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Autore: ArwenDurin    31/03/2018    0 recensioni
La riconquista di una terra perduta, il ritorno legittimo di un re.
Tredici nani, uno hobbit e una "luce necessaria" così detto da Gandalf, tutti ingaggiati per la missione sotto il leader Thorin scudodiquercia e nuove creature di mia creazione, aggiunte in questo vasto mondo.. curiosi :D ? Allora che aspettate?
Inoltratevi in questa avventura nata del genio del grande J.R.R Tolkien :) e nel quale mi sono ispirata per questo racconto.
Pezzo del capitolo aggiuntivo: "Quando ripresi a camminare, solo in quell'istante capii dove fossimo, e avvertii l'energia magica che scorreva sopra le nostre teste e intorno a noi. Delle piccole farfalle improvvisamente spuntarono circondandoci con il loro battito d'ali, facendo ridere Bilbo a pochi metri da me. Il mio sguardo ricadde su Gandalf che mi fece un cenno d'intesa, e quando le farfalle volarono via il luogo intorno a noi cominciò a cambiare. La grotta rocciosa svanì e fummo lentamente circondati da verdi abeti, che guidavano la strada, mentre tutto era contornato da risate e canti elfici che mi fecero sorridere. Il luogo che ci circondava in un confortevole e magico abbraccio, sembrava stato creato apposta come passaggio, poiché non era mai stato lì"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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L'aria era diversa durante quella cavalcata e le Montagne Nebbiose fronteggiavano davanti a loro con immense barriere bianche. La compagnia marciava in silenzio poiché ben sentiva che quella zona era pericolosa: oltretutto dovevano trovare persino il sentiero giusto. Così solo il rumore del vento era udibile, e l'intero gruppo sembrava avvertire la tensione tra Thorin e Mychelliaudì, che dopo la litigata e l’incomprensione non si erano più parlati, visto che anche lo sguardo della fata nei riguardi del Re era mutato.
Gandalf l'aveva definita una luce, ed era come se il faro che ella rappresentava si fosse spento: nessuno presente nella compagnia poteva più vederlo. Per quanto con gli altri componenti fosse la stessa di sempre, si percepiva un certo turbamento in lei, e anche Thorin lo sentiva.
Bastava che i loro occhi si incontrassero, per far sì che il gelo dell'imbarazzo lo avvolgesse, anche se in modo molto contenuto nelle sue pupille. Non era ancora riuscito a parlare, e nemmeno ne aveva avuto la voglia, in verità, perché non era di certo portato per questo genere di cose. L'orgoglio lo bloccava, e di certo lei non lo incoraggiava a liberarsi di quella sensazioni di imbarazzo o di disagio che provava nello scusarsi.
L’atteggiamento di Michelliaudì inoltre, gli insinuò anche dei dubbi su alcune circostanze. Da quando avevano discusso, ogni tanto gli capitavano piccoli fastidi, come la sua spada che spariva inspiegabilmente; oppure come il suo cavallo che addirittura si trovava qualche miglio più distante. Insomma piccoli disagi di questo tipo.
E se in quel frangente, mentre brontolava lamentandosi di quelle disfatte, incontrava il suo sguardo, Thorin poteva quasi leggerci un trionfo in esso, come se lei c’entrasse qualcosa. Ma forse erano soltanto sue fantasie.
«Fermiamoci qui.» Thorin tuonò quest'ordine quando giunsero a Coldfells, e presto l'accampamento fu pronto. Per quanto fossero silenziosi, poteva percepire i sospiri e l’impazienza dei nani nel volersi cibare; e persino di Bilbo, che però era l'unico ad aver brontolato qualche parola. Così esaudì il loro desiderio e poco dopo molti di loro si radunarono intorno a fuoco, tra cui Bofur che, dopo uno scherzo antipatico dei suoi contro il fratello Bombur, si mise a cantare, coinvolgendo Ori, Nori, Bilbo, Fili e Kili.
Thorin come spesso accadeva, se ne stava isolato per conto suo a riflettere sul da farsi, e su come volesse evitare il regno degli Elfi che poco distava da lì. A tal proposito, aveva già discusso con Gandalf, che gli aveva proposto di recarvisi per avere dei consigli. Il Re dei Nani neanche a dirlo, aveva rifiutato caldamente ed avevano non di meno discusso.
Egli si scosse tirando una boccata dalla sua pipa, e fu allora che alla luce della luna, vide Mychelliaudì allenarsi con le sue spade, qualcosa che faceva spesso la sera, e ultimamente ancor di più.
Danzava con quelle lame mortali con maestria e grazia, il volto concentrato ma un'aura piuttosto calma, e forse fu quella che diede un'idea al nano, nonché la spinta per risolvere almeno la situazione con lei.
Spense la pipa, prese la sua spada e si avvicinò.
«Vuoi allenarti con me?» la interruppe con tono sicuro ma gentile per quanto gli fosse possibile. Lei si fermò rivolgendogli appena uno sguardo ma annuì, procurandogli così una certa contentezza nel petto.
Si posizionarono l'uno di fronte all'altra, e lui notò come fosse diversa dal solito. Il suo lato nanico era in risalto, tant'è che persino il riflesso viola che abitualmente regnava nei suoi occhi, era di molto attenuato dando spazio al colore scuro delle sue iridi accese d'orgoglio.
Aveva dinnanzi una nana in tutto e per tutto.
Thorin le fece un cenno e il combattimento iniziò, il fragore delle lame regnava e i loro respiri si fecero più pesanti ma non stanchi, in quanto abituati ad allenamenti del genere. Dopo vari colpi, con il quale lei lo attaccò con un certo impeto, l'aura di imbarazzo che avvolgeva il Re dei Nani si attenuò e così riuscì a parlare.
«Mi scuso per quello che ti dissi sul brano da te composto, ho esagerato.»
Negli occhi della fata si attenuò la freddezza, ma non rispose nulla né mostrò segni di perdono.
È ostinata.
Per quanto lo pensò più con una punta di ammirazione che di rammarico, conosceva bene quel lato dei nani, nonché anche suo, e sapeva come fare per farsi perdonare: l'idea del combattimento pareva azzeccata.
Nelle sue mosse, se ne riconoscevano molte naniche, tra le quali varie erano di Dwalin, con cui maggiormente si era allenata e aveva combattuto; e infatti era simile il loro modo di muoversi e attaccare, cosa nel quale Mychelliaudì era molto brava. In questo loro piccolo allenamento però nessuno dei due riusciva ad avere la meglio, proprio per le buone abilità di entrambi, che erano più o meno allo stesso livello.
Nel frattempo si era creata una certa intimità durante quel combattimento. Sguardi o movimenti di un’arte per la quale entrambi erano portati , fecero sì che piano piano l'aura di disagio tra loro svanisse, lasciando il posto a un'altra atmosfera...qualcosa che Thorin non riusciva a spiegare, ma solo a osservare e sentire, e tale emozione si rispecchiava in lei.
I capelli mossi di quest'ultima che ondeggiavano, gli occhi accesi, le guance arrossate e il labbro inferiore che ogni tanto si mordeva per frustrazione di non riuscire a batterlo, o nel pensare a quale mossa da attuare o schivare.
Era...affascinante, fu l'unica parola che pensò adatta a spiegare tutto ciò. Era troppo concentrato sull'allenamento per perdersi in ragionamenti del genere, anche perché, per quanto la fata fosse brava, notò una falla nella sua difesa. Aveva una determinata mossa per parare che sì bloccava di colpo, ma che la rendeva vulnerabile in alcune zone. Thorin per un po' non le colpì, ma poi alla fine lo dovette fare, anche se con la parte piatta della lama e delicatamente, per non farle male.
Lei lo guardò e sussultò, ma non c'era risentimento nei suoi occhi, e l'aura viola era un poco più accentuata nelle sue iridi. Lui poté giurare di vedere un mezzo sorriso sulle sua labbra, breve ma spontaneo: forse era contenta che la trattasse come sua pari.
L'aveva infatti colpita per questo, donna o meno. La cortesia era sì necessaria e ne era abituato, anche per il fatto che le nane erano guerriere come gli uomini, a volte più temibili di quest'ultimi. Sua sorella Dìs era essa stessa una guerriera formidabile, anche se fu esclusa dalla missione per il semplice fatto che qualcuno doveva aiutare i nani rimasti nelle Montagne Azzurre in assenza di Thorin. Dunque trattare le donne nane alla pari dei maschi, era normale per lui.
«Sei brava nell'attacco ma hai una falla nella difesa, proprio qui.» le diede un leggero colpetto nuovamente sul fianco e lei lo guardò con le sopracciglia alzate, incitandolo a continuare, passandogli anche una delle sue spade che lui riconobbe subito di fabbricazione nanica.
«Quando tu pari, tendi a portare l'arma del tuo nemico al centro o in basso, ma così facendo esponi zone vulnerabili e dai modo all'avversario di colpirti. Ma osserva così.»
La incitò ad attaccarlo e lei lo fece, bloccando il suo attacco e mostrandole la mossa.
«Se porti l'arma del tuo nemico in alto, blocchi suoi eventuali tentavi di contrattaccare.»
«Per Durin!» esclamò stupita e con gli occhi accesi di chi voleva imparare, mentre Thorin ebbe un'altra piccola vittoria, poiché riuscì a far uscire un qualche suono dalle labbra di lei dopo tutti quei giorni di silenzio.
Le ridiede la spada e subito provarono quella mossa che, dopo un tentativo fallito, le riuscì. Inaspettatamente però accadde dell'altro; forse perché Thorin aveva abbassato la difesa, o forse perché lei ci mise più impeto del previsto, lo colpì involontariamente ferendolo.
L'orgoglio del nano fu risentito, ma non poté evitare una smorfia quando vide il taglio sul suo braccio. La fata sgranò gli occhi e lasciò cadere le spade a terra portandosi entrambe le mani alla bocca.
«Per gli Dei, mi dispiace Thorin.» e si catapultò da lui con espressione grave sul volto.
«Non è niente.» rispose prontamente il Re dei Nani, troppo ferito nell'orgoglio per fare altrimenti, tanto più che era vero visto che si trattava di un piccolo taglio.
«Fammi vedere, ti prego.» il tono supplichevole di lei, nonché lo sguardo abbinato, lo fecero cedere, e con un sospiro le porse il braccio che la fata studiò per qualche istante.
«Mi dispiace davvero.»
«Basta! Davvero, non è nulla.» lui la interruppe ma lei ostinata continuò con il pentimento. Per quanto non disse più nulla, sul suo viso vi era disegnata la più grande delle colpe.
«Siediti, devo rimediare assolutamente e so come fare.»
Thorin la guardò stupito, non era di certo abituato ad obbedire agli ordini, ma nel suo volto c'era determinazione e sapeva che non si sarebbe arresa; tanto valeva darle retta, ignorando la vergogna di essersi fatto colpire come uno stolto.
Mychelliaudì corse come un lampo verso il suo zaino, ma non estrasse bende o altri tipo di erbe che il re dei nani si aspettava di vedere, bensì una boccetta dal colore rossastro, piccolina e brillante sotto la luna, probabilmente un rimedio della sua terra.
Si sedette di fronte a lui e prese il suo braccio destro, dicendo qualche parola incomprensibile all'orecchio del nano. Presto una luce fatua illuminò il luogo, oltre alla benevola Madre Luna, e gli occhi di lei si accesero di nuovo del riflesso viola a cui lui era abituato.
Thorin osservò quel fuocherello bianco, sbattendo le palpebre per un istante non essendo abituato a veder certe magie, ma non più di tanto stupito visto la creatura che aveva di fronte. Poi il suo sguardo fu di nuovo richiamato sulla fata, perché con tocco delicato aveva preso a spalmargli l'unguento sulla ferita; era freddo, ma la sua mano era così delicata che dei brividi percorsero il suo corpo. Inspirò profondamente cercando di trattenere quella reazione, imbarazzato com’era da certe sensazioni. Osservò Mychelliaudì ed anche lei sembrava a disagio, visto che il suo sguardo passava dal suo braccio al terreno dietro di lui.
La fata si schiarì la gola.
«Comunque se può farti piacere ti ho perdonato, anche se da poco, per il tuo comportamento riguardo il mio brano.»
Usò un tono ironico, ma era sincera sul perdono poiché mentre lo disse lo guardò negli occhi con convinzione, per poi puntare di nuovo lo sguardo sul taglietto.
«Dunque questo graffietto è stata la mia ultima punizione, immagino.»
Non aveva intenzione d'essere ironico o per lo meno, non si aspettava che Mychelliaudì scoppiasse a ridere, ma così fece.
La sua risata fu cristallina e limpida: il suono soave e piacevole che ti aspetteresti da una creatura magica. Il volto della fata si illuminò e irradiò la classica luce che lo caratterizzava, facendo svanire tutto il disagio, e ogni ombra del litigio fu cancellata in quell'istante nel riso e nella bellezza di lei.
Perché Thorin lo pensava veramente che fosse ancora più bella quando rideva.
Scacciò immediatamente quel pensiero, perché non aveva tempo per certe fantasticherie. Aveva una missione in ballo e abbassò lo sguardo sulla ferita che aveva smesso per lo meno di sanguinare, avendo la pozione già prodotto il suo effetto.
«Voglio che tu sappia che capisco e rispetto il tuo dolore Thorin. Non era mia intenzione offenderti con quel brano, e quindi dispiace anche a me se il suddetto ti ha provocato questo.»
Lei esclamò ciò con rispetto, togliendo poi la mano dal suo braccio e con un gesto, spegnendo il fuoco fatuo. Thorin fu quasi dispiaciuto di perdere quel contatto, ma era grato delle parole di lei, e la ringraziò con un cenno del capo.
Il suo sguardo successivamente ricadde sulle spade a pochi centimetri da loro, notando in particolare quella nanica che per poco aveva tenuto in pugno, e preso dalla curiosità di sapere chi fosse davvero, afferrò quell'arma. Osservò attentamente la lavorazione e un calore si accese nel suo petto nel riconoscerne e confermarne la provenienza.
«Erebor.» sussurrò come fosse un nome sacro, un segreto che pochi dovevano sentire.
«Ed acqua c'è scritto in Cirth, qui.» indicò poi le rune del suo popolo incise sull'elsa scura della spada brillanti di luce d'argento, e con un piccolo sorriso le osservò per qualche secondo, per poi guardare la fata che sorrise appena.
«In effetti, la forgiò mia madre.»
Thorin la guardò con attenzione.
«Ha visitato spesso il regno?» chiese poggiando la spada di fianco all'altra, che era di tutt'altra fabbricazione visto che era elfica.
«Qualche volta...»
Era curioso che lei continuasse, ma non gli sfuggì la malinconia che prese il tono della sua voce, così lasciò cadere l'argomento, indirizzando il discorso su qualcos'altro. Non era pratico nelle conversazioni, ma sapeva essere diplomatico se la situazione lo richiedeva.
«Vedo che anche l'altra spada ha delle incisioni...elfiche suppongo.»
«È stata forgiata dai primi alti elfi secoli fa, ma l'incisione l'ho fatta io, aria.»
La sua espressione cambiò, e Thorin fu lieto di vedere il suo volto rilassarsi nuovamente.
«I tuoi due elementi immagino.»
«Esattamente e quali sono i tuoi, mio Re?»
Thorin rimase per un attimo bloccato da quell'appellativo che lo gonfiò di orgoglio; per quanto provò anche dell'imbarazzo, perché era la prima volta che lo chiamava così e con tanto rispetto nella voce. Un rispetto che gli aveva sempre mostrato, ma mai così profondamente.
«Tu saprai molto bene dato le tue origini, che noi nani siamo legati alla terra dove siamo stati creati da Mahal e abbiamo grande affinità con la pietra. Penso dunque che il mio sia terra, ma possiamo averne anche noi creature non magiche, dunque?»
Lei gli sorrise.
«Sì eccome, tutti li hanno ma molti preferiscono dimenticare, che rimembrare e conoscere. Vedo che conosci gli elementi, ma credo tu abbia dell'altro dentro di te.»
Lui la osservò con maggiore curiosità, e sentì distintamente un'energia crescere tra di loro, mentre lei continuava a parlare.
«Gli elementi si basano sulle nostre sensazioni, su come ci sentiamo legati ad essi. Quindi se tu ti senti legato alla terra, può essere che tu ne faccia parte, per quanto io veda anche un altro elemento in te. Ad esempio, io ti sento molto affine con il fuoco.»
«Come fai a dirlo, a capirlo?»
«Lo sto ipotizzando, da quello che vedo in te. La tua forza, il fatto che dopo le tragedie che tu e il tuo popolo avete passato, ti sei alzato e hai divampato fiamme e grinta, per dare salvezza alla tua razza.»
«Era mio dovere farlo.» la interruppe un po' a disagio. Gli sembrava quasi che lo stesse elogiando troppo per dei fatti piuttosto comuni; ma d’altro canto era piuttosto lusingato da quei complimenti, senz'altro sinceri visto da chi provenivano.
 Mychelliaudì continuò, imperterrita.
«E’ vero, ma non tutti avrebbe seguito questo dovere, credimi.»
Per qualche minuto ci fu del silenzio intorno a loro. Ma fu un silenzio gradevole, composto di pace e tranquillità, tanto che Thorin pensò che era da diverso tempo che non si sentiva attratto da un argomento così intensamente. E anche se si trattava di una materia della quale poco sapeva rispetto alla fata, lui non lo percepiva come un blocco , ma piuttosto come un motivo di unione fra  chi conosceva, e chi voleva imparare.
Si rese conto il Re dei Nani di essersi distratto persino dai suoi cupi e continui pensieri; e capì il primo motivo del perché Gandalf l'avesse definita "una luce necessaria", poiché dopo questo primo e vero dialogo con Mychelliaudì, lui si sentiva molto bene.
 
«Arriva qualcosa!» improvvisamente la voce di Bilbo interruppe l'atmosfera e tutti saltarono sull'attenti pronti e vigili, compresi Thorin e Mychelliaudì. Gandalf che si trovava più vicino alla fonte di ciò che stava arrivando, rimase concentrato, immobile ed in silenzio, attendendo qualsiasi cosa sarebbe spuntata da lì. Quand'ecco che un buffo ometto dal cappello storto, e dall'aria totalmente innocua apparve dinnanzi allo stregone.
«È Radagast il bruno.» si limitò a commentare Gandalf, rilassandosi e facendo sì che la compagnia si rilassasse a sua volta.
Si isolò quasi subito con l'altro e parlarono a tono basso, come se nascondessero un segreto. Thorin, osservandoli a distanza, si domandava quale fosse.
Quand'ecco che un nuovo rumore attirò la sua attenzione, e di nuovo Thorin fu vigile. La fata di fianco a lui lo imitò e poco dopo, prima che potessero avvertire il resto della compagnia, un mannaro ricognitore in tutta la sua grintosa cattiveria spuntò da sopra una collina.
Thorin ebbe i riflessi più rapidi e lo colpì prontamente. Poco dopo però ne spuntarono altri due, anche se erano piuttosto distanti. Allora egli urlò a Kili di usare l'arco, cosa che l'arciere dai capelli neri fece subito, atterrando l'ennesimo mannaro, mentre all'altro ci penso Dwalin vicino a lui, che lo colpì con la sua ascia.
Tutto quel trambusto interruppe il dialogo tra i due stregoni e Gandalf si avvicinò piuttosto irato, chiedendo con insistenza a Thorin se avesse parlato a qualcuno della missione, finché il Re dei Nani rispose esasperato.
«No, lo giuro! Per Durin, che succede?» la preoccupazione dilagò da lui a tutta la compagnia.
«Dobbiamo fuggire.» suggerì Bofur, ma Ori lo interruppe con tono agitato.
«Non possiamo, i pony sono scappati!!»
Quella frase raggelò il sangue di ogni membro della compagnia, e il silenzio fu tale che Thorin udì Mychelliaudì pronunciare qualcosa al suo fianco, tanto che si voltò per guardarla, trovandola ad occhi chiusi mentre sussurrava qualcosa.
Poco dopo, lui e tutta la compagnia si sentirono avvolti da più tranquillità...come se uno scudo protettivo li avesse avvolti. I mannari ricognitori però stavano giungendo a dismisura e i loro ululati erano sempre più vicini. Il pericolo era imminente e dovevano trovare una soluzione, al più presto.
Radagast nel suo cappello buffo spuntò in mezzo ai loro dubbi e disse.
«Li depisterò io.»

Angolo autrice: 
Ciao ^_^
Piccolo appunto su Mychelliaudì, lessi spesso che le fate sono creature permalose e vendicative, ecco perché ho messo quei piccoli dispetti si Thorin XD e anche la sua testardaggine nel perdonarlo, visto che è mezza nana.
Comunque ho deciso di pubblicare ancora sto racconto per Tolkien, e per Miché e Thorin e anche per me stessa visto è uno dei racconti al quale sono più attaccata e ovviamente anche per chi mi ha supportata.
Uno dei punti fondamentali al fatto che lo sto pubblicando ancora, va a chi me l'ha chiesto ed è un lettore/trice del suddetto racconto a voi dico GRAZIE!!
Anche se non potete recensire il racconto qui perché non siete iscritti, so che lo leggerete e mi direte,
Grazie davvero :* :* il vostro supporto è stato fondamentale.
E graz
   
 
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