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Autore: lullaby_89    01/07/2009    2 recensioni
"L’unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi"
Se ne volete sapere di più leggete!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco che ci risono!
Nuova Shot nata dalla mia citazione preferita di Oscar Wilde!
Spero tanto che vi piaccia, buona lettura!
Mi raccomando commentate!
Un bacio July



Scesi da quella limousine sentendomi veramente una principessa, il portiere mi aprì con un sorriso la portiera ed Edoardo mi tese la mano gentilmente. Davanti a me un palazzo alto almeno venti piani.
L’atrio era enorme e moderno, il portiere dietro un bancone di cristallo sottile e un pc sofisticato appoggiato sopra ci salutò cordialmente mentre entravamo nell’ascensore. Ultimo piano. Attico. -Casa dolce casa- scherzò mentre apriva la porta bianca spostandosi per farmi entrare.
-wow..- sussurrai ammirando quello spettacolo, tutto era bianco e nero, non c’erano colori se non quelli che si vedevano dalla parete a vetri del salotto, la città era ancora sveglia, esattamente come noi.
-Bellissimo..è..- non finii la frase che mi trovai le sue mani sul mio viso ad accarezzarmi le labbra con il pollice.
Lo fissai incapace di reagire, io non potevo, non dovevo eppure il mio corpo reagiva in altro modo, il respiro era corto, rotto, il cuore correva impazzito e le mie mani furono subito sul suo petto ad accarezzarlo dolcemente.
-Dio quanto mi sei mancata- sussurrò lasciando che il suo alito colpisse il mio viso, un misto di martini e tabacco. Adoravo quel suo odore. I nostri occhi si incrociarono e mi persi in quel ghiaccio senza via di fuga. Quando le sue labbra dopo anni toccarono le mie dimenticai ogni cosa, chi ero, che cosa stessi facendo, dov’ero, perché lo facevo e soprattutto dimenticai Matteo. Non esitai a dischiuderle per accogliere la sua lingua, era sempre dolce, innaturalmente delicato, dannatamente bravo in ogni suo gesto da farmi perdere la testa.
Non mi accorsi di essere appoggiata al muro e che le mie mani spingevano sempre di più il suo corpo sul mio quasi a schiacciarlo, non mi importava.
-No..- mugolai mentre mordicchiava il mio collo, ci sarebbero rimasti i segni se avesse continuato così -non..- avrei voluto dire “fermati, non posso, sono fidanzata” invece quando le sue mani accarezzarono i miei fianchi spingendomi contro di lui, l’unica cosa che riuscii a fare fu mugolare qualcosa di indistinto.
Mi prese improvvisamente in braccio e dovetti aggrapparmi al suo collo, mi baciava come fosse assetato di me, bisognoso di un ossigeno che solo io potevo dargli. Caddi sul letto morbido di quella che probabilmente era la sua camera, ampia, completamente bianca, si notava anche con la luce spenta.
-Ti voglio- mormorò dolce togliendomi la leggere maglia che indossavo -e anche tu..- sussurrò al mio orecchio leccando il mio lobo e prendendolo tra le labbra.
-No..- mi ostinavo a negare, ma ancora una volta era il mio corpo che mi tradiva sussultando ad ogni sua carezza.
Lo spogliai non resistendo più, volevo la sua pelle sulla mia, volevo tutto il suo corpo, lo avrei baciato fino a stare male, mi sarebbe bastato lui per sopravvivere. Stavo impazzendo, combattuta dalla ragione che mi diceva di scappare via, che Matteo non se lo meritava, io non mi meritavo di soffrire ancora. L’altra parte di me, quella che per ora dominava e avrebbe sicuramente avuto la meglio mi diceva di prenderlo, la lussuria mi spingeva a toglierli anche quell’ultimo indumento che ci separava.
Così fu e quella notte, in quella magica città, a chilometri di distanza da casa mi lasciai andare nel più dolce dei peccati, con colui che era stata la mia tentazione più grande per parecchi anni. Però si sa, l’unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi. Questo però non significa che dopo si sia appagati o felici, magari se ne diventa ancora più schiavi, succubi, dipendenti.

-Dimmelo- lo vidi sorridere al buio della sua stanza, il sorriso del diavolo.
Mi girai dall’altra parte del letto dandogli le spalle, ovviamente non gradì la mia risposta e con forza mi sovrastò guardandomi con i suoi occhi azzurri.
-Dimmelo- ripeté sicuro di sé.
-Ti odio- sputai sostenendo il suo sguardo.
-Non è vero- sghignazzò posando le labbra sulla mia clavicola e iniziando a baciare la pelle calda del mio petto, disonesto e bastardo.
-Si..- riuscii a dire quando accarezzò il mio seno sinistro, non contento vi posò le labbra e iniziò a torturarmi.
-Dillo dai- sorrise sghembo fissandomi compiaciuto.
-Ti amo- dissi a denti stretti.
-Come?- chiese ridendo
-Ti amo..- dissi più decisa -grandissimo bastardo- aggiunsi scostandolo da me e rannicchiandomi fra le lenzuola fresche vergognandomi come un cane bastonato, avevo tradito il mio ragazzo, mi ero venduta, resa ridicola, sottomessa. Lui lo sapeva, conosceva l’effetto che aveva su di me, si divertiva quasi a torturarmi.
Si alzò dal letto e si spostò dalla mia parte afferrandomi il mento con una mano mi costrinse a guardarlo in faccia, vi era stampato il più strafottente dei sorrisi e il più affascinante.
-Ottengo sempre ciò che voglio ricordalo- mi baciò le labbra con forza -tu non puoi fare a meno di me- rise lasciandomi andare.
Accese la luce e si rivestì, giacca e cravatta, un modello, un perfetto angelo in cui dietro si nascondeva un demonio, il peggiore dei figli del diavolo. Lui era il peccato in persona. Si era presentato come la cosa più dolce e ingenua dell’universo e poi aveva mostrato il suo vero essere.
-Io vado a lavorare, sono già le 7,00 tu fai ciò che vuoi..- aprì la porta della camera e prima di richiudersela si sporse chiamandomi. Mi voltai fulminandolo -so che tornerai..non è un addio..- la sua risata lasciò un eco sordo e irritante nella camera da letto che mi avvolse.
Il silenzio poco dopo prese il suo posto avvolgendomi come per farmi riflettere, farmi capire che avevo sbagliato, io avevo ceduto..Io avevo ceduto alla lussuria..e probabilmente l’avrei rifatto presto.. Lui era il mio peccato.

Mi vestii in fretta afferrando con rabbia ogni cosa, sbattei la porta dietro le mie spalle e ripresi l’ascensore della sera prima, adesso sembrava così vuoto, così opprimente, mi sentivo in trappola. -Mi chiama un taxi per favore?- chiesi al portiere che impeccabile stava davanti all’entrata del palazzo.
Aspettai guardando la città che piano piano si svegliava, ero a Los Angeles, dopo anni ero riuscita finalmente a realizzare un sogno, o meglio le mie care amiche mi avevano regalato un viaggio insieme a loro, una vacanza che stava diventando un incubo. Chi mai avrebbe pensato di ritrovarlo? E invece, la casualità, il destino, il fato o qualsiasi altra cosa mi aveva portata dritta da lui.
-Signorina Livi?- domandò un uomo in giacca e cravatta.
-Si- risposi, e questo chi era?
-Il signore le ha lasciato la limousine a disposizione- mi informò aprendo lo sportello di quella lucidissima macchina nera.
-Ehm ok..- forse non era una buona idea, ma tanto valeva approfittarne, avrei risparmiato i soldi del taxi, però avrei anche dato una soddisfazione a Edoardo. Un punto in più per lui, ma adesso che differenza faceva? Tanto aveva già vinto..
-Dove la porto?- chiese gentilmente entrando nel traffico.
-Bel Air hotel grazie- dissi fissando i vetri oscurati, solo la sera prima avevo fantasticato su chi potesse viaggiare su quelle limousine, e adesso ci stavo io dentro.
In poco tempo arrivai davanti al mio Hotel, ringraziai il cordiale autista e tornai nella mia stanza, la chiave non l’avevo, ma le altre erano sicuramente a dormire, le avrei svegliate, poco importava.
Iniziai a bussare e una stanca e infastidita Chiara venne ad aprirmi, non appena mi vide mi guardò storto, sapeva dov’ero stata, soprattutto con chi.
-Non dire niente..- la pregai levandomi le scarpe.
-Ci ricaschi ogni volta Bea- mi ammonì facendomi sentire ancora più sporca e subdola.
-Lo so, lasciami in pace per favore, mi sento già uno schifo!- sbraitai togliendomi quei vestiti che sapevano tanto di peccato ed entrando in bagno per una doccia fredda, era quello che ci voleva. Speravo che l’acqua avrebbe portato via tutto ciò che era successo, invece mi sentivo anche peggio, i ricordi riaffioravano e invece di trovarli disgustosi li percepii come deliziosi. Le sue labbra soffici, il suo corpo statuario, tutto era perfetto in lui, persino quegli occhi così strani, così chiari da sembrare trasparenti.
Scossi la testa nervosamente come per scacciare via quel ricordo, invece di trovarlo orrendo io continuavo ad immaginarmi la sua dolcezza, le sue dolci parole. Era come se il resto non contasse, eppure mi aveva usata, lui stesso lo ammetteva, io stupida mi ostinavo a pensarci.
Basta! Amavo il mio ragazzo, lo stavo tradendo per un desiderio sciocco, ma Edoardo era come un vizio, un vizio a cui non si può dire di no.
Le lacrime mi solcarono il viso, non era tristezza, era rabbia, una rabbia contro me stessa, il mio desiderio di lui, non incolpavo nemmeno Edoardo, la colpa era mia, io che cedevo volentieri.
-Hai finito?- urlò Chiara dalla camera da letto.
-Si!- urlai di rimando.
Uscii e velocemente mi vestii, non volevo le loro ramanzine, non intendevo soffrire più di quanto non stessi già facendo.
-Dove vai?- mi chiesero, ormai avevo svegliato tutte.
-A fare un giro- mormorai indossando gli occhiali da sole ed uscendo sbattendomi l’ennesima porta alle spalle con troppa forza senza guardare i loro volti delusi. Già perché io ero quella perfetta, quella che non si lasciava mai andare, sempre fedele, scrupolosa.
Forse era proprio la monotonia della mia vita che mi spingeva a farlo.
Vagai per Los Angeles senza avere una meta precisa, erano già le sei del pomeriggio, il sole stava calando sull’oceano, ero seduta sul quel muretto ad ammirare il blu da ore.
Afferrai il cellulare guardando le miriadi di chiamate perse, Chaira, Lisa, Vittoria, un sms di Matteo..mi sentii un mostro leggendo quest’ultimo nome.

-Amore come va?
Mi manchi da morire,
torna presto..
                  Ti amo-

Non risposi e cercai la rubrica del telefono, Edoardo, sperai che in quegli anni non avesse cambiato numero, il cellulare squillò.
-Pronto?- era la sua voce, soave e stranamente calma.
-Sono io..- mormorai sapendo che mi avrebbe riconosciuta, mi immaginai il suo sorriso soddisfatto stampato su quel viso d’angelo -devo vederti..-
-Lo sapevo- rise -vinco sempre-
  
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