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Autore: Kim WinterNight    22/03/2018    2 recensioni
Scappare non è sempre simbolo di codardia. Ognuno di noi ha un motivo valido per cui vorrebbe scappare da qualcuno o qualcosa: chi per dimenticare, chi per liberare la mente, chi per accompagnare qualcun altro nella fuga, chi per uscire di casa, chi per volere di un'entità superiore...
Ma tutti, forse, lo facciamo per cercare un po' di libertà e per rendere noi stessi più forti e capaci di ricominciare a lottare.
DAL TESTO:
Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. [...]
Notai una figura rannicchiata in fondo, in posizione fetale e con le braccia strette al corpo. Tremava vistosamente e teneva gli occhi serrati.
«Non vuole uscire di lì... non so più cosa fare» sospirò lei, portandosi una mano sulla fronte. [...]
«Non ti incazzare, amico. Ci tenevo solo a invitarti personalmente al mio matrimonio.»
Digrignai i denti e osservai, senza neanche vederli, gli automobilisti a bordo dei loro veicoli che mi superavano e mi evitavano per miracolo, per poi imprecare contro di me e schiacciare sul clacson con fare contrariato. [...]
«Avresti potuto chiedermelo, magari?» commentai, incrociando le braccia sul petto.
«Avresti rifiutato» si giustificò.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

Angels

[Leah]




Io e Samantha eravamo a Los Angeles da due giorni e io mi stavo innamorando perdutamente di quella città. Ancor prima che me ne rendessi conto, avevo deciso che quel luogo mi avrebbe accolto una volta conclusi i miei studi, qualsiasi cosa avrei deciso di fare. Questo sarebbe accaduto a prescindere da tutto, a prescindere da come sarebbero andate le cose con Shavo.

Lanciai uno sguardo al bassista. Eravamo sulle scale mobili, in uscita dal cinema. Avevamo convinto Daron e Samantha a venire con noi, Shavo aveva voluto assolutamente guardare Beneath, un film horror dove un gruppo di adolescenti veniva attaccato da una strana creatura marina simile a un pesce gatto. Personalmente l'avevo trovato noioso e molto simile a tanti altri, ma il mio ragazzo era euforico e sembrava avesse scoperto il nuovo capolavoro del secolo.

«Faceva pietà» commentò Daron, sbadigliando per l'ennesima volta. Il chitarrista non aveva fatto che strafogarsi di pop corn, annoiato almeno quanto me.

«No dai, era carino! Io sono stata in ansia per tutto il tempo» intervenne Samantha, stringendosi le braccia attorno al corpo. Si comportava come se ancora si trovasse dentro la sala del cinema e le scene del film si stessero ancora svolgendo di fronte ai suoi occhi.

«Non ha fatto che tremare e mugolare» la punzecchiò Daron. Poi sogghignò e le diede di gomito. «In altre circostanze mi sarei divertito a consolarti, bellezza» aggiunse.

Samantha alzò gli occhi al cielo e saltò a terra, essendo la prima della fila a dover scendere dalle scale mobili.

Afferrai la mano di Shavo e me lo trascinai dietro. «Invece questo qui era tutto preso dal film» sbuffai, lanciando un'occhiata veloce al bassista.

«Mi è piaciuto tantissimo, oh, che bomba!» esclamò lui, per poi stringersi nelle spalle e rivolgermi un sorriso luminoso e ampio.

«Sei senza speranze, faceva proprio schifo. A un certo punto mi sono appisolata» raccontai.

«Tu non capisci l'arte» blaterò Shavo.

«Come no. Io avrei voluto vedere Aftershock, ma tu hai detto che quello è troppo drammatico. Sei una femminuccia, Shavarsh. Almeno si basa su una storia vera» ribattei con convinzione, camminando verso l'uscita della struttura.

Il cinema si trovava all'interno di un grande centro commerciale, un luogo affollato e ampio, con profumava di cibo spazzatura e puzzava di umanità.

«Io invece avrei guardato volentieri quella commedia del centro anziani» borbottò Daron, prendendo sottobraccio Samantha e spingendola verso l'uscita.

«Anche quello dev'essere carino. Si chiama 3 Geezers!» esclamai.

«Ho proposto io di venire al cinema, quindi era logico che avrei scelto io cosa guardare. Fatevene una ragione» gracchiò il bassista in tono solenne.

Scoppiammo tutti a ridere e finalmente ci ritrovammo all'aria aperta. Erano quasi le otto di sera, ma l'aria non si era ancora rinfrescata. Ormai eravamo a fine maggio e il caldo sarebbe andato sempre crescendo. Tuttavia, non mi sentivo soffocare come quando mi trovavo a Las Vegas; il fatto che la mia città natale fosse così vicina al deserto rendeva il clima particolarmente invivibile in molti periodi dell'anno.

Mentre cercavamo l'auto di Daron nell'immenso parcheggio, notai un ragazzo sui vent'anni che ci fissava. Tentai di non badarci troppo, ma sentivo il suo sguardo addosso e la cosa mi infastidiva.

Poco dopo, il giovane prese a camminare verso di noi e ci venne dietro, poi lo sentii chiamare a gran voce: «Shavo? Shavo!».

Il bassista si bloccò all'improvviso e si voltò nella sua direzione senza lasciar andare la mia mano. Anche Daron e Samantha si fermarono e rimasero in piedi qualche metro dietro di noi.

Il ragazzo ci raggiunse, così potei osservarlo meglio: era alto circa un metro e ottanta, portava i capelli rasati ai due lati della testa e nel mezzo sfoggiava una cresta verde fluorescente; contrariamente a quanto mi aspettassi, non mostrava di possedere piercing e tatuaggi, il suo viso appariva sottile e dai lineamenti piuttosto delicati, accentuati dalla totale assenza di barba, baffi e pizzetto.

«Ciao. Cosa posso fare per te?» gli domandò Shavo, regalandogli un sorriso.

«Scusa se ti disturbo, davvero, ma quando ti ho visto... ti ho riconosciuto subito, sai, per il pizzetto» spiegò tutto agitato il tizio, gesticolando e mostrando di essere piuttosto timido e a disagio.

«Ma certo, questo affare mi tradisce sempre! Come ti chiami, amico?» proseguì il bassista.

A quel punto gli lasciai la mano e mi feci leggermente da parte, raggiungendo Daron e Samantha.

«Non mi ha riconosciuto» sibilò il chitarrista, mettendosi di spalle con discrezione, con la scusa di costruirsi una sigaretta.

«Se rimani così, dubito che si renderà conto che ci sei anche tu. Però sembra tranquillo, dai. Sei proprio un orso» lo punzecchiai.

«Pidocchio antipatico» sentenziò Samantha, lanciando un'occhiata dispiaciuta in direzione di Shavo e del suo fan.

«Bene, Steve, certo che facciamo una foto!» sentii dire al mio ragazzo.

Osservai Steve portar fuori il suo cellulare, poi si bloccò e si guardò attorno.

«Cosa c'è che non va, amico?» gli chiese Shavo in tono tranquillo.

«Sono una frana con i selfie... non è che qualcuno...» Il suo sguardo incrociò quello di Samantha. «Signorina, mi scusi, può scattare lei la foto?» la apostrofò timidamente.

Lei si sciolse in un caldo sorriso, nel quale però mi parve di scorgere qualcosa di strano. Le mie supposizioni divennero realtà quando la sentii parlare.

«Certo, ci penso io. Ehi, Daron, perché non ti avvicini anche tu? Magari il ragazzo vuole conoscerti» disse infatti la mia amica a voce alta.

Osservai prima il chitarrista, il quale sbiancò per un istante e fu costretto a lasciar perdere la preparazione della sua stecca di erba; poi lanciai un'occhiata a Steve e mi resi conto che i suoi occhi si erano sgranati per la sorpresa.

Samantha afferrò Daron per un braccio e lo trascinò con sé, continuando a blaterare: «Non ti eri accorto di lui, vero? Sai com'è fatto, a volte è un po' acido. Ma eccolo qui, ti presento Daron, il chitarrista della band».

Ridacchiando, mi accostai anche io agli altri e continuai a godermi la scena.

«Daron, che piacere! Ho riconosciuto Shavo, ma non ti avevo proprio visto! Che fortuna!» esclamò Steve tutto contento.

Mi accorsi solo in quel momento che una mezza dozzina di persone si era radunata poco distante da noi: tutti tenevano gli occhi puntati sui due componenti dei System e stringevano in mano fotocamere e cellulari, attendendo pazientemente di poter chiedere loro una foto.

«Shavarsh, ce ne sono altri» mormorai, accostandomi con discrezione a lui.

Intanto Daron era ammutolito e la sua espressione si era fatta di pietra; non mutò neanche quando Steve si accostò timidamente a lui per fare la foto, né quando Samantha gli intimò di sorridere e di smetterla di essere così burbero e intrattabile.

Sapevo benissimo che la mia amica stava sbagliando; forse io e Daron non ci conoscevamo da una vita, ma avevo imparato a capire quando era il caso di lasciarlo in pace e di non forzare la mano. Quel giorno era stato particolarmente silenzioso e si era annoiato durante il film, inoltre aveva cercato di evitare che Steve lo vedesse, segno che non aveva nessuna voglia di avere a che fare con fan e ammiratori. Invece ora si ritrovava a dover soddisfare non solo uno, ma diversi seguaci che si erano accorti della presenza di due musicisti dei System Of A Down nel parcheggio di quel centro commerciale situato poco distante da Van Nuys, a Los Angeles.

Decisi di intervenire, non potevo sopportare che Daron stesse così male. Lo vedevo terribilmente a disagio e la cosa non mi piaceva per niente.

«Daron, scusa, mi accompagni a comprare qualcosa da mangiare? Credo di avere un calo di zuccheri» feci, poco prima che Samantha scattasse l'ennesima foto a lui, Shavo e Steve.

«Ma Leah, è con i suoi fan! Non puoi aspettare?» saltò su la mia amica.

La incenerii con lo sguardo e afferrai Daron per il gomito, trascinandolo via senza badare alle proteste di Samantha e degli altri ragazzi che avrebbero voluto avere a che fare con lui.

«Mi dispiace tanto per Sam. Dopo le parlo e sistemo le cose» dissi al mio amico, rientrando nel centro commerciale.

Daron si guardò intorno in cerca di una panchina e, dopo averne individuato una libera, si diresse subito in quella direzione con me al seguito.

«Non preoccuparti, posso parlare io con Samantha» rispose in tono piatto.

Ci sedemmo su una scomoda tavola di legno levigato, sorretta da una struttura in ferro e priva di schienale. Mi voltai subito in cerca degli occhi del chitarrista e li trovai cupi, assorti in chissà quali pensieri.

«Daron, mi dispiace. Davvero» ripetei, non sapendo assolutamente cos'altro dire.

«Non importa. Forse ha pure ragione. Sono sempre così acido con i miei fan...»

Scossi il capo. «No! Non è sempre così, non essere sciocco e non dare retta a ciò che ti dice Sam. Lei spesso esagera, la conosco bene e so che è fatta così. È una ragazza orgogliosa, non ammetterà mai di aver sbagliato. Ma credo che si sia già resa conto di aver commesso un errore» lo rassicurai.

Daron si piegò in avanti e appoggiò le braccia sulle ginocchia, lasciando penzolare le mani di fronte a sé. «Leah, perché mi piacciono sempre le persone sbagliate?» mi domandò all'improvviso.

Rimasi spiazzata, ma provai anche un moto di tenerezza nei confronti del mio amico. Allungai una mano e gliela posai sulla spalla.

«Dico sul serio» aggiunse.

«La vita è una bastarda, ecco perché. Credi che a me non sia capitato? Senti questa.»

Lui mi lanciò un'occhiata e annuì. «Racconta.»

Mi sistemai meglio al suo fianco e cominciai a raccontare: «Qualche anno fa ho conosciuto un ragazzo. Frequentava il mio stesso liceo, ma era più piccolo di me di un anno. Si chiamava Morgan ed era veramente intrigante. Lo trovavo divertente, dolce, carino, attraente. Mi ero presa una bella sbandata per lui, non facevo che parlare di lui, pensare a lui, sognare lui... era diventata una vera e propria ossessione. Il fatto che lui frequentasse il mio stesso gruppo di amici non ha facilitato le cose: lo vedevo tutti i giorni, uscivamo insieme e trascorrevamo un sacco di tempo insieme. Parlavamo un sacco, ridevamo, ci divertivamo e avevamo molte cose in comune. Più il tempo passava, più il mio interesse per lui cresceva».

Daron mi osservò con aria perplessa. «Poi cos'è successo? Gli hai chiesto di uscire?» volle sapere.

«Oh, no! Pensi davvero che io fossi così allora? Ti sbagli. Ero una ragazza molto timida e riservata, ho dovuto lavorare molto su me stessa per diventare così espansiva e aperta. Il college mi ha aiutato molto in questo. Sta di fatto che all'epoca ero quasi del tutto incapace di prendere iniziative. Capitò che un giorno dovevamo uscire in quattro, ma due dei nostri amici ebbero un'accesa discussione per telefono e si rifiutarono di incontrarsi. Avevamo già organizzato tutto, così io e Morgan decidemmo di uscire lo stesso, anche se eravamo rimasti soli. Non immagini quanto fossi emozionata, non facevo che pensarci, sperando che succedesse qualcosa tra noi.»

«E allora?»

Sospirai. «Uscimmo. Io avevo appena litigato con mio padre, ero incazzata come una belva ed ero molto triste. Morgan fu dolcissimo, mi consolò e si prese cura di me, abbracciandomi e coccolandomi. E allora mi sentii in dovere di ringraziarlo, trovai il coraggio per fargli capire quanto mi piaceva. Lo baciai.»

Daron a quel punto mi fissò negli occhi, facendosi sempre più curioso. «E...?»

«E lui ricambiò per un istante, poi si bloccò e si scostò con delicatezza. Fu dolce, certo, sono stata fortunata da quel punto di vista. Ma mi disse che era confuso, che stava attraversando una fase difficile della sua vita e non sapeva se fosse interessato alle ragazze.»

«Merda!» esclamò Daron, portandosi una mano alla fronte.

«Già. Ho sofferto tantissimo. Però non potevo farci niente. In seguito ho scoperto che Morgan usciva con una ragazza, ma qualche mese dopo venne fuori che era stata tutta una copertura per nascondere la sua relazione con un universitario che aveva conosciuto su internet. Poi ho perso le sue tracce, non ho idea di che fine abbia fatto. Ma all'epoca soffrii tantissimo e mi domandai anch'io ciò che ti stai domandando tu: perché dovevo sempre perdere la testa per le persone sbagliate?» conclusi.

Daron sospirò. «A te è successo solo una volta» commentò.

«Ah, no!» Presi a raccontargli altre disavventure della mia vita sentimentale: gli parlai di quella volta in cui un ragazzo si mise con me per via di una scommessa, di quando mi ero innamorata di un mio professore universitario e di come lui mi avesse lasciato intendere che la cosa fosse reciproca senza che poi il tutto avesse un seguito; gli parlai di Jordan, il ragazzino di seconda media a cui avevo dato il mio primo bacio e di quanto fossi stata una frana. Raccontai a Daron un sacco di cose, per poi giungere alla relazione più complicata che avevo vissuto.

«Lui era tre anni più grande di me. Ero in prima liceo, lui in terza. Aveva ripetuto la seconda. Si chiamava Michael ed era bellissimo, muscoloso e simpatico. Mi aveva messo gli occhi addosso, ma si comportava da prepotente con me. Solo ora mi rendo conto che somigliava terribilmente a mio padre negli atteggiamenti. Per fartela breve, uscimmo insieme per qualche mese, poi scoprii che mi tradiva con un sacco di altre ragazze. E addirittura si divertiva a fare sesso di gruppo. Era un porco. E io ho perso la verginità con quel porco.» Digrignai i denti e spostai lo sguardo da Daron a un punto indefinito di fronte a me.

Il chitarrista mi si accostò e mi circondò le spalle con un braccio. «Ehi, va tutto bene. Non devi fartene una colpa. Tu tenevi a lui, ti fidavi di lui. È stato lui a comportarsi male con te» tentò di rassicurarmi, facendomi posare la testa sulla sua spalla.

Il vociferare delle persone presenti nel centro commerciale e il loro viavai fu in grado di rendere l'atmosfera stranamente intima; sentivo di potermi sfogare con Daron nonostante non fossimo soli e tutt'intorno a noi si stessero srotolando centinaia di vite diverse.

«Avrei voluto fosse diverso, avrei preferito aspettare. È andata meglio con un altro ragazzo, ma alla fine ci siamo lasciati perché io non ero realmente interessata a lui a livello sentimentale.»

«Pensa al presente» mi suggerì il chitarrista, accarezzandomi distrattamente la spalla.

«Sì, hai ragione. Ma volevo farti capire che non devi preoccuparti, che tutti prima o poi si innamorano della persona sbagliata. Sam è lesbica, non potrebbe mai succedere qualcosa tra voi. Ma sono certa che presto troverai una persona che possa ricambiarti come meriti» affermai, scostandomi da lui per poi abbracciarlo. Gli battei affettuosamente sulla schiena e aggiunsi: «Coraggio, andrà tutto bene. Basta non avere fretta».

«È come dici tu, ma ci sono delle volte in cui mi sento proprio a terra» mormorò il chitarrista sciogliendo l'abbraccio.

«Ti capisco e mi dispiace.»

«Ci sono tante cose che non vanno in me. Ora che ripenso a come mi sono comportato con quei ragazzi là fuori, mi viene il voltastomaco. Sono disgustoso certe volte. Perché non riesco a cambiare questo atteggiamento? Eppure a volte le cose vanno diversamente, a volte...»

Lo interruppi: «Può capitare a tutti di avere una giornata no. E poi ognuno ha il proprio carattere».

Daron scosse il capo e si alzò di scatto. «Dai, torniamo dagli altri» affermò con decisione.

Lo osservai dal basso, leggermente allarmata e preoccupata da quel suo comportamento. «Che vuoi fare?» gli chiesi, per poi rimettermi in piedi a mia volta.

Lui mi rivolse un sorriso luminoso e riconoscente. «Parlare con te mi ha fatto bene, amica» ammise, per poi sporgersi verso di me e lasciarmi un breve bacio sulla guancia.

Poi si voltò e si avviò nuovamente verso l'uscita. Rimasi immobile per un attimo a osservare la sua figura avvolta in un paio di jeans scuri e in una leggera felpa nera e rossa. Non avevo idea di cosa gli passasse per la mente, ma decisi di raggiungerlo e scoprirlo.


Una volta tornati nel parcheggio, diedi un'occhiata allo schermo del mio cellulare e mi resi conto che doveva essere trascorsa quasi un'ora da quando io e Daron ci eravamo dileguati all'interno dell'edificio.

Rimasi molto sorpresa quando scorsi Shavo e Samantha che, appoggiati all'auto di Daron, chiacchieravano e ridevano in compagnia di Steve e di altre due persone. Si trattava di un ragazzo e una ragazza che dovevano aver riconosciuto il bassista dei System e che poi si erano fermati a parlare con lui.

Io e Daron li raggiungemmo velocemente e io notai che il chitarrista si era palesemente rilassato.

«Leah!» Shavo mi venne incontro non appena si accorse di me. Mi prese tra le braccia e mi chiese in tono allarmato se andasse tutto bene.

«Ah Shavarsh, sei sempre il solito sciocco. Certo che va tutto bene» risposi in tono divertito, strizzandogli l'occhio e facendo un cenno in direzione di Daron.

Il bassista sospirò e mi portò con sé accanto all'auto, poi picchiettò sulla spalla di Steve e annunciò: «Come ti dicevo, lei è la mia ragazza».

Mi sentii avvampare violentemente e non riuscii a far altro che sorridere al ragazzo.

Lui ricambiò, poi esclamò: «La famosa Leah! Shavo e Samantha non hanno fatto altro che parlare di te per tutto il tempo!».

«Esagerati» borbottai imbarazzata.

«Ciao, io sono Jennifer. Lui è mio fratello Nathan» intervenne la ragazza mora e piccoletta che si stava intrattenendo con il mio ragazzo e la mia amica.

«Piacere di conoscervi.»

«Ragazzi, scusatemi per prima» disse Daron, dopo aver stretto la mano ai tre giovani. «Non sapevo...»

«È colpa mia se Daron è dovuto scappare, non mi sentivo bene e lui se n'era accorto. Era preoccupato per me, è un amico molto premuroso» lo interruppi, sorridendogli con fare riconoscente.

«Ma figurati, non c'è problema» commentò Nathan; era piccoletto quanto sua sorella ed era piuttosto robusto, aveva un viso simpatico e dei capelli biondi e ricci che gli conferivano un'aria da angioletto del presepe che faceva tenerezza.

«Facciamo un po' di foto? Ora che Leah sta bene, posso finalmente sorridere» scherzò il chitarrista, accostandosi a Steve e ai due fratelli.

Notai che Jennifer e Steve si sistemarono vicini, e subito cominciai a sghignazzare con Samantha, immaginando che tra loro potesse nascere qualcosa di romantico e dolce.

«Guarda che carini!» bisbigliai all'orecchio della mia amica, mentre lei scattava alcune foto ai musicisti dei System e ai loro fan.

Lei ridacchiò e fece fatica a tenere fermo il braccio. «Sì, che meravigliosa coppietta» cinguettò con un filo di voce.

«Ehi, voi due! Che avete da ridere?» ci apostrofò Shavo.

«Shavarsh, taci e mettiti in posa! E sorridi, smettila di fare quella faccia da gangster fallito!» strillai.

I tre giovani scoppiarono a ridere e Samantha cominciò a scattare a raffica, riprendendo sorrisi spontanei e smorfie contrariate da parte del mio ragazzo. Daron si stava divertendo e intanto faceva il cascamorto con Jennifer. Mi accorsi che lo faceva apposta per vedere come avrebbe reagito Nathan, ma anche per capire se Steve fosse interessato a quella ragazza.

«Siete simpatici» disse il chitarrista una volta terminato il momento delle foto.

«Grazie, anche tu!» rispose Jennifer, guardandolo con gli occhi luminosi e colmi di ammirazione.

«Avete già preso i biglietti per il nostro concerto allo stadio dei Dodgers?» volle sapere Shavo.

«Noi sì! Che bella location, ragazzi! Sarete emozionati all'idea di suonare là dentro» replicò Nathan allegro.

«Io non sono riuscito a prendere il biglietto, cazzo» borbottò Steve con fare contrariato.

Mentre Shavo chiacchierava con Nathan a proposito del luogo del loro prossimo spettacolo, Daron si accostò a Steve.

«Come mai?» gli chiese in tono dispiaciuto.

Il ragazzo, imbarazzato, si grattò la nuca e distolse lo sguardo.

«Okay, non importa il motivo. Bisogna fare qualcosa» aggiunse il chitarrista con fare deciso.

Steve alzò di scatto la testa e lo fissò con aria perplessa. «Che cosa dici?»

Spostai lo sguardo dall'uno all'altro, non sapendo cosa aspettarmi dal mio amico. Anche Samantha parve incuriosita dalla cosa e attese di saperne di più.

«Shavo! Ehi, Odadjian!» strillò Daron.

Il bassista sobbalzò e si voltò a lanciargli un'occhiataccia. «Che hai da gridare?» sbottò.

«Steve non ha il biglietto per il concerto» spiegò. «Dobbiamo fare qualcosa.»

Shavo aggrottò la fronte, riflettendo per un attimo sulla questione, poi schioccò le dita e annuì. «Ci sono. Steve, amico, dammi il tuo nominativo. Tu stai tranquillo, quando arrivi all'ingresso dai il tuo nome all'impiegato ed entri. Non ci sarà nessun problema, te lo assicuro. Ci penso io.»

Steve sbiancò, poi avvampò, poi assunse un colorito che era a metà strada tra l'una e l'altra cosa. Si dovette appoggiare con una mano al SUV nero di Daron per non perdere l'equilibrio.

«Stai bene?» gli chiesi. Potevo immaginare come dovesse sentirsi in quel momento, ma forse non ero in grado di comprenderlo fino in fondo.

Jennifer e Nathan ammutolirono e tennero gli occhi fissi su Shavo, palesemente increduli.

«Ehi, ragazzi! Che succede?» fece Daron in tono allegro.

«Siete impazziti?!» squittì all'improvviso Steve, per poi gettarsi letteralmente addosso al bassista e stritolarlo in un abbraccio. «Oh, merda! Merda! Merda!» continuava a ripetere. I suoi occhi si erano riempiti di lacrime e lui non riuscì a controllarle.

«Ehi, che sarà mai!» minimizzò il bassista, ridendo e picchiettando affettuosamente sulla schiena del ragazzo.

Per la gioia che stava provando, Steve lasciò andare Shavo e si precipitò ad abbracciarci tutti, a uno a uno. «Siete degli angeli! Vi amo tutti!» strillò.

Scoppiammo tutti a ridere, poi Shavo ricordò a Steve che doveva dargli il suo nominativo. Samantha portò fuori un bloc notes dalla sua enorme borsa e strappò un foglio, per poi consegnarlo a Shavo insieme a una penna blu.

Il bassista segnò i dati di Steve e pretese di avere anche quelli di Nathan e Jennifer.

«Perché?» chiese la ragazza perplessa.

«Dopo il live passate a salutarci nel backstage» disse semplicemente il mio ragazzo, per poi stringersi nelle spalle e restituire la penna a Samantha. Ripiegò il foglietto e lo ripose con cura nella tasca dei suoi jeans.

«Cosa?!» sbottarono all'unisono i tre ragazzi, sempre più increduli.

Daron regalò un abbraccio a ognuno di loro, poi concluse: «Noi adesso andiamo. Ma ci conto, voglio trovarvi nel backstage».

«Sì, cazzo!» esultò Nathan.

«Ci saremo!» assicurò Jennifer in tono sognante.

«Ragazzi, grazie ancora, davvero... io...»

Shavo mollò una pacca sulla schiena di Steve e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Vidi il ragazzo avvampare, poi scoppiò a ridere e salutò calorosamente il bassista.

Mentre prendevamo posto in macchina, notai che i tre ragazzi non si erano ancora salutati e che sembravano apprezzare particolarmente la compagnia gli uni degli altri.

Seduta sul sedile posteriore in compagnia di Samantha, mi sporsi in avanti e domandai: «Shavarsh, cosa hai sussurrato a Steve?».

Il bassista ridacchiò. «Gli ho detto di darci dentro con Jennifer» rispose.

Risi. «Lo sapevo!»

«Speriamo sia così» esalò Samantha con un sospiro fintamente drammatico. Poi si raddrizzò sul sedile e batté le mani. «Ehi, ragazzi?»

«Che c'è?» fece Daron.

«Posso venire anche io al vostro concerto? Non ho fatto in tempo a prendere il biglietto» chiese la mia amica, ostentando un tono di voce fintamente imbarazzato.

Shavo scoppiò a ridere e si allungò sul sedile. «Scema. Se non ci sei tu, Leah con chi starà?»

Io incrociai le braccia al petto e gli lanciai una linguaccia attraverso lo specchietto. «E chi ti dice che io voglia venire al vostro stupido concerto?» scherzai.

«Vaffanculo!» sbottò Daron, per poi accendere la radio.

Trascorremmo il resto del viaggio tra le risate, cantando tutte le canzoni che capitavano; passammo da Elton John a Rihanna, da Katy Perry ai Creedence Clearwater Revival, trovando perfino un brano di Bruce Springsteen che cercammo di decifrare in quanto, nonostante cantasse in inglese, si mangiava metà delle parole e comprendere i suoi testi risultava sempre molto difficile.

Fu una bellissima serata. Andai a dormire con il sorriso sulle labbra e il cuore leggero; nonostante mi trovassi in un bed & breakfast di poche pretese, mi sentii felice e completa. Ero nel luogo in cui volevo essere e sapevo che il giorno seguente avrei potuto stringere ancora il mio amato bassista tra le braccia e trascorrere del tempo con lui e con il resto della mia nuova famiglia.




Carissimi lettori, sono qui per scusarmi se il capitolo risulta più lungo del solito, ma non mi andava proprio di dividerlo ^^

No, scherzi a parte, scrivo queste brevi note giusto per farvi sapere che i film citati nella prima parte del capitolo sono veramente usciti nel mese di maggio 2013, periodo in cui è ambientata questa storia. Mi sono documentata e mi sono lasciata ispirare delle trame; ho optato per Beneath perché mi sembrava un film molto adatto a Shavo, secondo me lui andrebbe a sprecare i suoi soldi al cinema per vedere certe robe XD

Che ve ne pare? Avete visto cos'hanno combinato i nostri due eroi con quei tre fan? E soprattutto con il povero Steve, che fin da subito mi è stato simpatico e ho voluto fargli vivere un'esperienza speciale :3

Ora la smetto, attendo i vostri commenti e intanto vi do appuntamento al prossimo capitolo e vi ringrazio per tutto l'affettuoso sostegno che costantemente mi date!

A presto ♥

  
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