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Autore: Sonrisa_    29/03/2018    3 recensioni
«Questo è il tuo kwami?» chiese piano Chat, dandosi poi dello stupido per quella domanda dalla risposta scontata.
«Tikki.» disse Marinette «Lei si chiama Tikki.» ripetè, deglutendo piano nel vedere il supereroe in nero chinarsi per prendere tra la mani il minuscolo esserino.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prenons le temps qu'il faut



 
Con un agile balzo la giovane supereroina entrò nell'ascensore, appanando poi con un sospiro stanco una piccola porzione della superficie riflettente del grande specchio contro il quale si era appoggiata. Anche questa volta Ladybug e Chat Noir erano riusciti a sconfiggere l'ennesimo akumizzato di Papillon, ma a sfiancarla così non erano tanto quei supercattivi, quanto più il dover sfuggire ai giornalisti che la riempivano di elogi, ma anche di troppe domande. Nonostante avesse iniziato ad essere più disinvolta difronte a loro, ancora non riusciva completamente ad abituarsi a quella notorietà e all'avere gli occhi di tutti puntati addosso; cose per le quali il suo compagno di squadra sembrava essere estremamente portato: era incredibile con quanto nonchalance egli riuscisse a districarsi tra le domande dei giornalisti ed uscirne sempre impeccabile.
Pensare a Chat Noir fece sollevare automaticamente gli angoli delle sue labbra all'insù, ma il suono dei suoi orecchini la riportò bruscamente alla realtà: ancora un minuto e sarebbe tornata la semplice Marinette.
"Appena in tempo..." pensò, benedicendo l'aver trovato quell'ascensore come via di fuga alternativa, dopo che i giornalisti avevano assediato le scale nel tentativo di bloccarla prima che andasse via.
Premette il tasto per arrivare al terzo piano -arrivare direttamente al primo sarebbe stato troppo pericoloso- ed aspettò il suono della chiusura delle porte scorrevoli per sentirsi pienamente al sicuro.
«Appena in tempo!»
Per poco non urlò alla comparsa improvvisa di Chat Noir, entrato con un balzo giusto tre secondi prima che l'ascensore si chiudesse iniziando la sua lenta discesa.
«M'lady, volevi forse lasciarmi tutto solo soletto in balia di quei giornalisti?» chiese, portandosi una mano sul cuore ed ostentando un enorme dolore.
«Sai com'è, credevo ti piacesse stare al centro dell'attenzione...»
«Solo della tua» precisò lui «dovresti averlo capito ormai.»
«...e poi io mi sto per ritrasformare.» continuò lei indicando il suo orecchino, così da tentare di reprimere il sorriso che stava per fiorire sulle sue labbra «Quindi sei pregato di uscire.» gli comunicò, indicandogli la porta.
«No!» gridò il giovane, allarmandosi «Mi girerò dall'altra parte, non ti guarderò, te lo giuro, ma per favore fammi stare qui.»
"...con te" aggiunse nella sua mente. Era da una settimana che non la vedeva -complice l'inspiegabile assenza di akumizzati in giro per Parigi- e lui necessitava di stare con lei almeno un altro po'.
Ladybug soppesò la proposta del compagno, combattuta tra il fermare l'ascensore o assecondarlo.
«D'accordo.» concesse, fissandolo seria e perdendosi in secondo di troppo in quelle iridi smeraldine, per poi sgranare i suoi occhioni blu nell'udire l'ultimo beep dei suoi orecchini. Rapidissima lo prese per la spalle costringendolo a voltarsi verso le porte, così da darle la schiena, proprio mentre una forte luce riempiva lo spazio tra di loro, sancendo la fine del tempo a disposizione di Ladybug per quel momento.
Entrambi trattennero il respiro, mentre una Tikki ormai stremata veniva sbalzata via, contro le porte dell'ascensore.
«Questo è il tuo kwami?» chiese piano Chat, dandosi poi dello stupido per quella domanda dalla risposta scontata.
«Tikki.» disse Marinette -poteva condividere il nome del suo kwami, no?-  «Lei si chiama Tikki.» ripetè, deglutendo piano nel vedere il supereroe in nero chinarsi per prendere tra la mani il minuscolo esserino.
«È estremamente graziosa.» commentò lui, accarezzandole piano il capo, per poi allungare il braccio verso la ragazza dietro di lui e abbassare la testa, così da non correre il rischio di vederla «Come te del resto....» sussurrò dolce.
Marinette riprese tra le mani il piccolo kwami, avvicinandoselo al petto e cercando di ignorare il fremito che le dita di lui avevano avuto nel sfiorare le sue.
Chat si ritrovò a maledire i guanti della sua trasformazione che gli avevano impedito di avere un contatto diretto con la sua mano. Cercò di concentrarsi sul regolare il proprio respiro, così da distrarsi e non pensare a quanto avesse voglia di voltarsi, per scoprire finalmente il vero volto dell'amore della sua vita.
Perché? Perché Ladybug non voleva ancora che si rivelassero l'un l'altro?
Levò lo sguardo verso l'alto, per capire per quanti altri piani dovessero scendere ancora prima di separarsi. Quando aveva fatto quella proposta non pensava che la sua idea si sarebbe rivelata una tortura lenta e dolorosa per il suo animo e il suo povero cuore. E dire che gli sarebbe bastato voltare la testa appena verso destra per scoprire il suo volto...
Marinette sorrise dolce, colpita nel notare quanto Chat Noir si stesse impegnando nel mantere la sua promessa.
«Noto quanto sia difficile per te... sappi che lo apprezzo molto.» mormorò sincera, mentre Tikki, sedutasi sulla spalla della ragazza, alternava lo sguardo da lei a lui, quasi come se fosse un incontro di ping pong.
«Per te questo e molto altro, lo sai.»
Calò uno strano silenzio che Marinette cercò di riempire in qualche modo.
«Io volevo anche... ehm... ringraziarti per oggi.»
Chat Noir aggrottò le sopracciglia: «Non devi ringraziarmi, M'lady. Siamo un team» ah! quanto avrebbe voluto dire coppia! «inarrestabile, tu ed io, no? E poi sono anch'io un difensore di Pari-»
«Questo lo so e mi rende felice poter contare su di te.» lo interruppe «Volevo ringraziarti per Adrien...» mormorò piano «...per esserti assicurato che fosse tornato a casa sano e salvo.» concluse stritolando la tracolla della borsetta.
Chat Noir ebbe un sussulto a quel nome e lei temette di aver fatto un gradissimo errore nell'iniziare quel discorso. Lui aveva dimostrato un grande interesse nei suoi confronti, iniziare a parlare di Adrien non doveva essere stata una grande mossa... Possibile che nei panni di Marinette non facesse altro che danni?
L'eroe in nero capì al volo a cosa si stesse riferendo la ragazza: quando il responsabile del guardaroba era stato akumizzato, lui aveva fatto perdere le proprie tracce per trasformarsi, ma ricordava benissimo la preoccupazione di Ladybug quando l'assistente del fotografo le aveva confidato di non avere idea di dove fosse finito il giovane modello di punta della maison Agreste. Però -cosa strana per lui- la fortuna l'aveva assistito, infatti, dopo aver capito che le parole non sarebbero bastate a tranquillizzare la compagna, aveva capito di dover agire diversamente...

 
«Io devo andare a ricaricare il mio kwami, mi resta poco tempo. Ne approfitto e vedo se trovo Adrien a casa sua. Pensi di resistere senza di me per pochi minuti?»
 
In realtà non si era allontanato per niente, finendo per rintanarsi sul balcone che dava sulla sala del palazzo adibita per il set -ora teatro di scontro- così da poter tener d'occhio la situazione e, in caso di necessità, rientrare subito per aiutare la sua buginette.
Adesso che ci ragionava meglio, però, dovette ammettere che Ladybug si dimostrava spesso particolarmente in pensiero per le sorti di Adrien: per esempio ricordava benissimo l'ansia della supereroina quando, durante lo scontro con Volpina, credeva che lui fosse in pericolo di vita.
«Perché?» chiese lui «Perché gli riservi tutta questa attenzione?»
La sua voce aveva assunto una sfumatura quasi disperata, che Ladybug interpretò come sofferenza nel rendersi conto che le sue attenzioni fossero rivolte al modello e non al compagno di squadra, ma che in realtà era dovuta alla voglia di capire. Perché questa attenzione a lui?
Marinette tacque, soffrendo per lui e ritrovandosi incapace a trovare le parole giuste da dire.
«Perché è un famoso modello? Perché è bello? Perc-»
«Non mi baso solo su certe cose per decidere se preoccuparmi o meno di una persona.» sbottò lei «Credi sia così superficiale? Io non mi preoccupo così tanto per lui solo per un fattore estetico o per il lavoro che fa.» puntualizzò indispettita, incrociando le braccia al petto.
«E allora perché?»
La disperazione traboccava da quelle tre piccole paroline, mentre lui, presosi il volto tra le mani cercava di tenere a bada la voglia di voltarsi e supplicarla di chiederle perché riservasse una tale attenzione alla sua controparte "normale".
«Chat...» sussurrò Marinette, in pena per lui.
Il supereroe levò gli occhi verso l'alto, accorgendosi solo ora che la discesa stava per concludersi: appena le porte si fossero aperte lui non avrebbe mai avuto le risposte che cercava.
Senza voltare lo sguardo, scivolò accanto al quadro dei comandi, bloccando l'ascensore.
«Ladybug, ti prego rispondi. Voglio solo capire, tutto qui.»
Forse fu la serietà nella sua voce, forse fu l'averla chiamata con il suo nome da supereroina e non con quei soliti nomignoli, forse fu il rendersi conto che non avrebbe sbloccato l'ascensore senza una risposta... fatto sta che Marinette prese un bel respiro e aprì il suo cuore.
«All'inizio lo detestavo.» iniziò, non potendo guardare gli occhi Chat Noir sgranarsi per la sorpresa «Poi lui mi ha parlato...» e nel pronunciare quelle parole ritornò indietro quel pomeriggio di pioggia, inizio di tutto, e sorrise con una tenerezza immane «...e mi sono resa conto di averlo giudicato male. Non era come credevo. Lui è così dolce, generoso, gentile, intelligente, disponibile ad aiutare gli altri...»
La sua voce si fece sempre più lieve man mano che proseguiva ad elogiarlo, finché Marinette tacque con le gote imporporate e gli occhi colmi di dolcezza nel pensare a lui.
Chat Noir rimase in silenzio, colpito da quella confessione che significava tutto e non significava niente.
Era la prima volta che qualcuno lo descriveva omettendo l'aggettivo "bello" e, paradossalmente, ne fu contento. Lui era più che "bello" e lei se n'era resa conto.
Si sentì felice.
«Grazie per esserti confidata con me.» sussurrò lui.
Marinette fu colpita nel sentire una particolare sfumatura nella voce di Chat.
Le porte dell'ascensore si aprirono sul piano deserto e Marinette si ritrovò a sussultare: non si era resa conto che la discesa fosse ripresa.
Chat fece un passo in avanti, pronto a sparire tra quei corridoi e tornare a casa con una strana gioia nel cuore, ma si fermò di scatto sentendo due esili braccia cingerlo da dietro in un abbraccio inaspettato.
«Grazie a te, Chat. Di tutto.» mormorò lei contro la schiena di lui, desiderosa di trasmettergli tutto il grande affetto che provava «Sei importante per me e io sono contenta di averti al mio fianco.» affermò sincera.
Il supereroe di Parigi ebbe un brivido, strinse per pochi istanti le dita della compagna intrecciate sul suo petto per poi mettersi le mani davanti agli occhi.
«A presto, buginette
Lei rise senza protestare per quel nomignolo, sciogliendo la presa su di lui ed allontanandosi. Si voltò dopo pochi passi, sorridendo dolce senza essere vista: lui era ancora lì, immobile e con le mani premute sugli occhi.
Solo quando le porte dell'ascensore si richiusero, Chat ritornò ad essere Adrien.
«Potevi vederla! Sarebbe stata la volta buona!» sbottò Plagg, piazzandosi davanti ai suoi occhi «Finalmente l'avresti vista in faccia e avresti smesso di sospirare davanti al computer: sai quanto sei pesante in quelle condizioni?!»
«Mi conosce! Ti rendi conto? Mi conosce!» esclamò il modello, ignorando il suo kwami.
«Il tuo bel faccino è ovunque a Parigi. Mi sarei stupito del contrario.»
«No, non stai capendo: lei mi conosce davvero.» disse con un sorriso euforico, stringendo Plagg tra le mani «Quindi... anch'io la conosco.» mormorò, colto da una nuova consapevolezza.
Conosceva Ladybug! La ragazza dei suoi sogni faceva già parte della sua vita! Solo che...
«...Chi può essere allora? E, soprattutto, come ho fatto ad essere così cieco da non accorgermene? Per quello che so potrei conoscere Ladybug da mesi!»
Plagg scosse la testa sconsolato: «Perché poco fa non hai sciolto la trasformazione?» chiese, posandosi sulla sua spalla vedendo la strada deserta una volta usciti dall'edificio.
Adrien tacque per un paio di secondi, abbassando lo sguardo.
«Ho avuto paura.» ammise in un sussurro, grattandosi la testa imbarazzato.
«E di cosa? Stupiscimi, ragazzo.»
«Non potevo sapere quale sarebbe stata la sua reazione...»
«Di questo passo, non lo saprai mai.» lo interruppe acido il kwami.
«...io la amo, davvero.» continuò lui, ignorando il commento di Plagg «Ma io non sono solo Adrien Agreste, sono anche Chat Noir ormai.» disse, sperando che l'altro riuscisse a capirlo.
Il kwami lo fissò un po' perplesso, tentando di seguire il ragionamento del suo Portatore.
«Temo che potrei piacerle solo come Adrien.» spiegò ancora il ragazzo «Premesso che non so nemmeno se io le piaccia in quel senso...» aggiunse nervoso, passandosi una mano sul collo.
«Certo, mi sembra logico: del resto anch'io potrei tessere le tue lodi con voce dolce giusto perché ti reputo solo un buon amico, no?» sbottò Plagg, piazzandosi davanti il suo naso e sbattendo le ciglia con un fare che doveva essere ammiccante.
«Oh, ti prego: non farlo mai più!» rise il ragazzo, portandosi le mani agli occhi «Eri orrendo.»
«Moccioso, tu sarai pure bello, ma certe volte mi chiedo se tu lo faccia di proposito, a sembrare stupido.»
«Ora mi reputo offeso.»
«Offenditi pure, ma ascoltami: chiunque si nasconda dietro la maschera di Ladybug ti ama.» affermò sincero e sicuro, specchiandosi nelle iridi smeraldine di Adrien «Non l'ha potuto ammettere esplicitamente solo perché sa dei sentimenti di Chat Noir, non sarebbe stato da lei farlo soffrire così.» spiegò, sperando che il ragazzo lo stesse seguendo «Non metterlo mai più in dubbio.»
 «Da dove ti viene tutta questa sicurezza improvvisa?» chiese Adrien, aggrottando le sopracciglia e stupendosi del discorso che il suo kwami gli aveva appena rivolto.
«Ti ricordo che ho migliaia di anni in più di te... e che ti piaccia o no, so molte cose che tu non puoi nemmeno immaginare...»
"...ma che vorrei tanto dirti." concluse nella sua testa Plagg.
«Ti credo.» sorrise il ragazzo, prendendo sulla mano il kwami e facendolo scivolare sulla propria spalla «Ora però posso finire di spiegarmi?» al segno di assenso del piccolo esserino nero, continuò: «Non ho sciolto la trasformazione perché temevo che lei potesse rimanere male nello scoprire che Chat Noir fossi anche io. Ho deciso che mi impegnerò a capire chi si possa nascondere dietro la maschera di Ladybug, ma nel frattempo cercherò di mostrarmi completo a lei: in quei brevi momenti che trascorriamo insieme le mostrerò tutte le sfaccettature del mio carattere, sarò Adrien e Chat Noir. Anzi, sarò me
«Bravo, mi piace questo atteggiamento propositivo, ragazzo!» si complimentò il kwami «Ora però gradirei il mio Camembert.» disse, facendogli cenno con la zampina.
«Cosa? Ma se non ho riutilizzato il Cataclisma nella seconda parte della battaglia, a che ti serve quel formaggio puzzolente? L'hai mangiato poco più di un'ora fa!»
«I discorsi lunghi mi sfiaccano, moccioso, sfamami.»
Adrien sospirò, ma poi si sciolse in una risata divertita mentre prendeva l'ultimo pezzo di Camembert nella borsa e lo porgeva al kwami che lo accolse con un sorriso soddisfatto.
«Plagg?»
Il richiamo di Adrien, dopo alcuni attimi di totale silenzio, lo colse un po' di sorpresa mentre ingoiava l'ultimo boccone del suo adorato spuntino. Confuso, il piccolo esserino si voltò.
«Grazie. Hai fatto bene a non rivelarmi niente sulla vera identità di Ladybug, non sarebbe stato giusto scoprirlo così. Voglio riuscire a riconoscerla io.»
Plagg sorrise, non riuscendo a dire alcunché, ma certo che Adrien potesse comprendere tutte quelle parole non dette. Se fosse stato un po' più come Tikki, probabilmente avrebbe cercato di abbracciare quel ragazzo che si stava dimostrando sempre più speciale per lui, ma Plagg era Plagg; il kwami del Gatto Nero non si lasciava andare a simili smancerie, piuttosto poteva alzare lo sguardo verso il cielo, contemplare la volta celeste e sperare con tutto il cuore che le cose volgessero per il meglio.
 






L'idea di questa fic ha radici lontane, risalenti a luglio 2017 per essere precisi (sì, sono molto veloce nella scrittura), quando io avevo scoperto Miraculous da circa un mesetto. Mi attirava l'idea che Chat Noir potesse conoscere i pensieri di Ladybug verso Adrien, così si è sviluppata l'idea dell'ascensore. Con l'inizio dell'università, ho interrotto la scrittura della shot, anche per mancanza di idee per il finale e, a distanza di mesi, credo che sia stato meglio così: la s2 mi ha dato (e sta continuando a farlo) così tanti spunti interessanti *^*
-1 a Capitain Hardrooooooooooock!
Il titolo della fanfic è preso da un verso di
Le temps qu'il faut di Tal, non so se la conoscete, ma io l'apprezzo molto come cantante.
Come avrete intuito, la one-shot è ambientata sicuramente dopo
Le Hibou Noir, sta a ciascuna di voi decidere se porla prima o dopo della scena del balcone o di Gorizilla. :)
È la prima volta che affronto anche il personaggio di Adrien, secondo voi sono riuscito a caratterizzarlo bene? Mi sale sempre l'ansia per 'ste cose... :/
Fatemi sapere le vostre impressioni sulla fic!
Vi abbraccio,
Marty
  
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