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Autore: _Black or White_    02/04/2018    5 recensioni
Germania, 2003
Accadono cose strane sulla piccola isola di Hiddensee, e ormai sono in tanti ad affermare di averne vista una.
Esistono veramente? E che aspetto hanno? Parlano, capiscono, amano?
Le sirene sono un mistero per la razza umana fin dall'alba dei tempi: nemiciamici da sempre, non possono fare a meno di cercarsi l'un l'altro.
Sarà proprio quell'attrazione irresistibile a portare il giovane Ludwig a conoscere una vera sirena.
Riusciranno i rappresentanti di due mondi tanto diversi a gettare un ponte per la conoscenza pacifica?
Riuscirà un'amicizia tanto impossibile, un amore tanto proibito, a trovare un lieto fine?
[Gerita | Spamano | accenni Pruhun]
[Merman AU]
[Lime HumanxMerman]
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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NOTA:
In questo capitolo avremo la prima scena lime.
Non sono molto pratica delle lime, quindi, se ritenete che sia ancora troppo spinta, fatemelo sapere e la alleggerirò il più possibile.
Ah, e non fate domande per il titolo.
Capirete leggendo ( ͡° ͜ʖ ͡°) buona lettura dunque!


SING FÜR MICH

4
“GUSTO BANANA”



Ludwig non mancò mai al suo appuntamento sotto a Jeliel, e nemmeno Feliciano.
Vento, pioggia, neve, calura… non importava, perché sarebbe andato da lui a qualsiasi costo.
Ogni notte lo trovava lì ad aspettarlo, sdraiato sul cocuzzolo di gesso, impaziente d’imparare tante nuove parole in tedesco, e di cantargli la sua canzone.
In un’ora che se ne volava via come se fosse un minuto, in quell’angolino di mondo che era solo per loro; dove potevano fingere di non appartenere a due mondi diversi, dove potevano divertirsi insieme, come due normalissimi amici, e scoprire che, al di là delle apparenze, avevano così tante cose in comune…
Ludwig divenne un bambino felice, il suo cuore di ghiaccio si sciolse davanti ai sorrisi, alla semplicità e alla spontaneità di Feliciano.


Gilbert, che era troppo preso dal lavoro - o troppo scemo - per rendersi conto di quel cambiamento sbalorditivo, venne un giorno illuminato da Elizaveta.
« Ma Ludwig non si sarà trovato una fidanzatina, per caso? »
« Che? Quel tipaccio tutto studio-e-lavoro? »
Lo prese da parte una mattina, prima di colazione, e lo guardò dritto negli occhi: « West, è da un po’ che voglio chiedertelo. »
Ludwig s’irrigidì, e la tachicardia scoppiò improvvisa.

Convivere con un segreto così enorme lo stava facendo uscire pazzo: era costantemente teso, sempre pronto a scattare al minimo accenno di sospetto.
Al solo sentir nominare le parole “sirena” o “amici” avrebbe immediatamente piantato tutto e raggiunto Jeliel in una quindicina di minuti.
« Ci hanno scoperti! Feliciano, scappa! »
Viveva nel terrore di farsi beccare, e che lo avrebbero costretto a mettere la parola fine alla sua amicizia con una dannatissima sirena.
Quando imboccava il sentiero per scendere da Jeliel, non poteva fare a meno di fermarsi cinque o sei volte per controllare che nessuno lo stesse seguendo.
Non si fidava più di Gilbert, né del vecchio Christoph Fischer, né del maestro, né di Elizaveta.
E se qualcuno di loro avesse visto Feliciano?
Non avrebbero mai capito.
E se lo avessero catturato?
Sarebbe stato come un tradimento da parte di Ludwig.
Vederlo andare via per sempre, perderlo per sempre, era diventato il suo peggiore incubo; e più Ludwig sprofondava nel girone del proibito, più quei sogni orrendi venivano a cercarlo.

Così anche quella mattina strizzò i pugni lungo i fianchi, trattenne bruscamente il respiro e non osò tornare a esistere fino a quando suo fratello non parlò.
« Ma che è, ti sei mica trovato una ragazza? »
Ludwig quasi non svenne per il sollievo.
Una ragazza? Certo, perché no… solitamente ai ragazzi piacciono le ragazze, giusto?
Bastava che s’immaginasse una Felicia, studentessa italiana trasferitasi in Germania, sull’isola di Hiddensee, e tutti intorno a lui avrebbero approvato senza fare troppe domande.
Così accennò un sì, e riuscì a ingannare il suo ingenuo fratellone.
Elizaveta e il maestro, che erano più svegli, non se la bevvero tanto facilmente… ma fintanto che Ludwig evitava magistralmente il discorso, si impegnava nello studio e accennava quasi casualmente all’arrivo di un possibile nipotino, Elizaveta scoppiava in un eccesso di risatine imbarazzate e il maestro scriveva un bel dieci con la penna rossa sulla sua pagella a fine anno… e tutti si dimenticavano momentaneamente di Feliciano, grazie a dio.


« Sei poi riuscito a trovarla, la fonte di quel canto notturno? » gli chiese il guardiano del faro, un pomeriggio uggioso in cima alla torre, spingendo verso di lui una vecchia scatola di latta piena di biscotti all’uvetta.
Ludwig quasi si strozzò col tè alla rosa canina.
« Ehi, piano, giovanotto! » borbottò il vecchio, battendogli qualche colpetto sulla schiena, « Non mi va di chiamare il pronto soccorso, che poi dovrei portarti giù a piedi e non ho più le gambe di un quarantenne. »
Ludwig si pulì la bocca con il polso tremante e l’occhio gli scivolò sulla strana apparecchiatura digitale, che già da qualche mese aveva visto comparire nella cabina della lanterna.
« Si-signor Fischer… cosa sono quelli? » e indicò gli schermi a cristalli liquidi, gli headset professionali attaccati a mixer pieni di levette e bottoni metallici.
Non aveva alcun bisogno della risposta del vecchio, perché finalmente aveva capito a che cosa potessero servire.
« Oh, quella tecnologia infernale? Non è mia. » il guardiano fece spallucce, « Alla fine dell’anno me ne vado in pensione, e il guardiano che subentrerà al posto mio ha fatto installare tutta questa robaccia subito dopo aver firmato il contratto. »
Colpì con l’indice uno degli schermi piatti, con aria disgustata: « Mi fosse venuto un colpo il giorno che gli raccontai delle sirene… »
Ludwig si voltò di scatto verso di lui: « Gli ha detto delle sirene?! »
« Già. Diavolaccio buono a nulla, spera di registrarne una e di portare le prove al NOAA. »
« Ma lei gli ha raccontato anche di F… di quel canto notturno?! »
Il vecchio aggrottò le brizzolate sopracciglia: « No, non gliel’ho detto. D’altronde, è già da parecchio tempo che non lo sento più. » fece spallucce, « Probabilmente sarà stato un cane dall’ululato molto, molto strano. »
Ludwig si abbandonò contro lo schienale della sedia, e il grosso gattone peloso gli balzò in grembo, attaccando istantaneamente con il motorino di fusa.
« Stai bene, ragazzo? » gli chiese il guardiano, « Ti vedo sfinito. Forza, prendi un biscotto. »
Ludwig ne prese svogliatamente uno, mentre grattava il micione dietro alle orecchie.
« A proposito… tu ne sai niente di quell’animale bizzarro? » insistette il vecchio, fissandolo molto attentamente mentre si portava alle labbra il suo terzo bicchierone di jenever*.
Ludwig scrollò nervosamente la testa, e si tuffò con tutta la faccia dentro alla tazza di tè, nella speranza che bastasse a scoraggiare altre scomodissime domande.
« Ah, ecco… mi pareva. Sarà stato un cane, o una foca in amore. Ma le foche ci vanno in calore, vero? Ho incontrato tuo fratello maggiore al mercato, e mi ha detto che sei molto informato su queste cose. Ti piace la natura, eh giovanotto? Vorresti diventare un cervellone in camice e guanti? Anche quel fessacchiotto di Jones si crede una specie di avventuriero, se ha fatto installare tutta questa ferraglia soltanto per cercare una creatura leggendaria. Ma son contento di sapere che non le troverà mai: sono troppo intelligenti per farsi catturare, e finché avranno paura degli esseri umani e staranno alla larga dalla terraferma, quel Jones non riuscirà a registrare nient’altro che le scoregge dei narvali. Ah, questi americani… »
Ludwig deglutì, lo stomaco che si faceva piccolo piccolo.


E così Hiddensee stava diventando un luogo poco sicuro per Feliciano e la sua specie, e tutto a causa della loro amicizia.
La cosa giusta da fare, Ludwig lo sapeva molto bene, sarebbe stata correre da Feliciano, spiegargli che era in pericolo e mandarlo via da quelle acque… e lui ci provava a dirglielo, ci provava veramente.
Ma poi lo incontrava sotto a Jeliel in una notte al chiaro di luna; Feliciano si voltava pieno di gioia, dalla cima dello scoglio, e lo salutava.
« Hallo, Ludwig! »
Quel suo sorriso enorme era capace di fargli dimenticare tutto: i sospetti di suo fratello e di Elizaveta, le domande scomode del maestro e del signor Fischer, la minacciosa presenza di quell’americano e dei suoi registratori.
L’uomo è una creatura egoista e vigliacca, e Ludwig si rese conto, con profondo disgusto, di non fare alcuna differenza da tutti loro.
L’americano Jones voleva Feliciano per farne una scoperta mondiale e diventare ricco e famoso, Gilbert pensava che Feliciano fosse Felicia perché così sarebbe stato socialmente accettabile, il vecchio signor Fischer voleva che Feliciano smentisse l’intera isola, che per quarant’anni gli aveva dato del pazzo ubriacone, e Ludwig voleva Feliciano perché era il suo primo e vero amico.
Una sola cosa era certa: Ludwig non lo avrebbe mai e poi mai lasciato, a nessuno di loro.
Feliciano era suo, lo aveva visto per primo, e Ludwig di sicuro non voleva strapparlo al mare né imbottigliarlo in una qualche teca di vetro né mostrarlo al mondo intero… perché era suo amico.
“C’è ancora tempo… posso tenerlo al sicuro! Basta che non mi faccia mai scoprire, che non mi sfugga mai niente, che Feli la smetta di cantare e che di giorno giri al largo dalla costa.”
In che guai enormi stava andando a cacciarsi? E tutto per una stupida amicizia con una piccola sirena chiacchierona.
Ben presto, però, Ludwig capì che non gli importava niente.
Non poteva stare senza Feliciano, senza il suo canto; e dopotutto i cattivi presagi erano ancora così lontani, soltanto delle voci di spettri oltre l’orizzonte.
Bastava che quel giovane tritone sbattacchiasse la pinna e frullasse le orecchie gridando: « Ludwig, hallo! Scioccolato, sì?! » per convincerlo a tenerlo con sé.
C’era troppo da scoprire su Feliciano e sulla sua specie per poterlo mandare via.
I primi tempi fu per puro caso, ma pian piano i loro gesti divennero sempre più mirati, la loro curiosità sempre più impellente, come una sete che non riuscivano a soddisfare.
Inizialmente, fu Feliciano a toccare Ludwig per primo: pareva affascinato dalle sue orecchie piccole e tondeggianti, dal suo naso sporgente e, soprattutto, dai suoi occhi così piccoli e incapaci di vedere al buio o in acqua.


« Ma tu come fa? Come fa, senza queste? » gli chiese una notte, a dieci anni, e chiuse le doppie palpebre semitrasparenti.
« Non tengo gli occhi aperti in acqua, e basta. Non sono fatto per vivere nel mare. » gli spiegò Ludwig, « Tu, piuttosto… come le usi? Sono come una palpebra normale? Come le idrati? Con le lacrime? E se si seccano? » e le fissò abbassarsi e alzarsi, completamente rapito.
« Posso toccarle? »
« Va bene. Ma tu piano. Molto, molto delicate. »
Feliciano si lasciò punzecchiare la spessa pellicola umida e collosa, con Ludwig che annuiva estasiato, interrompendosi di tanto in tanto per scrivere qualcosa sul suo piccolo quadernetto di pelle.
« Che cosa tu? » gli chiese a un certo punto Feliciano, osservando da molto vicino la sua mano volare sulla pagina.
« Sto scrivendo. »
« Skifendo? »
« Scrivere, leggere, contare e parlare sono le cose che distinguono gli esseri umani dagli animali. » gli spiegò meccanicamente Ludwig.
Feliciano sbatacchiò la pinna, tutto contento: « Questo significa noi come voi? »
« Non proprio, perché le sirene non sanno scrivere, né leggere e né contare. »
« Però noi parlare! Io parlo con te, adesso, no? »
Il giovane tedesco sospirò: « Sì, ma non basta saper parlare per essere come noi… »
Feliciano si mise a giocherellare con la sabbia.
« Tu dire… io animale? »
E fu solo in quel momento che Ludwig si rese conto di averlo deluso.
Cosa poteva dirgli?
« Scusami, Feliciano, hai proprio ragione: tu sei come me. »
“No, non è vero. Perché anche se parli e ti fai capire, non cammini, sei coperto di squame, vivi in mare, non puoi respirare la mia stessa aria per più di un’ora… non sei un essere umano.”
Ma non poteva mica dirgli una cosa del genere.
Forse sperava di poter leggere i suoi veri sentimenti, di arrivare a comprendere la misteriosa e complicata natura di una creatura tanto sorprendente.
Se ne sentiva attratto ogni giorno sempre di più, ed era un antico richiamo atavico, un’attrazione folle che andava ben oltre al semplice interesse scientifico.
Feliciano era stupendo, pieno di sorprese, incredibilmente intelligente, ridicolmente simile a un essere umano… e la domanda di Ludwig non trovava mai risposta.

“Che cosa sono io, Ludwig?”

Le certezze di Ludwig andavano man mano sgretolandosi.
Tutto ciò che aveva sempre pensato di conoscere del mondo, tutto ciò in cui credeva, che riteneva giusto e doveroso…
Per poter figurare quel che lui fosse, doveva prima studiarlo; proprio come gli avevano suggerito Gilbert e il maestro.
Per il momento, avrebbe semplicemente evitato di rispondergli: una cosa che faceva molto spesso, negli ultimi tempi.
« Feliciano, canteresti per me, per favore? »
Lui si protese sulla cima di Jeliel e cantò, cantò quella splendida canzone senza parole; e quando smise e si acquietò, Ludwig gliene domandò il significato.
« Io no bene tedesco. Prossima volta. » rispose Feliciano.


Una fredda notte invernale, a tredici anni, Ludwig lo raggiunse incespicando sulla sabbia, con trentanove di febbre.
« Ludwig! » esclamò turbato Feliciano, « Che cosa avere tu?! »
Ludwig tentò di spiegarsi, ma il mondo vorticò così velocemente da fargli venire la nausea, e lui si accasciò a terra.
Quando riaprì gli occhi, non vide nient’altro che Feliciano, con le orecchie cartilaginose che gli vibravano per la preoccupazione.
Gli scoppiava la testa, aveva male dappertutto e lo stomaco rivoltato come un calzino; ma sopra di lui c’erano migliaia di stelle, un’enorme luna piena, il bagliore del mare sonnolento e… c’era Feliciano.
« Mi hai soccorso…? » sorrise il giovane tedesco.
« Ma certo! » sbottò la sirena, « Che cosa succedere, eh? Che cosa avere tu? »
« Ho la febbre. »
« Fepre? E che cosa essere? »
Lo scrutava angosciato, sdraiato accanto a lui, incurante del freddo penetrante, dello strato di sabbia secca che gli aveva ricoperto la pancia e la parte inferiore della coda.
Ludwig sapeva bene che il suo amico non poteva sopportare l’aria e l’asciutto per molto tempo; e vederlo sforzarsi così, solo per aiutare lui, lo fece sentire immediatamente meglio.
« È una cosa umana, forse voi non potete contrarla. »
« Contrarre? Contrarre cosa? Ma allora tua fepre essere… mania? No… malia? »
Perfino in quelle condizioni, nonostante il cerchio alla testa più fastidioso che avesse mai avuto, Feliciano era in grado di farlo ridere.
« Vuoi dire “malattia”? »
« E io dire cosa? » s’impettì il giovane tritone, « Ludwig, tu tornare a casa. »
« No, sto bene. »
« Tu non stare bene. Tu tornare a casa adesso. » e fece per toccarlo, ma Ludwig gli prese una mano fresca e liscia, tra le proprie bollenti e ruvide.
« Feliciano… grazie, grazie per esserti preoccupato per me. Ma io sto bene. Sto benissimo. Finché sto insieme a te, sto davvero benissimo. »
Feliciano si voltò verso il mare, forse per nascondere il rossore sulle sue guance; ma il suo ciuffetto ribelle s’arricciò come se avesse vita propria, tradendolo.
« Tu bianco come fantascienza. Tu bisogno di medicina. »
« Fantascie…? Oh, vuoi dire “fantasma”? »
« Io dire questo! »
Gli toccò la fronte con le dita unghiute, « Tu mordente. Io portare te qualcosa, sì? Sì. Tu aspettare qui. » e si trascinò sui palmi verso l’acqua.
« Dove vai? » gli chiese ansiosamente Ludwig.
« Io tornare presto. Tu riposare. »
Si tuffò in mare, e Ludwig fissò a lungo i cerchi di schiuma che brillavano al chiarore lunare.
Si massaggiò la fronte con un sospiro amaro: non andava bene, affatto.
Se vederlo andare via per cinque minuti gli faceva così tanto male, cos’avrebbe potuto provare nel perderlo?
Non voleva nemmeno pensarci, nemmeno immaginarlo…
Si stava affezionando troppo, ed era sbagliatissimo.
Per il momento, le cose lì a Hiddensee procedevano calme e sempre uguali: il nuovo guardiano americano del faro non se ne era ancora uscito con registrazioni o avvistamenti sulle sirene, e Ludwig non lo aveva visto che qualche volta, a fare un giro per le città dell’isola.
Un tipo alto e ben piazzato, ancora molto giovane e zelante, con un paio di occhi svegli e azzurri dietro alle spesse lenti degli occhiali, e quel buffo ciuffo pazzo che svettava in cima alla capigliatura biondo fieno.
Tutto sommato sembrava un tipo simpatico, col suo terribile accento americano e la sua energica confidenza… ma Ludwig non avrebbe mai e poi mai abbassato la guardia.

In ogni caso, a Feliciano sembrava non importare che fosse giusto o sbagliato, pericoloso o mortale… perché era suo amico.
Ed era per questo che rischiava ogni notte, avvicinandosi alla terraferma più di qualsiasi altra sirena al mondo, per questo sopportava l’aria secca e il vento, tanto fastidiosi per la sua specie, pur di stargli accanto.
Per questo, all’insaputa di Ludwig, mentiva a Luvìs e al nonno, ogni giorno maledetto che passava in compagnia di quel Nuota nel Sopra.
Era perché erano amici, che riemerse dall’acqua e si trascinò sulla sabbia odiosamente graffiante, con qualcosa stretto in bocca.

« Che cos’hai lì? » chiese incuriosito Ludwig.
« Quefcia mavina. » e gliela sputò in grembo.
Un grumo duro di chicchi verdastri annidati in una poltiglia puzzolente: Ludwig la conosceva, si vendeva a mazzi nei mercati di pesce e frutti di mare, ma si era sempre rifiutato assiduamente di assaggiarne anche solo un gambo.
« Non la voglio. » disse subito, ma quei due fari gialli gli si puntarono addosso, fissi ed enormi.
Quando voleva, anche quel microscopico sirenetto sapeva essere inquietante.
« Tu mangiare. »
« Feliciano… »
« Quercia marina fare bene. Fa fare tanta psssss, tuo corpo buttare fuori tutti germi. Tu stare meglio molto presto. » Ludwig abbassò gli occhi sulla sbobba marina, che gli stava gocciolando tutto il suo succo marroncino sui calzoni.
Un conato gli strizzò la bocca dello stomaco: « Uh, Feliciano… »
La sirena si sedette con grazia sulla sabbia umida, lasciando che la risacca s’infrangesse dolcemente intorno alla sua coda, « Se io cantare per te, tu mangiare? »
Dannato tentatore disonesto, sapeva bene come convincerlo…
Ludwig trasse un bel respiro, si portò alla bocca quella verdura maleodorante e molliccia e la masticò con le lacrime agli occhi.
Feliciano annuì soddisfatto, rivolse il viso alla luna e cominciò a cantare.
Sempre la stessa canzone, da sette anni.
Era sempre così bella e misteriosa! Talmente tanto che Ludwig riuscì a dimenticarsi d’aver ingoiato una fanghiglia salatissima pescata direttamente dal mare.
Feliciano tacque e ammiccò: « Vedere? Tu mangiare tutta quercia marina. »
Il giovane tedesco si pulì la bocca con una manica del giubbotto, « Non credo proprio che sia igienico… »
« Però fare bene. Vedere Ludwig, e poi me ringraziare. »
« E come dovrei ringraziarti? Sentiamo. » lo invitò, anche se conosceva già la risposta.
« Scioccolato! » guaì eccitata la sirena, strappandogli infine una gran risata.
Feliciano non ebbe la sua lezione di tedesco, quella nottata, e Ludwig se ne tornò a casa con un saporaccio acidulo in bocca e la vescica pronta a scoppiare.
Tuttavia, quando si risvegliò il pomeriggio seguente, la febbre era quasi sparita.


Passò un po’ di tempo, tra lezioni di tedesco e pagine su pagine di appunti segretissimi sulle sirene.
Una notte, Ludwig gli infilò un dito dentro alle branchie, le sollevò delicatamente e guardò la carne pulsare di vita.
« Se le tiro troppo, ti fanno male? » chiese, uncinandole come si faceva con le guance dei pesci per tirarli su.
« Ah! Un po’… »
« S-scusami! »
Provava dolore, ma poteva anche sanguinare?
« Posso farti un taglietto? Uno piccolissimo? »
Feliciano abbassò le orecchie, scrutando il suo coltellino multiuso con evidente antipatia.
« Solo se domani tu scioccolato. »
Ludwig sorrise, intenerito: « D’accordo. »
A Feliciano non piacevano gli aggeggi umani: ne aveva una paura profonda, ancestrale, indomabile.
Come un animale, pensò tetro Ludwig.
La sirena si lasciò prendere il polso e strizzò gli occhi, e quando il dolore arrivò, gonfiò la gola come un rospo minacciato, sollevando istintivamente le labbra in un ringhio che voleva essere intimidatorio.
Il suo sangue non era rosso, ma blu come lo zaffiro più puro; non aveva odore di ferro, come Ludwig si era aspettato, bensì di sale.
« Sangue blu… curioso. » osservò affascinato Ludwig, e rispose alla muta domanda di Feliciano, incidendosi l’avambraccio e mostrandogli la gocciolina rossa come un rubino.
La gioia della sirena era genuina come quella di un bambino: « Noi sanguiniamo uguali, Ludwig! Questo significa io sono come te, giusto? »
« Ehi, aspetta un momento: anche gli animali sanguinano, no? »
Feliciano abbassò le orecchie, deluso; chinò il viso e gli leccò via il sangue dalla pelle, scaricandogli un lungo brivido lungo la schiena.
« Che cosa sono io, Ludwig? »
La bocca dello stomaco del giovane tedesco si strizzò come un cencio… perché non voleva rispondere a quella domanda, perché non sapeva cosa rispondergli, era stanco di farlo stare male e non aveva la minima intenzione di perderlo come amico.
« Feliciano, ti va di cantare per me? »
E lui cantò per Ludwig, sdraiato sopra a Jeliel, lo sguardo malinconico rivolto all’orizzonte.
« Che cosa significa la tua canzone? »
« Non so come spiegare. Prossima volta. »


Passava del tempo, Feliciano diventava sempre più bravo col tedesco, e Ludwig imparava sempre più cose di lui e della sua specie.
« Tu hai… dei canini davvero appuntiti. Posso vederli? » gli chiese una sera, dopo averlo osservato molto attentamente mentre divorava una barretta di cioccolato.
Feliciano gonfiò il petto, orgoglioso e mai stanco delle sue attenzioni, e rispose con aria d’importanza: « Solo se dopo io tocco le tue gambe. »
« Affare fatto. » rispose senza pensare Ludwig, troppo smanioso di mettere le mani su quello scintillio di zanne bianche.
« Ludwig, tu vuole diventare tennista? » gli chiese curioso Feliciano, mentre Ludwig gli sollevava il labbro.
« Intendi “dentista”? No, mi interessa di più studiare le altre forme di vita. »
« Ome u a aesso? » (trad. “come tu fa’ adesso?”)
« Già. Penso che potrebbe essere questo il mio futuro. Mio fratello me ne ha parlato, una volta… ooh, interessante! Hai una dentatura da onnivoro, come noi. »
I canini erano decisamente molto più lunghi e appuntiti di quelli di un essere umano, ma gli incisivi e i molari erano identici a quelli di Ludwig.
Che la figura del vampiro fosse stata ispirata dalle sirene?
« Uwig, u gabe. U poesso…! » protestò a un certo punto la sirena, stufa di lasciarsi guardare in bocca come si faceva ai cavalli.
« Ah, giusto! Scusami. »
Ludwig si sdraiò sulla sabbia e si liberò di calze e scarpe, arricciando le dita davanti a un incredulo Feliciano.
« Come fa tu a muovere loro? Difficile? »
« Beh, suppongo che funzionino proprio come la tua coda. Sono dei muscoli, quindi li muovo e basta. »
« E come tu corre? Mostra! »
« Va bene, va bene… ma in cambio, mi farai toccare le tue pinne. »
Ludwig si alzò in piedi e si sgranchì un po’ le lunghe gambe pallide, poi partì: corse sulla sabbia morbida, menò calci a piccole pietre in un’esplosione di terriccio ed erba, si raccolse sui polpacci muscolosi e balzò in aria, sollevando spruzzi di granelli umidi e sassolini, lasciando Feliciano a bocca aperta.
« Camminare, correre, saltare… sembra bello. » gli disse la sirena, stringendosi la coda contro al petto.
Con un po’ di fiatone, Ludwig andò a sedersi accanto a lui, « Perché dici così? Non ti piace nuotare? »
« Mi piace, perché io così, sono a casa e quando nuoto sono vero me stesso. » Feliciano rivolse lo sguardo all’orizzonte, « Ma esseri umani non nuotano. Io diverso da Ludwig, dopotutto. »
Il giovane tedesco gli scoccò un’occhiata e gli toccò una spalla abbronzata, insicuro su cosa dire.
« È vero, siamo diversi. Però anche noi esseri umani possiamo nuotare. »
« Ma voi non avete pinne! » e le sbatté sulla risacca, schizzando schiuma ovunque, arrabbiato.
Quando Feliciano smetteva di ridere, il mondo perdeva tutti i suoi colori, e Ludwig non poteva fare a meno di chiedersi se anche quello non fosse una qualche sorta d’incantesimo.
« Posso toccarle? » gli chiese con un sorriso, desideroso di vederlo nuovamente felice.
Feliciano esitò, improvvisamente molto a disagio: « Uhm… Ludwig, questa non è buona idea. Sai, nostre pinne… »
« Sì, lo so… sono delicate, vero? » e gli toccò la caudale, tirandone i filamenti cartilaginosi, osservando la propria mano trasparire attraverso la membrana dorata, « Sono molto belle, sai? »
Siccome non gli rispondeva, cercò il suo sguardo.
« Feliciano? »
E lo trovò che si mordeva il labbro inferiore con i canini appuntiti, le unghie affondate nella sabbia, le orecchie piegate all’indietro come quando aveva paura.
Ludwig smise subito di punzecchiarlo, allarmato: « Feliciano?! Cosa succede? Ti faccio male? »
« N-no… no male… »
« Ma allora… ? »
La sirena scosse furiosamente il capo, facendo dondolare come un pazzo quel buffo ciuffetto ribelle: « Io non sa come spiegare! Ma per favore, Ludwig, per favore… tu non tocca più! »
Il giovane tedesco aggrottò le sopracciglia, ma non insistette; invece, allungò una mano e gli accarezzò la pinna ventrale.
« Come va con questa? »
Anche Feliciano sembrò sorpreso: « Questa no. »
« E quest’altra? » chiese Ludwig, tirandogli le ossicine della dorsale.
Feliciano scoppiò a ridere, e finalmente il mondo esplose in colore ancora una volta.
« Tu smette, Ludwig, solletico! »
« Ah, soffri il solletico? »
« Basta! Basta! » rise come un matto e gli schizzò acqua di mare addosso.
Ludwig si fece pensieroso all’improvviso: « Forse la pinna caudale è ipersensibile nelle sirene… »
Feliciano smise di ridere e si voltò verso l’orizzonte, come se avesse paura di guardarlo negli occhi, e di tradirsi.
Ludwig non demorse, troppo curioso: « Forse è come i piedi di alcuni esseri umani, che soffrono molto il solletico. Una grande quantità di nervi potrebbe renderla molto sensibile, in effetti… »
« … »
« Certo, se ti fa così tanto male non ti costringerò a farmela rivedere. Però mi piacerebbe studiarne la muscolatura. O è solo la parte squamosa che ti dà fastidio? In quel caso, potrei toccarti dalla pinna in su, così non dovrebbero esserci problemi… »
« Ludwig. » lo interruppe, il viso ancora nascosto, « Io non parla ancora bene tedesco per spiegare. »
« Oh. »
La delusione era chiara nella sua voce.
« E la tua canzone? »
« Io… io non… »
Divenne rossissimo in volto, raspandosi il petto con le unghie affilate, agitando la coda avanti e indietro fino a scavare profondi solchi nella sabbia.
Qualcosa lo turbava, ma che cosa poteva mai esserci di così complicato in quella canzone?
Ludwig lo voleva sapere a tutti i costi, era diventata un’ossessione.
« Shhh, basta così, non ti agitare. Magari un’altra volta? »
« Sì… altra volta. »


Ma il tempo passava, Feliciano migliorava col tedesco, e ancora non si decideva a spiegargli un bel niente.
Più e più volte Ludwig tentò di toccargli la pinna caudale, e Feliciano, con la tipica giocosità dei delfini, gli schizzava acqua in faccia o si tuffava in mare per seminarlo… perché sapeva che Ludwig non poteva seguirlo.
« Sei cattivo! » gli gridava Ludwig dalla riva, agitandogli contro il quadernetto di pelle degli appunti, sempre più consumato dal tempo.
« Quando ti deciderai a imparare? » rispondeva impaziente Feliciano, « Non puoi rimanere a terra tutta la vita, Ludwig! »
« E chi lo dice, eh?! »
Feliciano gli sorrideva per un momento, prima di immergersi nelle profondità blu.
Però aveva ragione lui: se voleva diventare un bravo biologo, se voleva avvicinarsi ancora di più al suo amico, Ludwig doveva imparare a nuotare.


« Hai paura? » gli chiese comprensivo il giovane tritone, seduti fianco a fianco nell’acqua bassa, una splendida sera tersa e gelida.
« Io non ho paura. » sbottò Ludwig, orgoglioso.
« Non devi: ti insegnerò io! » gli sorrise smagliante la sirena, prendendolo per mano, « Andiamo a nuotare, Ludwig. Adesso, subito! »
« Ti ho detto che non ho paura! » e si riprese la mano con un gesto offeso, « E comunque, sei matto? È inverno. Andrà anche bene per quelli della tua specie, ma per noi esseri umani è troppo freddo. »
Il silenzio si prolungò per troppo tempo, così Ludwig cercò il suo sguardo e lo vide taciturno, quasi arrabbiato.
« Cosa c’è adesso? »
« Continui a chiamarci “specie”… noi siamo un “popolo”, sai? » mugugnò, ruotando l’indice nella sabbia bianca.
« Oh, ancora con questa storia? Non ti sarai mica offeso, vero? » sospirò Ludwig, « Lo sai cosa intendo quando vi chiamo così… »
« No. No, non lo so. »
Iniziarono a frullargli le orecchie, come sempre quando si arrabbiava.
« Dimmelo chiaramente, Ludwig. È da un sacco di tempo che ti faccio questa domanda, e tu non mi rispondi mai. »
Lo fissò dritto in faccia, strisciando in avanti sui palmi, intrappolandolo contro la parete di Jeliel.
« Che cosa sono io, Ludwig? »
Ed ecco che quell’orribile bivio tornava per allontanarlo da Feliciano.
Si ripresentava sempre, come un vecchio dolore, come un incubo inseguitore, ma Ludwig non poteva continuare a scappare.
Erano passate settimane, e poi mesi, e poi anni: aveva imparato a conoscerlo, aveva cozzato contro i suoi peggiori difetti e si era goduto i suoi pregi più belli, era diventato una presenza essenziale come l’aria per lui, e che fosse ricoperto di squame o di pelle non importava più… perché Ludwig gli voleva un mondo di bene.


Una nottata profumata di pino, nella primavera dei suoi quindici anni, Ludwig raccolse alcune piccole fragoline selvatiche e le trasportò fino a Jeliel in un fazzoletto.
« Che cos’hai lì?! Che cosa mi hai portato, eh?! » mugolò eccitato Feliciano, tuffandosi in mare per raggiungerlo sulla spiaggia.
« Non ti agitare, per favore. Sono solo fragole. »
« Frakole? »
Feliciano le annusò con le orecchie basse, come sempre quando Ludwig gli portava qualcosa di nuovo da provare, ma poi le ingoiò quasi senza riprendere fiato.
« Ehi, piano! » ridacchiò Ludwig, « Allora, ti piacciono? »
La sirena scrollò la testolina, i baffi di succo rosso: « Preferisco il scioccolato. »
« Ma se le hai divorate! E comunque non hai ancora imparato a pronunciarlo correttamente: è “cioccolato”. C-I-O-C-C-O-L-A-T-O, d’accordo? Adesso ripetilo. »
Feliciano borbottò qualcosa.
« Cos’hai detto? »
« Niente. »
« Allora ripetilo, forza. Non ti sarai mica dimenticato della nostra lezione di tedesco, vero? Hai ancora una pronuncia terribile e sbagli un sacco di verbi e neutri. Avanti. »
La sirena giocherellò con la propria pinna ventrale, come faceva sempre quando era in vena di capricci, e Ludwig sbuffò: il momento da babysitter della serata era arrivato, di nuovo.
« Cosa c’è adesso? »
« Non mi va di studiare, oggi. »
« E quando mai ti va di farlo? »
« Ma oggi proprio non mi va… »
Ludwig si accasciò sulla sabbia, « E cosa vuoi fare, allora? »
Il modo in cui lo guardò Feliciano gli fece perdere un battito o due: un’altra delle sue idee pazze, di sicuro.
« Tu mi porti sempre un sacco di cose dal Sopra. Io non ti porto mai niente. Così non è giusto. »
Si trascinò in mare e si voltò a guardarlo.
Un po’ titubante, Ludwig s’alzò in piedi, « Dove mi vuoi portare? »
La sirena sbatacchiò impaziente la pinna, « Tu vieni. »
« Feliciano, lo sai che non posso. »
Lui gli sorrise, gli allungò una mano palmata, senza distogliere lo sguardo: « Non ti fidi di me? »
Certo che si fidava, perché era il suo primo e unico amico.
Ludwig si liberò delle ciabatte e si arrotolò i bermuda fino alla coscia, fece qualche passo nell’acqua bassa e afferrò la mano di Feliciano, un po’ teso.
La sirena lo tirò gentilmente verso il largo, e Ludwig la seguì obbediente… ma quando l’acqua gli ingoiò il ginocchio, s’irrigidì come un pezzo di legno.
« Feliciano, per favore… »
Odiava ammettere di avere paura, di essere debole, di non possedere il controllo su qualcosa, e non aveva nemmeno voglia di morire affogato così giovane.
Non sapeva farlo, e non avrebbe mai imparato, a nuotare.
« Va tutto bene. » gli sorrise la sirena.
« Col cavolo che va tutto bene, fammi tornare a riva! »
Il giovane tedesco strattonò la mano, ma Feliciano non si lasciò spaventare dalla sua rispostaccia e dal suo sguardo truce, perché aveva imparato a conoscerlo.
« Ludwig, guardami. »
Si rizzò sulla pinna per raggiungere il viso del suo amico, gli posò una mano sulla guancia chiazzata di rosso e lo accarezzò.
« Guardami negli occhi. Se continui a guardarmi, andrà tutto bene. »
Il giovane tedesco deglutì pesantemente, annuì secco e si lasciò tirare delicatamente verso l’acqua alta.
A sette metri dalla riva, Feliciano s’immerse fino alle spalle e gli fece cenno di seguirlo.
« Uhm, devo entrare in acqua? » Ludwig era terrorizzato.
Si era fatto davvero alto negli ultimi tempi, e si stava irrobustendo come un atleta, grazie alla squadra di calcio alla quale si era unito da un paio d’anni.
Pallido, biondissimo, e con gli occhi più azzurri dell’oceano stesso.
Feliciano distolse rapidamente lo sguardo, il ciuffetto che s’arricciava traditore, e lo guidò ancora un po’ più avanti.
« Forza, ce la puoi fare. »
« Non è vero. Cadrò, affogherò e morirò… »
« Oh Ludwig, non dire schifezze. Ti lascerei mai morire, secondo te? »
« Vuoi dire “sciocchezze”, vero? »
La sirena fece frullare le orecchie come un piccolo elicottero arrabbiato: « Non è una lezione di tedesco questa, ma una di nuoto! »
Ludwig tentò un’ultima volta di tornare a riva, « Non ricordo di averti mai chiesto d’insegnarmi a nuotare… »
La sirena gli scivolò davanti per bloccargli la traversata, e Ludwig barcollò, gli occhi sgranati e la pelle d’oca.
« Dannazione, Feliciano! »
« Se anche dovessi cadere, pensi forse che non ti terrei a galla io? »
Il tedesco non replicò.
« Quindi, per una volta, permettimi di ricambiare il favore. Permettimi di fare qualcosa per te. » e gli indicò il largo con un ampio gesto del braccio, invitante e rassicurante.
Ludwig guardò quel viso, quegli occhi appannati dietro alla pellicola semitrasparente, e prese un lungo, incerto sospiro.
Sapeva che, prima o poi, avrebbe dovuto imparare per forza, ma non pensava che sarebbe stato quella notte.
Non voleva che Feliciano lo vedesse come un codardo, così si decise.
« Che scocciatura che sei, a volte. »
« Lo so. » e scrollò felice la pinna dorsale, « Vieni, ti guiderò io. »
Che follia, pensò Ludwig, mentre l’acqua gli saliva fino al petto e la canottiera gli si appiccicava addosso come una seconda pelle, vorticandogli attorno come fumo quando la coda di Feliciano si scuoteva, agitando la corrente.
Quando la sabbia del fondale divenne gelida, e il mare arrivò a solleticargli il mento, Ludwig cominciò a respirare affannosamente, il collo buttato all’indietro e gli occhi fuori dalle orbite.
« Feliciano… »
« Non tocchi più? Bene… »
Come “bene”?!
Fin dove aveva intenzione di portarlo?!
Ludwig mosse un altro passo, lento e pesante, ma il piede gli affondò nel vuoto cosmico, e lui si tuffò in avanti con un singulto, subito soffocato da una bella bevuta salata.
« Fel… »
Il sale gli esplose nelle cornee, vorticò in avanti in un buio verdastro e denso come fango, il gelo talmente penetrante da assordargli le orecchie.
Agitò le braccia come un dannato, ma la luce sopra di lui non si avvicinava, anzi, si allontanava sempre di più.
Qualcosa si mosse velocissimo al suo fianco, un paio di braccia sottili gli avvolsero il petto e una forza sconosciuta lo attirò fino in superficie.
Ruppero la linea perfetta del mare e Ludwig ingurgitò boccate d’aria, arrivando quasi a tossire fuori i suoi stessi polmoni.
Smise di sbattere furiosamente braccia e gambe quando si rese conto che era Feliciano a tenerlo a galla, proprio come gli aveva promesso.
« Che diavolo, te l’avevo detto che non ero capace… » ringhiò, sputando un viscido filamento di alga.
« Ma non è vero! Guarda: stai andando benissimo. » e gli prese le mani, reggendolo mentre nuotava lentamente all’indietro.
« Cristo, Feliciano, sono quasi affogato! »
« Bravo, così. Muovi le gambe… »
Per un istante, Ludwig vide tutto rosso.
« Ma cosa vuoi saperne tu, eh?! Tu non hai le gambe! »
Aveva appena finito di dirlo che si pentì immediatamente.
Feliciano abbassò le orecchie, e si vedeva lontano un miglio che lo aveva ferito.
« Cioè, no, non volevo dire questo… »
« Va tutto bene, Ludwig. Hai ragione tu: non ho le gambe, quindi non posso dirti come farebbe un Nuota nel Sopra. Però posso dirti come facciamo noi, e sperare che ti aiuti almeno un pochino. »
Ludwig lo guardò negli occhi, attraverso la patina traslucida, e per l’ennesima volta da quando lo conosceva, si sentì molto fortunato a essere suo amico.
« Quando ti deciderai a chiamarci “esseri umani”? »
Il tritone gli sorrise di nuovo, e tutto divenne calmo, spaventosamente facile.
La paura di annegare, il mare nero e minaccioso intorno a loro, la forza dell’acqua che lo risucchiava verso il fondo… niente di tutto ciò aveva più importanza, perché Feliciano era con lui, e non lo avrebbe mai lasciato.
Si attaccò alle sue esili spalle abbronzate, chiedendosi se quel corpicino magro e sottile avrebbe mai potuto reggere una zavorra da cinquanta chili come lui.
« Sei attaccato per bene? Allora si parte! »
Nell’acqua lui rinasceva, volava privo di peso e di legami, si liberava come un dio nel suo elemento, e niente poteva sperare di eguagliarlo: non i rapidissimi delfini, non i narvali stupendi, non le imponenti balene.
Erano le sirene le vere regine del mare.
Gli bastava qualche colpetto di pinna per spingersi attraverso la cortina d’acqua salata, disegnando un sentiero di schiuma lattea sotto alla luna, con le branchie bene aperte e gli occhi coperti dalla spessa pellicola.
I suoi capelli turbinavano come dardi fiammeggianti, le scaglie brillavano di bagliori oro e rossi nel nero dell’oceano inospitale e spaventoso.
Che cosa nascondevano quelle acque profonde? Quali creature orrende e inimmaginabili si acquattavano negli abissi, rivolgendo i loro occhi sporgenti e i loro tentacoli mollicci verso le gambe di Ludwig?
Un brivido di paura gli punse la nuca, ma poi la sirena si voltò verso di lui.
« Va tutto bene? »
Non importava che fosse piccolino, rachitico e un po’ sciocco… era il suo migliore amico, e lo avrebbe difeso da qualsiasi cosa, mostro marino o crampo che fosse.
« Ludwig? »
« Verdammt, la gamba! »


« Tu sei il mio migliore amico. » gli rispose così, una notte in pieno autunno, a diciassette anni.
« Il tuo migliore amico? » ripeté stolidamente Feliciano, sbattendo le ciglia rosse.
« Sì. »
« Ma… »
« Non importa quel che sei. Sei la creatura più meravigliosa che abbia mai incontrato. Sei la persona più divertente che abbia mai conosciuto. Sei… sei la cosa più importante di tutta la mia vita . »
Ludwig sentì la faccia andargli a fuoco, mentre strappava un filo d’erba giallastra dalle rocce di Jeliel e lo faceva a pezzi tra le dita sudate, « Ecco che cosa sei. Contento adesso? »
Feliciano gli saltò al collo, abbracciandolo così stretto da fargli schizzare fuori gli occhi dalle orbite.
« Sì! Sono contento! »
« Mi stai so-soffocando, Feliciano! »
« Me lo dici di nuovo, Ludwig? Per favore! »
« No! E adesso lasciami! »
« Daidaidaidaidai! »
« No vuol dire no, Feliciano! »
« Se non me lo dici, ti abbraccio più forte! »
SQUIZ
Feliciano non aveva idea di cosa fosse il pudore, e naturalmente non aveva alcuna intenzione d’indossare le felpe e le magliette che gli portava Ludwig, perché le sirene erano molto fisiche e amavano toccarsi per entrare in confidenza; concetto che, ultimamente, quel piccolo impiastro adorava mettere in pratica con il suo amico umano.
Ormai vicino all’iperventilazione, Ludwig - che da bravo tedesco sopportava a malapena una stretta di mano formale - cedette per pura disperazione, desideroso di staccarselo di dosso il prima possibile.
« E va bene, va bene! Basta che mi molli! »
« Nossignore! Prima dimmelo, amico! »
“Pazienza Ludwig, pazienza… fai un respiro profondo e diglielo.”
« Sei… sei il mio migliore amico. »
Il suo sorriso gli fermò il cuore in petto.
« A-adesso però levati… » e gli spinse un palmo sulla fronte, andando a sedersi in cima a Jeliel, al sicuro dalla sua imbarazzante confidenza.
Lo osservò strisciare sulla risacca per bagnarsi un po’ le branchie sui fianchi magri e i capelli, e un’idea lo illuminò improvvisamente.
« Ehi, visto che siamo migliori amici, perché non mi spieghi quella cosa? »
« Quale cosa? » domandò distrattamente Feliciano, buttando la coda sull’acqua e sollevando un piccolo spruzzo.
« Quella cosa, dai… quella della tua pinna, no? »
Vide il suo sorriso perenne congelarsi, neanche gli avesse spiegato cosa fosse la mattanza dei tonni.
« Avevi detto che prima o poi me lo avresti spiegato, no? Quando avresti imparato per bene il tedesco. »
Feliciano si abbracciò le spalle nude e lucide, lo sguardo basso: « Tu… tu pensi che sia pronto? »
« Ma certo, lo parli molto bene ormai. » Ludwig si sedette a gambe incrociate, aprì il quadernetto di pelle consunto e fece scattare la molla della penna contro al ginocchio, « Dai, racconta. Ti ascolto. »
Le orecchie di Feliciano si abbassarono al livello delle guance, le mani corsero subito a giocherellare nervosamente con i capelli rossastri, la pinna che sbatacchiava nell’acqua bassa.
« Che c’è? » lo incoraggiò Ludwig, « È una cosa così terribile? »
« Non… non saprei. È una cosa… strana. Forse succede solo a me, forse succede anche alle altre sirene. Dovrei parlarne con… mio fratello. »
« Tuo fratello? »
Feliciano gli aveva parlato vagamente di Luvìs e del nonno, e Ludwig sapeva che non gli permetteva di incontrarli per due ottime ragioni: l’odio indiscriminato ed eterno del vecchio nonno per i Nuota nel Sopra, e il forte desiderio di proteggere entrambi.
Feliciano si fidava di Ludwig, ma consegnare alla terraferma la sua amata famiglia era chiedere troppo.
« Allora? »
Ludwig balzò giù dallo scoglio e gli venne incontro: alto, muscolo, un po’ minaccioso, si chinò su di lui e gli accarezzò la pinna con due dita.
« Non è poi così difficile, Feliciano: dimmi cosa provi. »
La sirena sussultò e affondò le unghie nella sabbia, appiattì le orecchie all’indietro, chiuse gli occhi dietro alle doppie palpebre, si morse con rabbia il labbro inferiore… fece di tutto, pur di non colpire Ludwig.
« Feliciano? »
« Sto… sto bene. »
“Non è vero: non stai bene.” pensò accigliato Ludwig, osservando come il petto gli facesse su e giù freneticamente.
Feliciano gli raccontava tutto del suo corpo, svelandogli i misteri più reconditi della sua specie meravigliosa… ma non quella stupida cosa della pinna.
Cosa diavolo poteva esserci di così proibito, di così malvagio da dire, se neanche un chiacchierone come lui riusciva a confidarsi?
« Vuoi che la smetta? » gli chiese allora, guardandolo tremare… ma poi lo vide.
Dal basso ventre, tra le scaglie rosse della coda, stava spuntando un qualcosa di rosa scuro.
« Cos… »
« Devo andare! » sbottò la sirena, allontanandogli la mano con uno schiaffo e buttandosi in acqua.
« Ah, aspetta! »
Ludwig lo rincorse per i primi metri, affondando con gli stivali nella risacca sciaguattante, « Feliciano, aspetta! »
Non era mai successo prima; il suo “hallo, Ludwig, a domani!” era diventato come un rituale di buon augurio per lui.
Forse lo aveva offeso sul serio.
Per la prima volta dopo tanto tempo, Ludwig temette di non rivederlo la notte seguente.


Efelién nuotava alla cieca, agitando le braccia come per scacciare i demoni della perdizione, e fu soltanto quando sbatté la zucca contro una secca* che riuscì a fermarsi.
Stordito, si abbandonò mollemente sul fondale roccioso, massaggiandosi l’enorme bernoccolo sulla fronte.
Il cuore gli andava come un pazzo, non riusciva più a riprendere il controllo delle proprie branchie e del… maledizione.
Efelién si rivoltò sulla pancia in un turbine di bollicine argentate, stringendosi tra le mani tremanti l’emipene* quasi del tutto eretto, che spuntava dalla piega di pelle come a volersi prendere gioco di lui.
Sono… sono proprio un mostro si disse, abbassando le orecchie pieno di vergogna.
Ludwig è mio amico… non devo. Non devo sentirmi così. È sbagliato…
Ma era stata colpa sua, che gli aveva toccato la coda… gli aveva accarezzato la pinna, con quelle mani forti e calde, guardandolo negli occhi.
Qualsiasi altro Sirenia, al suo posto, si sarebbe sentito allo stesso modo, ecco! Efelién non aveva fatto proprio nulla di male.
Bastava… bastava solo inventarsi una scusa con Ludwig - un dolore inspiegabile alla coda, soltanto quando lui la toccava - e dimenticare tutto.
Non avrebbe dovuto lasciarlo avvicinarsi alla sua pinna, mai più.
Compiendo uno sforzo enorme su se stesso, Efelién ritrasse l’emipene e si mosse soltanto quando il batticuore si fu calmato.
Sperava tanto di non trovare il nonno alla grotta, perché si sentiva ancora così strano e a disagio… e non aveva coraggio di chiedere consigli su certe cose.
Baldanzoso e inopportuno come sempre, il nonno lo avrebbe preso sottobraccio e gli avrebbe fatto una lunga lista non richiesta delle sue numerose esperienze amorose.
E la giovane Sirenia dai capelli scuri che proveniva dalla loro stessa culla calda e azzurra, e quell’altra dal caschetto moro e dalla pelle scurissima che viveva in una Grande Madre salatissima, e poi quell’altra ancora dagli occhi verdi e dalle chiome brune che abitava in mezzo a coralli colorati e coste d’avorio…
Però, forse, qualche consiglio utile gliel’avrebbe saputo dare; dopotutto il nonno era il nonno, e conosceva ogni cosa.
Se Efelién avesse finto di aver incontrato una Sirenia di un altro clan, una femmina, come sarebbe stato giusto aspettarsi…
Immerso nei suoi pensieri, Efelién s’infilò in un prato di quercia marina, ma qualcosa lo afferrò per un polso.
Terrorizzato, si contorse su se stesso con un fischio acuto, scoprendo istintivamente i canini all’idea del pesce spada, che sicuramente stava per sventrarlo con il suo lungo becco mortale.
Stupido, sono io!
Il familiare gorgoglio di Luvìs fu un tale sollievo che Efelién si sentì svenire.
Fratello! Non farlo mai più, mi è venuto un infarto! protestò, posandosi una mano sul petto sottile.
Ma visto che mi hai trovato, possiamo tornare a casa insieme, ti va?
Fece per nuotare avanti, ma Luvìs lo trattenne bruscamente per il polso.
Efé, sei andato nel Fuori, vero?
Efelién non si voltò nemmeno.
Dimmelo
Poteva quasi vedere le lunghe orecchie di Luvìs frullare all’impazzata.
ammise alla fine, in attesa dell’esplosione.
Avvertì la stretta intorno al polso farsi ancora più forte, e per un istante temette che suo fratello lo avrebbe colpito.
Cos’hai fatto nel Fuori?
N-niente… cos’avrei dovuto fare?
Efé, non sono così stupido
I gorgheggi di Luvìs gli gelarono il sangue nelle vene.
Efelién si liberò con rabbia della sua presa e nuotò in avanti a tutta velocità, rifiutandosi fino all’ultimo di incrociare il suo sguardo accusatorio.
Mi sono soltanto seduto su uno scoglio, va bene? Non ho fatto niente di male, non ho visto nessun essere uma… Nuota nel Sopra, e comunque sono tornato indietro subito, no? Andiamo a casa, adesso, che nonno sarà in pensiero
La voce di suo fratello viaggiò nella corrente come il lamento di una balena che soffre:
Come li hai chiamati?
Efelién non sapeva cosa diamine rispondergli, così nuotò verso casa dandogli le spalle, con l’angoscia nel cuore e la speranza che si sarebbe presto dimenticato di quel dialogo.
Erano anni che gli faceva domande sempre più invadenti, e certo, suo fratello non era mica uno stupido, ma Efelién era sempre stato molto attento a non farsi vedere insieme a Ludwig.
Era impossibile che avesse più di un misero sospetto.


La notte dopo, Ludwig s’infilò in tasca una barretta extralarge di cioccolato, s’infilò il cappotto di pelle e prese le chiavi dal gancio accanto alla porta.
« Io esco, bruder! »
« Ohi, West. »
Gilbert comparve dal bagno, con lo spazzolino che spuntava dalla bocca e il fidato piccolo pulcino piumoso che gli sonnecchiava su una spalla.
Era invecchiato, ma il suo sguardo strafottente e la sua risata sguaiata non cambiavano mai.
« Vai da Felicia o dalle foche? »
« Vado… da Felicia. » rispose Ludwig, ormai avvezzo nel mostrare un’espressione il più neutrale possibile, mentre mentiva a suo fratello.

Che continuassero pure tutti a credere che Felicia fosse molto malata e che non potesse uscire di casa, che certo, prima o poi avrebbero potuto andare a trovarla con un mazzo di fiori, e che lei e Ludwig probabilmente si sarebbero sposati e avrebbero fatto anche dei bambini…
Chissà che faccia avrebbe fatto Gilbert se avesse saputo che in realtà Felicia scoppiava di salute, aveva pinne e branchie e un bel pistolino pescioso pronto a fare cucù al posto della patatina umana.
Ludwig non si era mai vergognato tanto nel fare qualche ricerca, ma i risultati ottenuti erano stati così inaspettati, e così stranamente soddisfacenti, che aveva infine deciso di parlarne faccia a faccia con Feliciano.

« Salutamela tanto, allora. Ah, West… »
« Cosa? »
« Prendi uno di questi, non si sa mai. »
E gli lanciò un pacchettino di plastica colorata. Ludwig lo afferrò al volo e divenne rosso come un pomodoro.
« È alla banana, ma se vuoi ho anche mela verde e arancia. »
« BRUDER!!! »
« Che hai da scandalizzarti tanto, West? Il sesso protetto è molto importante, te l’ho già spiegato, no? »
Gilbert fece per tornarsene in bagno, ma all’ultimo momento s’immobilizzò così bruscamente che il pulcino, mezzo addormentato, perse la presa sul suo pigiama a wurstel e crollò sul pavimento con un pigolio offeso.
« West… non vorrai dirmi che non lo avete ancora fatto? »
Ludwig spalancò la porta e se la sbatté alle spalle così forte che i cani nel giardino si misero a ululare.


Merda… più ci pensava, più si sentiva male.
Preservativo significava sesso, e da poche ore lui aveva scoperto che Feliciano poteva eccitarsi sessualmente.
Non volute, evocate dalla maledettissima malizia di suo fratello, idee malate e inaccettabili iniziarono a vorticare nel cervello di Ludwig.
Sesso… con Feliciano?
Si bloccò in mezzo alla strada, tirò lentamente fuori il pacchettino e lo fissò nel palmo della mano, come se sperasse di vederlo prendere vita, per suggerirgli la cosa giusta da fare.

Ohi, è un maschio, eh. Te ne sei dimenticato? gli disse il preservativo giallo alla banana.
« Certo che no, che diamine… »
Ah beh, tanto meglio. A me va bene tutto, purché ci sia un buco.
« Che schifo… non è nemmeno un essere umano! »
Ehi bellezza, puoi mentire a quel rimbambito di tuo fratello e alla gnocca ungherese, ma non puoi mentire a LUI.
Ludwig sentì qualcosa gonfiarsi dalle parti basse, e ringhiò una maledizione tra i denti.
Adesso comprendi? “Se il cazzo s’impenna, non c’è ‘ma’ che tenga!”
« Sei così volgare! »
Sono un preservativo, alla banana per giunta. Cosa ti aspettavi? Adesso prendi in mano la situazione, e lui pure, e vai a sedurre quel dolce, piccolo e sexy sirenetto!

Ludwig sbatté più e più volte le palpebre, scrollò il capo e fissò con aria minacciosa il pacchettino.
“Dai, parla ancora, se ne hai il coraggio! Prova a dirmi un’altra volta che devo andare a scoparmi il mio migliore amico!”
Lo strumento del peccato se ne rimase fermo e zitto, assolutamente inanimato.
Ludwig si massaggiò la radice del naso con un sospiro esaurito, si passò le dita tra i corti capelli biondissimi e si rimise nervosamente in cammino.
Si fermò sul limitare dei larici e dei cespugli di olivello spinoso, sbirciando col batticuore in basso, verso Jeliel.
Quasi sperava di non vederlo davvero, quella sera… ma quando non riconobbe il profilo sinuoso della sua coda, si spaventò a morte e scese ruzzolando dal pendio.
« Feliciano?! »
Non c’era per davvero. Per la prima volta in undici anni, non era venuto al loro appuntamento.
Gli crollò il mondo addosso.
Ludwig si sedette sulla sabbia bagnata e appoggiò la fronte sulle ginocchia, fregandosene dell’acqua gelida che gli investiva con forza le gambe, riempiendogli le scarpe e inzuppandolo fino alle mutande.
Aha, quindi ti importa.
« Ma tu parli ancora? Lasciami in pace. »
Nossignore. Lo hai fatto scappare, con le tue molestie da nabbo. Per colpa tua, non vedrò un buco fino alle prossime Olimpiadi, considerato il livello di attività sessuale che arricchisce la tua vita già così noiosa…
« Ma che vuoi da me?! Secondo te posso approfittarmi così di un amico? Posso fare certe cose con… con un maschio? Con una sirena?! E comunque, perché parli come un nerd che rosica? »
E che diavolo ne so! Sono frutto di quella squinternata della tua immaginazione, no? Capisci che intendo? Sei una persona sclerata, devi fartela una scopata nella vita! Almeno una? Per favore?! Nei prossimi mille anni magari, prima che mi biodegradi e muoia vergine come te?
« Ehi, vaffanculo. Sei solo un preservativo alla banana, e a me neanche piacciono le banane… »
« Ludwig, cos’è un preservativo? »
Il tedesco sussultò così forte che il pacchettino gli scivolò in acqua.
« Accidenti! »
Fece per afferrarlo, ma Feliciano fu più rapido.
Lo pescò dalla risacca, che cospiratrice parve spingerlo verso di lui, e se lo rigirò incuriosito tra le dita palmate.
« A cosa serve? Che forma buffa… è giallo, e ha un odore strano, che non ho mai sentito prima. Che cos’è, eh Ludwig? Me lo dici? »
Sollevò lo sguardo sul suo amico.
« Ludwig, stai bene? »
Ludwig non rispose, e per una volta non pensò: si buttò con le ginocchia in acqua e lo abbracciò stretto, così stretto che le sue ossa sottili scricchiolarono.
« Uh… Ludwig, mi soffochi… »
« Sei tornato. »
Feliciano si spaventò, perché non lo aveva mai visto così fragile.
Gli accarezzò la nuca pallida: « Ma certo che sono tornato. »
« Pensavo… pensavo che non volessi più vedermi… dopo ieri. »
Stava piangendo? Gli aveva affondato il volto contro al collo, e lo teneva così stretto che Feliciano non riusciva ad allontanarsi per guardarlo in faccia.
« Ludwig, non hai ancora capito? Se mai un giorno non dovessi venire da te, vuol dire che sono morto. »
Ludwig scoppiò in una risatina incerta, folle di gioia, e Feliciano sorrise a sua volta.
« Adesso puoi lasciarmi, per piacere? Con tutti questi muscoli non riesco a respirare… »
Finalmente lo mollò, si asciugò in fretta gli occhi e scoccò un’occhiataccia al preservativo in mano all’amico.
« Uhm, quello… »
« Mi spieghi che cos’è? » insistette la sirena, mordicchiandone la confezione e fiutandolo con gran interesse.
Ludwig distolse lo sguardo, in tremendo imbarazzo.
Feliciano riuscì quasi a vedergli le rotelle girare nel cervello, e le sue orecchie sensibili avvertirono perfettamente il folle battito del suo cuore.
Ludwig era così rosso in faccia che presto gli sarebbe venuto un colpo apoplettico.
« Quello… quello è un preservativo. »
« Sì, lo so già. A cosa serve? »
« Uh… era… era appunto di questo che volevo parlarti… »
Si alzò in piedi e tornò con passo malfermo sulla spiaggia, strizzandosi la maglietta fradicia e borbottando qualcosa tra sé e sé.
« Feliciano… avvicinati, è una cosa molto importante. »
Incuriosito, il tritone uscì dall’acqua e strisciò per qualche metro sulla sabbia umida.
« Ti ascolto, Ludwig. »
Il tedesco sollevò il volto verso il pendio sopra di loro, prese un bel respiro, si scrocchiò sonoramente le nocche e parlò, senza guardarlo negli occhi.
« Come si accoppiano le sirene? »
Questa volta fu il turno di Feliciano di arrossire.
Non che non si fosse aspettato una domanda del genere, visto l’incidente della notte prima.
Ludwig era un Nuota nel Sopra sveglio e intelligente, e non gli sfuggiva mai niente di Feliciano: era prevedibile che avrebbe notato la sua involontaria erezione, che si fosse incuriosito, e che adesso volesse saperne di più.
« Perché me lo chiedi? » replicò la sirena, giocherellando con la sabbia, prendendo tempo.
« È per… per la mia ricerca su di voi, no? Ormai so un po’ di tutto, l’unico aspetto che non conosco affatto è la vostra riproduzione. Lo… lo so che è un argomento imbarazzante da discutere tra amici! Puoi parlarmene anche solo superficialmente, se vuoi. »
Feliciano lo fissò a occhi sgranati, nel panico.
Non fu Ludwig a rompere il silenzio, che si protrasse all’infinito tra di loro.
« Cosa vuoi sapere? » chiese alla fine la sirena, col cuore che le batteva a mille.
« Beh, per esempio… che cosa ti è successo ieri? »
Ludwig sapeva già che cosa fosse capitato a Feliciano, ma avrebbe preferito mangiarsi una tonnellata di quercia marina appena pescata, piuttosto che ammettere di aver fatto ricerche sull’accoppiamento di cetacei e pesci.
Non si voltò verso di lui, ma riuscì a figurarsi la sua espressione estremamente a disagio, mentre gli rispondeva con voce tremante.
« Ormai credo che sia inutile nascondertelo ancora… mi sono eccitato. »
« L’ho notato. »
« Ma… ma mi hai toccato la p-pinna! »
Adesso gli suonava sulla difensiva.
« La pinna? Sarà mica un punto erogeno per voi? »
« Un punto… cosa? »
« Un punto che se stimolato vi fa eccitare. Come… come per noi esseri umani sono i capezzoli, o gli stessi organi genitali. »
« Oh… sì. Per alcuni di noi lo è. Non è uguale per tutti. A mio fratello, ad esempio, piace sulla pinna ventrale… » ma si tappò la bocca con entrambe le mani, sconvolto.
Ludwig ebbe la sensibilità di far finta di non aver sentito; incrociò le braccia sul petto e continuò a parlare, rivolto al pendio d’erba sopra di loro.
« Quindi le sirene possono eccitarsi sessualmente anche al di fuori del calore? »
« Cosa significa “calore”? »
« È il lasso di tempo durante il quale gli animali, in genere le femmine, diventano fertili e pronte per accoppiarsi. »
La secchiata gelida sulla nuca non se la sarebbe mai potuta aspettare.
Si voltò di scatto, i capelli grondanti e i peli dritti per il freddo.
« E questo per che cos’era?! »
« Piantala di darmi dell’animale, Ludwig! »
Il tedesco ammutolì: Feliciano era in lacrime, i canini affilati scoperti nella sua direzione.
Gli stava ringhiando contro, per la prima volta, lo stava minacciando sul serio.
Fu un’immagine talmente sconvolgente, che Ludwig si dimenticò di tutto.
Del preservativo parlante, delle insinuazioni di suo fratello, delle ricerche imbarazzanti su google…
Si mosse verso di lui.
« Feliciano… »
La sirena emise un soffio simile a quello di un gatto, ma molto più stridulo e agghiacciante.
Ludwig aveva passato troppo tempo ad ascoltarne le canzoni e a guardarlo ridere, e si era completamente dimenticato dell’occhio del vecchio signor Fischer.
Si avvicinò di più, profondamente convinto che Feliciano non gli avrebbe mai fatto del male.
« Ti prego… »
« Tu parli sempre di ricerche! Scuola, studio, lavoro… non ti importa niente di me! Tu vuoi soltanto studiarmi, come se fossi un animale qualsiasi! Mi hai chiamato tuo migliore amico, hai detto che ero la cosa più importante di tutta la tua vita, ma erano tutte bugie! Bugie! Bugie! »
Ludwig boccheggiò, pietrificato.
Non lo aveva mai visto così arrabbiato, ed era feroce, disgustosamente simile a una bestia messa alle strette, un qualcosa di completamente diverso dal suo dolce e gentile sirenetto.
Il colore dei suoi occhi si era intorbidito, le cornee pulsavano di cattiveria rosso sangue.
Era un demone del mare, quello… non il suo Feliciano.
Ludwig allungò una mano verso il suo viso.
« Non ti avvicinare! »
« Vuoi mordermi? »
Il suo tono rassicurante fu come uno schiaffo in piena faccia per Feliciano.
Aveva minacciato Ludwig… come se fosse un nemico, come avrebbe fatto il nonno che odiava i Nuota nel Sopra, come se fosse pronto a ferirlo davvero.
Scrollò le orecchie e i suoi occhi si sciolsero di nuovo nell’oro più puro e sereno, le labbra coprirono i canini affilati e le doppie palpebre si sollevarono, umide di lacrime.
« E io che sono anche tornato… non dovevo. »
Si voltò di scatto e fece per ributtarsi in mare.
In quell’unico battito di ciglia, giusto una frazione di secondo prima che la sua pinna balzasse, Ludwig capì.
Capì che non gli importava più che fosse un pesce, un essere umano, un maschio, un amico, un mostro… non poteva perderlo.
Se il mare glielo avesse portato via per sempre, il cuore di Ludwig sarebbe annegato insieme a lui.
Tutti quegli anni insieme, trascorsi su una lingua di sabbia lambita dal sale e dal chiarore lunare, all’ombra fresca di uno scoglio a forma d’angelo, che immobile pregava per loro…
Ludwig gli afferrò con forza il polso e Feliciano cadde nell’acqua bassa con un tonfo.
« Lasciami andare! » gli ringhiò, ma il tedesco calò su di lui e per un istante mozzafiato la sirena temette che lo avrebbe picchiato.
Quando si ritrovò tra le sue braccia forti, stretto al suo petto che batteva come un pazzo, non poté fare altro che fissare il cielo sopra di loro, completamente stordito.
« Scusami… ti prego, scusami. » gli sussurrò Ludwig contro la cartilagine umida dell’orecchio, accarezzandogli i capelli sulla nuca, « Sono stato uno stronzo, ma tu mi conosci, no? Lo sai meglio di chiunque altro che non sono capace di dire quello che penso, quello che sento e che provo. Sai cosa provo, Feliciano, lo sai? Non lo riesci a capire? »
Feliciano mosse appena il capo, intrappolato nei suoi muscoli enormi, mentre il suo calore lo faceva sciogliere dalla testa ai piedi e quel profumo particolare si sprigionava dai suoi capelli d’oro, togliendogli il fiato dal petto.
Ludwig emise un verso di dolore, come se i pensieri che teneva incatenati nel profondo dell’animo lo stessero facendo a pezzi.
« Lo… lo ammetto. Prima era per curiosità, perché è questo che voglio diventare: un bravo biologo. Desidero studiare te e il tuo meraviglioso popolo, perché… perché mi sono reso conto di amarvi. Siete la specie più bella che questa terra maledetta abbia mai ospitato. Ma adesso… adesso non me ne frega più niente della ricerca. »
Prese un lungo, sofferto respiro tremante.
« Ti ho fatto quelle domande per un altro motivo. »
Feliciano non resistette più: gli spinse sul petto e si allontanò quel tanto che bastava per fissarlo dritto negli occhi.
Ludwig era rossissimo, sudava e respirava forte dal naso, però non abbassò mai lo sguardo.
« Dimmelo chiaramente. » gli impose Feliciano.
Lungo, lunghissimo silenzio.
Sotto alle dita, la sirena poteva sentire il tamburo potente del suo cuore, e i pettorali scolpirsi sotto alla maglietta ancora fradicia.
Circondati dal rumore della risacca che s’infrangeva sulla sabbia, dalle stelle e dagli alberi, completamente soli in tutto l’universo.
« Ti voglio. »


Lo disse a voce così bassa che Feliciano non fu sicuro di aver sentito bene.
Spaventato dal suo silenzio, Ludwig distolse lo sguardo e divenne paonazzo: « S-scusami, Feliciano… sono stato troppo brusco… »
La sirena sbatté le lunghe ciglia rosse e si riscosse, come colpita da un fulmine, « Oh… oh! Capisco. »
Fissò i muscoli rigonfi di Ludwig, il suo collo marmoreo, il suo volto bellissimo, severo, perfetto, il suo cipiglio statuario.
« Anch’io. Anch’io ti voglio, Ludwig. »
Il tedesco credette di crollare come un castello di carte.
« Da-davvero? »
« Sì. »
Le orecchie gli si afflosciarono, il ciuffetto ribelle s’arricciò come una stella filante, e le doppie palpebre scattarono a coprire le lacrime di gioia.
« Però… non so come si fa. » sussurrò, impacciato.
« Neanch’io. Non l’ho mai fatto, e tu? »
« Mai. »
Ludwig lo prese in braccio con uno slancio, e Feliciano cacciò uno strillo eccitato, gli si avvinghiò al collo e fissò terrorizzato l’acqua bassa e la sabbia sotto di lui, mentre Ludwig lo riportava a riva.
« Vorrà dire che la nostra prima volta sarà insieme. »
La sirena gli nascose il volto contro la gola.
« Sì. »


Ludwig lo fece sdraiare delicatamente sulla superficie porosa di Jeliel, nel punto più alto, dove la fredda luce delle stelle pizzicava loro la pelle.
« Ludwig… cosa fanno gli esseri umani quando si vogliono tanto bene? » gli chiese Feliciano, mentre Ludwig si liberava della giacca e la buttava a terra.
« Si accarezzano. »
Una mano palmata gli toccò le guance in fiamme, scese sui tendini del collo, sul profilo dei pettorali, fino a fermarsi sul cuore.
« Ti batte così forte… »
« È colpa tua. »
Feliciano abbassò le orecchie: « Scusami! »
Ludwig rise e si tolse la maglietta bagnata, « Non è mica una brutta cosa. »
Esitò, la pelle bianca che si ricopriva di brividi per il freddo autunnale.
« E invece… che cosa fanno le sirene? »
Feliciano distolse in fretta lo sguardo, nel panico, « Noi… noi ci tocchiamo le pinne. »
Ludwig allungò l’indice tremante, « Posso toccarti? »
« Ludwig… »
Le unghie arrivarono a grattargli gentilmente le ossicine della caudale, i polpastrelli percorsero la cartilagine color del miele, stringendo delicatamente tra pollice e indice una delle estremità lunghe e filiformi.
« Così ti piace? »
Domanda retorica, visto il rosso fuoco che chiazzò le guance del tritone e il modo spasmodico in cui si chiusero le doppie palpebre.
« Lud-Ludwig… »
Enorme e voglioso, il tedesco lo spinse all’indietro e lo intrappolò contro Jeliel, arrivando persino a strizzargli la pinna nella mano per la foga crescente.
« Ah! »
« Feliciano… »
Era talmente bello mentre provava piacere… non somigliava affatto a un essere umano, ma raggiungeva una bellezza ultraterrena, bestiale.
Forse era il modo in cui lacrimava dalle doppie palpebre, che si schiudevano e richiudevano con umidi ciocchi, o le lunghe orecchie che sbattevano contro le tempie, o il ciuffetto ribelle che s’arrotolava come una stella filante, o le branchie che annaspavano per riflesso…
Ludwig fissò l’emipene fuoriuscire lentamente dalla piega di pelle, e si rese conto di non trovarlo ripugnante, o spaventoso, o strano.
Forse era solo colpa delle sue inclinazioni pesciofile, però quel fagiolo rosa che sbucava timidamente all’esterno, coperto di umori e dall’intensissimo odore di mare, non era niente di più che il pene del ragazzo del quale si era innamorato.
E come ogni uomo, davanti al godimento del proprio amore, Ludwig si eccitò. Da morire.
Si slacciò con impazienza i jeans, lo guidò con un fremito contro quello di Feliciano e un lungo gemito scaturì dalla dolce collisione.
« Ludwig, ti prego… ti prego! »
Come tutti i pesci, le sirene avevano un apparato digerente, e quindi un modo per eliminare le scorie in eccesso.
Ludwig strappò con i denti la confezione del preservativo alla banana, lo srotolò con molta attenzione e fece gentilmente rivoltare Feliciano sulla pancia.
« Cosa… cosa fai? » gli chiese la sirena con una vocina tremante, carica di desiderio.
« Mi vuoi? » gli sussurrò Ludwig in un lungo orecchio, scatenandogli un potente brivido lungo le spalle.
« Oh, sì… »
« Allora fidati di me. »
Si posizionò sopra di lui a gambe larghe, gli intrappolò un polso con la mano libera, e con l’altra si guidò verso di lui.
Feliciano capì le sue intenzioni, divenne completamente paonazzo e irrigidì la spina dorsale.
« Feliciano, devi rilassarti. »
« Ma… ma ho paura! »
« Ti farei mai del male? »
Il tritone deglutì pesantemente e si artigliò a Jeliel.
« Però… però fai piano. Io non… non ho mai fatto niente del genere e… e ho tanta, tanta paura… »
Ludwig lo baciò tra i capelli rossi, « Te lo giuro. »
L’inesperienza non aveva più alcun potere su di lui, perché adesso erano i battiti impazziti del cuore a guidarlo, il feroce pulsare nel bassoventre, il doloroso panico nello stomaco.
Gli bastava guardare il rotondeggiante fondoschiena scaglioso di Feliciano, o la sua spina dorsale abbronzata che s’inarcava, o lo scorcio di viso rosso e stravolto che gli mostrava di tanto in tanto, pavido, lussurioso, tutto per lui.
Ludwig prese un profondo respiro, e fu sopra di lui.
Una vocina fastidiosa parve rimbombare come dall’interno di una caverna:
Fuck yeah, finalmente vedo un buco!


CONTINUA…



Note:

Jenever: distillato di ginepro, dal quale si è evoluto il gin. Molto diffuso in Belgio e nei Paesi Bassi.

Secca: tratto del fondale marino poco profondo, dove il fondale roccioso risale verso la superficie.

Emipene: plurale “emipeni”, è l’organo riproduttivo maschile di alcune specie dei rettili e dei pesci.
Gli emipeni sono nascosti all’interno del corpo, e vengono scoperti durante la riproduzione dal tessuto erettile.
Vi sono due punte per due emipeni, ma ho deciso di mantenerne uno solo nel caso dei Sirenii (come vi avevo accennato nell’Angolo di BoW del primo capitolo).
Ergo, funziona proprio come quello umano: ne hanno uno solo, che ritraggono all’interno del corpo e fanno uscire durante l’accoppiamento.


FINALMENTE

*si trascina verso il pubblico* salvate il soldato BoW x_x scherzi a parte, ecco qui il quarto capitolo, *crolla con la faccia nel fango* non potete avere idea della fatica che ho fatto…

Perché ci ho messo così tanto ad aggiornare?

Vi sembrerà assurdo… quindi non ridete, ok? Me lo promettete? Se anche una sola di voi ride, non finisco la storia, lo giuro sul sacro culetto pescioso di Fifino! è_é yaoiste avvisate… yaoiste avvisate, come diceva Paolo Bitta.

Allora, ve lo confido, però mi raccomando!

È da dieci giorni che ho il capitolo pronto.
Una sera tentai di pubblicarlo, ma mi suonarono alla porta.
Andai ad aprire, convinta che fosse la pizza che avevo ordinato.
Sapete chi era, invece?
C’era un uomo sulla soglia di casa mia: alto un metro e ottanta, biondissimo, con due occhi azzurri e gelidi.
Mi era venuto un mezzo infarto, però mi aveva ovviamente ricordato Doitsu, e decisi di ascoltare che cosa volesse, prima di sbattergli l’uscio in faccia e chiamare la polizia xD <----- BoW è una cacasotto
Ebbene, gli feci “Buonasera, chi è lei?”
E lui, sapete cosa mi rispose?
Con accento durissimo, mi fece: “Puonazera zignorina, cerco *nome vero di BoW*”
Doitsu is coming, pensai con le stelline negli occhi.
“Chi lo vuole sapere?” gli ribattei sospettosa, col culo sempre più stretto dalla paura.
E lui mi rispose.

Tenetevi forte, preparatevi psicologicamente, perché io per poco non svenni.

“L’apiamo contattata per eccezziva divulkazione di materiale porno gerita. La preko di venire in Germania con me, zignorina.”


…..
…….
Ci siete cascate?

Aspettate prima di uccidermi! Voglio raccontarvi il vero motivo del mio ritardo! xD

E niente, non sapevo proprio come impostarlo, come strutturarlo, quindi scrivevo dieci spezzoni, li cancellavo, li spostavo, li modificavo, mi fermavo, bestemmiavo in aramaico antico, ricominciavo…

Un macello, vi giuro. Però alla fine sono riuscita a destreggiarmi e a sbloccarmi.
Non so se sia venuto decentemente, se sia riuscita a trasmettere quello che volevo vi arrivasse… spero proprio di sì.

Ah, giusto: non fate domande per il preservativo parlante. Ero ubriaca, credo ° -°

Per la prima scena d’amore tra Lud e Feli, spero tanto di non esserci andata giù troppo pesante, considerato il rating arancione.
In caso, fatemi sapere se è ancora troppo spinto, e modificherò.

Bene, al prossimo capitolo!
  
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