- Ma che è successo qui?
- Sorpresa! Abbiamo riportato questa casa al suo antico splendore. Ok con qualcosina in più ma che sparirà fra qualche giorno.
- Cosa c’è che non va? Perché quella faccia così seria?
- Sono solo…stupita… per tutto questo e per te, come farai con la terapia di recupero?
- La mia terapia posso iniziare a farla altrove e in casa ho avuto il permesso di poter usare queste.
- Sono felice, per te. Per noi.
- Riavremo presto di nuovo una vita più normale.
Qualche ora più tardi furono raggiunte da Katrin.
- Allora pronte per andare a messa?
- Si, avverto Ruth che stiamo per uscire.
- Vai da qualche parte?
- A dire il vero si. Pensavo di venire con voi.
- Cosa c’è? Non guardatemi così. Ho pensato che non fosse il caso di lasciare sola Kat a doverti sopportare mentre ti lamenti per come ti spinge o a lottare con te per tenerti buona.
- Non credo di essermi mai lamentata in merito.
- Si come no.
- Nieta, non sei per niente obbiettiva in merito.
- Io non aggiungo altro.
- Ok, ok… siete veramente delle persone orrende.
- Cosa… perchè?
- Non te ne sei accorta? Siamo sotto il vischio.
Victoria era rimasta ad osservare la sua amica diventare più rossa in viso dei suoi capelli e il forte turbamento che il gesto di Ruth aveva suscitato, cosa a cui quest’ultima non aveva dato peso. Katrin si riscosse solo quando incrociò lo sguardo dell’amica. Rimasero a guardarsi fino a quando non furono richiamate dalle altre due donne che, pronte, le aspettavano davanti la porta.
La chiesa verso cui erano dirette si trovava veramente lontano, nell’ East Harlem, dove per molto tempo nonna e nipote avevano vissuto e dove avevano la maggior parte delle loro vecchie conoscenze.
Katrin aveva lasciato a Ruth il compito di aiutare Victoria, camminava qualche passo dietro di loro persa nei suoi pensieri, riportando l’attenzione su di loro di tanto in tanto cercando di seguire la conversazione. Osservava la sua schiena leggermente ricurva per poter spingere la sedia di Victoria, i capelli sciolti che le ricadevano lungo le spalle, sentiva la sua voce allegra scambiare battute con la sua amica. Si sentiva a disagio, come sempre, sapeva che quello stupido sentimento che provava per la donna della sua migliore amica era la cosa più assurda che potesse provare, non dopo tutto quello che era accaduto per colpa sua e per quell’amore non corrisposto che provava per Ruth.
Ripensava al gesto spontaneo e al sorriso sincero della donna dopo quel bacio amichevole, le aveva scaldato il cuore, e il modo in cui l’aveva guardata Victoria dopo, indecifrabile, le aveva creato forse un maggior smarrimento. Sospirò, cercando di ripensare alla se stessa di qualche anno prima, quando ancora non era caduta in quel buco nero di insoddisfazione e sensi di colpa. Com’era la sua vita prima di conoscere Ruth?
Faceva fatica a ricordarlo.
Che diavolo stava facendo della sua vita? L’averla legata tenacemente a quella di Victoria, all’unica persona che le faceva sentire il suo affetto incondizionato, sentimento lontano dal mondo in cui era cresciuta, con la paura di perdela, cosa che invece per poco non le aveva distrutte. Aveva perso di vista i suoi desideri, la sua vera natura, e rendersi conto che in fondo quel mondo che aveva respinto cercando di dimostrare a tutti ma soprattutto a se stessa che lei non vi apparteneva era invece parte di se, era quello che la rendeva quello che era. Per un attimo si sentì un’ipocrita nel pensare che aveva sempre biasimato i suoi genitori e il loro modo di fare quando alla fine lei viveva con i loro soldi e in un benessere che sapeva avrebbe fatto fatica a rinunciare.
In fondo stava arrivando alla stessa conclusione che Victoria aveva raggiunto da tempo, e che le aveva ripetuto più e più volte, che erano diverse ma non era una colpa, che lei avrebbe dovuto iniziare ad avere delle sue priorità che non dovevano per forza coincidere con le sue, e per questo non l’avrebbe certo amata meno. Poi si fermò, aumentando lo spazio che la divideva dalle tre donne davanti a se, aveva avuto una sorta di rivelazione,sapeva quello che avrebbe voluto fare della sua vita e per quanto riguardava Ruth decise che avrebbe smesso di sentirsi in colpa o in difetto, era pienamente consapevole che quello che provava non aveva alcun senso, ma sapeva ormai fin troppo bene che non riusciva ad impedire a se stessa di provarlo, sarebbe stata l’unica a soffrirne, sperava che un giorno sarebbe riuscita a trovare qualcun altro che le avrebbe fatto provare un sentimento simile e forse anche maggiore, ma adesso, in quel momento aveva deciso che non si sarebbe più sentita in quel modo, avrebbe smesso di punirsi e di sentirsi una stupida.
Ruth si fermò, accorgendosi dell’assenza della rossa, si girò a cercarla vedendola immobile qualche metro più indietro
- Ehi Kat, che succede?
- Niente.
********
La sera dell’ultimo dell’anno si ritrovarono tutti riuniti intorno al grande tavolo in legno massiccio della sala da pranzo di Ruth, era stato qualcosa di improvvisato, ognuno aveva pensato a programmi differenti, Beth e Katrin avevano annunciato che sarebbero partite per una settimana in montagna, Harry e Hanna sarebbero andati a trovare la famiglia di lei e in fine, David incerto sul programma della sorella e non volendo imporre la sua presenza aveva optato ad una tranquilla serata in casa con moglie e figlie.
Così quando avevano iniziato a pesentarsi a casa delle due donne furono guardati con sorpresa dalle padrone di casa. Complice il vortice artico che imperversava in quei giorni sulla città che aveva fatto sopprimere diversi voli e la poca voglia di restare soli, li aveva spinti ad andare nell’unico posto dove sarebbe stato naturale ritrovarsi in una sera speciale come quella. Persino il fratello alla fine aveva trovato ridicolo il suo proposito, in fondo era sua sorella e voleva che stessero insieme per salutare il nuovo inizio di quell’anno che sperava sarebbe stato più sereno per tutti.
Ritrovandoli tutti in casa, Maria si attivò per preparare la cena dell’ultimo dell’anno più improvvisata che avesse mai fatto, e grazie alla sua bravura e capacità di sopperire ad aurgenze come quelle ebbe un ottimo risultato.
Ruth e Victoria erano veramente felici di quell’improvvisata fatta dai loro amici, sedevano una ad un capo opposto della tavola, si scambiarono uno sguardo e un sorriso, poi Ruth le fece un cenno di assenso, così la pittrice attirò l’attenzione di tutti facendo tintinnare la forchetta sul bicchiere e si mise in piedi.
- Ok, concedetemi un secondo di attenzione, io e Ruth avremmo qualcosa da dirvi.
- Oh finalmente, vi siete decise!
- Va bene Beth, ho visto l’orticaria che ti sta procurando il dover mantenere il segreto. Quindi prima di vederti scoppiare, se vuoi dir…
- Queste due hanno deciso di sposarsi! Wow si! E’ stato liberatorio!!
- Allora? Avete capito si?
- Beh congratulazioni! - poi si rivolse verso Beth entusiasta – Abbiamo un matrimonio da organizzare!
Victoria dopo che si liberò dalle braccia di Kat la guardò con un’espressione seria ma non le disse nulla. La rossa avvertì un disagio nell’amica che la ferì, ma anche lei decise di assecondare il suo silenzio ed entrambe si persero nuovamente nell’allegria generale.
Quando il conto alla rovescia li aveva portati dritti dentro il nuovo anno Ruth sentì il cuore talmente pieno di gioia e di gratitudine che se tutto quello che aveva vissuto era servito a portarla lì, in quel momento, con la donna che amava che la stava baciando come se non ci fosse stato un domani, con i suoi amici che rappresentavano più una famiglia e che le riempivano la vita, pensò che non avrebbe cambiato una virgola se alla fine tutto questo rappresentava la sua ricompensa.
*************
Ruth porse una tazza di caffè ad Harry che stava ricurvo sulla sua scrivania a studiare delle carte.
- Oh, ti ringrazio ne avevo veramente bisogno.
- Sai che tua moglie e Beth stanno organizzando il mio matrimonio come se la cosa non mi riguardasse? Ringrazio solo Vic che sa tenerle a bada, ma solo perché lei ha una idea ben precisa di quello che vuole. Insomma, ti dirò che è come se io fossi di troppo.
- Adesso sai come si sente un uomo che sta per sposarsi. Serve solo a completare il quadro.
- Non lo trovo ne divertente ne rassicurante. – fece una pausa schiarendosi la voce e assumendo un’espressione seria – c’è qualcosa di cui vorrei parlati.
- Che succede?
- Mi sono resa conto che da quando ci conosciamo non ti ho mai ringraziato. Quello che c’è stato di buono nella mia vita lo riconduco all’aver avuto la fortuna di incontrare Beth e te.
- Ruth, ma cosa ti passa per la testa?
- A volte ho come l’impressione di averti dato per scontato. Ti ho sempre riversato addosso i miei problemi e tu, tu te ne sei sempre fatto carico senza mai farmi pesare nulla. E non hai la minima idea di quello che ha voluto dire per me. E che vuol dire ancora oggi.
- Non so che cosa stia succedendo dentro quella testolina, e sai benissimo che questo genere di discorsi mi imbarazza – sorrise – quindi se è un modo per indorarmi la pillola perchè stai per dirmi qualcosa che sai mi farà arrabbiare sappi che non ci stai riuscendo.
- Dio, avevo dimenticato quanto sei orso. - Anche lei si sporse in avanti – non pensavo che l’esprimerti la mia gratitudine ti sconvolgesse così tanto.
- Perché non ne vedo ne il motivo ne tanto meno la necessità. Vuoi che ti dica le stesse cose? Che tutto questo senza di te non sarei riuscito a metterlo su, che anche tu ci sei sempre per me? Insomma sono cose implicite, solo con un estraneo devi parlarne. Noi no. Già, per noi non vale.
- Penso che a volte faccia semplicemente bene dirlo ad alta voce. Comunque, adesso non so più se chiederti quello per cui ero venuta.
- Ecco! Sapevo che c’era qualcosa sotto!
- Non agitarti oltre, volevo solo chiederti se volevi accompagnarmi all’altare.
- Il tuo silenzio lo prendo per un si? O non sai come dirmi di no?
- No, cioè si.. aspetta, mi cogli di sorpresa, pensavo che lo facesse tuo fratello.
- Prima che tu andassi nel panico, stavo cercando di spiegarti il perché vorrei che fossi tu. E non è per gratitudine verso di te ma perché sono io a volerlo e a pensare che tu sei molto di più, nella mia vita, da quando ti conosco lo sei sempre stato.
- Si. Lo farò.
- Ok, puoi dirlo con un aria meno truce? Così sei tu a farmi paura.
- Si, lo faccio volentieri. A patto che non cadiamo più in questi sentimentalismi ok?
- Ok, ok. Promesso.
- La prossima volta che hai da chiedermi qualcosa fallo e basta.
- Va bene. Ti lascio a smaltire tutte queste emozioni ritornando nel mio ufficio. Se hai bisogno di non so… piangere, chiudo la porta..
Più o meno nello stesso momento una conversazione di tutt’altra natura si stava svolgendo tra Victoria e la sua rossa amica.
La pittrice quella mattina aveva chiesto a Katrin di accompagnarla nel suo vecchio appartamento. Non era la prima volta che vi si recava da quando riusciva a tenersi in piedi, e una volta lì aveva anche iniziato un nuovo dipinto, anche se le costava un’immesa fatica, la prima volta che aveva posato il pennello intriso di colore su quella tela bianca, aveva provato un’intensa emozione e una scossa in tutto il corpo simile al violento orgasmo che le aveva procurato Ruth qualche sera prima, quando finalmente aveva abbandonato il timore per la salute della sua compagna e aveva ceduto a quel fiume di passione repressa ormai da mesi.
Victoria era persa nei suoi pensieri, era ormai da tempo che provava un certo disagio a restare sola con la sua amica, e lo trovava assurdo, ma mai come in quel momento sentiva quel macigno che le premeva sul cuore, quel qualcosa di non detto che la stava tormentando.
- Sai Vic, non dovrei dirlo, ma egoisticamente mi mancava questo posto.
Anche Katrin aveva notato quel mutamento nella sua amica, ma cercava di non dare un nome a quel nuovo atteggiamento. Per assurdo non era cambiato il modo che aveva di trattarla, sembrava la solita Victoria, ma era il sorprenderla ad osservarla in un modo e con un’espressione che a volte la metteva a disagio, quegli occhi così familiari e spesso sorridenti diventavano impenetrabili, e non era l’indifferenza a cui l’aveva abituata subito dopo la rottura con Ruth, c’era qualcosa di decisamente diverso, che non comprendeva, ma ne sentiva tutta la pesantezza, procurandole quasi un bruciore sulla pelle.
E non poteva nemmeno far finta di non sentire come quella mattina quel sentimento che avvolgeva Victoria fosse ancora più evidente.
- Se ti chiedessi un quadro per il mio nuovo ufficio? Lo faresti?
- Nuovo ufficio?
- Ho chiamato mio padre, gli ho detto che voglio mettere al suo servizio la mia laurea e i miei due master in economia. Sembrava entusiasta.
- Ma tu detestavi anche solo l’idea di fare una cosa del genere.
- Ho avuto tempo per riflettere. Mi sono resa conto che è tutta la vita che cerco di essere qualcosa che non sono. Credevo di dover sfuggire ai piani che avevano fatto per me, ma ho capito che mi sbagliavo. Ma la cosa più importante è che ho bisogno di avere delle soddisfazioni ed essere orgogliosa di me stessa. E sai benissimo che fino ad oggi ho fatto molto poco per esserlo.
- Quindi ti metterai al comando delle vostre imprese?
- Adesso non esagerare, vediamo come va, parliamo sempre di dover avere a che fare con i miei genitori, ma ho la certezza che posso dare un contributo significativo, quindi per adesso voglio solo concentrarmi su questo.
- Suppongo che tu ci abbia riflettuto parecchio.
- Si insomma, se è quello che vuoi, posso solo essere contenta per te.
- Non mi aspettavo che tu accogliessi la notizia con gioia, ma che dimostrassi almeno un minimo di supporto. Sono stanca dell’ aria di sufficienza che hai ultimamente nei mie riguardi.
- Non capisco di che parli.
- Di te che sei arrabbiata con me per qualche motivo e che non hai il coraggio di parlarmene.Avanti su, di quello che devi e facciamola finita.
- Quello che provo è ben lontano dalla rabbia.
- Ok,allora spiegami. Ti ascolto.
- E’ preoccupazione.
- E per cosa?!
- Per te.Sapere che stai soffrendo, vederlo chiaramente ogni giorno. E sapere che la causa di tanta sofferenza è il tuo amore per Ruth.
- E’ preoccupazione o solo fastidio perché c’è qualcuno oltre a te che desidera la donna che ami?
- Wow. Non mi sarei mai aspettata di sentirti dire una cosa del genere.
- Cosa vuoi che ti dica Vic?
- A dire il vero non lo so nemmeno io.
- Ma mi basta vedere la sofferenza che si dipinge sul tuo viso tutte le volte che lei distrattamente ti sfiora o come ti illumini quando entra in una stanza, per farmi capire che no, non è ne giusto ne normale.E so che è qualcosa che non riesci a controllare. E mi fa paura.
- Vic ma cosa… Ma cosa hai paura? Che possa fare di nuovo qualcosa che possa rovinare la tua felicità? Non potrei mai. Ho compreso i miei sbagli e credimi che ho imparato la lezione e nel modo più doloroso possibile. La tua felicità è la mia.
- Mio dio Kat, mi fa rabbrividire questa frase.
- Siamo arrivate a questo punto? Dove non riesci nemmeno a capire…il senso di quello che cerco di dirti?!
- Ma perché tiri fuori adesso questa storia? Pensavo che ci fossimo messe tutto alle spalle.
- Perchè mi ritrovo a vivere uno dei momenti più belli della mia vita e invece di riuscire a condividerlo con la mia migliore amica, mi sento a disagio, non so come dovrei comportarmi.
- Vic dannazione sono io! Tu puoi farlo, puoi condividere con me qualsiasi cosa…Vic fidarti di me. Non farei mai nulla che possa ferire te o Ruth. Victoria ti prego torna a credere in me.
- Sono sinceramente felice per te.
- A volte faccio fatica a crederlo.
- Ho sbagliato, è innegabile, ma sono stanca di dovermi giustificare sai? Non penso che sia stata colpa mia tutto quello che ti è successo. Tu per prima avresti dovuto reagire in modo differente. Se ti ho ferita, se ti ho messo con le spalle al muro era semplicemente perché speravo di farti aprire gli occhi, non su di te, ma su di noi. E a quanto pare li hai aperti. Credevo che avessi compreso e perdonato il modo assurdo che ho utilizzato. Ma è evidente che non è così e io sono veramente stanca. Ho rischiato di perderdi, Vic, per ben due volte, e il terrore che ho provato non credo che tu possa immaginarlo o non saresti qui a dirmi queste cose. Però capisco, è evidente che ormai non c’è più niente che ci lega se non il rancore che provi per me.
- Non aggiungere altro. Se volevi punirmi complimenti, hai scelto il momento migliore, ormai non hai più bisogno di me, hai trovato una tua stabilità.E sarai contenta nel toglierla a me.
Al suo rientro Ruth fu travolta dal silenzio che regnava in casa, non si era ancora abituata al fatto che Maria fosse ritornata in Messico e che anche Elaine si facesse vedere meno. Dopo un po’ si accorse di un flebile rumore che proveniva dal bagno della camera. Entrando vide Victoria nella doccia, che se ne restava immobile, con gli occhi chiusi e le braccia raccolte come ad avvolgersi in un abbraccio. L’acqua le correva lungo il corpo in una lunga carezza e la temperatura elevata era evidente dal vapore aveva iniziato a prendere possesso dell’intera stanza.
- Ehi,Vic, tutto bene?
- Si.
- Sicura di stare bene? Come mai quest’aria pensierosa?
- Ho parlato con Katrin.
- E di cosa?
- Di te. Di quello che prova per te.
- Non avresti dovuto.
- Quindi tu ne sei pienamente consapevole e ti sta bene?
- Si.
- Non capisco perché proprio adesso hai sentito la necessità di farlo, pensavo che tu fossi passata oltre a questa storia ormai da tempo.Ed è veramente buffo, c’è stato un tempo in cui non riuscivo a perdonarla proprio per questo. Ma adesso sinceramente, non mi importa.
- Come fa a non importarti?!
- No, non mi importa.
Victoria si sedette stancamente sul letto. Fu raggiunta da Ruth che se ne restava davanti a lei con le braccia incrociate sul petto.
- Ne deduco dal tuo stato d’animo che il parlarne con lei non ti ha soddisfatta. E sai perché? Perché qualsiasi cosa tu le abbia detto non ha cambiato la situazione. Che cosa ti aspettavi esattamente?
- Non lo so. – tornò a guardarla – forse aveva ragione lei quando mi ha accusato di essere gelosa.
- Gelosa?! Vic… ma che sciocchezza..
- No che non lo è! Forse per te è del tutto normale avere persone che ti muoiono dietro ma per me non lo è affatto, specialmente se una di queste è la mia migliore amica!
- Ma si può sapere che ti è preso? Non te ne è mai importato, nemmeno quando avrebbe dovuto!
- Va bene basta, non ne voglio più parlare.
- Non penso che sia una cosa che puoi chiudere in questo modo. Sai perché a me non importa? Ha smesso di avere qualsiasi rilevanza dopo aver visto il mio stesso identico dolore nei suoi occhi quando tu eri in coma. Non dopo tutto quello che ha fatto per noi in questi mesi. Quindi si, posso anche passare sopra a una cosa come questa. Perché se è vero che ama me, ama molto di più te.
- Vic, vedi di rimettere le cose al loro posto.
- Vestiti. Usciamo.
- Adesso?
- Si, adesso. C’è un posto che voglio farti vedere.
Andarono verso Manhattan, poco lontano dall’ufficio di Ruth. Dopo aver armeggiato con la serratura di un’enorme porta in metallo e averla vista inserire un codice su un pad per disabilitare l’allarme, la fece entrare in un luogo immerso nel buio più totale, fino a quando Ruth non riuscì a trovare l’interruttore che illuminò un enorme spazio espositivo. Era suddiviso in diversi ambienti, ben separati, e alcuni erano già popolati da diverse opere d’arte, in alcuni Victoria aveva riconosciuto gli autori, e non fece domande fino a quando Ruth non la portò in una zona ancora vuota.
- Ok,cos’è questo posto? Perché ci troviamo qui?
- Io e Harry abbiamo acquistato questo posto, pensando che sarebbe stato un buon investimento. Lo abbiamo trasformato in uno spazio espositivo.
- Avete avuto una buona idea, e anche ben collocata.
- Già, ma il punto è un altro. Questa zona vuota in cui ci troviamo – fece una breve pausa prendendo fiato – è per te.
- Per me?
- Appartiene solo a te. Vorrei che la usassi per esporre le tue opere. Prendila come un’esposizione permanente di Victoria Reyes.
- Mi prendi in giro? E’ uno spazio enorme e…
- Da quando abbiamo avuto questa idea, avevo il pensiero fisso che sarebbe stato giusto farti avere un posto solo tuo.
- Non posso crederci. Non mi basterà una vita intera per riuscire a ricambiare un regalo del genere!
- Perché non devi. Voglio solo che tu sua felice.
- Lo ero anche senza tutto questo.
- Ho combinato un bel guaio. E Katrin si sbaglia quando pensa che la stia punendo. Che non l’abbia perdonata.
- Dovresti dirglielo allora.
- Non posso. Perché ha ragione quando dice che non mi fido più di lei. La capacità che ha avuto di colpirmi così in basso, usando la cosa che mi avrebbe ferito di più. Le ho perdonato le conseguenze ma non l’azione. E non sopporto di sapere che ti ama ancora. Con quale spirito posso volerla al mio fianco il giorno del notro matrimonio?
- Quest’ultima cosa, perdonami, è una sciocchezza.
- Tu credi? Perché per me non lo è. Vorrei poter condividere con lei questo momento della mia vita senza pensare che invece ne stia soffrendo o… davvero non lo so, o forse è il provare la stessa felicità che avevo iniziato a provare in quel periodo… e ho paura che possa succedere di nuovo qualcosa che possa portarmela via…
- Sai Vic continuo a pensare che le tue paure siano del tutto infondate, sono sicura che lei è felice per noi . Qui l’unica cosa importante è capire se il sentimento che vi lega esiste ancora. Riusciresti a fare a meno di lei nella tua vita? Personalmente ti dico che no, a me mancherebbe. Molto.