Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Kimando714    14/03/2018    0 recensioni
Giulia ha solo quindici anni quando impara che, nella vita, non si può mai sapere in anticipo che direzione prenderà l’indomani. Questa certezza la trova durante una comune mattina di novembre, quando il suo tragitto incrocia (quasi) del tutto casualmente quello di Filippo, finendo tra le sue braccia.
E cadendo subito dopo a causa dell’urto.
Un momento all’apparenza insignificante come tanti altri, ma che, come Giulia scoprirà andando avanti nel suo cammino, potrebbe assumere una luce piuttosto differente.
“Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi” - (Italo Calvino)
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 2 - COSA VUOI CHE SIA

 
Gli occhi fanno quel che possono
Niente meno e niente più
Tutto quello che non vedono
È perché non vuoi vederlo tu
(Ligabue - "Cosa vuoi che sia")*

Caterina si sdraiò lentamente sul letto, lasciando andare il corpo sul materasso, rilassandosi; sentiva che ora la fatica della giornata si stava affievolendo. Afferrò il lettore mp3, poggiato sul letto poco distante da lei, e si infilò le cuffiette nelle orecchie; le note delle canzoni cominciarono a risuonarle nelle orecchie, cullandola e rompendo il silenzio della stanza.
Aveva sperato che la musica potesse distrarla, ma non riusciva a distogliere i propri pensieri da ciò che aveva visto e vissuto quel giorno di cui rimanevano ancora poche ore. Non era riuscita ad avvertire in tempo Giulia dell’arrivo di Filippo, e così, aveva solamente potuto assistere inerte a quell’incidente, le cui immagini ancora si ripetevano nella sua memoria.
Anche Nicola era stato lì, quando era successo.
E non si erano rivolti la parola nemmeno per sbaglio.
Caterina chiuse gli occhi, i pensieri che ora, lasciati liberi di riempirle la mente, le scorrevano come davanti agli occhi, come se fossero eventi reali che stavano accadendo in quel momento preciso.
Non ricordava più quando era stata la prima volta che aveva visto Nicola. Probabilmente era stata una mattina qualsiasi dell’anno precedente. Forse settembre, forse ottobre. Per quanto si sforzasse, non riusciva a rendere più nitidi quei ricordi così lontani.
Doveva averlo visto in corriera, proprio una mattina in cui entrambi si stavano recando a scuola. Non l’aveva notato sin da subito, né gli aveva prestato molta attenzione nell’immediato: all’epoca era solamente un ragazzo carino che prendeva la corriera alla fermata dopo la sua. Niente di più, niente di meno: non era nessuno per lei.
E poi i giorni erano passati, ed erano diventati settimane, ed infine mesi, ed aveva cominciato a provare quello strano interesse verso quel ragazzo dallo sguardo così indecifrabile e apparentemente dal carattere così distaccato.
Si era accorta che anche lui frequentava la sua scuola, e in base alla classe che frequentava aveva capito che doveva avere solo un anno più di lei. Lo vedeva spesso, sia a scuola lungo i corridoi, sia in corriera, dove era successo per un paio di volte che finisse per sedersi vicino a lei; la sua presenza, in fin dei conti, era diventata un punto di riferimento quotidiano.
Alla fine, circa a febbraio, chiedendo con finto disinteresse ad amiche del loro paese e a compagni di classe che nel loro liceo avevano vaste conoscenze, e con molta fortuna, aveva scoperto anche il suo nome: in quei giorni il nome di Nicola Tessera non aveva fatto altro che ronzarle in testa per ore intere.
Ormai aveva capito che quel suo interesse stava diventando qualcosa di più: le piaceva Nicola. Lo trovava attraente, la incuriosiva per svariati motivi. Vedendolo a scuola con i suoi amici, le faceva pensare che anche lei avrebbe voluto essere lì con lui.
E per quanto non lo conoscesse davvero, a Caterina sembrava sempre di riconoscersi un po’ in lui: era una sensazione istintiva, come quando ci si riconosce tra simili a pelle. Sembravano avere entrambi caratteri freddi per alcuni aspetti, sembravano così solitari, nonostante avessero i loro amici, così introversi. Ricordava di aver creduto di essere impazzita, la prima volta che l’aveva pensato.
Alla fine, con un’altra buona dose di fortuna e con i giusti contatti, aveva avuto il suo numero. Ed avevano addirittura cominciato a sentirsi, e a ripensarci a Caterina sembrava ancora impossibile.
Eppure, come avevano iniziato, avevano anche finito; come aveva sempre pensato, quel loro carattere fin troppo introverso li aveva ostacolati.
Non si sentivano da mesi, ormai. Si conoscevano di vista, di persona però, si erano rivolti la parola troppe poche volte, sebbene si vedessero piuttosto spesso. Non si era creato un vero rapporto profondo tra loro due, con sommo rammarico di Caterina.
Aveva provato a dimenticarselo, ma non ci era riuscita: il viso di Nicola continuava a rimanerle stampato nella mente. Incontrarlo ogni giorno e sforzarsi di fare finta di nulla non le risultava per niente facile.
Ne aveva parlato con Giulia e Valerio di tutto questo. Ed era stato proprio quest’ultimo a dirle che, se avvicinarsi direttamente a lui non aveva proprio funzionato alla perfezione, forse creare una situazione quasi casuale in cui non fossero stati completamente da soli le avrebbe dato maggior coraggio d’azione.
E quel 15 novembre avevano ci avevano provato. Solamente, era stato tutto fin troppo inaspettato, e così turbolento che a malapena era riuscita a rivolgere qualche sguardo a Nicola.



 
Era da mezz’ora che si rigirava nel letto, senza però riuscire a prendere sonno. Giulia si sedette sul materasso, piegando le gambe contro il petto.
Aveva un presentimento negativo. Veramente molto negativo, tanto da impedirle di dormire tranquillamente. E probabilmente quel sentimento era legato a ciò che era successo con Filippo quella mattina, ne era sicura.
Nonostante cercasse di vedere le cose nella maniera più positiva possibile, comunque, quella sensazione non accennava a sparire: continuava a rivedere nella sua mente il timido sorriso che Filippo le aveva rivolto dopo essersi rialzato da terra. Ricordava ancora gli sguardi che le aveva rivolto all’intervallo successivo, come se avesse voluto dirle qualcosa, ma si fosse trattenuto a stento. E poi, inevitabilmente, le tornavano in mente anche i risolini derisori e le occhiate divertite delle sue compagne di classe: avevano peggiorato la già figura pessima che aveva fatto con Filippo.
Giulia buttò fuori l’aria, sbuffando rumorosamente: sperava che l’indomani potesse essere un giorno migliore, e soprattutto, una giornata senza guai.
 
*
 
Quel presentimento l’aveva attanagliata per tutta la notte, e non l’aveva lasciata neppure quando si era svegliata da quel sonno tormentato.
Non se n’era andato neanche durante il solito viaggio in corriera, dove si era seduta nel primo posto trovato libero in fretta e furia. Quel martedì non aveva la minima voglia di andare a scuola: la preoccupava il fatto di rivedere Filippo, più di quanto le sarebbe piaciuto ammettere.
Arrivò finalmente a scuola: lei e gli altri studenti della sua corriera scesero da quest’ultima, avviandosi verso l’entrata del liceo Virgilio.
Giulia fece gli scalini che l’avrebbero condotta davanti alla porta della scuola piuttosto lentamente; quando finalmente entrò nell’atrio, si guardò in giro: alla sua destra, dove iniziava il corridoio che l’avrebbe portata fino alla sua classe, non c’era già più nessuno. A quanto pareva la campanella doveva già essere suonata.
Alla sua sinistra, invece, vi era poco distante la scrivania del centralino, colma di scartoffie di tutti i tipi. Seduta alla sedia dietro il tavolo, una delle segretarie, una donna di mezza età dai capelli tinti di biondo, stava parlando con un ragazzo dai corti capelli ricci e scuri. Un ragazzo dall’aria fin troppo familiare.
Giulia si sentì girare la testa: non voleva vedere Filippo, e se lo trovava già davanti.
Non si accorse di essere rimasta a fissarlo per diversi attimi: non aveva fatto altro che osservarlo, rallentando il passo sempre di più. E quando, alla fine, anche Filippo si voltò allontanandosi dalla scrivania, Giulia non distolse lo sguardo.  Si ritrovò ad incrociare gli occhi dell’altro, per un lungo secondo.
Era la prima volta che i loro sguardi si incrociavano consapevolmente.
Giulia stava avanzando lentamente, non staccando lo sguardo da lui. Lo stesso stava facendo Filippo: si stava dirigendo pian piano verso la rampa di scale poco distante, distogliendo lo sguardo per poi riportarlo di nuovo su di lei.
Alla fine, Filippo si voltò definitivamente, cominciando a salire gli scalini. Solo allora Giulia scostò a sua volta lo sguardo da lui, abbassando il capo verso terra.
Quello sguardo non aveva certo migliorato il suo umore. Se possibile l’aveva peggiorato. Non era riuscita a staccare gli occhi da lui, per quanto avrebbe voluto riuscirci. Quegli occhi castani l’avevano incatenata, senza lasciarle una via di fuga.
Percorse così il corridoio fino alla propria classe, senza dimenticare nemmeno una sfumatura degli occhi castani di Filippo.


 
Per quanto cercasse di non fissarla ogni volta che la vedeva in giro per la scuola, non ci riusciva. Nemmeno con tutta la forza di volontà di cui disponeva.
Al fischio del professore di ginnastica, Filippo cominciò a correre lungo il perimetro della palestra della scuola. Quel giorno avrebbe fatto volentieri a meno delle due ore settimanali di educazione fisica, anche se, doveva ammetterlo, un mezzo per sfogarsi gli avrebbe fatto comodo.
Mentre si accingeva a completare un primo giro della palestra, ripensò all’episodio di quella mattina: appena l’aveva vista entrare nell’atrio i suoi occhi non ne avevano voluto sapere di staccarsi da lei.
- Filippo, aspettami- una voce che riconobbe per quella di Nicola gli giunse da dietro, distraendolo dai propri pensieri. Rallentò il passo, aspettando che il biondo lo affiancasse.
-Tutto a posto? Sei piuttosto silenzioso- continuò Nicola, stando al passo dell’amico.
-Cosa ti fa pensare che ci sia qualcosa che non va?- temporeggiò Filippo, non voltandosi verso l’altro. Nicola era una delle persone che lo conoscevano meglio, e una delle persone più intuitive che Filippo conoscesse. Preferiva non incrociare il suo sguardo, quando non voleva far intuire troppe cose all’altro.
-Stai un po’ troppo per conto tuo oggi- disse Nicola, con il solito tono calmo e controllato – E non è decisamente da te. Poi di solito a ginnastica sei sempre ... -.
-Pippo!-. I due ragazzi vennero interrotti dalla voce femminile di Matilde, una loro compagna di classe, che aveva chiamato Filippo cantilenando quel suo nomignolo.
Matilde stava correndo più avanti di loro, affiancata da altre compagne. Filippo, seppur controvoglia, accelerò il passo, arrivando ad affiancarla; Nicola lo seguì a sua volta, in silenzio.
Matilde - una ragazza dai lunghi capelli scuri e ricci che le incorniciavano il viso tondo- riprese a parlare, non appena Filippo l’ebbe raggiunta, sfoggiando un sorriso piuttosto divertito:
-Hai salutato il tuo grande amore stamattina?-. Filippo si sentì piuttosto irritato per quell’ultima affermazione. Il giorno prima, dopo l’incidente occorso sulle scale, le sue compagne di classe non avevano fatto altro che prendere in giro la ragazza a cui era andato addosso: l’avevano buttata sul ridere – a tratti sul ridicolo, come si era ritrovato a pensare irritato Filippo -, dicendo che sicuramente doveva esserci stato una specie di colpo di fulmine. Aveva cercato di dissuaderle, ma inutilmente. Quello scherzo sembrava aver preso piede senza essere il benché minimo divertente.
- Ah-Ah. Davvero molto divertente, Matilde - sbottò Filippo, cominciando seriamente a domandarsi quando sarebbe finita quella storia ridicola.
-Dai, Pippo! Non hai visto come ti guardava con occhi sognanti ieri?- stavolta a parlare era stata Laura, che si era sporta verso Filippo trattenendo a stento un ghigno divertito.
-E hai visto come ti è venuta addosso? Molto piano … Come se avesse avuto paura di farti male!- l’ultima frase fu pronunciata dalla ragazza che si trovava tra Matilde e Laura, Paola, magrissima e dalla pelle olivastra, il viso incorniciato dai capelli ricci che le arrivavano alle spalle.
Filippo sospirò esasperato: cominciava a mal sopportare veramente quelle prese in giro ingiustificate. I primi cinque minuti era riuscito a prenderle quasi sul ridere, ma in quel momento iniziava a sentirsi stanco di tutte quelle esagerazioni.
-Ma dai! Le sono solamente andato addosso per sbaglio, nient’altro!- ribatté, sforzandosi di non alzare troppo la voce.
-Ma non dire cazzate, Pippo!- replicò Laura, voltandosi verso di lui – Quella è cotta di te, non hai visto come è arrossita quando l’hai guardata?-.
-Beh, vista la situazione pure io sarei arrossito per l’imbarazzo- con somma sorpresa di Filippo, a parlare era stata Teresa, di fianco a Laura, forse l’unica ragazza della sua classe del suo stesso parere: era stato tutto un equivoco, e nessun segno evidenziava particolarmente che la ragazza di ieri gradisse in un certo qual modo Filippo.
-Appunto- convenne Filippo, dando ragione a Teresa.
A parlare fu poi la ricciuta ragazza che affiancava a sua volta Teresa, Sofia, che già stava trattenendo le risate per quello che stava per dire:
-Ma il suo tono di voce, il suo sguardo … emanava … come dire … -
-Come se avesse appena avuto un colpo di fulmine- concluse Anna, poco dietro a Teresa e Sofia.
-Già, proprio così! Un vero e proprio colpo di fulmine- aggiunse la ragazza di fianco ad Anna, Arianna.
Filippo stava già per ribattere, quando una voce maschile piuttosto profonda, dietro tutti loro, lo precedette:
-Di cosa state parlando?-.
Filippo sbuffò, fin troppo vicino alla vera e propria disperazione: sperò con tutto sé stesso che non ci si mettesse anche lui. Non avrebbe voluto inveire contro uno dei suoi amici.
Pietro Cadorna accelerò il passo e si mise al fianco di Nicola.
Per quanto amici potessero essere i tre ragazzi, Filippo sapeva che se Pietro avesse scoperto che argomento stava venendo trattato fino a poco prima del suo arrivo, non avrebbe esitato un attimo a ficcarci il naso, anche contro il volere di Filippo stesso. E sapeva anche che, nell’attimo stesso in cui fosse successo, da quel momento in poi quello stupido scherzo sarebbe stato preso fin troppo sul serio.
Si voltò verso Pietro, ma prima che potesse dire qualcosa, Laura - l’attuale fidanzata di Pietro da un anno ormai- lo interruppe:
-Stavamo parlando del nuovo amore di Pippo!-. Pietro rimase stupito dall’affermazione della ragazza. Spostò lo sguardo da Laura a Filippo, come per chiedere conferma proprio all’amico; a parlare fu però Nicola:
-Non è veramente così. Lo stanno prendendo in giro per una sciocchezza successa ieri-. Pietro sembrò non badare troppo a Nicola, al quale rispose:
-E tu ne sai qualcosa, Tessera? Comunque, chi sarebbe questa?- concluse, con tono incuriosito, fissando Filippo, che aveva ormai sotterrato qualsiasi speranza per chiudere in fretta quel pettegolezzo senza senso.
-Una tizia a cui Pippo è andato addosso ieri, buttandola per terra. Te l’avevo raccontato, non ti ricordi già più?- gli rispose Laura.
-Ah, già! Quella che è diventata rossa come un pomodoro nel rivolgerti la parola?- chiese Pietro, fintamente divertito, tirando una pacca sulla spalla dell’altro – Fai conquiste, a quanto pare. Certo, magari piuttosto che investirla la prossima volta sii più delicato-.
-Mi servivano proprio i tuoi consigli- borbottò Filippo all’amico, il quale, però, ribatté prontamente:
-In effetti ti sarebbero utili. Ci penso io alla tua nuova fiamma, tranquillo!-. Detto questo, Pietro accelerò il passo, lasciandosi indietro il gruppetto. Con quell’ultima frase, Filippo non poté far altro che preoccuparsi. Lo sapeva: Pietro avrebbe combinato un casino, e gli unici a pagarne le conseguenze sarebbero stati lui e la ragazza che tutti consideravano la “sua nuova fiamma”.
In quel momento, inevitabilmente, avrebbe tanto voluto seppellirsi sotto metri e metri di terra.
 
*
 
Appena era suonata la campanella della seconda ricreazione, Giulia, Caterina ed Eleonora si erano recate al piano superiore. Giulia era ancora piuttosto restia nel volerci andare, ma le altre due l’avevano praticamente costretta.
Aveva raccontato degli sguardi che si erano scambiati lei e Filippo quella stessa mattina ad entrambe le amiche, che la pensavano alla stessa maniera: la fissava solamente per l’episodio di ieri.
E su questo non ci pioveva: anche Giulia pensava fosse quello il motivo principale, eppure nello sguardo di quella mattina, sembrava ci fosse qualcosa di più. Non avrebbe saputo spiegare cosa, e non escludeva nemmeno di potersi sbagliare; eppure c’era davvero qualcosa che le sfuggiva, che non avrebbe saputo definire. E vedere Filippo di nuovo, poche ore dopo quel loro primo incontro, non la aiutava per niente.
Le tre ragazze di trovavano nel corridoio perpendicolare a quello dov’era la 3°A. Alla prima ricreazione il problema non si era presentato, visto che la 3°A era nella palestra della scuola per la lezione di ginnastica, ma ora che tutti gli studenti erano nella classe, compreso Filippo, Giulia si sentiva a disagio. Non volle girarsi verso la porta aperta dell’aula nemmeno una volta: aveva troppo timore di vederlo.
Eleonora e Caterina stavano chiacchierando, in quel momento, mentre lei preferiva rimanere in silenzio a riflettere, a ripensare a ciò che era successo negli ultimi due giorni. Venne però distratta dall’improvviso silenzio delle due amiche: non fece in tempo a guardarsi intorno, che sentì una voce maschile, che non conosceva, provenire da dietro di lei:
-Scusa?-. Giulia si voltò: Pietro se ne stava a poca distanza da lei, fissandola, e cercando di trattenersi dal ridere, proseguendo la frase:
-Scusa, posso presentarti un mio compagno di classe?-. A Giulia andò di traverso la saliva. Per una frazione di secondo si chiese di che diavolo stesse parlando, e il secondo dopo, inevitabilmente, si domandò chi diavolo fosse quello.
Si guardò velocemente intorno: le ragazze della 3°A stavano continuando a fissarla, tutte ammucchiate davanti alla porta della classe, ora ridendo a più non posso. Nicola, più distante da loro, stava guardando allo stesso tempo stupito e con uno sguardo di disaccordo verso il tizio che Giulia si stava ritrovando davanti. Filippo, invece, era uscito in fretta e furia dalla classe proprio in quell’attimo, e spostava lo sguardo basito da Giulia al suo compagno di classe. Ebbe l’impressione che almeno lui fosse totalmente all’oscuro di ciò che stava accadendo.
Giulia rimase basita: probabilmente, il ragazzo che le era venuto a parlare si riferiva a Filippo, ma non comprendeva l’obiettivo di tutto ciò. Si era sicuramente persa qualche dettaglio per strada, e ciò non la rassicurava affatto.
Dopo un paio di secondi, ribatté, con tono convinto:
-No. Non mi interessa-. Pietro sembrò divertirsi ancora di più dopo quella frase. Si voltò verso le altre ragazze, allargando le braccia a mo’ di rassegnazione. Poi però, sembrò ripensarci su, e disse ancora:
-Ma dai! Ci tiene!-.
-Ma io no!- replicò Giulia, piccata. Non gliel’avrebbe data vinta, per nulla al mondo.
Pietro sembrò essersi convinto a lasciar stare. Si allontanò poco dopo, andando verso la propria classe, non senza aver lanciato un’occhiata derisoria all’altra. Giulia l’osservò mentre passava accanto ad un furioso Filippo, che fulminò Pietro con lo sguardo, anche se l’altro non sembrò preoccuparsene per niente.
-Oddio!- esclamò Eleonora, dopo che Pietro si fu allontanato. Sembrava a metà tra lo stupore puro e il disappunto più profondo.
-E chi sarebbe quel tipo, ora?- sbottò Giulia, irritata.
- Pietro Cadorna- le rispose prontamente Caterina – É di Torre San Donato anche lui. Ed è un amico di Filippo e Nicola -.
-Che diavolo gli è saltato in mente a quell’idiota?- esplose Giulia. Sembrava quasi che Pietro fosse convinto che a lei piacesse Filippo, per qualche assurdo motivo che Giulia non riusciva ad intuire.
“Che diavolo sta succedendo?”
 
*
 
Caterina si lasciò scivolare sul primo sedile vuoto che trovò appena salita sulla Galliera. Anche quel giorno era finita la scuola e, se possibile, quel giorno era stato anche peggio del precedente.
Guardò mentre la corriera di riempiva poco a poco di studenti, fino a quando non fu piena. Riconobbe tra i tanti anche Nicola e Filippo, che avevano avuto la fortuna di trovare un sedile vuoto poco distante dal suo.
Poco dopo, la corriera partì, per giungere dopo qualche minuto alla stazione di Piano Veneto dove, dopo aver fatto una breve sosta, sarebbe ripartita.
Molti di coloro che erano saliti alla fermata vicino alla scuola, scesero proprio in stazione, mentre gli studenti delle altre scuola di Piano salirono.
-È libero?- . Caterina si voltò nella direzione da cui proveniva la voce maschile, non molto profonda, che l’aveva distratta. Un ragazzo, che Caterina vedeva spesso sulla Galliera ma che non conosceva personalmente, le aveva rivolto la domanda, indicandole il posto libero accanto a lei. Non aveva idea di che età potesse avere: dimostrava sui diciassette o diciotto anni. I capelli biondi ne incorniciavano il viso dai lineamenti morbidi, le guance erano rese ispide dalla barba appena visibile. Gli occhi azzurri – limpidi e grandi – erano forse ciò che più la colpiva di lui, anche se, volente o nolente, Caterina dovette ammettere che le ricordavano troppo quelli di Nicola. Distolse lo sguardo repentinamente, a disagio:
-Certo- Caterina rispose sommessamente, poco interessata a mostrare anche un solo sorriso di cortesia, prendendo la tracolla azzurra dal sedile e appoggiandola sulle proprie gambe.
La corriera ripartì poco dopo. Attraverso il vetro del finestrino, Caterina osservava le strade correre veloci, mentre l’autobus passava oltre le case di Piano Veneto, lasciando posto al paesaggio che si colorava del marrone dei grandi campi coltivati appena fuori il centro abitato.
Non volle comunque accertarsene, e continuò a rimanere voltata verso il finestrino. Guardare il paesaggio fuori l’aiutava a distrarsi: in quel momento non avrebbe voluto pensare a nessuno, né a ciò che era successo con Pietro e Filippo quella mattina, né tantomeno a Nicola.
Invece erano tutti lì, a vorticare nella sua testa senza lasciarle pace. Avrebbe voluto tirare un pugno contro il finestrino nel tentativo di sfogare il nervosismo che sentiva crescere sempre di più.
Avrebbe voluto sfogare la rabbia per essersi fatta sfuggire i pochi minuti del giorno prima in cui si era ritrovata di fronte Nicola; avrebbe voluto prendersi a schiaffi da sola per non aver avuto il coraggio di rivolgergli anche la più piccola parola, troppo in imbarazzo e troppo in pensiero per Giulia.
E Giulia … Si sentiva tremendamente in colpa verso di lei. Era nervosa anche per quello, perché di Cadorna non si sarebbe mai fidata e perché aveva l’impressione che ci fosse qualcosa dietro – se delle semplici chiacchiere o qualche scherzo non molto divertente non avrebbe saputo dirlo. Si pentì di aver messo in mezzo anche lei, se ne pentì sul serio.
La corriera era arrivata a metà strada, quando Caterina lasciò che delle lacrime sfuggissero al suo controllo. Odiava piangere per la tensione, ed odiava ancora di più che questo accadesse proprio mentre non era da sola; ormai, però, le lacrime le bagnavano il viso, e non fece nulla nemmeno per nasconderle.
-Va tutto bene?-.
Caterina si girò lentamente, imbarazzata e sorpresa allo stesso tempo. Il ragazzo che aveva seduto di fianco le stava rivolgendo un’occhiata apprensiva, con una mano a mezz’aria – doveva esser stato tentato di richiamare la sua attenzione toccandole la spalla.
Caterina tirò su con il naso, passandosi velocemente una mano sulle guance bagnate:
-Non preoccuparti, è tutto ok-.
Lui annuì di rimando, e dall’espressione dubbiosa Caterina capì che in realtà non lo aveva convinto per niente. Probabilmente nemmeno lei sarebbe stata molto convinta che stesse andando tutto bene, se si fosse ritrovata davanti una ragazzina in preda al pianto durante il viaggio di ritorno in corriera.
-Anche se non si direbbe- disse infine lui, dopo qualche secondo di silenzio. Si chinò sul proprio zaino, poggiato a terra, rovistando in qualche tasca: qualche secondo dopo fece riemergere la mano, che teneva stretto un pacchetto di fazzoletti.
Lo porse a Caterina, che lo afferrò dopo un attimo di indecisione:
-Grazie … -
-Alessio- le ripose subito, poco prima che Caterina gli restituisse il pacchetto di fazzoletti.
-Sono Caterina-.
Alessio le porse la mano destra e, per la prima volta da quando quell’improbabile dialogo tra due perfetti sconosciuti aveva preso vita, le sorrise:
-Tecnicamente dovremmo scambiarci una stretta di mano-.
Caterina avvicinò la propria mano destra, ricambiando la stretta di mano; il contatto con la mano calda di Alessio era piacevole, e tutta quella situazione la fece arrossire lievemente.
-Tecnicamente sì- si lasciò andare ad un sorriso, per quanto incerto e timido; per un attimo riuscì quasi a scordarsi di tutte le preoccupazioni che l’avevano portata a piangere poco prima – Comunque, sul serio, non preoccuparti, sto bene. È solo … È solo stata una giornata pesante-.
-A volte capita- Alessio non sembrava ancora molto convinto della scusa che Caterina gli aveva appena propinato, ma non insistette oltre – In ogni caso se ti serve un altro fazzoletto, basta che mi fai un fischio. Sarò il tuo spacciatore di fazzoletti di fiducia-.
Caterina rise di nuovo, l’imbarazzo iniziale che pian piano sfumava. Non aveva la minima idea se Alessio fosse così disponibile con chiunque appena conosciuto, o cercasse di esserlo solo in quella situazione particolare per cercare di consolarla. Sapeva solo che, almeno per qualche minuto, era riuscito a strapparle almeno un sorriso.
La Galliera entrò nei confini di Torre San Donato pochi minuti dopo. Il cuore di Caterina si strinse per un attimo: mancavano ormai poche fermate a quella di Nicola. E vederlo, mentre scendeva, non l’avrebbe certo aiutata a riprendersi del tutto.
La corriera ripartì dopo la sosta alla fermata principale del paese e, dopo aver svoltato al primo incrocio, nell’abitacolo risuonò il rumore dei passi di Nicola, mentre si alzava dal sedile per percorrere tutto il corridoio fino alla porta accanto al posto dell’autista.
Quando Nicola ebbe oltrepassato di una ventina di centimetri il sedile sulla quale erano Caterina ed Alessio, Nicola si voltò. E Caterina ne fu sicura, stavolta lo sguardo del biondo si era posato su di lei. Si sforzò per non abbassare lo sguardo, sostenendo invece quello di Nicola, che dopo qualche secondo, si rivoltò, proseguendo.
Caterina rimase immobile per alcuni secondi, le gote arrossate e lo sguardo che seguiva ancora la schiena sempre più lontana del biondo. Non staccò gli occhi da Nicola nemmeno per un secondo, confusa come non mai; non li staccò nemmeno quando si sentì osservata, stavolta da Alessio:
-Devi scendere, per caso?- le domandò lui, con aria confusa. Caterina si voltò verso Alessio, staccando finalmente lo sguardo da Nicola:
-No, a dire il vero devo scendere alla prossima fermata-.
-Va bene- rispose lui, sorridendole appena, annuendo.
Quando la corriera ripartì dopo aver lasciato scendere Nicola, Caterina si accinse ad alzarsi dal sedile; Alessio la lasciò passare senza problemi, alzandosi a sua volta, e risedendosi dopo che la ragazza fu passata. Prima di allontanarsi definitivamente, Caterina si voltò verso di lui: in quel momento avrebbe voluto dirgli un sacco di cose – “Grazie per non avermi riso in faccia prima”, “Grazie per la comprensione”, “Non piango sempre quando sono in corriera”-, ma non riuscì a dire nulla di tutto ciò.
Fu Alessio a parlare per primo, lo stesso sorriso sincero di prima stampato in viso:
-Ci si vede, allora-.
-Sì, ci si vede- rispose Caterina, che, quasi senza pensarci e cercando di ignorare le sue gote diventare sempre più rosse, aggiunse:
-Magari domani-.
-Mi terresti il posto domani? Se ti va, ovvio!- anche Alessio le aveva risposto senza quasi nemmeno rifletterci, ed aggiungendo le ultime quattro parole piuttosto frettolosamente – E a patto che non ti trovi in lacrime come oggi-.
Caterina rise ancora, ormai arrossita in viso come non mai. Sorridendogli timidamente gli rispose:
-Prometto che domani non piangerò-.
Gli lanciò un ultimo sguardo, prima che la corriera si fermasse e Caterina si avviasse verso i gradini, dietro agli altri compagni della sua fermata già in piedi davanti a lei.
Era ancora stordita ed incredula per quello che era appena successo, e forse le sarebbe servito ancora un po’ di tempo per realizzare esattamente tutto quello che era accaduto in quel viaggio. Il viso di Alessio tornò subito a riempirle i ricordi, riuscendo almeno per un po’ ad allontanare da lei persino il pensiero di Nicola. Per il resto del pomeriggio cercò di non ripensare molto a ciò che era successo a scuola: nella sua mente, almeno per quel giorno, il sorriso e gli occhi azzurri di Alessio, tanto simili a quelli di Nicola, si erano imposti fin troppo velocemente.

 



*il copyright del testo della canzone appartiene esclusivamente al cantante e ai suoi autori.


NOTE DELLE AUTRICI
Hola, bentornati! Siamo giunti al secondo capitolo, in cui facciamo la conoscenza di ulteriori personaggi, che in un modo o nell’altro hanno smosso la situazione.
Cosa ne pensate delle new entry? C’è qualcuno che non sopportate a pelle o qualcuno per cui invece tifate?
Fateci sapere cosa ne pensate, ed intanto al prossimo mercoledì!

Kiara & Greyjoy
PS: grazie a tutti coloro che intanto hanno letto il primo capitolo!
 
 


 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Kimando714