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Autore: Imperfectworld01    29/03/2018    0 recensioni
Amore [a-mò-re] s.m.
1. Forma di amnesia che colpisce una persona facendole dimenticare che al mondo ci sono altri 7 miliardi di individui.
"I hate you, I love you. I hate that I love you. Don't want to but I can't put nobody else above you"
Tratto dalla storia:
«Puoi avere tutte le ragazze che vuoi»
«Me ne frego di tutte. È te che voglio»
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Perché non mi ha detto che si è rimessa con lui? Sono sua amica, pensavo si fidasse. 

 

Forse aveva paura che la giudicassi per la sua scelta... ok, in effetti non la capisco, non capisco perché rimettersi con quello stronzo, ma avrei comunque rispettato la sua decisione. 

 

È libera di agire come vuole. E se vuole stare con lo stalker, a me va bene. 

 

Non mi ero resa conto di starli fissando ancora, finché non si sono voltati entrambi verso di me. 

 

Francesca sussulta e si allontana dal ragazzo, per correre nella mia direzione. 

 

«Eli, io posso spiegarti» dice ma io la fermo subito. 

 

«Perché non me l'hai detto prima?»

 

«È complicato...»

 

«Credo di potercela fare a capire»

 

«Non capiresti»

 

«Ma che cosa? Cos'altro c'è da capire se non che sei tornata con lui? E ora non pensare che sia questo il problema, il problema è che tu non sei sincera con me e che mi nascondi le cose. Almeno potrei sapere da quanto va avanti?»

 

«Da un paio di settimane» 

 

Faccio qualche riflessione e finalmente faccio due più due. 

 

«Quindi quando l'ho visto mentre baciava una ragazza, quella ragazza eri tu? E ogni volta che eri al telefono a messaggiare, messaggiavi con lui. E quando chiedevi di andare in bagno, quando al cinema ti sei allontanata... ogni volta eri sempre con lui!»

 

«Credimi, te l'avrei detto, se avessi potuto»

 

«Non ti sto seguendo» faccio confusa. 

 

Se avessi potuto? Che cosa c'era che le impediva di farlo?

 

«Senti... ti prego, lascia perdere» dice. 

«E comunque non posso credere che proprio tu parli a me di sincerità» aggiunge, lasciandomi ancora più confusa. 

 

«Sentiamo, quand'è che io non sarei stata sincera?»

 

«Quando hai evitato di dirmi che ti piace Rovati»

 

A quella sua affermazione, automaticamente scoppio a ridere.

 

«Te lo avrei detto. Se solo fosse stato vero»

 

«Se non è vero, allora perché la sera di Capodanno sei rimasta per almeno dieci minuti in cucina con lui a sbaciucchiarlo?»

 

«Non ci siamo baciati!» esclamo. 

 

«Sei persino peggio di me. Io almeno avevo una ragione per mentire, mentre tu? Perché continui a negare? Tutta la classe lo pensa, non solo io»

 

«E allora tutta la classe sbaglia. Soltanto io e Rovati sappiamo che cos'è successo davvero. E cioè niente. Ma anche se fosse successo qualcosa, penso che sarebbero affari nostri»

 

«Come questo era un affare mio. Non eri tenuta a saperlo»

 

Dopodiché si allontana e torna in palestra. 

 

Non riesco a capire perché non me l'abbia detto. Di solito mi racconta tutto ed è felice di farlo, quindi «non sono affari tuoi» non mi sembra una scusa adatta a lei. Dev'esserci qualcos'altro sotto. 

Ma per ora penso che non cercherò di scoprirlo. 

 

Per il resto dell'ora non ha fatto che ignorarmi, non vuole parlare con me.

 

E detto sinceramente, neanch'io ho voglia di parlare con lei, con una che mi tiene nascoste le cose e non si fida di me. 

 

Non solo per la storia di Davide, ma anche per l'altra cosa che ha detto, su me e Rovati: si fida di quello che dicono i miei compagni - i quali non erano neanche presenti in cucina - ma non si fida di quello che le dico io?

 

Una volta in classe, vado a sedermi al mio posto. In questi giorni di vacanza quasi mi ero dimenticata di quanto facesse schifo stare in classe, in prima fila, di fianco a Rovati che, tra parentesi, ora puzza terribilmente di fumo. 

 

Mi viene da vomitare.

 

«Che hai?» mi chiede ad un certo punto.

 

«Niente» mento.

 

«Ok» dice. 

 

Ma scherziamo? Ok? Niente è ok, lui per primo non è ok! 

 

È un idiota: se gli dico che non ho niente, evidentemente c'è qualcosa che non va.

 

«Se è tutto ok perché hai questa faccia?» chiede poi, cominciando finalmente a ragionare. 

 

«Da quando ti interessi a me? E comunque ti ho detto che non ho niente, sto benissimo»

 

«Se lo dici tu" dice alzando le spalle. 

"Voi ragazzi siete tutti uguali! Siete insensibili!»

 

«Insensibili? Mi stavo preoccupando per te, per ben due volte. Più di questo non posso fare!»

 

«E perché dovresti preoccuparti di me se ti ho detto che non c'è niente che non vada?» 

 

Strabuzza gli occhi azzurri e poi li alza al cielo. 

 

«Io dovrei riprenderti. Dovrei riprenderti e poi farti vedere il video per farti capire quanto cavolo sei scema!»

 

Non rispondo e mi limito a guardarlo male.

 

È finalmente trascorsa la prima settimana, o meglio, i primi due giorni, che comunque sono stati così lunghi e intensi come lo sarebbe stato una settimana intera.

 

Non ho parlato più con Francesca dopo la nostra "litigata" dell'altro giorno, ma al momento non mi interessa granché. Per quanto mi riguarda, io non ho fatto nulla di cui pentirmi. 

 

Il weekend è passato e una nuova settimana è cominciata. E io già non ce la faccio più. 

 

Ma almeno oggi due ore le passiamo in laboratorio di informatica. 

 

Ci prepariamo già ad uscire dalla classe non appena la prof arriva, ma questa ci fa subito tornare dentro. 

 

«Ragazzi, purtroppo oggi non posso portarvi in laboratorio perché stanno facendo delle ristrutturazioni: sostituiranno le luci, i banchi e i computer più obsoleti con alcuni più nuovi»

 

Alziamo tutti gli occhi al cielo. 

 

«Ma prof ma che due coglioni!» urla un mio compagno. 

 

«Delgati!» esclama la prof, prima di segnargli una nota sul registro. Daniele continua ad imprecare sottovoce e io non riesco a trattenere le risate. 

 

«Quindi» riprende la prof .

«Per questa settimana dovrete arrangiarvi da soli e incontrarvi da qualche parte per continuare il progetto»

 

«No prof, ora stiamo superando il limite. Già mi tocca vedere la Moretti quando sono a scuola, ora anche in orario extrascolastico è davvero troppo!» esclama Rovati. 

 

«Io sono qui, sai?» gli chiedo, visto che ha detto quella frase come se io non potessi sentirlo. 

 

«Stai zitta»

 

«Scusami?» dico e lo guardo in cagnesco. Rovati sta per rispondermi, ma la prof parla prima di lui. 

 

«Sentiamo Rovati, che cosa farebbe Moretti di così tanto male?»

 

«Semplice: mi dà fastidio»

 

«Ah, io darei fastidio a te?»

 

«Esattamente» risponde.

 

«Questo mi sembra abbastanza improbabile. Comunque è inutile lamentarsi, non c'è niente da fare» chiude il discorso la prof. 

 

Alzo gli occhi al cielo. 

 

E davvero i miei compagni pensano che ci sia qualcosa tra noi due?

 

Quando suona la campana dell'intervallo, fermo Rovati prima che esca dalla classe. 

 

«Moretti mollami almeno un secondo! Capisco che tu sia completamente cotta di me, ma mi sembra di averti già fatto capire che non mi interessi»

 

«Me ne farò una ragione. Comunque, quando e dove ci incontriamo per il progetto?» 

 

«Non possiamo deciderlo in un altro momento?»

 

«No»

 

«Va bene»

 

«Che giorni sei libero?»

 

«Non saprei, devo controllare la mia agenda» dice tentando invano di fare lo splendido. 

 

«Curioso che uno che non segna nemmeno i compiti sul diario, si segni invece tutti i suoi numerosissimi impegni in un'agenda»

 

Rotea gli occhi e rimane in silenzio. 

 

«Quindi?» lo incalzo. 

 

«Facciamo oggi dopo scuola?» 

 

Annuisco. 

 

«Andiamo da te o da me?» chiedo poi. 

 

«Fa lo stesso» dice. 

 

«Anzi, ti prego, facciamo da te» aggiunge dopo aver riflettuto un attimo. 

 

«Non vedrai Anna se è questo che speri, oggi va a pranzare da sua nonna»

 

«Vedi perché sei inutile?» domanda.

 

«Vedi perché ti fa male il braccio?»

 

«Ma a me non fa male il braccio»

 

«Ti farà male fra poco» dico, prima di tirargli delle sberle sul braccio. 

 

«Ahia!» 

 

«Stai zitto»

 

«Rovati, ti vuoi muovere? Stiamo perdendo l'autobus!» urlo, mentre quell'idiota è troppo impegnato a fare il cretino con Anna per darmi retta. 

 

Ed ecco che il secondo autobus è partito. 

 

Alzo gli occhi al cielo e vado da lui. 

 

«Ciao Anna, tutto a posto? Bene, sono contenta per te, ORA ANDIAMO!» urlo rivolta a Rovati, trascinandolo per un braccio. 

 

«Perché mi hai portato via? Non hai visto che stavo parlando con Anna? Non la vedevo da circa due settimane!»

 

«Ho visto, per almeno un quarto d'ora. Vuoi per caso arrivare a casa alle cinque?»

 

«Quanto rompi» dice. 

 

Rimango in silenzio a fissarlo per qualche secondo. Uno... due... tre... quattro...

 

«Si può sapere che hai da guardare?» 

 

«Stavo contando fino a dieci, prima di darti un'altra sberla» dico e lo colpisco di nuovo al braccio. 

 

«Questi tuoi gesti d'affetto continuano a sorprendermi»

 

«Dai, muoviti. Sta arrivando un altro autobus e io non voglio perdere anche questo» 

 

Saliamo sull'autobus e vediamo che è rimasto un solo posto libero. Neanche il tempo di pensare a cosa fare, che Rovati si è gia seduto. 

 

«Tu sì che sei un gentiluomo»dico andando di fianco a lui. 

 

«Be', non vedo nessuna donna qui intorno. Soltanto una piccola Moretti selvatica»

 

«Almeno tienimi lo zaino» dico togliendomi lo zaino dalle spalle e appoggiandolo sulle sue cosce. 

 

Lo vedo irrigidirsi non appena lo faccio. 

 

«Di nuovo?» fa con voce soffocata. 

 

Ops... e il bello è che non l'ho neanche fatto apposta. 

 

«Io lo so che tu un giorno mi ucciderai» dice non appena riprende a parlare normalmente. 

 

«Se tu mi avessi fatto sedere, niente di tutto questo sarebbe successo»

 

«Se tu non fossi una rompicoglioni, io ti avrei fatto sedere»

 

Una volta scesi dall'autobus, Rovati si incammina verso casa mia, e a momenti sembra conoscere la strada meglio di me. 

 

«Che c'è?» chiede una volta arrivati al cancello.

 

«Hai imparato bene la strada» rispondo. 

 

«Be', onestamente penso che sia un condominio meraviglioso»

 

«Ovviamente per me, vero?» scherzo. 

 

"Per chi altri, se no?»

 

«Magari per una bella ragazza con la pelle dorata, due grandi occhi castani, i capelli lunghi e scuri...»

 

«Dai, vuoi muoverti a farmi arrivare sì o no?» dice per cambiare discorso. 

 

«Non vedi che l'ascensore è occupato?» 

 

«E allora prendiamo le scale!»

 

«Certo. E poi magari vado a gareggiare nelle Olimpiadi. Non mi sembra che tu abbia Miss Atletica qui davanti a te»

 

«Questo è chiaro. Solo... Alleluia!» sospira quando finalmente l'ascensore arriva. 

 

Saliamo ed entriamo in casa. 

 

Gli faccio lasciare lo zaino in camera mia e faccio per andare in cucina, ma mi fermo quando vedo Rovati guardarsi intorno e cominciare a toccare un sacco di cose. 

 

«Wow, che figo questo! Non sapevo giocassi alla Play!» dice prendendo un gioco per la PlayStation da uno scaffale. 

 

«Oh, non è mio. È di Giorgio. Solo che l'ha portato qui perché pensava che forse mi sarebbe piaciuto»

 

«Giorgio è tuo fratello?»

 

«No, è il compagno di mia madre»

 

Rovati guarda ancora un po' il gioco e poi lo rimette a posto.

 

«Questo sì che è interessante. Una Moretti da piccola» dice guardando una fotografia sulla mia scrivania e ridendo. 

 

«Che cosa ci trovi così divertente?»

 

«Davvero vuoi che te lo dica? I codini, tanto per cominciare. Sembri una parente di Pippi Calzelunghe» 

 

«Pippi Calzelunghe aveva le trecce»

 

«Fa lo stesso. E poi guarda che finestrelle che avevi in bocca. Per caso qualcuno ti aveva tirato un pugno all'asilo ed eri rimasta sdentata?»

 

«Dai!» dico ridendo anch'io. 

 

«Per non parlare della maglia delle Winx»

 

«Con quella ero considerata una delle bambine più cool, non lo sai?» ironizzo. 

 

«Questa me la voglio tenere» dice tirando fuori il cellulare. 

 

«Che cosa vuoi fare?» chiedo.

 

In risposta, scatta una foto alla mia fotografia. 

 

«Che cosa te ne faresti della mia foto?»

 

«Non lo so. Però mi piace»

 

Curiosa ancora un po' nella mia stanza e poi andiamo in cucina per prepararci da mangiare. 

 

«Mia mamma mi ha lasciato delle bistecche» dico aprendo il frigo e tirandole fuori. 

«Vanno bene?» chiedo e lui annuisce. 

 

Faccio per andare ai fornelli ma lui me lo impedisce mettendosi davanti. 

 

«Voglio provare a farli io»

 

«Va bene. Ma almeno sai come si fa?»

 

«Mi prendi forse per scemo? Non è difficile! Basta che metti le bistecche nella pentola e poi metti il coperchio e le lasci cuocere!»

 

Rimango a bocca aperta. 

 

«Tu non hai mai cucinato, vero?»

 

Scuote la testa. 

 

«Si vede. Già per quello che hai detto all'inizio: si mettono le bistecche nella padella, non nella pentola» dico tirando fuori una padella e mettendola ai fornelli. 

 

Poi accendo il fuoco e aggiungo un po' di olio. 

 

«Ora dobbiamo aspettare che bollisca?»

 

«Che... che cosa dovrebbe bollire, scusa?»

 

«L'olio?»

 

«Io non... tu non meriti neanche una mia risposta»

 

«Posso almeno mettere le bistecche?» 

 

«Questo dovresti dirmelo tu: sei in grado di farlo?»

 

«Certamente» dice, lanciando le bistecche nella padella e rischiando anche di mancarla. 

 

«Magari la prossima volta parti da più vicino»

 

«Avevo paura di scottarmi» 

 

Alzo gli occhi al cielo. 

 

«Ora ci vuole il coperchio?»

 

«No che non ci vuole il coperchio, razza di idiota!» esclamo.

 

Mi farà esaurire.

 

«Ok, scusa... ora possiamo toglierle?»

 

«Ma non ci sono state neanche dieci secondi!» 

 

«E ora?»

 

«No» 

 

«Ora?» 

 

«Vai a sederti e fai silenzio» ordino, sull'orlo di una crisi di nervi.

 

Mentre le bistecche finiscono di cuocere, apparecchio la tavola. 

Poi le tolgo e le metto nei piatti. 

 

Dopo pranzo, abbiamo continuato con il progetto e io ho insistito perché ci portassimo un po' avanti. 

 

Dopo aver finito abbiamo guardato un po' di televisione e, verso le 17, Rovati se n'è andato perché doveva andare agli allenamenti. 

 

Tuttavia, dopo qualche minuto che se n'è andato, sento qualcuno citofonare alla porta. 

 

Forse ha dimenticato qualcosa... 

 

Vado ad aprire e davanti a me non trovo Rovati, ma bensì Francesca, con il volto rigato dalle lacrime.

   
 
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