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Autore: deminamylove    21/03/2018    1 recensioni
Spesso la vita ti illude, facendoti credere che tutto ciò da te desiderato si avveri. Eppure, purtroppo, nulla dura per sempre, né un'amicizia, né un amore. O forse tutto ciò è falso? Forse la chiave di tutto è saper aspettare? Chissà.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DEMI’S POV
Erano le 08:00 ed i miei occhi si erano aperti ancora prima che la sveglia facesse il lavoro per loro. Non riuscivo a restare in quel letto, ogni fibra del mio corpo implorava il mio cervello di farlo alzare da quel materasso ed andare nella stanza accanto. Volevo vedere Mary, come fosse il mio più grande desiderio, ma sapevo che la ragazza non era mai stato un tipo mattiniero e svegliarla a quell’ora probabilmente l’avrebbe solo innervosita. Così decisi di rendermi utile e preparare la colazione. Quando arrivai in cucina con indosso dei pantaloni di tuta ed una felpa decisamente troppo grande per il mio corpo, trovai Giuly, fresca di doccia, vestita e truccata.
“Buon giorno” annunciai la mia presenza, facendole quasi cadere la tazzina di caffè che reggeva in mano. Non mi aveva sentita arrivare.
“Demi, buon giorno” mi rispose sorridendomi, alzandosi per andare a riporre la piccola conca di ceramica nel lavatoio “allora, come mai già sveglia?” chiese poi, girandosi verso di me.
“Ho dormito abbastanza e volevo preparare la colazione, ma vedo che stai per uscire...” le risposi squadrandola, con uno sguardo incuriosito che la spronò a soddisfare la mia curiosità.
“Bill torna oggi da un viaggio di lavoro, così sto andando all’aeroporto a fargli una sorpresa” mi spiegò, con un leggero luccichio di emozione negli occhi.
“Bene, sono felice per te… potrei, ad ogni modo invadere la tua cucina per preparare dei pancakes? Pulisco tutto dopo, promesso” la pregai quasi, con un leggero imbarazzo in viso quando notai il comparire sul suo volto di uno sguardo leggermente malizioso ed inquisitorio.
“Porti la colazione a letto a Mary, eh? E brava Devonne” mi rimbeccò lei, camminando verso di me per darmi delle lievi pacche sulla spalla ed iniziare a ridere per prendermi in giro “non ti facevo così romantica… che diavolo dico, ovvio che ti facevo così romantica, anzi, non ti facevo così precoce… ben fatto amica” continuò, ricollegandosi in maniera più che esplicita all’episodio poco casto a cui aveva avuto modo di assistere la sera prima “mi raccomando, non rompete nulla mentre sono via” concluse ridendo, mentre prendeva la borsa e, senza voltarsi, si incamminava verso la porta. Quando sentii quest’ultima chiudersi, cacciai sonoramente fuori tutto il fiato che avevo trattenuto per il disagio che avevo provato, e quando il colorito in volto tornò normale, feci sfuggire dalle mie labbra una piccola risata.
Maledizione Giuly, proprio in quel momento dovevi entrare in stanza ieri.
Rassegnata ormai al fatto che quella ragazza avrebbe potuto prendermi in giro per chissà quanto altro tempo, entrai nella cucina ed iniziai a cercare gli ingredienti che mi sarebbero serviti.
Quando aprii la porta della sua camera, cercai di essere il più delicata possibile. Ovviamente la prima cosa che vidi fu il suo piccolo corpo raggomitolato sotto le coperte, con solo metà testa al di fuori. Era davvero dolcissima.
Sempre con estrema attenzione avanzai, con passi quanto più possibili delicati e felpati, e quando arrivai alla scrivania per poggiare il vassoio che reggeva il mio capolavoro, mi sentii fiera di me stessa. Fu inevitabile notare un diario al di sopra di esso, chiuso, con una penna accanto. Non sapevo Mary scrivesse. La fodera era in pelle nera, leggermente rovinata, segno che probabilmente quel piccolo libro aveva condiviso un bel po’ di tempo della sua vita con la ragazza dormiente. Lo presi tra le mani ed una voglia matta di aprirlo mi trapanò il cervello. Così mi voltai per dare un ultimo sguardo a quell’angelo sotto le coperte, prima di prendere quella decisione egoista e sbagliata, sedermi sulla sedia di fronte la scrivania, e sfogliarlo. Da una superficiale ispezione potei constatare quanto fitti fossero i testi di inchiostro nero che ricoprivano quelle pagine, e ciò non fece altro che incrementare la mia curiosità. Decisi di leggere così la prima pagina, dove si trovava una semplice frase e nient’altro.
SARO’ SEMPRE CON TE, RICORDA.
Alche alzai lo sguardo un’ultima volta prima di decidermi ad affrontare una lettura che in quell’istante percepivo quasi come illegale. Ero una criminale della morale umana, ero la ladra che stava per appropriarsi dei pensieri, ricordi, sensazioni, emozioni, dei tesori che Mary aveva deciso di custodire in quel diario con la sicurezza che in quel modo sarebbero stati al sicuro. Tuttavia, peccare è umano, e quello mi sentii, una peccatrice, quando girai la pagina ed iniziai a leggere.
La prima data segnava un anno diverso da quello in cui vivevo quel giorno, e dalle parole “madre” e “padre” che si ripetevano spesso, intuii che quando Mary ebbe iniziato questo diario, viveva ancora con i suoi genitori. Solo in quel momento mi resi conto, come un’illuminazione sconsolante, che Mary non mi aveva mai parlato della sua famiglia, e la cosa mi apparì così strana che decisi di continuare a leggere come a cercare delle risposte.
Era passata un’ora da quando avevo iniziato ed ogni tanto dirigevo il mio sguardo verso il letto per verificare lo stato incosciente della ragazza stesa su quel materasso, per poi procedere nella mia ricerca di verità ed informazioni. In quei sessanta minuti avevo trovato risposte ad interrogativi molti dei quali non mi ero mai posta e mi vergognavo per quello.
Caro diario,
oggi è stata dura, forse più del solito. Mio padre continua a non parlarmi, a far finta che io non esista. Mia madre tenta di avere conversazioni, direi quasi didattiche, con me riguardanti Dio e la famiglia, su come sia una mostruosità sentire attrazione per le donne da parte mia, anche se non usa letteralmente queste parole. Mi sento sola, mi sento sbagliata, provo vergogna verso di me, e mi dispiace per i miei, mi dispiace essere una tale delusione perché non se lo meritano. Mi hanno sempre dato così tanto amore e affetto e tutto ciò che vorrei è vederli felici, leggere nuovamente gioia nei loro occhi quando incontrano i miei; invece tutto ciò che si rivela a me è sofferenza, frustrazione, come se avessero realizzato che sarebbe stato meglio usare un preservativo quel giorno, anziché avere me.
Mio padre ha pianto a cena. Non lo avevo mai visto piangere. È colpa mia, per questo devo punirmi, per ogni singola lacrima che il mio papà ha versato a causa mia.
Mary”
Leggere quelle pagine faceva male. Non mi ero mai chiesta delle sue origini e non le avevo mai dato l’opportunità di affrontare l’argomento delle cicatrici dopo che l’ebbi scoperto. Che razza di amica ero. Che razza di ragazza ero.
Proseguendo, arrivai a trovare racconti su come avesse trovato il coraggio di lasciare quella casa dove non si sentiva più bene accetta, su come avesse finalmente deciso di andare avanti e capire che il dolore che i suoi genitori provavano non dipendeva da lei, ma dalla mentalità chiusa nella quale il padre e la madre insistevano a vivere con caparbietà. Ciò mi fece sorridere, finalmente. Trovare il modo di uscire da un labirinto buio quale era stato l’insieme degli ultimi tempi durante i quali Mary aveva dovuto sopportare tutto quello, non era mai facile, mai. Per quel motivo mi sentii fiera di lei, ma d’altronde, lo ero stata dal giorno in cui l’avevo conosciuta, in quel bar, quella mattina.
Dovetti reprimere con grande sforzo le risate che tentavano disperatamente di liberarsi dalla mia bocca quando arrivai a leggere della sera del giorno del nostro incontro. Mi odiava per averla lasciata sola e per essere andata via con Giuly, ma allo stesso tempo era evidente che cercasse di reprimere ciò che realmente provava. Continuando la lettura, tuttavia, il sorriso sparì pian piano dal mio viso.
Caro diario,
oggi è successa una cosa davvero al di fuori degli schemi. Ho incontrato Demi Lovato, la cantante che tanto ama Giuly, quella per cui mi ha telefonata tutto il giorno per chiedere se l’avessi vista o semplicemente per urlare e sclerare nelle mie orecchie dato che non ha altre orecchie da torturare (Bill la mollerebbe, ne sono sicura, e ne è sicura anche lei). Ad ogni modo, l’ho incontrata in uno dei bar in cui lavoro e lì per lì non sapevo che fare: l’avevo riconosciuta, ma non sapevo se dirglielo o no, così ho cercato di comportarmi normalmente, ma ormai sai quanto io faccia pena a fingere o mentire, così quando mi ha tolto da questo peso presentandosi lei stessa, sono tornata a respirare, e quando l’ho guardata negli occhi è stato come, o mio Dio, essere colpita da un fulmine, non so se mi spiego. Non era più Demi, era una donna dannatamente sexy e dolce. Ogni parte del mio corpo non voleva fare altro che avvicinarsi a lei il più possibile. Non sono una maniaca sessuale, sono più che sicura di questo, ma quella donna mi ispirava davvero di tutto e di più. Insomma, abbiamo parlato e si è dimostrata l’angelo che Giuly mi aveva sempre descritto, solo che… ad un certo punto è stato come se tutta la speranza che si era creata nella mia testa fosse evaporata, in un istante. So che non è stata la prima volta che qualcuno mi ha delusa o ferita, ma con lei è stato come sentire lo stesso dolore moltiplicato per 10. Mi sono sentita messa in secondo piano di nuovo, dopo così tanto tempo dall’ultima volta ed in maniera così opprimente che desidererei così tanto che tu fossi una persona vera, una persona che ormai mi conosce meglio di chiunque altro, per sentirmi dire da te che andrà tutto bene, come sempre… ma ormai ho imparato: la speranza è per gli illusi, e le illusioni sono per gli stupidi.
Mary”
Un’altra ora era trascorsa, Mary dormiva ancora. Era incredibile come quella ragazza riuscisse a tenere gli occhi chiusi per così tanto tempo. Tuttavia, in quel momento ringraziai la sua pigrizia, perché mi diede il tempo di completare il diario. Arrivai così a quel giorno che la condusse in ospedale, alla depressione che ne seguì, alle sue paranoie su se stessa, fino a quella sera: la sera in cui tornai a casa ubriaca e le dissi che l’avevo tradita. Erano parole ricche di odio nei miei confronti, odio puro, ma non erano rivolte solo a me. Era strano, quasi inquietante, come convinse se stessa che l’errore da me fatto fosse stato causato, in realtà, anche da lei. Quel disagio che provava verso di sé, verso ciò che era diventata dopo quell’inferno seguente all’ospedale, era ben descritto nelle ultime pagine.
Caro diario,
mi sembra tanto di essere tornata indietro nel tempo, è possibile? Ho distrutto tutto ciò che ero riuscita a creare dopo aver lasciato quella casa che tanto mi odiava. Ho rovinato la vita dell’unica persona che abbia mai amato, rovinando la mia. La parola “mostro” si sta ripresentando nella mia mente, una mente che sta morendo, insieme al corpo. Ormai sono solo un peso per tutti, nel senso metaforico del termine ovviamente. Sono un senso di colpa da superare, sono una malata da curare, sono una pazza da controllare. Che vita è questa? Di sicuro non quella che mi ero immaginata di avere. Giuly non merita questo… Demi non merita questo. Ho fatto la cosa giusta andandomene da lei, ora potrà riprendere in mano il suo futuro, raggiungere finalmente i suoi obiettivi, senza dover fare la badante della sua ragazza. Sarà più felice senza di me, tutti lo sono, partendo dai miei genitori. Forse hanno davvero sbagliato, quel giorno, a non usare il preservativo.
Mary”
Lessi l’ultima pagina, con una lacrima che scorreva ormai sulla mia guancia.
“Trovato niente di interessante?” mi soprese una voce roca, facendomi leggermente saltare e girare di scatto. Mary si era appena svegliata.
“I-io… scusami, ti prego non odiarmi per averlo letto, è solo che ti avevo portato la colazione in camera e il diario era lì e…”
“Demi, calmati” disse improvvisamente lei, fermando la mia raffica di parole spaventate, mentre iniziava a stiracchiarsi. Era così dolce. Riprese, poi, a guardarmi, con un piccolo sorriso sul volto.
“Vieni qui” disse, ed io non ci pensai due volte ad andare incontro a quelle braccia aperte che stavano aspettando me, nessun altro.
“Mary davvero, mi dispiace…” iniziai a dire, una volta stesami sul letto affianco a lei mentre la tenevo stretta tra le mie braccia. Ora che sapevo tutto della sua vita, mi sentivo ancora più fortunata ad averla.
“Demi, è tutto okay, non sono arrabbiata con te” cercò di calmarmi staccandosi lievemente da me per guardarmi negli occhi “quel diario me lo regalò mia nonna qualche giorno prima di morire. Era la persona che più adoravo al mondo ed avevo ancora così tanto bisogno di lei che decise di regalarmi un posto dove rimanere e parlare con lei ancora per un po’. Ho sempre avuto così tanto bisogno di un supporto nella mia vita, di una certezza a cui aggrapparmi, o sarei caduta. E ora ciò che mi tiene in vita sei tu” disse infine, con delle lacrime che solcavano i suoi zigomi per arrivare, poi, alle increspature del suo splendido sorriso. Era così bella e la amavo così tanto che trovai quasi impossibile non baciarla in quel momento e così feci. Lei si aggrappò ancora più forte a me, ed io la strinsi con maggiore intensità, come per darle conferma di ciò che aveva detto pochi istanti prima.
“Quindi…” riprese poi, staccandosi dalle mie labbra giusto lo spazio per parlare, ma non abbastanza da dividere le nostre fronti “… mi hai solo fatto risparmiare l’enormità del tempo che avrei impiegato per raccontarti la mia triste e patetica vita” disse ridendo, per poi riprendere a baciarmi “tu sei la mia persona, ed io non avrò mai più segreti per te”
“Sono così follemente innamorata di te e della tua triste e patetica vita che non so nemmeno come dirtelo a parole quanto io ti ami” le risposi, con gli occhi pieni di emozione e di gioia.
“Allora non usare le parole” concluse in un sussurro lei, un sussurro che, tuttavia, capii perfettamente.
Iniziai a baciarla, prima con delicatezza, poi sempre con più passione. Mi posizionai sopra di lei, mentre divaricava leggermente le gambe per farmi posizionare al centro di esse. I miei baci percorsero i lineamenti della mascella, fino ad arrivare sotto all’orecchio sinistro. Fu allora che sentii il primo gemito, anche se lieve.
“Ti amo così tanto Demi…” diceva, mentre le accarezzavo i fianchi da sotto la maglietta “farei qualsiasi cosa per te” continuava e fu allora che mi venne l’idea, come se nella mia testa si fosse appena accesa la famosa lampadina.
“Qualsiasi cosa?” le chiesi, interrompendo i baci per ripristinare il contatto visivo.
“Qualsiasi”
“Bene” a quella risposta mi alzai da sopra di lei, con una protesta non poco insistente da parte di Mary, scesi dal letto e mi avvicinai alla porta chiusa.
“Dove stai andando?” mi chiese confusa. Mi fermai sul limite della porta per chiuderla a chiave, prima di girarmi a guardarla.
“Vieni qui da me” le dissi sorridendo dolcemente. A quella mia richiesta, la gioia sul suo volto sparì, insieme a quella luce che le stava caratterizzando gli occhi dalla sera prima. Il suo sguardo verso di me divenne duro, freddo, distante… di nuovo.
“Lo sai che non posso” rispose con voce atona.
“Sì che puoi, e dovrai farlo, se vuoi darmi un bacio” le dissi, senza smettere di sorriderle. Dovevo rassicurarla, dovevo spronarla. Ero io la sua àncora a questa vita, dopotutto, e lei non poteva vivere la sua esistenza seduta su un letto.
“Demi, smettila” ora il suo tono di voce era arrabbiato, ma non mi feci scoraggiare.
“Vuoi davvero lasciarmi qui, tutta sola?” dissi, con voce sarcastica, ed alle parole aggiunsi i fatti: mi sfilai in maniera estremamente lenta prima la felpa, in modo tale da rimanere in reggiseno.
“Ma cosa…” il suo sguardo cambiò improvvisamente, da arrabbiato a completamente confuso. L’avevo presa alla sprovvista. A quel mutamento le sorrisi maliziosamente, come per sfidarla, prima di girarmi di spalle e sfilarmi i pantaloni della tuta, dandole una perfetta visuale del mio lato B. Quando ruotai nuovamente su me stessa, i suoi occhi e la sua bocca erano totalmente spalancati. Avevo finalmente attirato la sua attenzione. Mi avvicinai piano al lato del letto, alche lei, con un po’ di fatica, si mise a sedere su quest’ultimo. Allungò la mano per toccarmi il fianco destro, ed io glielo permisi, prima di chinarmi su di lei, prenderle il viso tra le mani e baciarla intensamente. Fu quando la sua mano scese più in basso che mi staccai, allontanandomi da lei di un paio di passi.
“Mi vuoi? Vieni da me”
“Io…”
“Mary, puoi farcela. Io credo in te” la incoraggiai, trasmettendole tutta la fiducia che io riponevo in lei affinché iniziasse ad averne un po’ anche lei in sé. Esultai interiormente quando la vidi porre un’estrema forza nelle braccia per sollevarsi dal letto e mettersi in piedi. Quando si rese conto della vittoria che aveva raggiunto, mi guardò sorridendo, sconvolta, ma dopo pochi secondi, le sue gambe cedettero appena, quel tanto che bastava per rischiare di farla cadere, ma lo evitai prontamente, afferrandola. La tenevo a me con un braccio intorno alla vita, aiutandola a tenersi in piedi. Poggiò, così, le sue mani sulle mie spalle come appoggio, io spostai le mie sui suoi fianchi per darle stabilità. Mi guardò negli occhi e vidi per la prima volta dopo tanto tempo una forza ed una volontà che credevo quasi di aver dimenticato.
“Puoi farcela” le ripetevo “puoi farcela, puoi farcela, puoi farcela…” e senza mai rompere il contatto visivo, le sue gambe iniziarono a lavorare leggermente, formando piccoli passi alla volta. Quando se ne rese conto, iniziò a piangere, ma sorridendo.
“Demi, io cammino” disse, sopraffatta dalle emozioni “io cammino, sto camminando” continuava a ripetere sconvolta, passo dopo passo. Ero così presa dalla situazione che iniziai a piangere anch’io. Mary camminava, dopo quasi un mese di immobilità, ed era la cosa migliore che potesse capitare in quel momento. Dopo un paio di metri, le sue gambe si riempirono come di una scarica di adrenalina, perché Mary mi prese per la nuca avvicinandomi a lei, e mi baciò in maniera disperata e desiderosa. Non si reggeva più a me, era autonoma, così abbracciai il suo busto per unire completamente i nostri corpi. Si staccò di un soffio dalle mie labbra, senza che nessuna delle due aprisse gli occhi.
“Ora voglio il mio premio”.


Spazio autrice:
Buonasera! Credo che questo sia stato uno dei capitoli più belli che abbia scritto finora, poi non so cosa ne pensiate voi ahaha. Ad ogni modo, il prossimo è l'ultimo della storia, ma volevo ringraziare già da ora le persone che hanno deciso di dedicare tempo prezioso delle loro vite a leggere questo mio piccolo romanzo ahaha.. quindi, fatemi sapere, come sempre, cosa ne pensate con un commento, mi farebbe molto piacere. :)

A presto,

Mary
  
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