi leggermente l’osso del naso mentre tornava alla sua spiegazione, ma gettando così un nuovo seme di irritazione nell’anima di Sans. « Compreso, per tuo indiretto merito, che la DT poteva essere trasferita senza che si verificassero effetti collaterali come avveniva tramite iniezione, cercai un metodo alternativo che potesse essere usato su larga scala, che potesse consentirmi di trasferire dosi pure in totale sicurezza. Non lo trovai all’epoca, perché l’arrivo del terzo umano nel regno mi aveva fatto scoprire una realtà sconcertante, la vera causa della nostra sconfitta durante la guerra: i ‘reset’ e i ‘ricaricamenti’, che solo gli umani parevano essere in grado di utilizzare avendo in loro possesso la DT. Per questo non smisi di iniettarmela almeno fino a qualche tempo fa… volevo ottenere quel potere a tutti i costi e pensavo che sarebbe stato possibile solo se avessi avuto abbastanza DT dentro di me. Solo recentemente, ho compreso il motivo per cui tutto quello che aveva ottenuto e continuavo ad ottenere erano soltanto potenziamenti della mia magia o l’irrobustimento del mio organismo: se avessi voluto possedere quel potere, avrei dovuto legare la DT alla mia anima artificialmente, invece di continuare ad iniettarmela nel corpo e attendere che il processo si verificasse in maniera spontanea. Per questo ho affittato questa casa… volevo proseguire con le mie ricerche, ma in privato, lontano da persone non fidate. Era una scoperta troppo grande questa per permettere che qualcuno se ne impadronisse. »
Percependo che la conversazione era quasi giunta ad un punto morto, Sans distolse lo sguardo da quello di suo padre per posarlo sul macchinario alle spalle di quest’ultimo: un aggeggio bizzarro, costituito principalmente da una console di comando e un enorme corpo cilindrico che svettava verso il soffitto… ed era proprio su quell’aggeggio che, ora, voleva saperne di più.
« Quindi, quello serve a…? »
« Legare la DT alla mia anima, o a quella di ogni altro mostro, sì. » Confermò quasi frettolosamente lo scienziato. « È un congegno che è da poco in fase di costruzione, lo sto ancora collaudando. »
Sans annuì leggermente in risposta, muovendo un passo con l’intenzione di esaminarlo più da vicino, ma si fermò quando udì nuovamente la voce di Gaster.
« Non avvicinarti troppo, Sans. Può rappresentare un pericolo se non si prendono le giuste precauzioni. »
Il suo genitore cessò quindi di prestargli attenzione e tornò a riordinare i progetti sparsi sul suo tavolo da lavoro, rigorosamente scritti in Wing Ding per nasconderne il contenuto ad occhi indiscreti.
« Ti chiederei di andartene, ragazzo. » Gli venne detto dopo un po’. « Devo continuare a collaudarlo e non posso farlo se non metto in sicurezza il laboratorio. »
« Mi stai sbattendo fuori di nuovo? » Domandò Sans, gli occhi di nuovo assottigliati in segno di sfida.
« Sans, non ho più tempo per i tuoi giochetti ora. Vai, per favore. » Lo ammonì con sguardo torvo lo scienziato, mentre infilava nei cassetti alcune carte e ne tirava fuori altre.
Sans, a quel punto, strinse i pugni e incassò la testa fra le spalle dal forte disappunto.
« Giochetti? È così che chiami tutto ciò che riguarda me, o Papyrus? Giochetti? »
Gaster sbuffò leggermente in risposta – e chi era il bambino adesso? Lui, o quello che aveva appena sbuffato senza nemmeno guardarlo negli occhi?
« Non ho voglia di discutere, giovanotto. »
« Ma ho voglia io. » Ringhiò il giovane, guardandolo con un’espressione che si stava sempre più incupendo. « È per tutte queste tue dannate ricerche che ci hai ignorato per anni, che non torni più a casa nemmeno per dormire! Cosa ti costava fare un salto ogni tanto, passare a dire un semplice Ciao, trascorrere qualche minuto con noi? Ti ricordi almeno quanti anni ha Papyrus? »
« Tredici, Sans. » Rispose l’altro scheletro, roteando gli occhi da un lato. « Sei soddisfatto, ora? »
Sans smise di vederci dalla rabbia.
« Ne ha quindici, porca miseria! QUINDICI! »
Gaster sbatté le palpebre, la sua bocca ridotta ad una linea perplessa.
« Io… pensavo… » Provò ad articolare, ma lo scheletro più giovane non gli lasciò nemmeno il tempo materiale di finire.
« Dovresti pensare a quale genitore non si ricorda neanche quanti anni hanno i suoi figli, piuttosto… » E rise, ma era stata la risata più amara della sua intera vita. « Ah ah… assurdo, davvero. »
Un silenzio di tomba seguì quelle sue ultime parole amareggiate, interrotto solo dal rumore degli ingranaggi del macchinario ancora in fase di preparazione.
« Sans, mi dispiace. » Gli disse improvvisamente suo padre, costringendolo a sollevare sorpreso la testa, la sua anima era stata percossa da una scossa di impreparazione: erano… erano parole di scuse quelle che stava forse sentendo? « Non posso più badare a voi due. Dovrete cavarvela da soli, purtroppo. »
« E cosa pensi abbiamo fatto fino ad ora? » Gli domandò con acido sarcasmo Sans, i pugni di nuovo stretti e tremanti. « Chi pensi abbia cresciuto Papyrus al posto tuo, EH?! »
« Non io, certamente. » Replicò lo scienziato, passandosi desolato una mano sulla fronte. « Per questo lo ammetto. Ti passerò l’atto di proprietà dell’appartamento e parte del mio stipendio andrà sul tuo conto ogni mese, così avrai meno di cui preoccuparti. Non mi farò più vedere se è ciò che desideri, va bene? »
Sans rimase legittimamente stupito da come suo padre era stato in grado di intuire velocemente i pensieri che lo avevano accompagnato durante la sua recente passeggiata nella neve. Avrebbe accettato quella proposta di buon grado, se solo gli fosse stata posta prima di entrare in quello scantinato… ma ora, dopo ciò che aveva visto e sentito, non c’era stato più, non era voluto più starci.
« Non è quello che voglio io, questo è quello che vuoi tu. Quello che voglio io è che tu cominci a prenderti le tue responsabilità e fare il padre come si deve per una buona volta! » 
« Non posso interrompere le mie ricerche, Sans. » Rispose all’istante Gaster, senza nemmeno tentare di negare che quella non fosse la verità dei suoi attuali pensieri. « Ho impiegato tanto tempo per giungere fino a questo punto, è troppo importante per me- »
« Noi dovremmo essere più importanti per te! » Gridò il giovane, più ferito che arrabbiato dalle parole che suo padre aveva espresso con così tanta noncuranza, e Frisk aveva sobbalzato internamente sentendo quel miscuglio di emozioni così doloroso farsi strada dentro l’animo del suo sé passato, ormai troppo simile nell’aspetto e nei pensieri alla persona che era diventato… ed era un segno evidente che quella lunga storia si stava ormai avviando verso la sua conclusione.
« E lo siete infatti, dovr- »
« Stai mentendo! Quando mai ci hai dimostrato affetto in questi anni? Quando?! »
Stava praticamente tremando dalla rabbia e dal dolore e voleva sentire, sentire cosa quel maledetto avesse da dire per discolparsi come al solito, per giustificarsi e sollevarsi dalle responsabilità avrebbe dovuto prendersi in quanto genitore di due figli che avevano ancora bisogno di lui.
Gaster non gli rispose, si limitò a fissarlo con un’espressione indecifrabile, come se non avesse più niente di concreto con cui controbattere – ma lui voleva sentire qualcosa, qualunque cosa adesso che per una volta era lui ad averlo messo con le spalle al muro, non quel dannato silenzio, perché a lui non era mai stato concesso il silenzio quando non aveva avuto parole con cui replicare.
L’unico risultato che ottenne fu il distogliersi, lento e silenzioso, di quello sguardo impenetrabile. Non aveva davvero più nulla da dirgli, allora.
Gaster si voltò una volta fatto ciò, tornò a riordinare i suoi progetti e negargli ancora l’attenzione che avrebbe voluto più di ogni altra cosa al mondo in questo momento – e Sans digrignò i denti fino a farseli scricchiolare vedendosi ignorato. Traboccante di furia, gli tolse prepotentemente di mano gli appunti, alcuni fogli caddero a terra e si sparsero disordinatamente sul pavimento.
Suo padre gli rivolse un’occhiataccia stizzita prima di allungare una mano per farseli ridare.
« Restituiscimeli, Sans. »
Il giovane assottigliò sprezzante le palpebre, stringendo più saldamente quei fogli tra le proprie mani, gli occhi dell’altro scheletro vennero attraversati da un intenso lampo di fastidio – Gaster odiava avere i propri progetti pieni di pieghe, soprattutto se avevano bisogno di ulteriori modifiche e correzioni.
« NO. »
Che si mettesse pure a pregare per riavere indietro quella carta straccia che, in qualche modo, valeva più di lui e Papyrus messi assieme.
La stizza negli occhi di suo padre mutò in irritazione udendo la sua risposta.
« Restituiscimeli, ho detto. »
« Te li restituirò solo quando comincerai a fare l’adulto che dovresti essere. » Replicò Sans, ponendo i progetti fuori dalla portata di Gaster quando quest’ultimo tentò di riprenderseli.
Fallito quell’unico tentativo, non ne seguirono altri, perché suo padre si mise a fissarlo a braccia conserte, con una severità snervata che Sans trovò solamente irritante, tanto quanto il suo insistere a torreggiare su di lui con la sua considerevole altezza.
« Sans, è l’ultima volta che te lo ripeto. Restituiscimeli, non costringermi a riprendermeli da me. » Lo avvertì Gaster, i denti ormai stretti tra loro e l’occhio sinistro ridotto ad una spigolosa fessura. Lo stava facendo arrabbiare sul serio questa volta, Sans ovviamente se ne accorse, ma scelse volontariamente di continuare a provocarlo; voleva ottenere una reazione diversa dalla sua solita, sconfortante, esasperante indifferenza. Era stanco di quell’espressione calcolatrice e fredda, STANCO di dover sempre essere remissivo nei confronti di quel tiranno ipocrita!
« Costringimi, avanti. Fammi vedere cosa sai fare. »
Fece appena in tempo ad esternare quelle parole di sfida che la sua anima venne costretta e intrappolata dalla magia blu di suo padre. L’istante successivo, era stato buttato pesantemente a terra da un improvviso quanto schiacciante aumento di gravità, un respiro incredulo e strozzato lasciò la sua bocca spalancata, l’ultimo che fu in grado di prendere per parecchi secondi di intenso sconcerto. Non aveva mai avuto un corpo resistente e persino un urto nel posto sbagliato avrebbe potuto causargli danni permanenti… eppure, pur sapendo perfettamente questo, suo padre lo aveva atterrato usando la sua magia, aveva davvero usato la forza con lui, e Sans lo aveva creduto incapace fino a quel momento di farlo, non aveva minimamente previsto che potesse arrivare a tanto.
Impossibilitato ad alzarsi a causa della sua anima ancora bloccata, Gaster fu libero di girargli attorno e forzarlo ad aprire le falangi per riprendersi i progetti.
« Abbiamo finito con queste sciocchezze da bambini ora? » Gli domandò lo scienziato, una volta in piedi di fianco a lui, in volto uno degli sguardi più arcigni che gli fosse mai stato dedicato… e, casualmente, la maggior parte gli erano stati sempre dedicati da quel farabutto.
Sans perse le staffe davanti a quel pensiero, il controllo della magia di suo padre venne momentaneamente meno e approfittò di questa occasione per spedirlo contro il muro opposto al bancone con un rapido movimento del braccio. La magia blu svanì dalla sua anima e fu in grado di rialzarsi con successo seppur traballando un pochino, la sua mano puntata in direzione dello scienziato per tenerlo ferocamente bloccato.
« Non sono più un bambino per colpa tua! » Gli rispose scoprendo furente i denti, nel mentre che suo padre stava cercando a sua volta di rimettersi in piedi, i suoi sforzi inutili fintanto che continuava a mantenerlo sotto tiro della sua magia. « Siete stati tu e le tue fandonie a rovinarmi! »
« Fandonie, ragazzo? » Controbatté Gaster, calmo nonostante le circostanze fossero chiaramente a suo sfavore, un accenno di sdegnata incredulità nella voce. « Rovinarti? Ti ho solo insegnato tutto ciò che sapevo nel migliore dei modi, quanti mostri nel regno pensi possano vantare un livello di conoscenze come il tuo? »
Sans, ormai perso qualsiasi stralcio di calma, lo risbatté nuovamente contro il muro, facendolo crollare a terra con un tonfo sgraziato. Nel suo occhio sinistro, percepì le prime, colleriche volute di magia sprigionarsi in una fisica dimostrazione dell’ostilità che gli stava bruciando dentro.
« Tutto ciò che ti sei mai preoccupato di insegnarmi è stato come uccidere dei bambini innocenti! Tu non puoi capire, n-non puoi capire cosa significhi sentirli gridare di notte, così f-forte che nemmeno la voce di tuo fratello riesce a sovrastare le loro e non puoi dormire, non ci riesci, perché ogni volta, ogni volta che ti addormenti, li rivedi supplicare davanti a T-TE! » Urlò, spingendo ancora una volta suo padre contro quella dannata parete, le lacrime a stento trattenute, un groppo in gola contro cui stava lottando rabbiosamente per far uscire la sua stessa voce. « E li avrò sulla coscienza per tutta la vita a causa t-tua! »
La magia blu di Gaster tornò ad intrappolargli l’anima e si ritrovò a picchiare la schiena contro il bancone dall’altro lato della stanza, a tentare di sopprimere il successivo lamento che minacciò di sfuggirgli. No, no, si era disconcentrato, si era distratto!
Suo padre fu libero di alzarsi, lisciarsi le pieghe sul suo camice con una tranquillità disarmante sotto i suoi occhi sdegnati. Solo fatto ciò, Gaster tornò a dedicarsi a lui, avvicinandolo passo dopo passo, la mano sollevata e luminescente di magia.
« È così che vuoi metterla, dunque? » Disse, una domanda lenta e atona. Sans tentò in ogni modo di muoversi e richiamare di nuovo la sua magia blu, ma la forza magica dell’altro scheletro era di gran lunga più potente della sua e lo stava tenendo spietatamente intrappolato contro il bancone, la gravità fin troppo pressante sulla sua anima per consentirgli altro che quel patetico contorcersi che stava portando avanti. « Sai, avresti potuto rifiutarti in qualsiasi momento di fare una qualunque di queste cose, ma hai scelto di continuare, forse per compiacermi, forse perché non hai mai avuto il coraggio di contraddirmi… o forse per qualche altra ragione a me sconosciuta. Solo le personalità deboli fanno ciò che viene loro detto senza riflettere, senza un criterio di giudizio, per poi addossare le loro colpe su coloro che sono indubbiamente più forti al momento opportuno. » Il suo genitore si abbassò sulle proprie ginocchia, guardandolo a livello dei suoi occhi per la prima volta in anni. E si era deciso a farlo proprio ora, quando un gesto simile aveva ormai perso importanza e non era più desiderato dal suo figlio maggiore. « E tu, Sans? Stai solo cercando di giustificare le tue azioni indicando me come la causa determinante, il fattore scatenante. Non ricordo di averti mai impartito insegnamenti così immaturi, sono sorpreso di sentirti parlare in questo modo… credevo, sinceramente, di averti cresciuto meglio di così. Stento quasi a credere che sei mio figlio. »
Sans allargò sconcertato gli occhi, la sua testa vuota di ogni pensiero in meno di mezzo secondo.
Quel giorno, qualcosa dentro di lui si era irrimediabilmente crepato, qualcosa che a dispetto di tutto quello che era accaduto fino ad allora era comunque riuscito a sopravvivere, ma che non aveva infine resistito a quell’ultima, fatale batosta. E niente, niente negli anni seguenti sarebbe stato in grado di riempire quella dolorosa crepa, che solo poche mirate parole erano state sufficienti ad infliggere al suo animo.
Trattenere le lacrime divenne quasi impossibile per lui ora.
« E tu non sei mai stato mio padre, s-se per questo. » Replicò, scuro in volto, sputando quelle parole come fossero veleno da una bocca che tremava come se stesse esalando i suoi ultimi respiri.
« … Prego? »
« Mi hai sentito, Gaster. » Ribatté lui, alzando sfrontatamente gli occhi – che vedesse pure cosa aveva fatto, quanto male lo stesse facendo e lo aveva sempre fatto sentire. « Non fingere di non aver capito. »
Non ebbe intenzione di rimangiarsi quelle parole, assolutamente no, ma la collera a malapena contenuta che vide affiorare sul volto di fronte a lui lo fece sentire disorientato, le spalle gli si raccolsero istintivamente, così come fecero le sue mani quando le premette contro il suo stesso petto.
Gaster lo afferrò per il bavero della sua maglia, lo fece rialzare da terra con un violento strattone e Sans sentì l’anima balzargli in gola quando il terreno gli venne a mancare da sotto i piedi, un guaito spaventato gli riverberò nella cassa toracica ansante.
« Sei proprio un ingrato, piagnucoloso, bambino viziato, lo sai Sans? » Gli sibilò in faccia lo scienziato, livido in volto dall’ira, nella più aggressiva dimostrazione di rabbia di cui il giovane lo avesse visto dar prova. « Credi che il mondo debba sempre girare esattamente come vuoi tu, che tutto quello che non va per il verso giusto sia sempre colpa degli altri. E quando inevitabilmente qualcosa non va secondo i tuoi piani, ti metti a frignare in un angolo senza fare nulla per cambiare le cose, sperando che qualcuno venga a dirti esattamente ciò che vuoi sentirti dire, mai il suo contrario. Sei patetico, solamente PATETICO. »
Sans lo fissò costernato pronunciare tutta quella sfilza di rimproveri, critiche, insulti, rifilategli nudi e crudi così com’erano uno dietro l’altro. Quelle parole – ingrato, piagnucoloso, viziato, patetico – avevano fatto male, tanto male, ma non più del sentirsi dire dal proprio genitore che a stento veniva riconosciuto come figlio. Quello… q-quello era stato ben più doloroso.
E fu allora che si rese conto dell’indebolirsi della magia di Gaster intorno alla sua anima, le sue emozioni invece di aumentare il controllo sulla sua magia lo stavano bensì affievolendo, e il giovane scheletro approfittò dell’occasione che gli si era presentata per ribaltare di nuovo le posizioni e rispedirlo lì dove era giusto che stesse, contro quel muro che si stava oramai crepando.
« Sei tu l’unico ingrato qui, l’unico che ha manie di controllo ed è egocentrico fino al midollo! Io ti ho dato tutto quello che avevo, ho sempre cercato di aiutarti quando a-avevi bisogno di me, quando non ti rendevi conto di aver bisogno di aiutoe tu, in cambio, mi hai sempre fatto pesare qualunque c-cosa! »
Un’altra emozione subentrò definitivamente nel suo animo in quel frangente, l’emozione forse più terribile e autodistruttiva di tutte, che porta solo dolore e mai sollievo quando prende il sopravvento, e la piccola lo seppe sin dal primo istante quali parole sarebbero seguite e tentò per questo di impedire al suo sé passato di pronunciarle… ma non aveva voce in capitolo lei lì, quelle cose erano già accadute, in un tempo su cui la ragazzina non aveva potere, e Sans si rammaricò per lei, per quel breve istante in cui Frisk aveva seriamente creduto di poter fare qualcosa per cambiare l’epilogo di quella che era stata la sua relazione con… con il mostro che lo aveva messo al mondo.
Quel litigio, violento e tremendo, raggiunse infine il suo culmine quando il suo sé passato non era stato più capace di astenersi dal gridare in faccia alla causa che aveva generato quelle emozioni distruttive, che le aveva continuamente alimentate fino a portarlo al suo punto di rottura.
« Io ti o-odio, ti odio da morire, non smetterò mai un singolo giorno della mia vita di ODIARTI! »
E, per un lunghissimo secondo denso di silenzio, non successe nulla.
L’espressione del giovane scheletro si stemperò leggermente sotto una prima fitta di… di rimpianto. Non poteva… non poteva aver detto una cosa simile, no, lui era… e-era ancora suo padre, perché lo aveva f-fatto
Il braccio di Gaster schizzò repentinamente di lato e Sans con esso verso la direzione in cui era stato puntato, la sua anima trascinata e strattonata da una gravità così brutale che fu capace di strappargli un grido stridulo.
Il suo mondo andò in bianco – bianco, dal dolore perforante che gli aveva percosso il retro della nuca come la lama di un’accetta – per precipitare l’istante seguente nel nero e nel silenzio, un forte rumore di ossa che impattavano contro metallo e vetro precedette la sua perdita di conoscenza.
Per molto tempo, ci fu solo desolante nero da osservare per entrambi di loro, e dovettero pazientare molto prima di percepire il disorientante risveglio di quel giovane Sans sul pavimento del laboratorio nei pressi del macchinario ormai spento, scombussolato e dolorante dalla botta che aveva ricevuto… e suo padre, il centro del suo primo pensiero da quando si era svegliato, non c’era più. Era sparito, si era volatilizzato e, come aveva in seguito appreso, non solo da quello scantinato, ma anche dalla memoria di tutte le persone che lo avevano conosciuto, meno che dalla sua. Era come se la terra lo avesse ingoiato, come se la storia stessa lo avesse ingoiato, cancellato con lo sforzo richiesto da un battito di palpebre – e per lungo tempo avrebbe continuato a domandarsi perché, tra tutti, proprio a lui era toccato portare il peso di quei ricordi, fino a che… fino a che non aveva realizzato la connessione ancora presente tra di loro, traccia reduce del legame che avevano condiviso ma mai del tutto cancellato, che Gaster stava tutt’ora sfruttando per mettersi in contatto con lui, e che… che lo aveva condannato a non dimenticare.
Ai tempi, aveva concluso che l’incidente – lo aveva così definito in mancanza di altri termini – doveva aver avuto luogo mentre aveva perso i sensi… ma cosa comprendeva quel ‘tutto’ precisamente? L’avviso del macchinario che il processo per cui era stato progettato era venuto a compimento e delle schegge d’osso sul pavimento erano gli unici indizi che aveva rinvenuto, troppo ridotti per consentirgli di ricostruire gli avvenimenti che, in quel lasso di tempo, avevano portato alla misteriosa sparizione di suo padre. Ad una prima occhiata, avrebbe ipotizzato che qualcosa in quel macchinario non aveva funzionato come avrebbe dovuto e Gaster era rimasto sfortunatamente coinvolto nel malfunzionamento, ma… ma perché lui si era risvegliato sul pavimento? Possibile che fosse stato volontariamente lasciato lì, privo di coscienza com’era? Suo padre… suo padre era rimasto davvero così tanto arrabbiato dalle sue parole che lo aveva abbandonato lì e aveva continuato a… a lavorare sulle sue cose come se niente fosse?
Si interrogò su quella domanda per giorni, cercando di capire, di avere una spiegazione… e, alla fine, rinunciò ad indagare oltre. Qualunque fosse stato lo sfortunato destino dello scienziato, con lui aveva chiuso. Aveva avuto la medesima intenzione già prima di entrare in quello scantinato, di ignorare completamente l’esistenza di un genitore che non c’era stato a lungo e che per tutto il resto della sua vita avrebbe continuato a non esserci… adesso, sarebbe certamente stato ben più semplice senza nessuno che potesse ricordarglielo anche solo per sbaglio.
Soppressa persino l’ultima, superstite briciola di apprensione verso suo padre, Sans era andato avanti, un capitolo della sua vita concluso, un altro che stava per cominciare, e qualsiasi cosa riguardasse Gaster seppellita e dimenticata; il disegno di suo fratello, che lui non aveva avuto cuore di buttare, giaceva da allora dimenticato in un cassetto di quello scantinato insieme al suo badge da assistente – un pezzo della vita precedente di Papyrus, un pezzo della sua… abbastanza equo, dopotutto.
Aveva deciso di seguire il piano originale e lui e Papyrus si erano trasferiti a Snowdin, nella casa che Gaster aveva usato come copertura per il suo più fallimentare esperimento. Aveva scoperto, a metà tra il piacevolmente sorpreso e la dura indignazione, che l’affitto dell’abitazione era stato già pagato in anticipo per i successivi mesi, segno inequivocabile che Gaster aveva pianificato di continuare ancora per molto a condurre le sue sperimentazioni in quello scantinato. Ma, fortunatamente per loro, tutto ciò li aveva solo facilitati durante il trasferimento e Sans era stato contento di avere almeno un pensiero in meno per la testa, visto che aveva avuto tante altre cose da sistemare e da mettere in regola una volta lì a Snowdin… prima fra tutte, consentire finalmente all’affittuario di identificare il misterioso figuro che aveva affittato quella casa in totale segretezza – lui non era ovviamente Gaster ma, ehi, nessuno sarebbe venuto a denunciarlo di furto d’identità o simili, no?
Quando ormai aveva creduto che tutto sarebbe andato per il verso giusto e che, dopo tanti travagli, avrebbe potuto godersi un po’ la vita con suo fratello, Gaster era riapparso una notte nei suoi sogni… e il suo nuovo aspetto, più massiccio, più minaccioso, irradiava un potere che aveva decantato alla sua anima rabbrividente la presenza di un pericolo vero e temibile… lo scienziato aveva da sempre emanato una simile aura soffocante, ma durante la sua permanenza nel Void sembrava essersi intensificata esponenzialmente, al punto che Sans aveva avuto la netta sensazione di avere davanti una persona diversa, che possedeva ancora i tratti fisici di Gaster, ma che era cambiata… cambiata in un modo che la sua mente non era riuscita ad identificare.
Aveva così appreso di come Gaster, a causa del macchinario che aveva lui stesso progettato, era stato fatto a pezzi coscienza, anima e corpo attraverso lo spazio-tempo e che, solo dopo aver riacquistato almeno la prima di queste, era riuscito a trovare un piano dell’esistenza in cui tornare ad esistere; quel piano era il Void, il cosiddetto ‘vuoto tra le dimensioni’, dove tempo e spazio non esistevano, dove nessuna delle leggi applicabili al piano della realtà lì poteva vigere. Gaster lo aveva già studiato in passato quando lui era ancora un ragazzino e Alphys era stata la migliore stagista ospitata al laboratorio – e ricordava, oh come ricordava bene l’interesse dimostrato del suo genitore nei confronti di quella dimensione… ironico come, alla fine, quel luogo di fascino fosse divenuta la sua prigione.
E la prima delle cose che lo aveva disturbato oltre ogni limite durante quel primo contatto con Gaster, era stato l’apprendere di come quel demone fosse riuscito miracolosamente a tornare.
« È stato molto più semplice di quanto tu creda. » Esordì l’ex scienziato, con un gesto noncurante della mano, l’orgoglio personale nella sua voce non era mai stato così lampante. « Sono stati i miei fedeli collaboratori a fornirmi i mezzi necessari per il mio ritorno… al caro prezzo, purtroppo, di sparire dai ricordi di tutti, esattamente come me. »
Sans si dimostrò subito scettico riguardo a quella spiegazione – sarebbe stato scettico nei confronti di qualunque parola l’ex scienziato avrebbe pronunciato negli anni a venire, perché la sua fiducia era stata orribilmente compressa prima e ridotta in frantumi in un tempo persino più minore.
« E in che modo? Solo io so che tu sei anche solo mai esistito, come avrebbero potuto fare? » Lo mise immediatamente in discussione il giovane, pensando in assoluta sicurezza di aver scoperto un’enorme falla in quella spiegazione.
Gaster inclinò la testa davanti alla sua replica, le estremità del suo sorriso ben più marcate rispetto a quanto lo erano state fino ad un solo secondo prima, come se si fosse aspettato un simile ribattere – anzi, che avesse in un certo senso sperato in una reazione del genere da parte sua.
« La risposta è anche qui molto semplice: non l’hanno fatto volontariamente. » E fu evidente il forte indugiare di Gaster nell’osservare, con una compiaciuta soddisfazione, l’espressione in quel momento sgomenta del giovane scheletro. « Devi sapere che in realtà, nonostante avessi perduto ogni parte del mio essere, neanche allora cessai di vivere… un istinto di sopravvivenza che oserei definire animalesco mi ha consentito di continuare ad esistere, di restare attaccato alla vita… ma esso bramava fortemente di riunirsi alla coscienza  da cui era stato brutalmente separato… per fare ciò, necessitava come di uno schema, di molteplici schemi, manuali da utilizzare come riferimento per raccogliere e ricomporre i pezzi in cui la mia mente era stata scinta. Ma cose simili potevano essere rintracciate e prelevate solo dal piano collocato più in alto di tutti gli altri, la nostra realtà… ragion per cui quell’istinto ha pazientato a lungo per ottenere ciò che bramava… ma è stato, alla fine, ricompensato come si deve. »
Sans allargò leggermente gli occhi, un pensiero fin troppo macabro aveva cominciato a farsi strada nella sua testa con un’insistenza disarmante.
« Vuoi dire… c-che li hai…? »
Non ebbe il coraggio di terminare quella frase e nemmeno ce ne fu alcun bisogno, perché ci pensò con molto piacere Gaster a giudicare dal breve estendersi del suo sorriso.
« Mi sono servito dei miei ex collaboratori, sì… li ho sostanzialmente divorati, da un certo punto di vista. Ipotizzo che quel poco che è rimasto di loro sia ancora rintracciabile da qualche parte nel piano della realtà… tuttavia, dubito che potrebbero ancora essere considerati creature viventi. » Il sorriso fino a quel momento immobile di Gaster si allargò, si caricò di una sfumatura deviata e malata che gli fece rabbrividire l’anima nel petto, lo sconcerto affiorò senza più filtri sul suo volto. « Hai mai sentito una fame tanto ferale, tanto insopportabile, che il tuo intero essere urla per avere anche solo un poco di nutrimento? E persino quando lo ottieni non ne hai abbastanza, non sei soddisfatto, e ne vuoi altro, e altro ancora è inutile fare una faccia tanto scioccata, avresti fatto lo stesso, se soltanto avessi provato ciò che ho sentito, se non avessi avuto altro a cui appigliarti per vivere. »
Sans distolse rapido lo sguardo da quello dell’ex scienziato, i pugni tremolanti dall’orrore con cui tentava di metabolizzare un fatto tanto raccapricciante comunicato così boriosamente.
E Gaster non gliene lasciò nemmeno il tempo, trattando la cosa con una superficialità che lo prese seriamente in contropiede.
« Comunque sia, ragazzo… se hai finito con le domande, veniamo dunque al motivo principale di questa mia visita, sì? Suppongo ti interessi conoscerlo, visto che riguarda anche te in prima persona. »
« M-me? » Fu a malapena in grado di balbettare Sans, incapace di guardare quel volto, così statico e freddo da sembrare una grottesca maschera – non poteva essere il volto di una persona che dichiarava di essere appena tornata alla vita.
« Corretto. » Annuì brevemente Gaster, qualcosa di simile alla soddisfazione si insinuò nel tono di voce dell’ex scienziato. « C’è un compito che dovresti gentilmente svolgere per me… dovresti solo apportare qualche modifica al mio macchinario per consentirmi di riavere indietro la mia anima e il mio corpo, credo sia abbastanza alla tua portata. Se seguirai le mie indicazioni alla lettera, io potrò tornare ad esistere anche nel mondo reale e nei ricordi di tutti. Una volta fatto ciò, vorrei avere la tua speciale collaborazione per un certo progetto su cui ho avuto modo di riflettere a lungo durante la mia permanenza qui. »
« E cosa ti fa pensare che ti darò anche solo ascolto, dopo tutto quello che hai fatto? » Replicò a denti stretti il giovane, con sguardo risentito, infastidito dalla sicurezza con cui l’altro scheletro pensava evidentemente che avrebbe accettato.
La risposta di Gaster non tardò ad arrivare.
« Perché ti permetterò di realizzare i tuoi desideri, le tue aspirazioni, i tuoi sogni, anche quelli più nascosti nel tuo animo. E, fra questi, so che ce n’è uno particolarmente irrealizzabile… » Gaster gli rivolse quindi un breve sguardo calcolatore, che fece vacillare impercettibilmente il suo. « Dimmi, Sans, quanti anni avevi quando mi dicesti che avresti tanto voluto far vedere la superficie a Papyrus? »
Sans non rispose, reso titubante dalla direzione incerta che quel discorso stava prendendo.
Gaster alzò leggermente un angolo del suo sorriso, più ora simile ad un lungo e stirato ghigno, una scintilla vittoriosa insita all’interno delle sue orbite vuote di luce.
« Come immaginavo, alcuni di essi non sono per nulla mutati nel tempo. »
« E questo in particolare resterà inesaudito per sempre. » Ribatté Sans, stringendo astiosamente le palpebre per quanto palese era stato l’intento per nulla innocente di quella domanda, atta solo a rendere visibili a Gaster le sue debolezze più profonde. « Noi mostri non rivedremo mai più la superficie e neanche il sole, perché non ne vale la pena se per farlo bisogna sacrificare la vita di qualcun altro. Senza né me, né te a fare piazza pulita di qualunque essere umano venga avvistato, nessuno dovrà più morire. E io non ti riporterò mai indietro se le tue intenzioni sono ancora così vergognose! »
« Non ho mai specificato che fossero queste le mie intenzioni… » Puntualizzò Gaster, con un velo di indignazione in quelle orbite nere, tanto sottile da rendere dubbia la sua effettiva presenza agli occhi di Sans. « No, le mie intenzioni, i miei piani, non si limitano alla fin troppo facile distruzione della barriera… ciò a cui miro, è riappropriarmi della superficie che ci è stata tolta da quelle creature tanto rozze e primitive, se paragonate al potenziale della nostra razza e a quello della nostra famiglia. »
« Vuoi dichiarare guerra agli umani? » Gli domandò sconcertato Sans. « Sai benissimo che noi mostri non abbiamo una possibilità contro di loro, immagina quanto si saranno moltiplicati durante la nostra assenza, moriremmo tu-! »
« Dimentichi il dettaglio più importante, Sans. » Lo interruppe l’ex scienziato, con una sfumatura leggermente più ilare nel proprio sorriso. « Le cose sono diverse da come lo sono state durante la guerra, perché ora potremo combatterli ad armi pari… anzi… saremo persino più potenti di loro, con magia e Determinazione dalla nostra parte. Produrre su vasta scala macchinari simili al mio sarà, ironicamente, la parte più difficile… per contro, schiavizzare gli esseri umani diventerà anche fin troppo facile, quando il nostro intero popolo avrà ottenuto il potere che ci ha segregati sotto quella montagna per secoli… e quando sarà, ovviamente, nominato un sovrano più capace di Asgore per guidarci. »
« Sei fuori di testa se pensi che trascinerò la nostra razza in una guerra solo per qualche tuo schema delirante! » Gridò Sans, traboccante di indignazione. Gli era parso di ascoltare i vaneggiamenti di un pazzo, non di una persona che aveva fatto della scienza e della razionalità la sua vera ragione di vita, e il giovane rimase davvero disorientato oltre che nauseato da quel radicale cambio di atteggiamento.
« Oh, Sans, non giocare a fare la parte dell’eroe… so benissimo che a te non interessa il benessere della nostra razza e l’unico mostro a cui tieni è Papyrus, che potrebbe sfortunatamente restare coinvolto nel conflitto. » Ribatté l’ex scienziato con una risatina e Sans strinse duramente i denti udendo quel suono molesto e l’accusa che gli stava venendo rivolta contro… non era un eroe, né aveva mai voluto diventarlo, ma da qui ad essere l’egoista e il codardo che Gaster lo stava accusando di essere ne passava di acqua sotto i ponti. « Ma non ti devi preoccupare, voi due occupate un posto importante nei miei cosiddetti ‘schemi deliranti’. Secondo i miei calcoli, vinceremo la guerra nel giro di un decennio o due, al cui termine i mostri ripopoleranno di nuovo il pianeta, soprattutto se ci sarò io al comando del nostro popolo. » Un luccicare bianco fece capolino nel nero nell’orbita di Gaster, a cui Sans guardò con espressione turbatamente corrugata. « A tal proposito… come ti suona diventare il principe della nostra razza insieme a tuo fratello, ragazzo? Abbastanza allettante, non trovi? Senza contare che, finalmente, saremo la famiglia unita che, se non sbaglio, mi avevi detto di volere. »
« Non mi sembra che nel pacchetto avessi incluso anche la voce ‘sterminio e/o asservimento di un’intera razza’, sai? » Rispose Sans con aggressivo sarcasmo, il suo precedente turbamento cancellato in fretta e furia. « Te lo puoi scordare, davvero, te lo puoi assolutamente scordare di ricevere aiuto da me. Non prenderò mai parte a simili barbarie, né ora, né mai. »
E non riusciva a capire quale fosse l’obiettivo di Gaster in tutto questo, quello di persuaderlo ad accettare la sua offerta, o quello di mettersi i bastoni tra le ruote da solo continuando a nemmeno mascherare le sue vere intenzioni? Non aveva senso un simile comportamento, a meno che… a meno che lo scienziato non avesse veramente voluto averlo dalla sua parte fin dall’inizio…. a meno che l’altro non avesse voluto crearsi un nemico per il semplice gusto di farlo. La possibilità più che concreta che fosse proprio quella la spiegazione che stava cercando gli fece correre un brivido su e giù lungo la spina dorsale.
Una delle estremità del sorriso di Gaster si piegò pericolosamente verso l’alto, come se avesse osservato intrigato quel rabbrividire che lo aveva scosso.
« Questo lo vedremo, caro giovanotto. » Commentò deliziato, lo sguardo di sufficienza in quelle orbite nere pungeva e faceva sgorgare solo indignazione dal suo animo. « Mi domando come ti comporterai se un settimo umano farà la sua comparsa nel regno e comincerà ad uccidere coloro che ami. Ti rifiuterai ancora di compiere quelle che tu ora definisci ‘barbarie’, oppure scenderai in campo a combattere? O, forse, chiederai il mio aiuto solo per non avere un’altra anima sulla coscienza? »
Sans arretrò, digrignando i denti nello ristabilire una distanza appropriata tra loro due. Non era stato per un desiderio tanto egoistico come quello a cui Gaster aveva alluso che aveva deciso di fare quella solenne promessa alla signora dietro al portone. No, lo aveva fatto perché uccidere degli innocenti era sbagliato a prescindere, ancor più se si trattava di bambini, e perché l’unico modo che aveva di rimediare a quei suoi tragici errori era giurare di non commetterli mai più.
« Tutti gli umani che sono stati fino ad ora uccisi erano solo dei bambini innocenti, certo non le terribili minacce su cui hai sempre speso così tante belle parole… lo scenario che mi hai descritto è talmente assurdo che non avrei preso sul serio nemmeno Papyrus se fosse stato lui a parlarmene. »
« Ma la sola possibilità che possa realizzarsi ti spaventa, non è così? » Gli domandòidomandòdo Gaster, socchiudendo leggermente l’orbita sinistra, dietro cui Sans fu in grado di intravedere il brillare fioco quanto inquietante di un cerchio di luce bianca brillare – il bagliore che, dapprima, aveva solamente intravisto. « E accadrà, Sans. È un dato certo che accadrà e ti pentirai di non avermi dato retta. »
« E su quali prove si baserebbe questa tua predizione, mh? » Gli chiese scetticamente il giovane scheletro.
Una risata arida lasciò la bocca seghettata dell’ex scienziato.
« Ci sono molte cose che non sai sul Void, giovanotto… cose di cui nemmeno io ero a conoscenza. Potrò anche aver cessato di esistere sul piano della realtà, ma ora posso vedere ogni cosa, ascoltare ogni cosa, conoscere ogni cosa… e questo mi conferisce in una certa misura anche abilità di chiaroveggenza. Conosco parte del tuo futuro… e succederanno cose spiacevoli che non potrai sperare di affrontare da solo. » Gli rispose Gaster, allungando una mano verso il suo petto, ad indicare la sua anima all’interno con l’indice. « E questa, te lo garantisco, non resisterà a lungo. »
Sans arretrò nuovamente di fronte a cosa quel gesto pareva implicare – contatto, contatto che lui non voleva più avere con un essere tanto orrendo e depravato.
« Allontanati. NON.TOCCARMI. »
Gaster abbassò il braccio, il suo sorriso immobile durante l’intera esecuzione di quel gesto. Non sembrava ferito dall’avversione che gli aveva appena mostrato, era come se il suo rifiuto non lo avesse neanche sfiorato.
« Non potrei nemmeno volendo, ragazzo. Non possiedo una forma fisica qui nel Void, sono solamente un insieme di pensieri e riflessioni che si susseguono in questo spazio infinito. » Dichiarò, tornando ad elevarsi sopra di lui dall’alto della sua imponente statura – troppo imponente. « Siamo un po’ irruenti, o sbaglio? »
Sans digrignò leggermente i denti dall’irritazione che quel commento arrogante gli aveva provocato.
« Oh, beh, perdona la mia maleducazione, ma ho appena scoperto che il farabutto che mi ha messo al mondo è sempre stato un megalomane, egoista pieno di sé che non ha un briciolo di coscienza in testa, e la cosa potrebbe forse forse avermi un po’ sconvolto, non credi? » Replicò, piccato. « Sii onesto, mi hai mai raccontato qualcosa di vero, o erano tutte menzogne? »
Gaster si portò una mano sotto il mento, fingendo palesemente di riflettere sopra la sua domanda soltanto per farsi beffe di lui.
« Chi lo sa… ti ho raccontato così tante cose in questi anni che sarebbe difficile operare un criterio di distinzione. »
Il giovane strinse gli occhi udendo quella risposta noncurante. Era stato tutto un gioco per Gaster, sempre e soltanto un perfido gioco a cui lui stesso aveva preso inconsapevolmente parte per troppo tempo. Era stato davvero uno stupido, un grande stupido, persino quando aveva creduto di aver visto qualcosa in quegli occhi era stata solo una farsa, solo un’illusione.
« Devo dedurre, dunque, che non accetterai la mia proposta? » Constatò proprio il simpaticone oggetto dei suoi pensieri, interrompendo il suo silenzio denso di indignazione e rabbia.
« Esatto, così come non credo ad una sola parola delle tue favolette apocalittiche. » Rispose lui, stringendo i pugni nella tasche della propria felpa e sperando che non sarebbe stato un gesto troppo vistoso. « Buona permanenza nel Void, Gaster, perché ci resterai finché la tua testa non comincerà a ragionare per il verso giusto. »
Il che significava PER SEMPRE, con la piega che avevano preso le cose.
L’ex scienziato rise di gola davanti alla sua intransigenza, assottigliando le orbite fino a ridurle a due sottili e abissali fessure, il suo sguardo così snervantemente fisso nel suo.
« Come desideri. Tue le decisioni, tue le conseguenze. Ma vorrei che tu tenessi a mente una cosa… » Un attimo prima, Sans aveva giurato di avere Gaster in piedi proprio davanti a sé. Un attimo dopo, sentì la presenza dell’altro mostro alle proprie spalle, la sua voce ad un soffio dal suo collo… e Sans, per quanto avrebbe voluto farlo, non fu capace di scostarsi, era come paralizzato da un’aura opprimente e invisibile che lo stava tenendo strettamente vincolato a Gaster e alle sue parole cantilenanti. « Quando uscirò dal Void – e lo farò, anche senza il tuo aiuto – i primi che verrò a cercare sarete tu e Papyrus. E, te lo assicuro sulla precaria vita di tuo fratello, rimpiangerai amaramente di non aver accettato la mia proposta quando eri ancora in tempo. »
Sans serrò per un istante gli occhi, cercando di sopprimere il brivido involontario che gli aveva scosso la colonna. Per poco, solo per poco, un senso di soffocante e irrazionale paura lo aveva scosso dall’interno – e, per quanto fugace fosse stato, era stato comunque sufficiente a far accelerare i battiti della sua anima durante i secondi successivi. Non era riuscito a restare completamente fermo, ma sperava di non aver quantomeno fatto affiorare quella paura inspiegabile sul suo stesso volto.
« Le tue sono solo minacce a vuoto. » Ribatté in tono piatto – e solo una volta che fu sicuro di poter parlare celando quella sua recente reazione corporea.
Lo udì ridacchiare tranquillo alle sue spalle, ma poteva arduamente essere definita una risata quel mescolarsi di suoni striscianti, vibranti come una registrazione piena di interferenze.
« Ho mai fatto minacce a vuoto, Sans? » Gli domandò Gaster e Sans, pur non vedendolo, riuscì a cogliere la sfumatura malsana che il ghigno dello scienziato doveva aver assunto. « Riflettici sopra, quando ti sveglierai… il tempo, di certo, non ti mancherà. »
Non aveva compreso all’inizio il significato non così tanto nascosto dietro a quelle parole… ci avrebbe pensato il destino incombente ad aprirgli gli occhi sulla questione, perché era passata appena qualche settimana dal suo incontro con Gaster quando… quando i reset erano cominciati. La prima volta che aveva udito Papyrus pronunciare la stessa identica frase che gli aveva sentito pronunciare in uno dei suoi sogni, pensava si fosse trattata di una coincidenza; dopo una seconda, una terza, una quarta, una quinta, una sesta volta… era stato ormai mortalmente certo che qualcosa stava disturbando il normale scorrere del tempo, con nessuna costante che potesse prendere in analisi per prevedere quando sarebbe avvenuto il reset successivo.
In qualche modo, lui era stato ed era tutt’ora il solo a possedere la sventurata capacità di ricordare in sogno gli eventi accaduti in altre linee temporali, a volte solo in parte, a volte con una presenza angosciante di particolari… e la maggior parte erano eventi che non potevano essere neanche lontanamente definiti felici e che, di conseguenza, non poteva mostrare a Frisk, perché erano… alcuni erano troppo disturbanti persino per lui da ricordare, figuriamoci quanto disturbante sarebbe stato per lei se glieli avesse passati.
Gli erano occorsi un numero incalcolabile di reset per scoprire il responsabile di tutta quella pazzia, rintracciare in quel sadico di un fiore l’anomalia che li stava generando... e che, nonostante non possedesse più il potere di resettare, stava continuando a metterli nei casini tutt’ora, visto che ormai credeva fermamente che il corpo che Gaster aveva rubato doveva essere il suo – tutti gli indizi raccolti fino ad ora portavano a questa conclusione, dopotutto.
Un picco di ansia e orrore provenne dall’anima di Frisk, entrambi così intensi da lasciarlo spiazzato.
Piccola, è tutto ok…?
Lo shock della ragazzina non diminuì nel momento in cui lei si accinse a spiegargli.
Io e Chara eravamo in pensiero per lui, non… non sapevamo dove fosse andato a finire.
Quella spiegazione, tuttavia, non gli motivava fino in fondo quella reazione. Poteva capire se si sforzava parecchio la preoccupazione di Frisk nei confronti del fiore nonostante l’erbaccia la avesse sempre intralciata – era in linea con la personalità della piccola in fin dei conti –, ma Chara che diamine c’entrava in tutto questo? Gli stava decisamente sfuggendo qualcosa.
Chara conosce l’erbaccia per caso…? ” Chiese, perplesso.
L’esitazione di Frisk nel rispondergli gli suggerì la gravità delle parole che gli sarebbero presto state rivolte.
Lui è… lui è Asriel, Sans…
Quell’Asriel? Il figlio di Toriel e Asgore? ” Quando la piccola glielo confermò un’altra volta, il suo smarrimento prese letteralmente il volo. “ Come accidenti è possibile?
È stata Alphys… lo ha riportato per sbaglio in vita iniettando la DT in uno dei fiori del giardino reale… ” Fu probabilmente perché lui era sempre più turbato dalla notizia, dalla realizzazione di aver avuto fino ad allora a che fare con il principe, dai ricordi sinistri in cui Flowey – Asriel – figurava, che Frisk cercò di radunare le parole adatte per spiegargli qualcosa che aveva l’aria di non essere tanto semplice da esporre, o digerire. “ Non ha più un’anima da quando è tornato in vita in questa forma… non può sentire emozioni come l’amore, la gioia, l’affetto, non può provare dispiacere o… o pentimento… ha sofferto tanto, tanto a lungo per questo...
Sans annuì distrattamente di fronte a quelle nuove informazioni. Aveva senso, aveva tutto senso, nessuna anima significava nessuna emozione e nessuna empatia, e non voleva provare ad immaginare come doveva essere sentire solo… solo un sordo vuoto dentro di sé, nessun battito nel proprio petto, nemmeno il fervore che portavano con loro certe emozioni… ma non poteva… non… non era giustificabile la sofferenza del passato con una scusa del genere. Frisk stava chiaramente cercando di fargli vedere quello che era il punto di vista del principe e fin qui lui poteva arrivarci con le sue sole forze, ma provare pietà per Asriel? Non ne era in grado, nemmeno se ripeteva a sé stesso che quel capretto era solo un ragazzino morto in circostanze sfortunate riusciva a realizzare l’impossibile – ed era semplicemente agghiacciante come ora anche gli atteggiamenti spesso e volentieri infantili di Flowey trovassero una loro valida origine.
Non posso giustificare le sue azioni, piccola… è davvero… troppo per me… ” Le confessò, affranto di aver magari deluso le aspettative della ragazzina… ma il suo timore si rivelò inesatto.
Non le giustifico neanche io, Sans… sarebbe troppo anche per me, ma… ma se ce ne sarà occasione, anche una piccola in futuro per salvarlo, per cambiare le cose con lui… io e Chara la sfrutteremo. ” Una pausa seguì quella dichiarazione, come se Frisk si stesse aspettando una reazione di rifiuto da parte sua, un dissentire, qualcosa… ma non aveva nulla da ribattere a riguardo, lei e Chara potevano fare quello che volevano con quel fiore finché nessuno si fosse fatto male – in tal caso, un suo intervento sarebbe stato decisamente d’obbligo. “ Quanto ci avevi messo a capire che il potere era passato a me?
Curiosità e un accenno di colpa erano insiti nella domanda della piccola, che Sans provvide subito e a soddisfare ed alleviare rispettivamente.
Ne ho avuto la conferma solo in questa linea temporale. Non ho mai avuto ricordi chiari che ti riguardassero, solo… sprazzi confusi qua e là. ” L’unico ricordo vivido e incredibilmente dettagliato che aveva di Frisk era quello del suo scontro con Papyrus, quello che aveva visto la sfortunata fine di suo fratello… ma non era necessario, opportuno menzionarlo. “ Lo hai sempre usato a fin di bene, piccola. Mi hai persino assicurato che non resetterai mai più a meno che non sia assolutamente indispensabile, non ho davvero niente da rimproverarti.
Altro che rimproverare, aveva solo… solo gratitudine nel profondo del suo animo nei confronti della piccola, per la pazienza che gli aveva dimostrato, per la comprensione, il supporto… era stato un ripercorrere lungo e sofferto ed era grato di aver avuto una presenza costante come quella di Frisk a dargli coraggio. Gli ultimi ricordi erano quelli risalenti alle tre settimane che avevano preceduto questo momento, un’ultima piccola fatica prima della conclusione… e poi… poi chissà cosa sarebbe successo.
Grazie, Sans. ” Gli disse Frisk, la sua essenza rossastra che lo stava sfiorando delicatamente, in segno di riconoscenza. “ Riesci a farmi stare sempre un po’ meglio.
Per la prima volta dall’inizio di quel contatto, Sans si sentì a suo agio abbastanza da ricambiare, toccare e stringere un lembo dell’essenza della ragazzina… come se si stessero tenendo per mano.
Come tu riesci a fare lo stesso con me. ” Poté praticamente sentire la contentezza della piccola irradiarsi piena di luce dopo quella sua confidenza. Lei… lei era davvero felice di essere riuscita ad arrivare da qualche parte con lui, felice che desiderasse avere un contatto così prossimo dopo tutta l’esitazione e l’insicurezza che aveva avuto per gran parte del legame e Sans si compiacque di essere stato colui che la aveva originata. “ Ultimo sforzo?
Frisk annuì decisa, stringendolo di rimando.
.
E, compiuto quello, avrebbe potuto davvero mettere la parola fine a quello sfiancante viaggio nelle sue memorie.
 
 
Quando la Sintonia si affievolì pian piano, ricordi ed emozioni che retrocedevano nelle rispettive anime, Sans fu il primo a riaprire gli occhi, ad attendere che anche Frisk tornasse in sé. Le era sempre occorso molto più tempo di lui per ritornare completamente consapevole di sé stessa alla fine di un legame, complice magari la minore età di lei, ma in questo caso doveva risultarle persino più faticoso e disorientante del solito – non si erano mai mantenuti connessi così a lungo dopotutto.
Quando notò la pesantezza con cui la giovane aveva risollevato le palpebre, la difficoltà con cui lei stava cercando di mettere a fuoco il suo volto, il principio di una lieve preoccupazione si stabilì nel suo animo.
« Piccola, tutto ok? » Le domandò, chinandosi leggermente col collo per cercare il suo sguardo.
Frisk alzò la testa verso di lui e sbatté due, tre volte le palpebre. Un sorriso era poi affiorato sul suo viso, il colore ambrato dei suoi occhi si era come illuminato di tante screziature dorate, messe in risalto dalla penombra e dai lievi riflessi creati dall’acqua sulle pareti. Sans non aveva mai visto il sole, aveva solo sentito parlare dell’oro accecante dei suoi raggi… se avesse mai avuto occasione di vederlo un giorno, avrebbe detto a chiunque che aveva torto… il vero sole, non accecante, ma caldo e gentile, era in realtà in quegli occhi, quegli occhi così belli e così espressivi.
« Tutto ok. » Gli rispose Frisk, le labbra curvate verso l’alto. « Tu? »
« Idem. » Le sorrise lui, alzando un angolo del proprio sorriso, la preoccupazione lasciò il suo animo come acqua che scorreva via. Era tutto a posto anche questa volta, per fortuna. « È stata una dura sfacchinata, eh? »
Il suo tentativo di ironizzare fu accolto dalla ragazzina con un piccolo cenno del capo.
« Abbastanza. » Concordò lei, ma non con lo stesso tono leggero con cui lo scheletro le si era rivolto. « Posso… posso farti una domanda? »
Sans intuì facilmente la possibile causa dietro alla comparsa di quell’esitazione: Frisk voleva probabilmente porgli uno di quei quesiti delicati che si rivelavano sempre essere poco piacevoli per coloro a cui vengono diretti, e lei temeva… temeva di poterlo far intristire, glielo leggeva chiaramente in quell’atteggiamento un poco evitante… ma non voleva che la piccola si facesse simili problemi, lui aveva accettato volontariamente di condividere il suo passato – chiarire eventuali dubbi faceva solo parte di questa sua scelta.
« Tutto quello che vuoi, piccola. Non avere paura, sono qui apposta. »
Frisk assentì, le sue sopracciglia si aggrottarono visibilmente, come se stesse… come se stesse riflettendo su qualcosa di particolarmente problematico. Il sospiro improvviso che la giovane rilasciò gli comunicò che era pronta a parlare.
« C’è una cosa che non… non riesco a capire… » La sentì dapprima mormorare – sembrava stesse cercando di radunare le parole adatte con cui esprimersi. « Voglio dire, non ti sei mai chiesto perché… perché Gaster sia cambiato così? Sembrava… sembrava normale prima, cosa gli è successo...? »
Sans notò l’accortezza con cui Frisk aveva evitato di menzionare la loro parentela, e quell’attenzione scrupolosa gli avrebbe fatto senz’altro piacere se non avesse sentito a sua volta il bisogno di sospirare, per liberarsi il petto da un nuovo e mortificante peso. Dopo tanto tempo passato assieme a Gaster, certe domande sorgono spontanee quando si tratta di figure che avrebbero dovuto essere delle colonne importanti nella tua vita… e lui, che aveva sempre desiderato capire perché fosse stato così messo da parte, così respinto e disprezzato, non faceva certo eccezione.
« Sì… a… a volte mi chiedo se… se sia sempre stato così e avesse solo aspettato il momento opportuno per rivelarsi per quello che era… » Le rispose, con un pizzico di amarezza che non era stato in grado di sopprimere… l’amarezza del ragazzino a cui gli venivano gridate contro parole che non meritava di sentire… l’amarezza del ragazzo che faticava a sopportare i suoi attanaglianti sensi di colpa… l’amarezza del tempo presente, dove lo stesso genitore che lo aveva tanto coccolato quando era un bimbo gli stava ora facendo passare le pene dell’inferno per divertimento… malsano, crudele divertimento. « Non credo di averlo mai conosciuto davvero… e sono portato a credere che nessuno l’abbia mai conosciuto davvero. »
« Non… non pensi che sia perché neanche lui ha più anima che… forse, non riesce a capire che quello che sta facendo è… orrendo. » Gli replicò Frisk ma Sans, suo malgrado, non poté trovarsi più in disaccordo con lei di così – e non poté nemmeno astenersi dal celarlo.
« Ha sempre fatto cose così orrende contro chi considerava suo nemico, lui sa che ci sta facendo del male e sceglie comunque di continuare a farlo. »
Gli occhi della giovane si erano un poco allargati, forse a causa del pungente astio con cui le aveva risposto. Era rimasta in silenzio da allora, un silenzio che Sans non aveva idea di come interpretare… magari, era stato troppo… duro?
« Scusami, piccola… non ce l’avevo con te- »
« Lo so, Sans. Lo avevo capito, non preoccuparti. » Lo rassicurò subito lei, prima ancora che potesse finire di scusarsi, il suo sguardo comprensivo, ma di nuovo pensieroso. A cosa stava pensando adesso?
« Devi chiedermi qualcos’altro, piccola? » Le chiese in tono d’incoraggiamento, sperando che la sua risposta secca di prima non la avesse resa insicura – dannazione, non era davvero in grado di mantenere la calma quando si parlava di quell’essere.
« Ho solo una… richiesta più che una domanda, per ora… te la feci già tempo fa… » Rispose lei, lasciando volutamente sottinteso di quale richiesta si trattasse… e quell’atteggiamento da solo fu sufficiente a farglielo intendere.
« Devo raccontare tutto a Paps, vero? » Domandò giusto per sicurezza, mentre percepiva l’allungarsi di un sorriso amaro sul suo stesso volto. Sapeva che avrebbe dovuto farlo, che era sbagliato continuare a tenere suo fratello all’oscuro di tutto… ma era riluttante, tremendamente riluttante all’idea, una quieta ansia si insinuava nel suo petto al solo pensarci.
Frisk gli posò una mano sulla spalla per riavere la sua attenzione e Sans fu gentilmente costretto a rincontrare lo sguardo della giovane, benevolo ma severo, praticamente una calamita per il suo, ora incredibilmente esitante e minato dall’incertezza.
« Sans, devi farlo. Papyrus è ormai cresciuto ed è abbastanza maturo per conoscere la verità… non credo sia più necessario continuare a proteggerlo da determinate cose… » Gli disse, stringendo impercettibilmente le labbra una contro l’altra, come se sapesse che non gli stava chiedendo una cosa da poco, ma ricordandogli allo stesso tempo che lui non poteva ancora rimandare.
« Lo so, piccola… lo so… m-ma… » La voce gli si spezzò irrimediabilmente e gli costò uno sforzo enorme rimetterla insieme per riprendere a parlare. « I-io ho fatto… io ho fatto cose imperdonabili… »
« Sans… » Si sentì chiamare, pazientemente, dolcemente, e non poté far altro che assecondare di nuovo la voce di Frisk e tornare a guardarla in viso. « Io sono praticamente un’estranea per te, eppure sono ancora qui, anche dopo tutto quello che ho visto. Se non me ne sono andata io, perché dovrebbe farlo tuo fratello? Lui è tutta la tua famiglia e vuole solo aiutarti… come l’ho voluto e lo voglio io tutt’ora… se sapesse, penso si sentirebbe meno… »
« Inutile? » Finì per lei Sans, quasi a livello istintuale.
Frisk sussultò leggermente per l’interruzione, ma annuì, seppure il movimento era stato carico di un percettibile disagio.
« Sì… era più o meno quello che volevo dire… »
Sans le strofinò con delicatezza la testa, cercando di far sparire quella traccia di scomodità dai lineamenti di lei.
« Non preoccuparti, piccola. So che non ti saresti espressa in questo modo… ma è esattamente così che ho fatto sentire mio fratello e non credo sia necessario dirlo con mezzi termini… ora, ne sono più che consapevole. »
Non sarebbe stato semplice parlarne con Papyrus, lo aveva sempre saputo e per questo aveva sempre rimandato, rimandato e rimandato di nuovo… ma era la cosa giusta da fare, e non si sarebbe più tirato indietro, né avrebbe procrastinato ulteriormente, perché Papyrus meritava di sapere, meritava di essere trattato come un adulto e non più come un bambino. Avrebbe affrontato a testa alta le conseguenze derivate da quella sua presa di coraggio, positive o negative che fossero state… e avrebbe lasciato decidere a suo fratello del futuro del loro rapporto, se continuare a vivere assieme o… o prendere ognuno la propria strada.
Sentì le braccia di Frisk avvolgerlo ancora, tanto piccole, eppure sempre così grandi e aperte per chiunque avesse bisogno di aiuto. Doveva averlo visto di nuovo distante con i propri pensieri, pensò in un primo momento. Le parole che la giovane pronunciò, tuttavia, gli rivelarono che quello non doveva essere stato l’unico motivo dietro a quel gesto.
« Resta calmo e andrà tutto bene, ok? » Sussurrò Frisk, incoraggiante in quel modo così naturale che lei possedeva. « Papyrus ti adora, esattamente come lo adori tu… e questo non è mai cambiato. »
Sans si stupì di come fosse stata capace di intuire le sue riflessioni attuali e scegliere le parole giuste per rincuorarlo di conseguenza. E non si sentì spaventato da ciò, solo… rassicurato, sollevato, e… capito.
« Sì… » Bisbigliò, ricambiando il suo abbraccio, senza più nessuna esitazione dentro di sé ad impedirglielo. « Grazie di tutto, piccola... »
Avrebbe fatto tesoro di quelle parole, così come avrebbe fatto tesoro di ogni altro insegnamento che quella ragazzina così speciale era riuscita a trasmettergli nonostante la sua giovane età.
Sentì Frisk sorridere contro la sua spalla, sorriso che contagiò anche il suo, non più da lui percepito come un qualcosa di stirato sul suo volto, ma come una parte di sé vera e utile, esattamente come la sua anima, battiti che dolcemente si susseguivano nel suo petto, in armonia, in sintonia con quelli della sua piccola.
« Prego, Sans. Vedrai, sistemeremo tutto d’ora in poi. »
Non seppe quanto tempo passò da quando aveva udito quella risposta bisbigliata, ma nel momento in cui Frisk si separò lentamente da lui, lo scheletro notò con la coda dell’occhio una macchia di verde ai lati della sua visione.
Voltò la testa e si stupì di vedere Chara in piedi vicino all’ingresso dell’anfratto, come lo era stato lui chissà quanti minuti prima, i suoi vestiti bagnati e sporchi come se avesse appena rovistato in una discarica.
L’espressione sul viso dell’altra ragazzina era gelida, gli occhi erano di un nero abissale in mezzo a cui spiccavano le deboli luce bianche delle pupille, le labbra lievemente contratte tradivano l’irritazione che stava palesemente cercando di contenere… e Sans non se la sentiva nemmeno di poterla biasimare per l’ostilità che lei stava nutrendo nei suoi confronti. Non doveva essere piacevole andarsene per un po’ e trovare la causa delle tue attuali difficoltà vicino alla tua migliore amica.
Sentì la mano di Frisk toccargli leggermente la spalla, come se lo stesse gentilmente spronando ad andare anche da lei... come se gli stesse dicendo che, finché fosse stato sincero con sé stesso e con gli altri, non avrebbe avuto nulla da temere. E Sans sapeva che anche Chara, come Frisk, meritava un qualche tipo di scusa da parte sua, dopo tutto quello che le aveva fatto passare.
Seguendo l’incoraggiamento della piccola, si alzò, puntando gli occhi in quelli della ragazzina più grande, praticamente gemelli ai suoi con quelle iridi bianchissime e fisse. Si trovò in difficoltà a scegliere il modo giusto di atteggiarsi con lei, ma sentendo su di sé i secondi passare sempre più veloci, decise di provare solo ad essere naturale e vedere se sarebbe stato sufficiente.
« Ti chiedo scusa, Chara. Spero tu possa perdonare il mio comportamento di questi ultimi tempi… Frisk ti spiegherà tutto ciò che hai bisogno di sapere… » Disse, dapprima con una leggera esitazione, ma poi con le parole che uscivano sempre più fluidamente dalla sua bocca. « E… e grazie, per aver provato a farmi capire che stavo sbagliando. »
L’espressione di Chara si fece meno dura man mano che parlava, addolcita da una sincera sorpresa.
« Sei serio? » Gli venne domandato, come se per lei fosse tanto difficile credere a ciò che aveva appena visto e sentito, il suo sguardo che si spostava prima su Frisk poi su di lui, le sue sopracciglia sempre più inarcate.
« Al cento per cento. » Le rispose Sans, riuscendo con successo ad interrompere l’osservare disorientato della ragazzina.
Chara rimase in silenzio per qualche secondo, fissandolo intensamente, forse per riuscire a cogliere la traccia della beffa o della disonestà… fu poi il suo di turno di restare sorpreso quando vide un leggero sorriso fare capolino sulle labbra della giovane.
« Onestamente, credevo che non avresti mai rimesso la testa a posto. Non avevo così tanta fiducia in te, lo confesso… » Ammise lei, distogliendo brevemente lo sguardo, un angolo della bocca sollevato con ironia verso l’alto. « Ma, da una parte, sono felice di essermi sbagliata sul tuo conto. »
Sans le sorrise leggermente a sua volta, comprendendo che quello doveva essere il suo modo di comunicargli che stava accettando le sue scuse. Che ragazzina particolare che era anche Chara
« Eh… anch’io sono felice di essermi sbagliato… su me stesso… » Replicò schietto, per poi allungare una mano verso di lei, in un gesto che sperava la ragazzina avrebbe interpretato amichevolmente. « Sei disposta a darmi un’altra possibilità? »
« Non stai cercando di farmi uno scherzo, vero? » Gli domandò sospettosa Chara, studiando attentamente la sua mano aperta per scovare un inganno che certo non c’era.
Sans sogghignò davanti al suo scetticismo, più che giustificato se si considerava la quantità di scherzi di cui la aveva resa vittima nell’arco delle settimane precedenti.
« Nah. Sei al sicuro per adesso. » Rispose, con una strizzata d’occhio. « Niente cuscini scorreggioni, hai la mia parola. »
Chara alzò un sopracciglio, lo scetticismo ancora presente nel suo sguardo, ma assato quel breve momento di sfiducia si decise ad allungare a sua volta la propria.
« Credo si possa fare allora. » Disse, stringendogli la mano in accordo. « Anche se… ora mi stai facendo sentire in colpa per aver pensato di tirarti una mazza da baseball in testa… »
« Chara! » Non esitò a rimproverarla scherzosamente Frisk e Sans si ritrovò a sbattere comicamente le palpebre con una risata nasale, ma sperando nel frattempo che Chara non avesse seriamente pensato di concretizzare quel pensiero – a giudicare dal suo tono di voce, doveva essere stato uno di quei pensieri che ti attraversano il cranio quando sei particolarmente nervoso.
Per la prima volta da quando la conosceva, vide il sorriso di Chara farsi leggermente sghembo, come diviso tra imbarazzo e ilarità.
« È stato solo per un secondo, te lo assicuro, Frisk. Ero con l’acqua alle caviglie da mezz’ora in mezzo a quei rifiuti e dovevo pur prendermela con qualcuno. »
Frisk rise sentendo la risposta dell’amica e neanche Sans poté trattenersi dal ridacchiare, divertito dalla loro semplicità e spontaneità, desiderando al contempo potervi entrare a far parte.
« Ecco perché sento odore di sushi e noodles avariati. » Commentò, con un sorriso impertinente che contava avrebbe indispettito Chara proprio al punto giusto.
« Sushi perché ho incontrato Undyne, testa d’osso… e parla quello che sa sempre di fast food e olio di frittura. » Replicò piccata la ragazzina, non dando però l’impressione di essere stata particolarmente infastidita dal suo commento, e per questo si sentì abbastanza audace da prolungare quell’atmosfera scherzosa.
« Non dimenticare ketchup e hot dog. »
L’alzata d’occhi di Chara venne prematuramente interrotta da un altro commento impertinente 
– non suo questa volta, ma di Frisk.
« E di hot cat quando finiscono gli hot dog. »
La risatina con cui la ragazzina accompagnò quell’intervento fece magicamente sciogliere l’espressione imbronciata della sua amica in un sorriso lieto – e neanche lui poté astenersi dall'allargare il suo di sorriso, sentendo così tanta gioia dentro di sé tutto ad un tratto e… e speranza… vera, autentica speranza, il tipo di sentimento che gli avrebbe dato il giusto slancio per confrontare suo fratello una volta per tutte prima che la paura e l’insicurezza tornassero alla carica dentro di lui.
Finalmente, era pronto a farlo, era pronto ad essere coraggioso… era pronto ad essere una persona migliore.
 






Sameko's side
WOOHOOO HO FINITO, FINITO, SIII!! VOI NON POTETE CAPIRE, NON CE LA FACEVO PIÙ AH AH AH ISTERIA DELL'UNA DI NOTTE PORTAMI VIA, DOVREI ESSERE A LETTO GIÀ DA UN PEZZO.
Ma comunque, seriamente, abbiamo finito con i capitoli backstory e sono felicissima per questo traguardo ( finito per modo di dire, perché manca ancora il vitale punto di vista di Gaster T.T ), così possiamo tornare a sviluppare la trama principale e io posso tornare a scrivere pagine e pagine di introspezione e descrizioni che ho dovuto tanto sacrificare per questi capitoli. Me felice anche perché sono riuscita a far interagire per la prima volta questi tre disagiati senza nessuna qualsivoglia ostilità di mezzo ( quando, dopo mesi di plotting, dai finalmente un po' di spazio alla OT3 platonica che nessuno apprezza nel fandom a parte te quanto è solitario il mio mondo lol ).
Se riesco a regolarmi bene, col prossimo aggiornamento il terzo arco narrativo avrà termine e partiremo di gran carriera con il quarto e... e penso dovrei cominciare con l'inserire l'avvertimento Violenza visto quanto prospetto di fare ( sarà forse il segmento di trama più serio di tutta la fanfiction, non vorrei cogliere nessuno impreparato ^^" ).
Vi avviso che potreste dover attendere un po' per il prossimo aggiornamento, dopo questo tour de force sento proprio il bisogno di prendermi una pausa e rilassarmi. ^^"
Nel frattempo, vi lascio con questa gif che avrò guardato almeno una ventina di volte negli ultimi giorni perché è perfetta, perché non avrei potuto chiedere di meglio e perché per me condividerla qui è diventato un dovere morale ( se riesco, magari in questi giorni proverò ad inserirla direttamente qua in pagina ): 
https://rekkobi.tumblr.com/post/166377997072/weirotale
Alla prossima dunque!
Baci!


Sameko

 
   
 
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