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Autore: Lucky_May    25/03/2018    0 recensioni
"A Marine, la sua vita stava bene.
Tutto questo, ovviamente, finchè un giorno un uomo in camice bianco con un sorriso perfetto e smagliante, la fronte libera dai capelli pettinati accuratamente all'indietro con del gel e un paio di occhiali attaccati ad un cordino al collo, entrò in casa sua, il viso di sua madre coperto dalle sue stesse mani in un tentativo di nascondere le lacrime, la prese per mano dicendole: «Vieni tesoro, ti porterò in un posto migliore.»"
Oppure
Dove una ragazza con la reputazione di quella "facile" con i ragazzi finisce per incontrare nel posto peggiore del mondo Alex, la ragazza che le cambiò la vita.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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♥ ♥ ♥ ♥

 

Una stella cadente. Una striscia luminosa che attraversa il cielo per millesimi di secondo, e scompare. All'altezza della bocca dello stomaco Marine avvertì l'urgenza di esprimere un desiderio, di urlarlo via, ma qualcosa le disse di non farlo. Poggiò i piedi nudi sul pavimento freddo e si rese conto del vuoto nel letto accanto al suo, dove avrebbe dovuto dormire Alex. In effetti, se la sua compagna di stanza fosse stata lì, era sicura che la finestra sarebbe stata chiusa a quell'ora della notte. Ma la finestra e le tende erano spalancate, lasciando intravedere quell'angolo di ardente cielo blu, ricoperto di puntini luminosi, dove Marine poco prima aveva intravisto la stella cadente. E a chi avrebbe urlato il suo desiderio se nessuno era lì ad ascoltarla?

 

Dicono che i desideri non si avverano se rivelati a qualcuno, ma Marine è sempre stata sola.

 

E quando se ne accorse, era già troppo tardi. La stella cadente era sparita in un altro emisfero. Marine voleva la sua stella indietro, la sua chance, la sua via d'uscita.

Guardò il soffitto della sua stanza, delle lacrime stavano scendendo lungo le sue guance, occhi guizzanti in cerca della stella, come se il tetto potesse ridargliela indietro. Si affrettò anche verso l'armadio, spalancando le ante e cominciando ad urlare, in un vano tentativo di poter acchiappare tra le mani ciò che era troppo fugace per essere visto una seconda volta.

 

«Dov'è?! Dov'è?!»

 

La stanza smise di girare, le stelle di brillare, il cuore di correre, le lacrime di cadere, quando sentì una mano accarezzarle la schiena. Marine cadde sulle sue ginocchia alla realizzazione.

Nessuna stella era caduta quella notte, le finestre non erano aperte, il letto accanto al suo non era vuoto.

 

«Cosa cerchi a quest'ora?»

«L-La stella cadente...»

«Non ci sono stelle cadenti dentro gli armadi, torna a dormire»

 

La ragazza a cui apparteneva la voce aiutò Marine a rialzarsi e si rimisero sotto le coperte dei rispettivi letti. Chiusero gli occhi e dormirono, come se nulla fosse mai accaduto.

 

 

 

Il sole era splendente al centro del cielo azzurro, limpido, libero da nuvole. La finestra della stanza era spalancata, nonostante dei soffi di vento gelidi che la giornata d'inverno portava all'interno della camera.

Alex, agli occhi di Marine, sembrava più felice del solito, si muoveva velocemente, come se avesse dell'energia di troppo da dissipare. Ogni suo passo era quasi un saltello e il suo tono di voce si era sicuramente alzato di un'ottava. La ragazza dai capelli rosa riusciva quasi a vedere due soli dentro gli occhi verdi della riccia, se le avessero dovuto chiedere la definizione di persona solare, avrebbe risposto "Alex."

 

«Hey, Selene, qual è la tua malattia?»

 

La domanda sorse nel bel mezzo della splendente mattinata, Marine sapeva che prima o poi sarebbe arrivato anche per lei il momento di risponderle. Doveva ammettere, però, che anche lei era almeno un po' curiosa di sapere quale fosse la risposta dell'altra. Alex, in presenza di Marine, non aveva mai perso il controllo, come spesso era accaduto nelle sue lezioni di arte, o come accadeva altrettanto spesso nelle lezioni di cucito che Alex stessa le raccontava nel pomeriggio, non appena ritornava.

Inutile dire che Marine si era abituata, arresa, al modo in cui l'altra la chiamava. Nonostante la domanda colse di sorpresa la ragazza, sapeva perfettamente come rispondere: la pura verità.

 

«Non ho nessuna malattia.»

 

La risata della riccia riempì la stanza, e Marine non era nemmeno sorpresa della sua reazione. Una ragazza frivola come lei non poteva prendere le sue parole seriamente, in effetti, non la biasimava, era quasi impossibile che in un manicomio ci potesse essere una persona sana di mente, con tutti i controlli a cui i dottori sottoponevano i pazienti. Ma Marine ancora non aveva incontrato nessuno psichiatra. La risata era svanita e adesso Alex la guardava con un mezzo sorrisetto, come se si stesse trattenendo dal non scoppiare a ridere un'altra volta.

 

«E tu invece, qual è la tua malattia?» Chiese Marine lasciando penzolare le proprie gambe giù dal letto.

 

«Io? Io non ho nessuna malattia!» Alex scese dal letto e si sporse dalla finestra, chiudendo gli occhi, godendosi il calore dei raggi del sole che baciavano la sua pelle.

 

Se la loro stanza non fosse stata situata al primo piano, Marine si sarebbe preoccupata per l'incolumità della propria compagna, sospettando che potesse cadere di sotto.

Si sarebbe preoccupata, ma Marine non lo ammetterà mai, se non fosse stata distratta dalla bellezza della riccia.

Un sorrisino era dipinto sulle sue labbra e il vento muoveva i suoi soffici ricci. Il piercing brillava alla luce del sole e la ragazza dai capelli rosa quasi ne rimase accecata più volte, perchè non riusciva a togliere gli occhi di dosso da quel paio di labbra, stirate nel sorriso più sereno che le aveva visto addosso e per un attimo Marine credette anche alle sue parole.

 

«Impossibile»

 

Alex distolse lo sguardo dal sole per fissare gli occhi in quelli di Marine e sorrise.

Ipnotizzata da quel sorriso, non riuscì a contare i battiti cardiaci che aveva perso.

La riccia lasciò cadere le proprie braccia lungo i fianchi prima di sedersi sul letto al fianco di Marine.

 

«Lo stesso vale per te!»

 

Ma nessuna risposta lasciò le labbra della ragazza, affaccendata con i suoi pensieri. La vicinanza dell'altra non l'aveva infastidita, non le mancava il respiro, per una volta. Alzò gli occhi per incontrare lo sguardo della riccia. Ma ancora una volta i suoi pensieri si presero una pausa, così come il suo respiro e il suo cuore. Era così vicina e da quella distanza Marine poteva osservare ogni dettaglio della pelle dell'altra. Ma non aveva molto da commentare, nulla su cui soffermarsi per più di qualche secondo, nessuna imperfezione occupava il suo volto.

 

«Sei bellissima.»

 

Alex rispose con una risata, coprendosi il volto con le mani dalle dita lunghe e magre, aggiustandosi subito dopo la ciocca di capelli che le era caduta sul volto.

 

«Tu sei bellissima!»

 

E, onestamente, Marine lo sapeva. I ragazzi la guardavano con un certo luccichio negli occhi quando camminava con i suoi shorts a vita alta, una cinta di cuoio nero e la sua maglietta rossa più larga di varie taglie, annodata sopra l'ombelico, per lasciare intravedere un sottile lembo di pelle alla quale vista i ragazzi si leccavano le labbra. Marine nuotava tra gli sguardi e le occhiatine di coloro che inclinavano gli occhiali da sole lungo il dorso del naso, per guardarla dalla testa ai piedi, mentre sfilava lungo il viale principale del loro quartiere. Rimaneva con sguardo serio ed impassibile, la sua camminata lenta e, per quanto Marine volesse farla sembrare innocente, provocante anche quando i ragazzi affrettavano il passo per affiancarla nella sua passeggiata estiva sotto il sole cocente, nonostante la sua pelle bianca rischiava di bruciarsi, neanche fosse uno di quei vampiri che ultimamente si vedevano spesso in televisione. I complimenti non le erano mai piaciuti, tuttavia. Nemmeno le persone dirette, a dirla tutta. Preferiva il mistero, il dubbio e l'incertezza dietro gli occhi esitanti di coloro che la apprezzavano e che si soffermavano con gli occhi sul suo corpo più del necessario. E di solito i ragazzi erano proprio senza vergogna, volevano semplicemente arrivare dritto al sodo, facile e veloce, esattamente tutto ciò che Marine odiava. Patetici, pensava.

 

Ma la risata di Alex forse era contagiosa, o semplicemente era stupefacente anche quella e per la prima volta dopo un'infinità di tempo, si ritrovò a ridere. Ed ad apprezzare un complimento. Aveva fatto crollare un po' la muraglia attorno al suo cuore, perciò non appena smisero di ridere decisero di cambiare argomento. E parlarono, parlarono, parlarono, finchè Alex non venne richiamata dai dottori per fare dei controlli per una malattia che per quanto ne sapeva Marine, non esisteva.

 

 

 

Marine fu risvegliata da un continuo ticchettio alle finestre. Quando aprì gli occhi, al di là dei vetri, la luce lunare faceva risplendere la porzione di prato verde visibile da quell'angolazione, la pioggia brillante si poggiava leggiadramente sui ciuffi di erba verde sgargiante. Marine poggiò i piedi a terra per muoversi verso la finestra, osservò il pianto del cielo a bocca aperta, quella sera il cielo piangeva diamanti. Ogni goccia sembrava una luce in sè e la ragazza si ritrovò ad osservare le luci danzare nel cielo notturno. Marine credette anche che la pioggia fosse riuscita ad entrare nella stanza per quanto intensa fosse. Si sentiva lei stessa sotto quel pianto disperato, una richiesta d'aiuto da parte del cielo rivolta a nessuno in particolare, a tutti in generale. E prima che potesse accorgersene le sue mani erano umide, ma di lacrime vere, e il rumore della pioggia era stato sovrastato dalle sua stesse urla.

 

«Ridatemela!»

 

Marine stese le braccia davanti a lei, i palmi aperti come a richiedere indietro ciò che le avevano tolto.

 

«Ridatemela!» Urlò più forte.

 

Le lacrime imitavano la pioggia fuori dall'edificio, ma al contrario sul suo viso non la rendevano bella come la visione al di là della finestra. Le sue grandi lacrime non la facevano risplendere, la luce era assente nella camera, ma come il cielo era disperato allo stesso modo lo era Marine e nonostante le urla nessuno le stava ridando ciò che desiderava.

Il sonoro e vano pianto riempì lo spazio finchè un paio di dita si intrecciarono con quelle di Marine e le strinsero le mani. Si sentiva soddisfatta adesso, la ragazza dai capelli rosa. Il senso di vuoto e solitudine rimpiazzato da una sensazione di pienezza e di integrità.

 

«Ecco qua, adesso va meglio?»

 

La solita voce addormentata, ma con un effetto calmante, la fece tornare indietro in uno stato di coscienza. Venne di nuovo guidata fino al letto dove chiuse gli occhi e si addormentò, come se nulla fosse mai accaduto.

 

 

 

La mattina seguente, Marine si risvegliò con dei leggeri colpi alla porta. Dopo aver bussato tre volte ed atteso per circa cinque secondi, la porta si aprì rivelando la figura della solita infermiera dai capelli color caramello raccolti in uno chignon basso. La donna entrò silenziosamente, quasi scusandosi per la sua irruzione ad una così buon'ora. Marine si mise seduta sul letto, stropicciandosi gli occhi e passandosi una mano tra i capelli ormai di un rosa sbiadito. Non avrebbe mica potuto colorarsi i capelli in un manicomio, sarebbero prima o poi ritornati del suo colore naturale, biondo platino. Marine era troppo assonnata per notare che l'infermiera stava osservando ogni suo minimo movimento, come per aspettare il momento giusto per darle una brutta notizia. La ragazza si guardò attorno, ogni cosa era al suo posto, non che ci fosse molto dentro la stanza, il quadro era ancora appoggiato accanto all'armadio e persino Alex dormiva tranquilla con la schiena rivolta verso le due figure femminili, sotto le coperte. Di solito era già sveglia e pimpante nonostante fosse ancora troppo presto per qualsiasi essere vivente. Marine si era sempre svegliata con la finestra aperta, il fatto che adesso fosse chiusa le apportò un senso di soffocamento. Scese dal letto alzando la vecchia e rumorosa serranda il più lentamente possibile, avendo un po' di rispetto per la sua compagna ancora avvolta nel suo dolce sonno, al contrario delle brusche maniere con cui Marine veniva sempre risvegliata da Alex.

 

«Cosa c'è? E' cambiato l'orario dell'incontro di oggi per il corso di pittura?»

 

Marine prese un profondo respiro non appena la fioca luce illuminò la stanza, aprendo anche le ante della finestra, per far cambiare l'aria. Un profumo di pioggia le inondò le narici e il resto della camera. L'aria pulita libera da smog, dovuta al lontano ubicamento dell'edificio dal centro città, fece crescere in Marine un senso di leggerezza, poco prima di essere totalmente mandato in frantumi dalla frase dell'infermiera.

 

«No Marine, oggi avrai il tuo primo incontro con i dottori.»

 

Le braccia le caddero lungo i fianchi, divenne pallida quanto il cielo di quella grigia mattina ed ignorò il fievole pianto lamentoso della sua compagna di stanza, immotivato per la ragazza dai capelli rosa.

Le ultime parole che sentì prima di chiudersi in bagno per le ore successive furono quelle dell'infermiera che si rivolgeva ad Alex.

 

«Alex? Alex stai bene? Chiamate un dottore!»

 

Ma a Marine stava bene così.


Angolo scrittrice-

Brutta bestia il blocco dello scrittore... Ma in compenso in questo capitolo succedono un sacco di cose!
Tipo Marine e Alex che parlano un po' come vere amiche...
Chissà cosa accadrà nel prossimo capitolo!
Intanto, anche se in questo capitolo non l'ho nemmeno menzionata, vi lascio una foto di Ileen!




Vi ricordo di seguire la storia per non perdere gli aggiornamenti e di lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate!
Le recensioni motivano gli autori a scrivere più velocemente e a migliorare ♥

Lucky_May

  
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