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Autore: Mahlerlucia    18/03/2018    6 recensioni
{ Sequel di “Falco a metà” }
“Mitsuru... hai paura del buio?”
Lo squadrò con un ghigno con il quale stava tentando di difendersi. Shun aveva appena scoperto uno dei punti deboli di cui si vergognava maggiormente.
“E anche se fosse?”
“Non devi. Ricordati che io sono il tuo Re Sole”
“Sua Maestà la modestia, può gentilmente lasciare la luce accesa?”
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Mitsuru Sano/Sandy Winter, Shun Nitta/Patrick Everett
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Growing up beside you'
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Leave a light on

 

 

Tell me what's been happening, what's been on your mind
Lately you've been searching for a darker place
To hide, that's alright...

 

 

Kashiwa, marzo 2012


La quarta giornata di J-league si era conclusa con l'ultimo posticipo, quello giocato in casa dei Kashiwa Reysol contro gli isolani dell'Avispa Fukuoka. La vittoria era andata ai primi, con un solo goal di scarto. Ma non si poteva certo dire che le “Vespe” non avessero lottato con le unghie e con i denti fino al novantaduesimo minuto di gioco.

Mitsuru fu uno dei primi ad abbandonare il campo dopo il consueto inchino finale di saluto e ringraziamento. Non se l'era sentita di fermarsi a parlare con lui nel tunnel che conduceva agli spogliatoi. Non dopo quell'umiliante sconfitta. Non dopo averlo visto mettere a segno una splendida doppietta contro il suo club.
Hiroshi non lo aveva perso di vista nemmeno per un istante e, con un peso di parziale colpevolezza sul petto, aveva scelto saggiamente di non disturbare i suoi pensieri.

Una volta entrati nella stanza semibuia, il possente difensore lo vide togliersi gli scarpini con la punta del piede opposto per poi lanciarli svogliatamente in un angolo. Era un fascio di nervi.

“Hai fatto un goal bellissimo! Non hai niente di cui rimproverarti!”

Il piccolo centrocampista alzò gli occhi senza sollevare la testa. La sua espressione era più torva di quello che il compagno si potesse aspettare. Era arrabbiato con se stesso, ormai lo conosceva troppo bene.

“Un bellissimo goal che non è servito a un cazzo!”

“Scherzi, vero?! Siamo stati in vantaggio per tutto il primo tempo.”

Mitsuru sorrise amaramente scuotendo la testa. I folti capelli gli ricoprirono il viso e le emozioni confuse. Aveva fallito, era stato sconfitto proprio da Shun. Il vampiro aveva metaforicamente succhiato il suo sangue per l'ennesima volta, senza autorizzazione.
Avvertì la vibrazione del suo cellulare arrivare direttamente dalla tasca esterna del borsone, ma non si degnò nemmeno di vedere chi lo stesse chiamando. Non aveva voglia di parlare con nessuno quando si sentiva così a terra, soprattutto lui. Cosa deve dirmi poi? 'Oh, Mitsuru, mi dispiace per la vostra sconfitta, vedrai che la prossima andrà meglio!'... Certo come no! La prossima partita contro la F.C. Tokyo di Misugi sarà proprio una passeggiata!
Si spogliò in fretta e furia senza preoccuparsi di recuperare un accappatoio e si buttò sotto la doccia.

 

***

 

Terzo tentativo: continuava ad ignorare le sue chiamate. Detestava questo suo lato caratteriale così competitivo ed infantile. Hai perso? Accetta la sconfitta, nanerottolo permaloso! Ti stai comportando peggio di Hyuga e Wakabayashi messi insieme! E ce ne vuole!
Fu sfiorato per un attimo dall'idea di chiamare Jito, ma cacciò malamente quel pensiero dalla testa. Non aveva nessuna intenzione di sentire da un'altra persona la versione ovattata della descrizione del suo reale stato d'animo.
Lasciò scivolare di nuovo il telefono nella tasca della giacca e andò finalmente a rinfrescarsi sotto la doccia. L'acqua tiepida che scivolava lungo la sua pelle lo aiutò a rilassarsi e a riflettere sul da farsi con maggiore lucidità. Sapeva di non potersi permettere di far tornare Mitsuru a Fukuoka senza scambiare con lui nemmeno una parola. Aveva un piano, l'unico che poteva attuare in quella situazione.

Si rivestì in fretta e corse fuori, cercando di non dare nell'occhio tra quella matassa di compagni con i quali non si era ancora amalgamato del tutto. Attraversò il tunnel che portava agli spogliatoi adibiti alla squadra ospite. La porta era aperta ma l'interno era vuoto. Trovò solo qualche pezzo di stoffa e plastica dimenticato qua e là tra le panche e gli appendiabiti: calzini, fazzoletti, parastinchi, una felpa. Non era della sua micro taglia. Controllò per l'ennesima volta lo schermo del cellulare e constatò con sorpresa di aver ricevuto un messaggio.

Ehi 'Raggio di Sole', complimenti! Avete battuto anche le Vespe. Goditi questa bella doppietta finché puoi, perché settimana prossima ve la dovrete sudare. Pensa che persino Ryo si sta allenando seriamente. A presto! Hanji

Urabe aveva la straordinaria capacità d'intervenire sempre nei momenti meno opportuni. Ma non poteva non ammettere a se stesso che quel messaggio gli aveva fatto più che piacere. Almeno il suo vecchio amico aveva apprezzato gli sforzi fatti per portare la sua squadra alla vittoria. Al contrario di qualcun altro.

Raggiunse di corsa il parcheggio dei pullman dove dal rumore di un pesante motore acceso, realizzò che doveva assolutamente sbrigarsi se voleva almeno riuscire a salutarlo. La sua partenza era imminente.
Il gruppo di giovani calciatori dalle divise bianche e blu stava salendo in fila indiana sul mezzo che lo avrebbe condotto all'aeroporto. C'erano oltre mille chilometri di volo ad attenderli.
Quella marea di schiene troppo alte gli bloccavano la visuale. Ma la più ingombrante di tutte diventò improvvisamente il suo faro nella notte: Jito, infatti, camminava a passo spedito affiancato da un puffo incappucciato. Le sue mani infossate nelle ampie tasche della felpa, lo sguardo perennemente rivolto verso il basso e gli inseparabili auricolari bene in vista. Ti ho trovato nano!
L'ansia e l'impulsività presero il sopravvento sulle sue facoltà mentali ordinandogli di agire senza coinvolgere troppo la razionalità. Corse incontro a quella coppia strampalata di storici amici e strattonò il più piccolo dei due da un braccio. Il centrocampista non fece in tempo a capire cosa gli stesse succedendo poiché si ritrovò a correre nella direzione opposta trascinato da quella furia sbucata dal nulla.

“Lasciami! Dove diavolo mi stai portando?”

“Shh! Non fare storie e seguimi. Sei tu che mi stai costringendo a fare questo!”

Mitsuru non fece nessun gesto eclatante per tentare di liberasi da quella presa insistente. Si lasciò guidare senza più protestare, vinto dalla curiosità e dal desiderio represso di stare solo con Shun. Continuarono a correre fino a quando non si allontanarono a sufficienza dall'Hitachi Kashiwa Soccer Stadium.

 

***

 

Shun si arrestò solo quando vide una fermata dell'autobus di linea, senza mai lasciare la presa del braccio del numero ottantotto degli Avispa. Quella piccola peste poteva sfuggirgli in un attimo e non era il caso di lascialo libero di perdersi in quella città a lui estranea.
Il display elettronico posto sotto al tettuccio della pensilina segnalava un'attesa di cinque minuti. Erano troppi, chiunque avrebbe potuto raggiungerli a poche centinaia di metri dal tempio del calcio.

“Andiamo a piedi?”

“Ah, ho diritto di scelta ora?!”

“Avvertimi quando hai intenzione di smetterla di fare l'odioso.”

“Se io sono odioso, tu lo sei ancora di più.”

“Perché ho vinto?”

Quest'ultima domanda placò l'acido sarcasmo di Mitsuru. L'ex attaccante della Nankatsu aveva centrato il punto. Virò lo sguardo dalla parte opposta per evitare di concedergli ulteriori soddisfazioni. In quel preciso momento desiderava trovarsi in qualunque altra parte del mondo meno che lì in sua presenza. Sì, hai vinto cazzo! Vinci sempre tu, malefico falco!

“Non c'entra niente il fatto che tu abbia vinto o meno.”

“Beh dai, meno male. Allora qual è il problema?”

“Non c'è nessun problema.”

“Certo... e domani nevicherà all'equatore.”

“Può darsi. Ormai non si capisce più niente in questo mondo.”

Shun si voltò verso il compagno e strinse la presa. Quella conversazione stava decisamente degenerando e lui doveva riprendere in mano la situazione. Persino la signora che stava aspettando l'autobus poco distante da loro aveva capito che Mitsuru stava mentendo spudoratamente.

 

***

 

 

...If you look into the distance, there’s a house upon the hill
Guiding like a lighthouse it’s a place where you’ll be
Safe to feel our grace ‘cause we’ve all made mistakes...

 

Mitsuru fissava quel dipinto appeso al centro della parete del salotto. Raffigurava un uomo in riva al mare. Sullo sfondo un faro illuminava la baia scossa dal mare in tempesta le cui onde s'infrangevano violentemente contro la dura solennità degli scogli. Il tutto gli dava una forte sensazione di agitazione interiore che si stava andando a sommare alla sua irritabilità preesistente.

“Ti piace? Me lo ha regalato Misaki per il mio diciottesimo compleanno.”

“Mette ansia.”

“All'inizio lo pensavo anch'io. Però ho scoperto che se lo fisso per un po' di tempo quando sono nervoso poi mi calmo. Prova!”

“Stai dando per scontato che io sia nervoso?”

“Devo forse chiamare Jito per avere la conferma definitiva?!”

Il centrocampista non rispose. Si concentrò sul dipinto eseguito su tela da Ichiro Misaki, nel tentativo di calmarsi davvero. S'immedesimò nell'uomo fermo di fronte a quella mareggiata. Immaginò che ne fosse terrorizzato, ma che non si allontanasse da quei flutti impazziti perché ne era totalmente estasiato. Così è la vita: le cose che ci terrorizzano sono anche quelle che maggiormente attirano la nostra curiosità.

“È un bel quadro.”

“Sì, lo penso anch'io. E funziona! Lo senti?! Il tono della tua voce è già cambiato.”

“Se lo dici tu...”

“Certo che lo dico io. Vuoi mangiare qualcosa?”

“Beh, in effetti sono le undici di sera e non abbiamo ancora cenato.”

Shun ordinò due pizze al take away sotto casa che furono poi divorate nel giro di pochissimi minuti. Dopo aver riordinato alla meno peggio, andò a preparare il futon riservato agli ospiti. Cercò anche un pigiama che non fosse troppo largo.

“Vuoi dormire in camera con me o nella camera degli ospiti?”

“Nella camera degli ospiti.”

La risposta che arrivò fu troppo secca e decisa per evitare che Shun ci rimanesse male. Non obiettò, ma ancora non riusciva a comprendere i motivi di quella reticenza nei suoi confronti. Cocciuto che non sei altro, cosa devo fare per farti sputare il rospo?

 

***

 

La stanza degli ospiti era enorme e terribilmente buia. Si pentì all'istante di non aver accettato l'offerta di Shun di dormire in camera insieme a lui. Si destò dal letto con l'idea di andare ad alzare un minimo la persiana per avere un po' di luce, ma inciampò in un lembo della coperta. Provò a rimettersi in piedi ma si bloccò quando sentì un rumore inaspettato provenire dall'esterno. Tirò giù il copriletto e vi si avvolse dentro. Era terrorizzato, non aveva la minima dimestichezza con l'oscurità. Pensò a Jito, l'unica persona con la quale aveva parlato di questa sua forte acluofobia. Era stato comprensivo il buon Hiroshi, tanto da permettergli di tenere sempre una luce accesa quando condividevano la stanza d'albergo durante le trasferte con il club e i ritiri con la nazionale.
Di nuovo un rumore sordo contro la persiana rimasta chiusa. Si era alzato un forte vento e subito ripensò alla tempesta del quadro del signor Misaki. Un momento d'agitazione tale da ricondurlo alla pace dei sensi. Poi un fragoroso tuono.

“Shuuuun!”

La porta si aprì e la luce elettrica fece la sua comparsa all'improvviso, insieme all'atletica figura del compagno di nazionale. I suoi occhi lo cercarono per tutta la stanza, senza trovarlo.

“Sono qui. Cos'è successo?”

Mitsuru alzò un braccio facendolo sbucare dal bozzolo di coperte dentro cui era ancora rifugiato. Si sentì in imbarazzo per essersi fatto trovare in quello stato.

“Cosa ci fai lì dentro?”

“Faccio la lotta con il copriletto!”

L'attaccante si appoggiò allo stipite della porta, incrociò le braccia al petto ed accavallò le caviglie gustandosi la scena in silenzio per qualche istante. Sorrise e si morse il labbro inferiore, cercando di trattenere le facili battute che stavano attraversando la sua mente di fronte a quella situazione surreale. Provò il più possibile a pesare le parole.

“Perché mi hai chiamato urlando? Ci sono gli alieni?”

“No, ci sono i vampiri!

Shun cercò di non cadere in quella provocazione bella e buona e maledisse col pensiero Soda per avergli affibbiato quel ridicolo soprannome che ormai era diventato di uso comune tra i calciatori della nazionale giovanile giapponese. Sperava che almeno Mitsuru potesse evitare di usarlo... e invece niente.

“Li hai chiamati tu i vampiri!”

“Su questo hai ragione.”

“Mitsuru... hai paura del buio?”

Lo squadrò con un ghigno con il quale stava tentando di difendersi. Shun aveva appena scoperto uno dei punti deboli di cui si vergognava maggiormente.

“E anche se fosse?”

“Non devi. Ricordati che io sono il tuo Re Sole

“Sua Maestà la modestia, può gentilmente lasciare la luce accesa?”

“In camera mia la lascio sempre accesa. Perché non vieni di là?”

Mitsuru ci pensò un attimo, ma non rifiutò. Sapeva che nella sua stanza c'era una piccola abat-jour posta sul comodino che poteva rimanere tranquillamente accesa tutta la notte. In quella camera, invece, l'unica possibilità era la luce del lampadario, troppo intensa per poter dormire come se non ci fosse.

“D'accordo...”

 

***

 

Il piccolo acrobata si era già rigirato un paio di volte dentro a quel futon troppo sottile per risultare comodo. Non riusciva a dormire e questa volta non si trattava del buio o dei rumori provenienti dall'esterno. Si sentiva a disagio, oltre che imbarazzato per quello che aveva appena rivelato. Ho fatto la figura del bambino idiota.

“Perché non dormi?”

Anche Shun era ancora sveglio. Forse voleva spegnere la luce o forse voleva parlare con lui, visto che tra una cosa e l'altra non ne avevano ancora avuto occasione. Non si girò, non ci riusciva. Ma non poteva ignorarlo.

“Stavo per addormentarmi.”

“Non è vero.”

Scattò su seduto e sbuffò. Strinse i pugni e rivolgendogli finalmente lo sguardo, parlò.

“Che palle che sei oggi! Si può sapere cosa vuoi? Devi parlarmi? Parla!”

L'attaccante scese dal suo letto e gattonando si avvicinò a lui. Si sedette sulle sua ginocchia e lo fissò profondamente in quegli enormi occhi color ebano spaventati e irritati. A modo suo Mitsuru era bello; di una bellezza ingenua, infantile, verginale. Talmente innocente su certi aspetti da arrivare ad arrossire come un peperone solo per quella sua vicinanza così insistente.

“Sei tu che mi devi spiegare cosa caspita hai! E non rispondermi 'niente' che non ci crederebbe nemmeno Tsubasa!”

I due si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere insieme. Entrambi stavano pensando al fatto che effettivamente il numero dieci della nazionale non coglieva quasi nulla che non riguardasse strettamente il gioco del calcio.

“Mi da fastidio aver perso proprio contro di te...”

“Perché se perdevi contro Sawada invece andava bene?”

“A parte il fatto che contro i Red Diamonds abbiamo pareggiato, direi di no. Ma non è la stessa cosa per me!”

L'attaccante sorrise compiaciuto per quella risposta. I suoi sentimenti non erano cambiati minimamente. Allungò una mano verso il suo viso e gli carezzò con dolcezza un guancia. Mitsuru non era pronto ad un gesto tanto intimo. Sgranò gli occhi e istintivamente cercò il contatto con quella mano curiosa. Non aveva mai visto quell'espressione persa sul volto del suo amico. I suoi occhi erano liquidi, sembravano quasi tremare; la bocca leggermente aperta, come se stesse aspettando pazientemente qualcosa che stava tardando ad arrivare.

“E perché non sarebbe la stessa cosa per te?”

La fronte di Shun cozzò con la sua, ma nessuno dei due si fece male. Troppi capelli pronti ad attutire il colpo. Di nuovo quella mano sciolta, questa volta immersa in quel groviglio di crini castani e profumati. Girò il viso in direzione della spalla opposta, in evidente impaccio. Iniziò ad avvertire uno strano formicolio alle parti intime.
Afferrò d'impeto quella mano e la scostò bruscamente dal suo viso.

“Perché, perché... come perché? Perché io e te siamo amici... molto amici...”

“Siamo solo molto amici?”

La voce di Shun stava diventando sempre più calma, suadente, seduttiva. Mitsuru non sapeva più come contrastarla. Ma voglio veramente che la smetta?

“Non lo so... non capisco cosa stai cercando di fare...”

L'attaccante gli sorrise in maniera allettante e lo attirò a sé, naso contro naso. Mitsuru poté sentire i loro respiri mescolarsi, i battiti dei loro cuori muoversi allo stesso ritmo, le loro mani cercarsi ovunque e i loro occhi guardarsi come non si erano mai guardati prima di allora.

“Adesso te lo spiego con calma...”

Incastrò il suo labbro inferiore nella sua bocca, lo leccò e con la lingua si fece spazio. Il compagno restò imbambolato per qualche istante, ma poi cominciò a lasciarsi andare a quella nuova ma piacevole sensazione d'intimità. Le labbra di Shun erano calde e morbide; la sua lingua si muoveva dentro di lui come se non aspettasse altro, in cerca della sua per poterla conoscere e invitarla a giocare insieme. Quando s'incontrarono fecero presto amicizia.
Fu lungo, passionale ed avvolgente per essere il loro primo bacio in assoluto.

“Hai capito un po' di più ora?”

Mitsuru non si era ancora mentalmente ripreso. Il formicolio in mezzo alle gambe era diventato più insistente. Cercò di non pensarci e nascondere il misfatto accucciandosi sulle ginocchia piegate.

“Non pensavo potesse essere così...”

“Come te lo aspettavi?”

“Mai così bello!”

Shun si fiondò su di lui e lo abbracciò avvinghiandolo a sé. Non sarebbe mai stato in grado si spiegare a parole la felicità che provava in quel momento sia per quello che era appena successo tra di loro che per la reazione che aveva avuto il suo adorato acrobata nano.

“Mi devi promettere una cosa...”

“Cosa?”

“Non ti devi sentire mai - e ripeto, mai - inferiore a me per una stupida partita vinta o persa. Tu per me sei Mitsuru, non il numero ottantotto degli Avispa Fukuoka! Chiaro?”

“Chiarissimo!”

“Quindi settimana prossima batterai Misugi, senza ma e senza se!”

“Ce la metterò tutta, promesso! Shun?”

“Sì?”

“Lascia la luce accesa!”


If you’ve lost your way…
I will leave the light on.









 


 

Angolo dell'autrice


Ringrazio anticipatamente tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia ff.
Questo weekend ho deciso di lasciare un attimo da parte Mamoru e Makoto (che torneranno presto!) per tornare a dedicarmi un po' a questi altri due piccoli angioletti innamorati: Nitta e Sano. Ed ecco a voi il sequel di “Falco a metà”.
Piccole annotazioni:

  • Il Kashiwa Reysol è la squadra in cui giocherà Nitta da professionista, con la maglia numero 35. Attualmente milita in J1 League. Ha sede a Kashiwa, città a sud-est di Tokyo nella prefettura di Chiba. Il termine Reysol deriva dallo spagnolo “Re Sole” e da qui ho tratto ispirazione per le battute di Nitta e di Urabe presenti nel testo.
  • L'Avispa Fukuoka è la squadra in cui giocheranno Sano e Jito da professionisti, con le maglie numero 88 e 90. Attualmente milita in J2 League (ma qui mi sono presa la licenza di farla partecipare comunque al campionato di J1, come è accaduto in passato, anche per spiegare la presenza di Sano e Jito in nazionale). Ha sede ad Hakata-ku, nella prefettura di Fukuoka. Il termine Avispa in spagnolo significa “vespa” ed è per questo che nel testo mi riferisco più volte alla squadra di Sano chiamandola in questo modo.
  • Tra Kashiwa e Hakata-ku c'è una distanza di 1.100 km. Robe che al prossimo lamento di Makoto e Mamoru sulla distanza tra Osaka e Yokohama li faccio mettere di nuovo in punizione da Gamo! XD​​
  • Giusto perché li ho accennati: Misugi gioca nel FC Tokyo (J1), Urabe, Ishizaki e Misaki nel Jubilo Iwata (J1), Sawada nell'Urawa Red Diamonds (J1).
  • Ichiro Misaki è il padre di Taro. Il quadro che ha in salotto Nitta è una sua opera.
  • L'Acluofobia (o Nictofobia) è il termine preciso per indicare le paura del buio.
  • Il titolo della ff è ispirato alla canzone Leave a light on di Tom Walker, della quale ho riportato dei versi.
  • L'OOC vale per Nitta. Non sono convintissima del fatto che la sua caratterizzazione sia totalmente canon.

A presto,

Mahlerlucia

   
 
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