Arthur.
Mio Re.

"Arthur," un sospiro quasi soffocato. Le lacrime incastrate in gola erano assordanti nel silenzio che era finalmente calato nella Sala del Trono. "Arthur."

Merlin non riusciva a pensare altro.

Il sapore del sangue non poteva essere romanticizzato in alcun modo; era semplice sangue.
Disgustoso e viscido, entraneo in bocca.

"Arthur," le palpebre si stavano facendo pesanti. Merlin pensò che doveva avvertirlo. Avvertire il suo Re che se non fosse per la sua presa ferrea al fianco probabilmente sarebbe già caduto a terra come la ragazzina che sempre lui gli diceva di essere.

Non sentiva molto. Stava iniziando ad avere freddo – devo aggiungere legna al fuoco.

"Arthur," la mano che gli aveva afferrato l'avanbraccio perse la presa, la testa cadde sulla spalla del suo Re – un gemito. Merlin pensò vagamente che non era stato lui a fare rumore, probabilmente non ne sarebbe stato in grado. Le dita che gli avevano afferrato la vita ebbero uno spasmo ma non ci poté fare molto caso perché le gambe cedettero – il pavimento gelato avrebbe dovuto fargli più male sulle ginocchia ossute. Non sentì molto.

"Arth-" provò a dire, ma un rivolo di sangue in gola lo fermò.

Fu a quel punto che il panico lo pervase. "Arth-"

Non poteva. Non riusciva. "Arth-r-".

Arthur!

Perché non riusciva più a dire il nome del suo Re? Arthur! Qualcosa in quel momento cambiò – un vago dolore al petto, poi un rumore, qualcosa di metallico gettato a terra.

"Merlin."

Una voce lontana. Soffusa.

"No."

Sempre più lontana.

"No. No."

Stava finendo tutto.

"Mio Re."

L'ultimo sforzo, le parole più importanti.

Merlin si lasciò andare alla pesantezza, non sentiva più voci frenetiche che chiamavano il suo nome o mani insanguinate che premevano inutilmente sulla ferita mortale. Si lasciò andare con un sorriso sollevato.
Utilizzò le sue ultime energie per spingere una bolla dorata di magia fuori dal proprio petto – contento. Sapeva che avrebbe avvolto l'uomo che lo stava tenendo tra le braccia e che lo avrebbe protetto anche adesso che lui non poteva più.

Adesso era tempo di riposare.

Aveva fatto abbastanza.

Fin.