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Autore: PathosforaBeast    21/03/2018    3 recensioni
La porta viene sbattuta con tutta la violenza possibile e ti senti gelare al tonfo di qualcosa di pesante sbattuto contro il muro. Preghi che non si sia fatto nulla ma poi un unico rumore ti fa stringere il cuore tra sofferenza e sollievo.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Drop.

 
 
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“Ho un appuntamento importante e non posso rimandarlo”.
Glielo leggi già negli occhi. Prende in fretta il cellulare mentre ti sorride. Dice di stare bene. Ma quando ritorna a casa e l’odore di alcool è così forte che l’istinto di scansarti prevarica quasi su quello di aiutarlo a non cadere a terra, capisci che ormai c’è poco da fare.
La vita di John tende più alla bottiglia che tiene stretta al petto più che a se stesso.
Sherlock non gli avrebbe mai permesso di distruggersi in questo modo. Ma nominarlo è inutile. Sai quanto ci starebbe male se ne risentisse solo le iniziali. Sta cercando di rimarginare una ferita troppo grande ed è così frustrante per te non poter far altro che assistere a quello scenario di autodistruzione. Ti sembrano così lontani i tempi in cui risalivi verso il loro appartamento e li trovavi immersi tra pile di libri, a discutere o a nascondersi le sigarette a vicenda.
Sempre insieme. Sherlock Holmes e John Watson avevano creato un mondo così bello ed unito ma ora era stato spaccato dolorosamente a metà.
Lo segui mentre si dirige al piano di sopra ma d’un tratto si ferma voltandosi verso te.
“Non ho bisogno di essere accompagnato, posso farcela da solo. Vada pure via”.
“John ma non vedi ch…”
“LE HO DETTO DI ANDARE VIA” per un attimo la sua voce è così forte che senti ogni fibra del tuo corpo bloccarsi. Si sente forte ad alzare la voce ma in un attimo sei già di fronte a lui per guardarlo dritto negli occhi. Nessun urlo ti ha mai fermata e non inizierai certo stasera a startene con la testa abbassata.
“John Watson, io non so che cosa ti stia passando per la testa ma non provare mai più ad alzare la voce con me in questo modo o Dio solo sa quante te ne farò sentire. Se sei così ubriaco da averlo dimenticato ti ricordo che questa è casa mia ed è mio diritto intervenire quando sta succedendo qualcosa di sbagliato. Quindi se decido di seguirti, io lo faccio e tu non devi provare nemmeno ad aprir bocca. Mi hai capita?”  
Per un attimo il suo sguardo è così perso che ti chiedi seriamente se capisce con chi sta parlando in questo momento ma appena ritrova le chiavi dell’appartamento, ti da le spalle così repentinamente che non hai neanche il tempo di farti ripetere quello che ha sussurrato a testa china.
La porta viene sbattuta con tutta la violenza possibile e ti senti gelare al tonfo di qualcosa di pesante sbattuto contro il muro. Preghi che non si sia fatto nulla ma poi un unico rumore ti fa stringere il cuore tra sofferenza e sollievo.
Lo senti piangere.
 
Neanche quel giorno lasciò fuoriuscire una lacrima. John Hamish Watson non diede, quel giorno, a nessuno il tempo di dimostrarsi dispiaciuto o compatirlo per quella solitudine completamente nuova e disarmante. John Hamish Watson quel giorno non fece altro che girare per casa cercando di dare una mano. “Dovrò pur essere utile in qualcosa ora”, diceva. Invece non faceva altro che prendere a pugni l’istinto di piangere e lo lasciava sprofondare sempre più in giù. Fino in fondo allo stomaco. E ora cercava di riempirlo con una bottiglia di vodka.

Solo dopo qualche ora, appena hai ritrovato le forze per spostarti in cucina, senti i suoi gemiti e urla affievolirsi ma tieni ancora una volta gli occhi fissi sulla porta. Sai che è stupido e non accadrà mai ma lo aspetti tutti i giorni. Immagini già la scena: aprirà la porta e vedrai prima il suo cappotto nero e poi il suo sorriso meraviglioso facendo finta che non sia successo nulla. Vi abbraccerete forte e lo rimprovererai per tutte le volte che ti ha fatto preoccupare ma lui ti prenderà il viso tra le mani dicendoti “Ora sono qui e andrà tutto bene”. Ma l’unica realtà che vi circonda ora è quella maledetta bottiglia di vodka e sbatterla nel bidone della spazzatura è la più magra delle consolazioni. C’è anche spazio a sufficienza per gettarci dentro tutti i sogni che hai, per le speranze che porti; pensi, eppure te le tieni strette al cuore perché anche se sono irrealizzabili, sono l’unico motivo che ti spinge a tirare avanti. Non puoi lasciare che le ceneri di ciò che vi è accaduto vi soffochino e vi distruggano. E se John non ha la forza necessaria per stringere il mondo tra le mani e medicarlo, lo devi fare tu.
Vorresti solo avere la forza necessaria per risollevarvi quanto prima.
Con questo pensiero incroci le braccia sul tavolo della cucina e ti addormenti  lì. Che questa sia l’ultima o un’altra delle tante notti non fa la differenza.  L’importante è restare vigile ai primi rumori della campanella. Pronta ad incontrare di nuovo quegli occhi azzurri.
 
 
 


“Signora Hudson, posso parlarle?”
Succede tutto così in fretta quel giorno.
Annuisci appena e inizia a parlare sedendosi di fronte a te. Ha la barba ancora incolta e due occhiaie tremende che lo fanno sembrare ancora più angosciato. “Sa, questo periodo a Baker Street è stato molto… stimolante. Abbiamo vissute tante cose insieme, no? Siamo sempre stati in movimento tra i- il lavoro e il resto ma…” respira e ti guarda dritta negli occhi “ora sento che devo cercare una strada tutta mia. Mi voglio trasferire.”
Senti la gola seccarsi, gli occhi bruciare e fai appena in tempo a spostarti verso il bollitore per non incrociare di nuovo il suo sguardo. “Sei sicuro di questa scelta? Puoi sempre pretenderti tutto il tempo che ti serve.”
“Lo so ma in verità già ci stavo  pensando da un po’. Non potrà farmi altro che bene”. Lo senti spostarsi neanche a metà frase. Già vorrà preparare le valigie.
“Almeno verrai a trovarmi? Non pensare di lasciarmi qui tutta da sola perché se solo ci pensi…”
E ti abbraccia.
“Certo che lo farò. Ho solo bisogno di cambiare aria per qualche mese, poi ritornerà tutto come prima. È una promessa”.
Se questo è il prezzo per star bene; stare lontano da te, lontano da tutti questi ricordi, che sia.
Ma in cuor tuo già sai che sta mentendo. Perché dalla morte di Sherlock non ti sei ripresa neanche tu.
E ti ci vorrà molto più tempo per convivere con la cenere di ciò che è restato.
Perché tu sei un fuoco ma  porti luce e vita.
   
 
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