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Autore: orchidee    20/03/2018    1 recensioni
Ciao a tutte. Questa è la mia seconda FF. completa e da le risposte alla precedente, Besame. E' una storia forse un po' pazza e l'ho immaginata in due parti, in due momenti distinti. La prima si ricollega alla mia prima storia, la seconda è il seguito, ma si discosta e molto per temi e atmosfere. Spero possa piacervi e possa darvi magari qualche emozione. Grazie in anticipo a chi vorrà dedicare un po' del proprio tempo alla lettura.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fantasie'
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Capitolo 25
 
Il sole stava tramontando e una lieve brezza aveva rinfrescato la sera. Sentiva un po' di freddo, vestita con un abito leggero, ma la vista era così bella che non aveva alcuna voglia di rientrare. I pochi giorni che si erano concessi stavano per finire eppure, nonostante la serenità e la pace, sentiva che qualcosa ancora non era completamente chiarito. Era incinta e avrebbe voluto che fosse tutto perfetto. Nicola però le sembrava distante, solo apparentemente dolce e innamorato. Le aveva giurato che nulla era cambiato, ma da quando aveva saputo che a farle del male era stato lui, da quando aveva presentato la denuncia e l'aveva ascoltata raccontare della violenza, sembrava guardarla in modo diverso. Eppure nulla era cambiato. Era sempre la stessa donna. Non era stata la sua bugia, non era così scostante perché lei gli aveva mentito. Era qualcosa di più profondo. Glielo aveva chiesto tante volte da quando erano partiti e glielo avrebbe chiesto ancora ma non quella sera. La evitava la notte. Il giorno, tutto sembrava bello, divertente, ma la notte, con una scusa o l'altra tutto cambiava. Una volta la stanchezza, l'altra per l'organizzazione di qualcosa all'università, oppure per delle telefonate. La notte, lui non c'era. Evitava la loro intimità, evitava i suoi baci, evitava le sue carezze. E quella sera non voleva rientrare per sentire altre scuse. Quella sera non voleva essere rifiutata per l'ennesima volta! Quella sera gli avrebbe lasciato lo spazio che gli serviva, senza obbligarlo a raccontare bugie.
Le montagne erano solo delle ombre scure, il sole ormai era scomparso e le stelle brillavano. La guardava stringersi le spalle, forse per il freddo, seduta su una poltroncina, assorta nei suoi pensieri. Era così bella con quel vestito rosa, leggero e sbarazzino. La guardava cercando di indovinare quello a cui pensava. Non era così difficile, pensava sicuramente a loro. A lui. O forse semplicemente cercava di distrarsi completamente, di svuotare la sua mente da ogni cosa, soprattutto da lui. Lui che si negava a lei. Che inventava sciocchezze per non toccarla. Che la notte la abbandonava a se stessa. Eppure la desiderava. Anche in quel momento. Solamente guardandola provava la voglia di amarla, di sentirla completamente sua. Ma ogni volta che la sfiorava non riusciva a distogliere la testa da quello che quel bastardo le aveva fatto. Non sapeva perché, prima di sapere chi fosse stato, avevano fatto l'amore, quando lei gli aveva concesso se stessa dopo tutto quello che aveva subito, per lui era stato un dono, la conferma che il loro amore era più forte di qualsiasi altra cosa. 
Il telefono squillò e la vide sorridere prima di rispondere. Erano i loro figli. Lei parlò loro con amore, si commosse mentre rispondeva alle loro domande e lui le si avvicinò istintivamente. Le si sedette accanto e quando gli porse il telefono fu felice di sentire che tutto andava bene.
“Presto saremo a casa...”
“Come stai ora?”
“Bene, mi spiace per oggi, ma non me la sentivo di fare un'escursione tanto impegnativa!”
“Mi sei mancata!”
“Davvero?” Gli disse con un sorriso triste.
“Davvero!”
“Se vuoi puoi rientrare...”
“È buio e comincia a fare freddo, perché non rientriamo insieme?”
“È bello qui... Tu vai pure!”
La guardò mentre lei distoglieva lo sguardo, stava soffrendo e la colpa era solo sua. Glielo aveva chiesto tante volte in quei giorni perché fosse così distaccato, ma era evidente che le sue rassicurazioni non fossero state sufficienti. Si alzò e rientrò nello chalet, lasciandola con gli occhi pieni di lacrime e persi nel vuoto.
“È bello, ma prenderai un'influenza se non ti copri!” Era tornato con una coperta e gliela aveva appoggiata sulle spalle. Era tornato da lei. Non poteva lasciarla sola anche quella notte.
“Grazie...”
“Marcella... Vuoi una tisana?”
“Non sei obbligato a restare qui, sai? Non devi cercare di importi la mia presenza e poi trovare una scusa qualsiasi per allontanarti!”
“No, Marcella, no! Sbagli!”
“Non siamo obbligati a restare qui! Possiamo tornare domani! Non siamo obbligati a fare nulla insieme! possiamo tornare a casa e... E puoi vivere la tua vita!”
“Ma cosa stai dicendo?”
“Quello che non riesci a dire tu!”
“Io non posso nemmeno pensare di vivere senza di te! Non di nuovo!”
“Sei felice?”
“Se lo sei tu!”
“Eppure non sembrerebbe... Ma davvero, non ho voglia di elemosinare il tuo amore, non stasera! Sto bene, stai tranquillo! Ti ringrazio per la coperta. Rientra e fai ciò che fai ogni sera!”
“Mi dispiace!”
“Anche a me... Domani mattina preparerò le valige per tornare! È inutile prolungare questo calvario.”
“Io non voglio tornare a casa! Non ora!”
“Allora cosa vuoi? Non me! Non più almeno! Starmi vicino sembra ti infastidisca. E non so perché! Ma mi fa male sentirmi così!”
“E come ti senti?”
“Come mi fai sentire! Mi fai sentire sporca! Mi fai sentire una donna rifiutata... Mi sono sentita così per molto tempo, ma non eri tu! Era per lo stupro, ma avevo te! Tu mi facevi sentire una donna... Bella, speciale e desiderata. Ma non è più così! E io non lo sopporto! Non te ne faccio una colpa, ma ti prego, lasciami sola ora... Stanotte non ti cercherò!”
Avrebbe voluto dirle che si sbagliava, abbracciarla e portarla in casa e fare l'amore con lei, ma non disse nulla e dopo qualche istante la lasciò li, sola.
Dalla camera da letto sentiva i suoi singhiozzi, era rientrata in casa ma non l'aveva raggiunto in camera da letto. Erano singhiozzi soffocati, ma lui li sentiva distintamente. Ed erano come coltellate al suo cuore. Era un uomo spezzato. Erano dei singhiozzi che lo mettevano di fronte alla realtà, alla sua incapacità di affrontare il dolore della donna che amava, all'incapacità di comprendere il male che aveva subito. La stava perdendo di nuovo, ma sebbene avrebbe dato la vita perché non succedesse, non sapeva cosa fare per riaverla. Non sapeva nemmeno perché, nonostante il loro amore, non riuscisse a superare quella terribile verità. Si alzò dal letto e aprì la porta della camera. L'unica luce che illuminava il locale, filtrava dalla vetrata ed era quella della luna. Lei era in piedi e guardava all'esterno cercando di non fare rumore. Era avvolta dalla stessa coperta che lui le aveva portato fuori qualche ora prima. Rimase fermo per non farsi notare. Lei raggiunse il divano e si sdraiò. Non riusciva più a vederla. Sentiva quasi il suo respiro, i singhiozzi erano finiti. Forse si era addormentata. Aspettò qualche istante, poi decise di avvicinarsi. Spinto dalla voglia di vederla, di guardarla dormire, come aveva fatto tante volte.
Quando le fu di fronte, notò che era rivolta verso il divano. Indovinava le curve del suo corpo sotto la coperta leggera. Si sedette sul tavolino accanto e rimase ad osservarla in silenzio. Nemmeno si accorse del tempo che passava. Poi senza pensarci, quasi spinto dall'istinto, le accarezzò il fianco, sentendola trasalire.
Si girò verso di lui, gli occhi pieni di lacrime e le guance bagnate.
“Vieni a letto...”
“È comodo questo divano. Sto bene qui!”
“Ma io voglio stare accanto a te...”
“Non mentirmi! Non è vero!”
“Allora rimango qui”
“Perché mi fai del male? Mi illudi e poi? Se venissi di la, mi terresti lontana, mi rifiuteresti e io non voglio più sentirmi rifiutata dall'uomo che amo e che desidero con tutta me stessa!”
La guardava come se fosse la prima volta. Così bella, così sincera, così forte, nonostante tutto. Sapeva che tratteneva a stento le lacrime che aveva negli occhi. Le accarezzò il viso con un dito facendolo scorrere fino al collo e poi alla spalla. La sua pelle era bianca e morbida. Sentì che il suo tocco le provocava un brivido, lo stesso che sentiva lui. 
“Marcella, io ti amo!”
Lei non rispose, si limitò ad aggiustarsi la coperta che con il suo tocco si era spostata e tornò nella medesima posizione di prima. Bastava toccarla ancora, era certo che sarebbe bastato sfiorarla ancora. Ma non lo fece. Tornò in camera da letto. Lei, rassegnata, chiuse gli occhi sperando che quella notte finisse in fretta. Era incinta, e avrebbe voluto solo fosse tutto perfetto.
 
“Cosa stai facendo?”
“Te l'ho detto ieri sera. Faccio le valigie. Oggi pomeriggio torniamo in città!”
“E io ti ho detto che non voglio tornare!”
“Non sei obbligato a farlo, ma io partirò nel pomeriggio. Ho già prenotato il taxi per l'aeroporto...”
“Marcella, per favore! Cosa significa tutto questo? Mi vuoi lasciare? Vuoi davvero che finisca tutto?”
“No! Io vorrei solo... Vorrei solo che tu mi amassi!”
“Ma io ti amo! Come devo dirtelo?”
“Non dirmelo! Dimostralo! Baciami, spogliami e facciamo l'amore! Io ti chiedo solo questo! Solo di amarmi!”
“Dammi tempo!”
“Tempo? Tempo per cosa? Dimmi? Cosa cambierebbe? Smetteresti di guardarmi in quel modo se avessi tempo?”
“È stata dura...”
“È stata dura? Cosa? Sei tu ad essere stato aggredito? Sei tu ad essere stato stuprato? Ti hanno picchiato e sei finito all'ospedale? Cosa è stato così duro? So bene che hai sofferto con me! Ma non come me! Non sei tu ad aver scelto di stare con una persona che ti ha fatto del male! Non sei tu ad averlo fatto entrare nella vita dei nostri figli... Ripetilo di nuovo! Te l'avevo detto di lasciarmi! Ti avevo chiesto di andare via! Non l'hai fatto, e te ne sono grata! Ma non puoi rinfacciarmi quello che mi ha fatto quel pazzo! Dimmi! Cosa è cambiato? Perché da quando hai saputo il nome del mio aggressore tutto è cambiato? Perché? Credi che me la sia cercata? Credi che sia io ad aver sbagliato? Cosa è cambiato?” Marcella, gridava e piangeva. 
“Rispondi! Dimmi, per te se a stuprarmi fosse stato chiunque altro, sarebbe stato meglio? Che sono io ad aver sbagliato? Per un po' l'ho pensato anche io! E forse è così... Ma... Io non posso cambiare il passato! Vorrei solo vivere una vita serena e viverla con te!”
“Marcella, allora non andiamo via! Restiamo ancora per qualche giorno, come previsto!”
“Ma non mi dai nessuna risposta, non mi dai soluzioni! So che anche per te è difficile, ma se mi dicessi almeno cosa fare per aiutarti...”
“Voglio solo passare qui qualche altro giorno!”
“E sia! Restiamo... Chiamo per disdire il taxi!”
Nemmeno lui sapeva perché, né come, ma sapeva che se fossero tornati in città quel giorno, si sarebbero persi. 
 
“Sei stata male anche oggi? È per colpa della discussione che abbiamo avuto?”
“No, ho solo avuto un capogiro...”
“Questa notte dovresti dormire in camera da letto...”
Non gli rispose. Sapeva di dovergli dire di aspettare un bambino, ma quando lo aveva scoperto aveva sognato di dirglielo durante una cena romantica o in un qualunque modo per rendere tutto speciale e indimenticabile. Come quando aveva scoperto di essere incinta di Giulio. Dopo aver fatto l'amore, lei gli aveva chiesto di mantenere la sua promessa e di sposarla, perché voleva che il loro bambino nascesse in una vera famiglia, lui non aveva capito subito ma era bastato fargli appoggiare una mano sul suo ventre perché scoppiasse a piangere felice. E anche con la piccola Francesca era stato un momento speciale. Glielo aveva detto una sera, dopo che avevano messo a letto Giulio. L'aveva sollevata e presa in braccio stringendola, dicendole quanto l'amava. Persino quando era rimasta incinta quasi per sbaglio di un bambino che non avrebbero mai conosciuto, era stato tutto speciale. 
Marcella ricordava quei momenti sorridendo, quasi dimenticando di averlo di fronte.
“Stai sorridendo...”
“Davvero? Non me ne sono accorta...”
“Sei così bella quando sorridi!”
Lei distolse lo sguardo. Le sue parole, nonostante fossero bellissime, la ferivano, la illudevano perché non erano più seguite dai fatti da troppo tempo. Uscì dalla porta e raggiunse il giardino. Era una bella giornata e il panorama toglieva il fiato. Ma lei sperava che quel tormento finisse in fretta. Voleva tornare a casa sua, vedere i suoi figli, ricominciare a lavorare. Voleva davvero ricostruire la sua vita. Era decisa a dirgli del bambino una volta deciso cosa fare del loro rapporto. Quel bambino non avrebbe cambiato le cose tra di loro, non doveva essere così. Non doveva essere la ragione per restare insieme. Pensava però, anche agli altri figli che avrebbero sofferto ancora! Ma cosa avrebbe dovuto fare? Fingere che tutto andasse bene? Vivere una vita a metà? Dopo l'incidente era stato così, entrambi incapaci di parlare, erano sopravvissuti, ma poi la realtà li aveva messi di fronte al loro fallimento. E lei sapeva che sarebbe stato così anche quella volta se non fossero riusciti a trovare una soluzione per i loro problemi. Ma come? Parlare non serviva, ci avevano provato, ma lui non era in grado di dirle quale fosse il problema, o forse non lo sapeva nemmeno lui. Si voltò verso il salotto e lo vide mentre lavorava con il pc. Era cambiato con il tempo. Non era più il ragazzo impacciato e insicuro che aveva conosciuto. Non era nemmeno più l'uomo di cui si era innamorata, dolce e pieno di sogni. La persona che aveva davanti, era un uomo che non riusciva ad inquadrare. Lui si accorse che lei lo stava osservando e le sorrise, spense il pc e la raggiunse.
“Mi piace quando mi guardi mentre lavoro... Mi è sempre piaciuto!” Le disse sinceramente.
“E a me è sempre piaciuto guardarti!”
“Oggi mi piacerebbe fare una passeggiata in uno dei piccoli paesi a valle, te la senti?”
“Sì, sto bene, ma non ne capisco il senso! Voglio dire, perché fingere che tutto vada bene?”
“Perché ci sto provando, Marcella! Sto provando a far funzionare le cose!”
“Già... Io rimango qui! Farò un bagno in piscina, prenderò un po' di sole... Mi farà bene rilassarmi!”
“Questa sera però potremmo andare al concerto che daranno nella piazzetta del paese... Non sarà la filarmonica di una grande città, ma potrebbe essere carino!”
“No! No! Vacci da solo! Ti garantisco che per me è molto più difficile fingere piuttosto che restare sola!”
“Fai quello che vuoi, allora!”
La giornata fu lunga e l'atmosfera pesante, non si erano più detti una parola. Poi la sera lui si preparò per uscire. Era evidente che la tensione lo stava logorando e aveva preferito uscire per respirare aria più fresca
“Non farò tardi. Ascolterò un po' di musica, berrò qualcosa... Tu dormi in camera! Dormirò io sul divano!”
Non gli rispose. Restò ferma sulla poltrona piangendo e aspettando di non sentire più il rumore dell'auto che si allontanava. Passò la serata a pensare. Poi stanca e priva di forze si buttò sul letto accarezzandosi la pancia. Si addormentò in fretta quella sera.
 
Ascoltava il concerto seduto sul un tavolino di un grazioso locale, proprio di fronte alla piazza. Assorto nei suoi pensieri, beveva del vino di buona qualità. La serata era fresca ma le persone attorno a lui non sembravano accorgersene, forse scaldate dalla musica e dell'alcol. Un gruppo di ragazze attratte da quell'uomo che sembrava distante ma piuttosto interessante, ridevano e si scambiavano opinioni su di lui. Non le aveva notate fino al momento in cui una di loro, la più carina e sicura, non si avvicinò chiedendogli cosa ci facesse tutto solo.
“Non è un approccio molto originale... Non trovi?”
“Da qualcosa dovevo pur cominciare! Abbiamo fatto di tutto per farci notare, ma sembri più interessato a questa musica che a tutto il resto...”
“È una bella musica, suonata discretamente, ne sono piacevolmente colpito!”
“Ma non mi hai risposto... Sei qui solo, ma magari hai voglia di un po' di compagnia...”
La guardò meglio. Era una ragazza intorno ai venticinque anni, molto carina anche se vestiva in maniera un po' trasandata, aveva i capelli raccolti di fretta e anche il trucco era forse un po' troppo pesante. Era giovane e bella e gli ricordava una delle ragazze del quartiere in cui aveva vissuto prima di diventare presidente dell'Ecomoda. Le sorrise e le disse che forse era un po' troppo giovane per perdere tempo con un uomo della sua età.
“E quanti anni avresti? Sei più maturo, ma non penso proprio tu sia così vecchio...”
Nicola sapeva di piacere alle donne. E ne aveva sedotte molte. Molto belle e con molta più classe di quella che aveva di fronte. Ma gli piaceva quell'aria da ribelle. Era convinta che fosse lei a condurre i giochi e lui glielo fece credere. Cominciò a flirtare con lei, offrendole da bere e facendole dei complimenti. Si vedeva che non aveva una grande esperienza, nonostante ostentasse sicurezza, era stato facile per lui affascinarla con qualche parola sdolcinata. Si stava divertendo, lei non sapeva chi fosse, era solo interessata a fare nuove esperienze, si lasciava lusingare fingendosi imbarazzato. Quando lui fece per pagare il conto, lei gli propose di continuare la serata in un altro locale, più carino e lui accettò. Ma quando si furono allontanati lei cercò di dargli un bacio ma lui si scostò, poi, guardandola sorridendo, le si avvicinò e le sussurrò qualcosa all'orecchio. 
“Torna dalle tue amiche!”
“Perché non andiamo nella mia stanza?”
Le sorrise, l'audacia di quella ragazza nascondeva tutta l'insicurezza di chi per ingenuità, perdeva la testa per qualcuno di affascinante e completamente diverso da chiunque si fosse mai frequentato. Le sorrise di nuovo.
“Torna dalle tue amiche!” La lasciò sola e incantata a guardarlo mentre si allontanava. Avrebbe potuto andarci a letto, ma non gli importava nulla né di lei, né di nessuna che non fosse Marcella. Lo sguardo di quella ragazza carina ma sgraziata gli aveva ricordato gli occhi della sua donna dopo la loro prima notte insieme. Erano occhi sinceri e pieni di desiderio, ma anche di paura di fronte ad una situazione inaspettata e dalle conseguenze incerte. Marcella. Era sola, in quello chalet, e lui aveva bisogno di lei. Ogni cosa lo portava a lei. Persino le altre donne lo portavano a lei.
 
Le luci erano spente, entrò prima nel salotto, poi in bagno dove si fece una doccia. Si avvicinò alla porta della camera da letto e la aprì senza far rumore. Era rimasta accesa solo una piccola lampada poco lontana dal letto. Marcella dormiva, i capelli un po' arruffati le coprivano parte del viso. Era prona, un braccio sfiorava il bordo del letto e la mano penzolava. Era bellissima, sensuale. L'avrebbe guardata per tutta la notte e sperava non si svegliasse per non rovinare quel momento, perché voleva ricordare le emozioni che provava ogni volta che le era accanto. Aveva bisogno di lei. Non voleva più pensare a nulla se non a quel bisogno che provava. Sapeva bene che anche lei lo desiderava e quella notte avrebbero fatto l'amore. Non poteva aspettare. Non sapeva se fosse stato il vino, la solitudine, quella ragazza dagli occhi sognanti e impauriti, ma la voleva. Voleva la sua donna. Tolse l'accappatoio e lo buttò su di una poltroncina accanto all'armadio e si sdraiò accanto a lei cercando, sotto il lenzuolo che la copriva, la sua pelle. Le baciò la schiena e lei si svegliò. Si girò quasi spaventata, poi lo guardò incredula, ma non riuscì a dire una parola perché lui le diede un bacio intenso. Le tolse la canottiera che indossava e la guardò per un momento prima di ricominciare a baciarla. La sua pelle a contatto con quella di lei, fu percorsa da brividi di piacere, mentre lei si lasciava andare completamente a lui.
“Marcella, ti amo!”
Lei non rispose, lasciò che fossero le sue mani a parlare. 
Rimasero abbracciati tutta la notte, stringendosi e baciandosi, come se tra loro non fosse mai cambiato nulla. 
La mattina arrivò troppo in fretta. Lei si alzò piano, senza far rumore, indossò la vestaglia e dopo averlo guardato un momento, uscì dalla camera da letto. La giornata era nuvolosa e una leggera pioggia nascondeva il bel panorama del giorno prima. Preparò un caffè ma non riuscì a berlo. Fu colta da una forte nausea e fu costretta a sedersi sul divano perché sentiva che le gambe le cedevano.
“Amore mio...”
“Ciao!”
“Buongiorno a te!” Le diede un bacio sulle labbra abbassandosi su di lei.
“Sei un po' pallida... Cosa c'è?”
“Nulla... Ho preparato il caffè!”
“Questa notte è stata meravigliosa...”
Lei si alzò dal divano e raggiunse il frigorifero dal quale prese del succo di frutta.
“Ne vuoi anche tu?”
“No... Torniamo di la? Ho voglia di stringerti ancora un po'!”
“Non hai fame?”
“No! Ho solo bisogno di tenerti tra le mie braccia. Ho voglia di baciarti e basta...”
Le sorrise e le prese la mano, accompagnandola in camera da letto.
La fece sdraiare e le si avvicinò infilando le mani sotto la vestaglia e accarezzandola con dolcezza
“Puoi perdonarmi?”
“Sì, ma vorrei sapere perché ti sei allontanato da me e cosa è cambiato...”
“Ne vuoi parlare ora?”
“Vorrei fossi sincero...”
La guardò per un istante, poi la abbracciò, appoggiando la guancia sul suo seno.
“Non so cosa mi sia successo. L'ho quasi ucciso... Se tu non fossi entrata quel giorno non sarebbe vivo! Non mi pento di quello che ho fatto. Ho sempre saputo che avrei fatto qualsiasi per te! Non sono riuscito a dimenticare l'odio che ho provato in quel momento. Lo provo ancora. Quello che ti ha fatto non potrò mai dimenticarlo. Non posso dimenticare il tuo corpo quel giorno in ospedale. E sapere che a farti del male è stato una persona di cui ti fidavi... Non so spiegarti quello che provavo, mi sembrava di vederlo mentre ti metteva le sue mani addosso... So bene che non posso nemmeno immaginare quello che hai provato, la paura, l'orrore, ma ti giuro che quando raccontavi al giudice quello che ti ha fatto... L'ho vissuto con te! Ero lì con te! È come se fossi stato lì, amore mio, senza riuscire ad impedirlo, senza riuscire a proteggerti!"
“E ora? Ora non è più così? Mentre facevamo l'amore la scorsa notte, cosa hai provato?”
“Pensavo a te! A quanto ti amo. Ma soprattutto che ho bisogno di te, di ogni cosa che fa parte di te! Anche del tuo dolore, di quello che ti ha fatto! Mentre facevamo l'amore eravamo solo noi! Non c'era nulla se non quello che provo per te!”
“E non cambierà? Non tornerai a vedermi solo per la vittima di un pazzo?”
“No!”
“Tu sai che prima di quella notte siamo andati a letto insieme e che non mi aveva mai obbligata...”
“Solo fino a quando non hai capito che siamo una cosa sola...”
“Siamo una cosa sola?”
“Sei sempre stata solo mia! Dal nostro primo bacio non c'è mai stata nessun'altra. E per te è stata la stessa cosa! Sono stati solo errori. Errori che hanno rischiato di dividerci, ma io sono qui!”
“Ma non puoi cancellare ciò che è successo!”
“No, ma posso fare in modo che da oggi le cose siano perfette! Te l'ho promesso che sarebbe stato per sempre!”
“Io ti amo!” 
Nicola si sollevò girandosi verso di lei e guardandola negli occhi e la baciò.
“Ho bisogno anche io di te...”
Le sfiorò le labbra con il pollice e lei lo baciò sfiorandogli le labbra, poi tornò ad appoggiare la testa sul suo seno. Poteva sentire il suo cuore battere.
“Batte per me il tuo cuore?"
"Ho paura in questo momento! Sono successe tante cose e ho paura che quando torneremo alla realtà tutto si ripresenti. I problemi, i rancori... Solo fino a ieri ci scambiavamo appena la parola...”
“Anche io ho paura! Ma di quello che provo! Perché ti giuro che la sola idea di perderti di nuovo mi toglie il fiato! Ho bisogno di te come dell'aria che respiro!”
“È abbastanza?”
“No! Non lo è! Non è sufficiente il mio amore! Serve il tuo! Devi fidarti di me! E di quello che proviamo!”
“Io non so vivere senza di te...”
Si alzò e la baciò con passione. Le tolse dalle spalle la vestaglia e poi le sfiorò la pelle.
“Giurami che non finirà!”
“Te lo giuro, Marcella! Ti giuro che ti amerò ogni giorno! Ma tu perdonami per tutto quello che ho fatto!" 
Fecero l'amore prendendosi tutto il tempo che serviva loro per dimostrarsi che erano fatti l'una per l'altro, scoprendosi uguali e diversi ad ogni carezza e ad ogni tocco.
“Perché non usciamo?”
“Perché? Vuoi dire di essere già stanca di me?”
“No, voglio dire che potremmo passare una serata insieme, io e te, ascoltando un po' di musica, bevendo un bicchiere di vino e magari mangiando qualcosa, come se fossimo in vacanza! Questa è una vacanza, no? E poi... Non posso credere che tu non abbia fame!”
“Ne ho! Ma pensavo avremmo ordinato qualcosa... Ma se la mia meravigliosa donna ha voglia di uscire, potremmo cenare in un locale carino, proprio nel centro del paese.”
“Allora prepariamoci!” Marcella era felice, corse in bagno e si preparò con cura, mentre lui la guardava innamorato. Era sempre bella, il tempo non sembrava averla cambiata molto. Nemmeno tutto quello che aveva passato aveva scalfito la sua bellezza. Aveva indossato dei jeans e un maglioncino leggero, con degli stivali. 
“Ehi, hai cambiato idea?”
“No, perché?”
“Perché io sono pronta, mentre tu sei ancora nudo...”
“E non ti piaccio?”
“Ci devo pensare... Sei sempre magrolino...” Marcella rideva mentre guardandosi allo specchio, si pettinava. Lui approfittò della sua distrazione e la prese buttandola sul letto e dopo averla guardata negli occhi le baciò le labbra.
“Ti amo!”
“Quindi ora ti toglierai di nuovo i vestiti e faremo ancora l'amore?”
“No, ora ti preparerai e porterai la tua donna a cena!”
“E va bene...” Nicola si alzò fingendosi offeso e le porse una mano aiutandola a rialzarsi, poi si vestì in fretta.
“Dovresti portarti una giacca, non fa freddo, ma la pioggia di oggi ha rinfrescato, non si sa mai...”
“Come sei premuroso! E ora muoviti!”
 
La piazza era gremita di gente che passeggiava e che ascoltava la musica proveniente dal piccolo palco allestito nel centro. Il locale dove Nicola aveva passato la sera precedente, era pieno e lui entrò per chiedere un tavolo. Marcella rimase poco distante osservandolo sorridente. La sua aria sicura lo rendevano attraente e lei lo guardava con gli stessi occhi di quando la loro storia era iniziata. Mentre lo vedeva camminare notò che alcune ragazze lo osservavano e si scambiavano occhiate e qualche parola. Già, il suo uomo continuava ad essere attraente, a piacere alle donne e un misto di gelosia e orgoglio attraversarono i suoi pensieri. La raggiunse e la invitò a seguirlo, il loro tavolo sarebbe stato subito preparato. Una volta seduti il cameriere portò loro i menù e Nicola ordinò una marea di piatti, come suo solito. Marcella però, era distratta dalle ragazze di prima. Le sembrò che li stessero osservando.
“Dimmi amore, conoscevi questo posto?”
“Sono stato qui ieri sera... L'ho trovato carino...”
“Capisco! E le ragazzine che ci stanno osservando da quando siamo arrivati? Conosci anche loro?”
Nicola si girò, sorrise e alzò la mano salutandole.
“Quindi le conosci?”
“Non proprio! Ieri sera una di loro si è avvicinata e abbiamo scambiato due chiacchiere!”
“Due chiacchiere? Non dirmi quale delle cinque è! Lo immagino! E cosa vi siete detti?”
“Vuoi saperlo?”
“Fai come vuoi!” Marcella si risentì per quell'atteggiamento scanzonato, sembrava che la stesse prendendo in giro.
“Non ci siamo detti nulla di particolare...”
“Da come ci guarda, si direbbe il contrario!”
“Forse non si aspettava di rivedermi stasera, accompagnato dalla donna più bella del mondo!”
“Non fare l'idiota! Ci sei andato a letto?”
“Marcella, ti prego..."
"Ci sei andato a letto? Sì o no?"
"No! E non dovresti nemmeno pensare ad una cosa simile!”
“Ma l'avresti voluto? Avresti voluto andare a letto con quella ragazzina?”
“No! Avrei potuto farlo! Ma nella mia vita ci sei solo tu!”
“Hai cercato di sedurla però!”
“Non ce n'era bisogno... È una ragazza giovane, è stata lei ad avvicinarsi a me. Lei era disponibile ma le ho detto di no!”
“Perché mi fai questo? Perché?”
“Marcella, non è successo nulla!”
“Voglio tornare a casa! Non mi piace essere guardata in quel modo da una ragazzina che nemmeno conosco!”
Lui, sorridendole, si spostò appoggiandosi completamente allo schienale della sedia.
“Lo sai che la tua gelosia mi ha sempre lusingato... Ti trovo irresistibile quando metti quel broncio!”
“Io invece non sopporto il tuo atteggiamento! Sembra tu abbia bisogno di circondarti degli sguardi di qualsiasi donna ti capiti davanti!”
“Non è così! E lo sai molto bene!”
“Andiamo via! Odio il modo in cui ci osservano!”
“Marcella, sei tu la donna che amo, che desidero! Sei tu la mia donna, quella che mi fa impazzire da sempre!”
“Questo non ti impedisce di umiliarmi ogni volta che ne hai la possibilità!”
“Ieri sera ero arrabbiato, confuso! Ma sono qui! Ieri sera ho cercato te, perché sei l'unica che voglio!”
Marcella non lo fece finire, si alzò e senza guardarlo, si voltò dirigendosi verso l'auto parcheggiata. Lo lasciò solo. La ragazza sorridente, gli corse incontro prima che lui potesse seguirla.
“Vuoi raggiungermi al nostro tavolo?”
“Cosa? No grazie! non sono solo!”
“Ma lei se n'è andata!”
“Lei mi sta aspettando!”
“Dammi le chiavi dell'auto, puoi rimanere quanto vuoi!” 
Nicola tolse le mani della ragazza dal suo braccio e senza nemmeno guardarla, si diresse verso Marcella, lasciando l'altra mortificata.
“Andiamocene da qui!”
Le prese la mano e non gliela lasciò nemmeno quando lei cercò di liberarsi.
La fece salire in macchina e nessuno dei due aprì bocca durante il viaggio verso lo chalet.
Lei scese subito dall'auto senza aspettarlo, entrò in casa e si precipitò in camera da letto chiudendosi la porta alle spalle. Lui la raggiunse poco dopo. Cercò di entrare ma la porta era chiusa a chiave. Era arrabbiata. Si sentiva messa alla prova. 
“Aprimi Marcella! Non fare la bambina!”
“Dormi sul divano! È comodo!”
“Apri questa maledetta porta!”
“No!”
“Stai giocando? Fammi entrare! O giuro che la butto giù!”
“Non sto giocando! Lasciami in pace!”
“Spostati perché in un modo o nell'altro entrerò in quella camera!”
Lei non gli rispose! Si tolse i vestiti, andò in bagno e si mise sotto le coperte, tenendo le orecchie aperte e cercando di sentire cosa stesse combinando. Lo sentiva armeggiare con qualcosa nell'altra stanza, poi sentì i suoi passi avvicinarsi di nuovo alla porta. Non le parlò ma cominciò a svitare la serratura della porta.
“Sei impazzito? Cosa diavolo stai facendo? Vuoi romperla?”
“Se necessario!”
“Smettila! Sono stanca!”
“E allora mettiti a dormire!”
“Lo farei se tu non facessi tutto questo baccano!”
“Tranquilla, ancora pochi minuti!”
Continuava a lavorare su quella serratura mentre Marcella, compiaciuta, si rendeva conto che come fabbro non era un granché. Ad un certo punto smise di sentire rumori e sentì i suoi passi che si allontanavano. Che stava facendo? Aveva rinunciato? Meglio! Non aveva davvero nessuna voglia di sentire le sue giustificazioni.
Incuriosita dal silenzio si alzò e appoggiò l'orecchio alla porta. Nulla, non sentiva nulla. Poi, ad un tratto, un forte colpo proveniente dal bagno, la fece sobbalzare. Poi sentì cadere a terra qualcosa con un tonfo sordo, seguito da altri più acuti come i vetri che cadono a terra o piccoli contenitori.
“Ma cosa...”
“Adesso parliamo! O facciamo l'amore! Per me è lo stesso!”
Era entrato dalla finestra del bagno. E aveva fatto cadere tutto quello che c'era sul davanzale. La guardava mentre si toglieva la giacca piena di rametti e foglie che si erano impigliati mentre raggiungeva quella finestra. Era comico così conciato, spettinato, mentre si scuoteva per ripulirsi.
“Guarda cosa hai fatto...”
“Colpa tua! Ora! Parliamo o facciamo l'amore!”
“Nulla di tutto questo! Ripulisci tutto questo disastro e poi lasciami in pace!”
Per nulla convinto, le si avvicinò senza darle il tempo di reagire, la baciò vincendo le sue proteste e poi la fece scivolare sul letto e fecero l'amore.
“Sei più tranquilla?”
“Davvero? Davvero mi stai facendo questa domanda?”
“Te lo chiedo perché adesso dobbiamo sistemare il bagno e ho rotto un vetro, o uno specchio, e temo tu possa usare qualche grossa scheggia per farmi del male...”
“Mi prendi in giro? Sarai tu a ripulire tutto! Spostati!”
“No! Non mi sposto! Sei bellissima quando ti arrabbi...”
“Davvero?... Smettila! Tu sei un idiota invece!”
“Sì, ma sono l'idiota che ami!”
Lei scoppiò a ridere. Era vero. Lo amava con tutta se stessa. Amava davvero tutto di lui. Anche quelle pazzie! E sopratutto perché nessuno la faceva ridere come lui! Ed era sempre stato così.
La strinse tutta la notte, quasi volesse impedirle di allontanarsi da lui anche solo di un centimetro. 
 
“Questa sera abbiamo l'aereo...”
“Già... Scusa se per colpa mia questa vacanza non è stata perfetta!”
“Ma siamo riusciti a parlare, a chiarirci... E a me basta questo! Anche se ancora non abbiamo chiarito quello che è successo...”
“Ti riferisci al mio comportamento dopo aver quasi ucciso un... Verme?”
“No... So che eri sconvolto, che quella notizia è stata devastante e soprattutto so di aver sbagliato a non dirti nulla! Averlo saputo per sbaglio deve essere stato orribile... Volevo rivelarti tutto tenendoti stretto tra le mie braccia...”
“Parli di quella ragazza allora? Amore, ti giuro che non ricordo nemmeno se mi abbia detto il suo nome!”
“Ho sempre temuto ogni donna che ti stava vicino...”
Le accarezzò i capelli sparsi sul suo petto. Lei era sempre stata gelosa, per quelle sue insicurezze che lui tanto amava, ed era riuscito a trasformare le sue paure in realtà.
“Anni fa ti avevo giurato che nessuna donna si sarebbe messa tra di noi... Ma ho infranto quel giuramento. Adesso spero solo che tu possa credermi ancora una volta...”
“Non voglio pensarci! In questo momento non voglio pensare a nulla... Continua a stringermi!”
Marcella si lasciò coccolare fino al momento della partenza, restando silenziosa. 
   
 
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