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Autore: Eivor17    31/03/2018    5 recensioni
Personaggi: Alice e Robin/Margot. Settima stagione, post episodio 14. SPOILER SE NON AVETE VISTO LA 7X14.
Ho provato ad immaginare come potrebbero essersi avvicinate due persone così diverse, provenienti da situazioni opposte.
Dal testo:
Robin sorrise divertita. «Mia ragazza della torre, dobbiamo iniziare qualche lezione sulle scatole magiche.»
Genere: Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Robin/Margot, Tilly/Alice
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alice 

«Vedi il mondo in modo strano, non è vero, ragazza della torre?» disse Robin, sorridendo e accarezzandole teneramente una guancia. 

Alice abbassò lo sguardo, imbarazzata dal contatto improvviso. Sentiva le guance in fiamme. «Il mio papà diceva che tutti i migliori sono matti. "Si incontrano tantissime persone in questo mondo, ma le migliori ti daranno del filo da torcere. Ti faranno vedere il mondo in modo completamente diverso." diceva.» 

Robin sorrise scuotendo impercettibilmente la testa e abbassando lo sguardo. 

La visione tremolò appena dissolvendosi... 

Alice si svegliò e il sogno si interruppe. Da giorni non faceva altro che rivivere quel momento non appena chiudeva gli occhi. Robin, da non piacerle affatto, da sembrarle in un primo momento fredda e senza scrupoli, era diventata il suo rompicapo preferito. Un attimo prima le dava dell'ingenua per aver difeso il troll durante la caccia, l'attimo dopo le sorrideva e le parlava della sua vita a St... com'è che si chiamava? Stonebrook? No, giusto. Storybrooke. Le parlava della sua "gloriosa fuga di otto minuti" a bordo di quello... scarafaggio? Non riusciva a ricordarne il nome, ma rammentava perfettamente l'immagine che Robin le aveva mostrato su quello che aveva chiamato smartphone. Davvero una vita intera poteva entrare in quella piccola scatoletta? Questo, Alice, proprio non riusciva a immaginarlo. Come non riusciva a capire come un... ecco come si chiamava! Maggiolino. Quella strana cosa gialla vista sullo smartphone di Robin. Maggiolino. Che nome strano da dare a un cavallo con le ruote. 

Oh, Alice, che confusione... pensò. Esistono talmente tante cose bizzarre al mondo... dovresti proprio iniziare ad abituartici. 

Alice uscì silenziosamente dalla tenda che le avevano procurato al campo. 

Dopo aver risolto il problema del troll insieme a Robin, infatti, aveva deciso di seguirla e ritrovare suo padre, nonostante non avesse ancora la cura per il suo cuore maledetto. Arrivata al campo erano stati tutti felici di accoglierla e di vedere che Robin aveva incontrato qualcuno della sua età con cui passare il tempo. Le avevano dato una tenda e del cibo, proprio come se fosse stata una di loro. 

Nei pochi giorni che aveva trascorso al campo si era accorta che non c'era granché da fare; o, comunque, non per lei. Suo padre aveva trovato degli amici e si era impegnato ad aiutarli con la Resistenza che avevano creato insieme. Lei non conosceva altri. Soltanto Robin. 

Ma Robin non c'era quasi mai. Era sempre in giro a pattugliare nei dintorni o a cacciare. Tornava per cena e, a volte, non si faceva neanche vedere, sgusciando silenziosamente nella sua tenda e restandovi fino a poco prima dell'alba, quando prendeva il suo arco e spariva di nuovo tra la vegetazione. 

Non che Alice la spiasse, è chiaro. Semplicemente non riusciva a dormire più di tanto e, quando si svegliava, preferiva restare immobile ad osservare Robin da uno spiraglio della sua tenda. 

Quella mattina, guardando il cielo, si accorse che il sole era appena sorto. Volse lo sguardo verso la tenda di Robin e non scorse alcun movimento al suo interno. 

Prevedibile, si disse. Sarà già a caccia da qualche parte. 

Con un debole sospiro, Alice si diresse verso le braci ormai spente della sera prima alla ricerca di qualche avanzo dimenticato. Non trovò nulla. 

Poco male, in fondo era abituata ad avere fame. Non sempre aveva avuto abbastanza cibo durante il suo viaggio nel Paese delle Meraviglie. 

Tornò alla sua tenda, indossò il mantello rabbrividendo leggermente e si inoltrò fra gli alberi. 

 

*** 

Robin 

«Che senso ha essere liberi se si è soli?» le chiese Alice con fare sconsolato. 

«Da dove vengo io» le rispose, «non ero mai sola. È stato allora che mi sono sentita più intrappolata.» 

«Almeno avevi qualcuno. Io parlavo con un cappello.» 

Sorrisero entrambe. 

«Davvero,» riprese Robin: «Storybrooke era terribilmente bizzarra. Tutti sapevano il tuo nome e tutti i tuoi affari. E una notte ne ho semplicemente avuto abbastanza.» 

«Cos'hai fatto?» chiese Alice curiosa. 

«Ho messo in moto il Maggiolino giallo dello sceriffo.», disse semplicemente. Alice la fissò interrogativa. «L'ho rubato.» spiegò sorridendo divertita dallo sguardo dell'altra. «Sarei arrivata a New York in poche ore, se non mi avesse scoperta. Ma per otto minuti di gloria eravamo solo io, quel Maggiolino e la strada deserta.» concluse sognante. 

«Hai cavalcato un insetto?» chiese Alice incredula. 

«No, no, no!» Robin non riusciva a non ridere davanti allo sguardo confuso della ragazza. «Un Maggiolino è un modello di macchina. Aspetta, ti faccio vedere.» disse prendendo il cellulare dalla tasca. Le si avvicinò: «Vedi?» 

«Cos'è questa cosa? È magia!» esclamò meravigliata Alice. 

«Non è magia.» Robin scoppiò a ridere. «Si chiama smartphone.» 

 

Robin si svegliò di soprassalto con il cuore che batteva all'impazzata. 

Dannazione. Di nuovo. L'ho sognata di nuovo. 

Prese l'arco e uscì nell'aria fredda della notte. Doveva decisamente schiarirsi le idee. 

Corse calpestando le foglie cadute dagli alberi del bosco finché non raggiunse il suo angolo di mondo preferito, dove passava la gran parte delle sue giornate a riflettere, a tirare con l'arco o semplicemente a rilassarsi. 

Si distese per terra, rabbrividendo al contatto con il terreno freddo. Come poteva sognare quella ragazza ogni notte? Aveva tanto sentito parlare di lei, "Nook", come lo chiamava sua madre, non faceva altro che descriverla e lamentarsi della sua maledizione. Nonostante ciò, non era un argomento che l'aveva colpita più di tanto. Certo, si era dispiaciuta per la loro triste situazione: lei rinchiusa in una torre da sempre, lui con il cuore maledetto... 

Da quando l'aveva incontrata, però, i suoi sentimenti erano radicalmente cambiati. Non vedeva più la storia di Alice come quella di un'estranea, per cui era normale provare compassione e nulla più; per lei era diventata parte della sua storia, la sentiva sua proprio come l'impresa del Maggiolino o come le sue prime lezioni di tiro con l'arco. La ragazza della torre le era entrata dentro in modi che non riusciva a spiegarsi. 

Robin si alzò, il cuore e la mente in subbuglio, e iniziò a scagliare frecce contro il bersaglio che si era costruita per allenarsi. Un centro. 

Un altro. 

E ancora e ancora. 

Finché non le rimase una sola freccia nella faretra e tornò bruscamente alla realtà. 

C'era qualcuno che urlava a qualche metro da lei. Poi, un colpo secco e il rumore di qualcosa che veniva trascinato. 

Robin, silenziosa come un gatto, si acquattò dietro un albero, sporgendosi appena per avere un quadro generale della situazione. 

Tre uomini, affaccendati a trascinare con loro... Alice?! 

Il cuore di Robin mancò un battito. La ragazza si impose di restare calma e respirò profondamente. Si concentrò su ciò che era più importante: salvarla, subito. 

Sentiva distintamente Alice tentare di urlare attraverso il fazzoletto con cui le avevano tappato la bocca. 

«Lady Tremaine sarà ben felice se le consegniamo questo cane della Resistenza. Chissà, potrebbe trovarla molto utile!» rise uno dei tre, dando una spinta ad Alice che cadde. 

Robin sentì la rabbia annebbiarle i pensieri e non ci vide più. 

«LASCIATELA STARE!» ruggì, uscendo dal nascondiglio improvvisato dietro l'albero e impugnando l'arco, la freccia incoccata. 

Tutti e quattro si voltarono nella sua direzione. Uno degli uomini, dopo un attimo di sgomento, scoppiò in una grassa risata: «Hai visto, bambina? È arrivato il tuo principe azzurro!» 

Robin sentì una goccia di sudore scivolarle lungo la guancia mentre l'arco sembrava scivolarle dalle mani. Improvvisamente sentiva caldo e freddo insieme. 

«Alice, non aver paura, andrà tutto bene.» disse, infondendo nelle sue parole quanta più sicurezza possibile. 

Valutò velocemente la situazione. Era in netto svantaggio, tre contro uno. Non aveva scelta, doveva salvarla ad ogni costo. Aveva informazioni che potevano distruggere la ribellione, se rivelate. Non è questo il vero motivo per cui devi salvarla, disse la fastidiosa voce della sua coscienza, che lei mise prontamente a tacere. 

«Ahahahaha! L'avete sentita? Cosa pensi di fare, bambola? Sconfiggerci tutti?» sghignazzò l'uomo. «Se pensi di essere così brava perché non vieni qui e lotti per lei?» 

Alice si dimenò fra le corde che la legavano e urlò qualcosa che il bavaglio rese incomprensibile. 

Robin strinse i denti. «Se sei così sicuro di te perché hai bisogno dei tuoi amichetti per rapire una donna indifesa?» 

L'uomo, inferocito, gridò: «L'hai voluto tu, piccola codarda!» 

Scattò verso di lei, ma Robin, facendo appello alle capacità ereditate da suo padre, rapida scagliò la freccia che andò a conficcarsi proprio nella fronte del malcapitato, in mezzo agli occhi. L'uomo si accasciò a terra. 

Gli altri due lasciarono andare Alice e sfoderarono le spade, guardinghi. 

«Lasciatela andare, o ne avrò anche per voi.» intimò loro Robin. 

Il bosco si riempì di silenzio per qualche attimo, fatta eccezione per il fruscio delle foglie e il respiro affannato della giovane. 

«Non mi faccio battere da una ragazzina! Carica!» urlò il più alto dei due, rompendo il momento di stallo e correndo verso di lei pronto a menare un fendente con la spada. 

L'altro lo seguì, pronto a dargli manforte; Robin fece per prendere un'altra freccia, ma il suo pugno strinse solo l'aria. Dannazione! Aveva usato tutte le frecce allenandosi poco prima. 

Si riprese velocemente dalla sorpresa e rotolò a terra con un gemito di dolore. Aveva evitato il fendente del primo dei due uomini, ma il secondo l'aveva raggiunta alla spalla. Fortunatamente, non sembrava troppo grave. 

Si rialzò in piedi velocemente e estrasse dallo stivale il pugnale che teneva sempre di riserva. Detestava combattere con quello, ma al momento non aveva altra scelta. 

Non poteva contare sulla forza, avendo un'arma di dimensioni ridotte ed essendo lei stessa molto più minuta dei suoi avversari; così puntò tutto sull'agilità e riuscì a ferirne uno al ginocchio, facendolo cadere a terra urlante di dolore. 

Si concentrò così sull'altro, e fu un errore. Quello che aveva ferito riuscì a rialzarsi e a coglierla di sorpresa da dietro, bloccandole le braccia. L'altro caricò, vittorioso, un colpo con la spada; all'improvviso Robin sentì ululare di dolore l'uomo che la teneva bloccata e approfittò del momento liberandosi dalla presa. Si spostò rapida dalla traiettoria del colpo indirizzato a lei e tese il pugnale in avanti chiudendo gli occhi. Sentì la carne dell'uomo a pochi millimetri dalla sua mano, il sangue che le bagnava le dita, sentì il corpo cadere a terra; poi silenzio. 

Robin aspettò un paio di secondi prima di aprire gli occhi. 

«Stai bene?» le chiese Alice, con un'espressione terrorizzata in volto e fra le mani il pezzo di legno con cui aveva colpito il bandito. 

Finalmente Robin si voltò verso di lei e verso l'uomo tramortito ai suoi piedi. «Sì. Tu?» chiese con una nota di preoccupazione nella voce ma non osando avvicinarsi, come bloccata da una forza misteriosa. 

«S-sì» balbettò Alice. «Possiamo andare via, per favore?» 

«Certo.» Robin raccolse velocemente l'arco e recuperò qualche freccia. «Andiamo.» 

Camminarono in silenzio, immerse nei propri pensieri, fino all'accampamento. 

 

*** 

 

«Ti fa male?» chiese Alice a Robin nella tenda adibita a infermeria, indicando la sua spalla ora fasciata. 

«No, sta' tranquilla. È tutto a posto.» le rispose l'altra, guardandola appena. 

Trascorse qualche attimo di silenzio in cui Alice si sedette accanto a Robin su uno dei letti dell'infermeria. 

«Scusami, davvero.» pigolò Alice con un filo di voce. 

Robin non era sicura di aver sentito bene. «Cosa, scusa?» le chiese. 

«Perdonami. Stavo per farti uccidere, là fuori, è stata tutta colpa mia.» 

Robin la guardò allibita per qualche istante, prima di rispondere. «Stai scherzando? Se non avessi colpito quel tizio alle spalle sarebbe stata la fine per entrambe.» 

«Mi dispiace, davvero...» ripeté Alice, ancora sconvolta. 

«Non dirlo più.» la fermò Robin duramente. 

Ancora qualche secondo di silenzio. Robin fece vagare lo sguardo sullo scarno arredamento della tenda, prima di decidersi a parlare. 

«Alice...» 

«Sì?» rispose interrogativa, all'improvviso guardando l'altra negli occhi. 

Robin si perse qualche attimo nel blu intenso dello sguardo di Alice, prima di continuare. 

«Come hai fatto a liberarti? Eri legata.» chiese. 

«Qualcuno, una volta, mi ha detto: "prima lezione di fuga e furto: gioco di prestigio".» rispose Alice, sorridendo incerta. 

Robin abbassò lo sguardo e sorrise anche lei, riconoscendole come le parole che lei stessa le aveva detto il giorno che l'aveva conosciuta. 

«Non pensavo lo ricordassi.» disse abbassando la voce. 

«Anch'io non pensavo che sapessi combattere con il pugnale.» sussurrò Alice in risposta. 

Robin la guardò. Ci fu un attimo di pausa. 

«Mi piace poterti sorprendere, allora.» 

Si guardarono intensamente per qualche attimo. 

 

Ad Alice piaceva osservarla. Le piaceva studiare le persone in generale, cercare di capirne i sentimenti; Robin, però, era il puzzle i cui pezzi sembravano cambiare forma e dimensione ogni istante. Aveva una personalità complessa e ad Alice piaceva proprio per quello. 

Nel sentirsi così osservata, Robin iniziò a sudare di nuovo e sentì il viso farsi incandescente. Non starò mica arrossendo come una dodicenne? si chiese, nel panico, cercando di distogliere lo sguardo da quello magnetico della ragazza davanti a lei. 

«Ce l'hai ancora la tua scatola magica?» chiese Alice, salvando Robin da quella situazione che l'aveva ormai paralizzata sul posto. 

«L-la m-mia...? Oh, certo...» disse, riprendendosi dall'imbarazzo e estraendo il cellulare. «Perché?» chiese curiosa. 

«Hai detto che c'è la tua vita qui dentro.» rispose Alice, seria. «Mi fai vedere?» disse, prendendole il telefono dalle mani e osservando il suo riflesso nello schermo, perplessa. 

Robin sorrise divertita. «Mia ragazza della torre, dobbiamo iniziare qualche lezione sulle scatole magiche.» scherzò, accendendo il cellulare e consegnandolo ad Alice, sorridente come una bambina entusiasta del suo regalo. 

«Davvero posso vedere?» chiese, felice. 

«Ma certo» sorrise Robin. 

Alice appoggiò la testa sulla sua spalla; Robin, titubante, le passò un braccio intorno alla vita. L'altra la guardò raggiante, in trepidante attesa, e Robin sorrise come non aveva mai fatto in vita sua. 

 

 

 

Ciao a tutti! Ebbene, dopo tanto tempo sono tornata a scrivere qualcosina xD 

Siccome non ho trovato nella sezione neanche una storia su questa ship che sto letteralmente ADORANDO, ho improvvisato qualcosa di molto leggero, scritto tutto stamattina di getto 😊 perché sì, loro due sono troppo belle insieme e perché ero super ispirata XD 

Detto ciò, vi invito a lasciare una recensione se volete... so che non è il top, ma mi è venuta di getto e avevo una vocina insistente che mi diceva che doveva esserci almeno una storia su loro due in questa sezione. Spero ovviamente in futuro di scrivere ancora su di loro 😊 intanto fatemi sapere cosa ne pensate e... a presto! 

   
 
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