Dopo la morte di mio marito, in molti mi hanno ribadito che il mare č pieno di pesci, che non ci vuole niente a buttare la lenza ed acchiaparne uno, che sarebbe bastato aspettare e poi girare forte il mulinello.

Lė per lė tacevo, posavo altrove lo sguardo, non volendo dar corda a certi discorsi - giornalisti senz'anima, mi ripetevo - poi una volta a casa, affondato in ogni parete che gridava di lui, in ogni cosa che urlava il suo ricordo, dopo aver pianto tutte le mie lacrime, mi mettevo a ridere, una risata isterica a tratti ma che lasciava l'amaro in bocca, per quanto stupide quelle parole risuonassero ancora nella mia mente. 

Non avrei chiuso gli occhi, facendo finta di non vedere la differenza, non mi sarei accontentato di uno dei tanti, tanto per 'placare i bisogni', come quei tanti continuavano a dire, non avrei lasciato che il corso del tempo portasse via il nostro ricordo, nonostante l'infinito dolce dolore che esso mi procurava.

Non sarebbe lui, avrei voluto rispondere, non sarebbero le sue mani grandi e ruvide ma sempre calde, le sue labbra morbide, o il suo profumo importante. 

Non sarebbe stata la sua voce mentre chiama il mio nome, non sarebbe stato nemmeno pių il mio nome, e non sarebbero stati pių nemmeno i suoi 'ti amo', a cui io mai a quel punto oserei rispondere.

Non sarebbe stato il suo respiro calmo mentre dorme, il suo modo di mangiare i cereali, versando sempre prima il latte, e non sarebbero mai, mai stati i suoi occhi azzurri che quel giorno di tanti anni fa si legarono indissolubilmente ai miei.

Cosė, fra il freddo vuoto, non mi resta altro che ricordare.