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Autore: Sajoko    04/04/2018    1 recensioni
Bigby Wolf, sceriffo di Fabletown, dopo aver risolto l’intricato caso dell’Uomo storto, continua a svolgere il suo dovere: proteggere le fiabe.
Snow, diventata capo ufficio, decide di assumere un secondo detective. Bigby non è molto entusiasta dell’idea; il suo lavoro implica molti pericoli e non vuole mettere a rischio la vita di un partner.
Poco tempo dopo, in città succede l’imprevedibile: un uomo armato, distrugge il negozio di Johann il macellaio. Misteriosamente, dopo l’arresto, l’uomo muore sotto gli occhi dei due detective. Indagheranno sul caso, ma non sanno che ciò li porterà ad un affare molto più grande ed intricato.
La città di Fabletown è colma d’imprevisti, misteri e soprattutto segreti; e le favole sanno come nasconderli sotto gli occhi di tutti…
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 3: Looking around Fabletown
 
Nel Woodland Luxury Apartment regnava il silenzio. Non un suono, né un rumore, ma solo un lungo silenzio. Oggi non c’era nessuno in attesa fuori dall’ufficio. Nessuno oggi avrebbe richiesto nulla. Il silenzio era l’unica presenza.
La porta del Business Office aveva una targa appesa fuori con scritto la frase “Oggi chiuso”. Nonostante l’evidente cartello, si udivano delle voci all’interno dell’ufficio.
Il Dottor Swineheart era finalmente riuscito ad arrivare. Dopo che il sospettato aveva aggredito Jane, la priorità era andata su di lei. Snow le aveva imposto un controllo medico per accertarsi delle sue condizioni, ma Jane non ne era molto entusiasta e Swineheart glielo lesse in viso mentre le controllava se ci fossero ematomi sul collo.
Bigby era a pochi metri di distanza da loro. Stava fissando il corpo morto dell’uomo senza nome di fronte a lui. Era perplesso: com’è morto? È stata per colpa sua? Aveva usato troppo forza? Sapeva di essere forte, ma sapeva quanta forza usare per uccidere qualcuno.
L’aspetto del morto era peggiorato: la pelle pallida era diventata grigiastra, le vene superficiali erano più evidenti e gli occhi sbarrati, da rossi, divennero un misto fra il color bordò e nero. La bocca era semi spalancata e il suo viso mostrava un’espressione di tormento, di agonia; le mani erano rigide e fredde, le dita contorte su sé stesse come artigli affilati.
Mentre Swineheart curava Jane, Snow si voltò a guardare Bigby. Preoccupata, gli si avvicinò. L’uomo senza nome era adagiato su un tavolo di metallo nascosto dietro a un separé di carta; Bigby era rimasto a fissarlo nella speranza di trovare una spiegazione a quello che era accaduto.
In quel momento, Snow gli si avvicinò alle sue spalle. Non si voltò nemmeno, ma Bigby capì che era lei. Appena gli fu accanto, gli chiese:

- Bigby…tutto bene? –

Bigby rimase a braccia incrociate con espressione neutra in volto. Lo fissava come se da un momento all’altro dovesse risvegliarsi. Rimase nella stessa posizione e le rispose:

- Jane come sta? –

Snow guardò Bigby, poi il morto. Fece un’espressione disgustata ma pietosa. Abbassò lo sguardo e disse:

- Swineheart non ha ancora finito, ma non preoccuparti. Se la caverà. –

Bigby annuì con la testa. Snow si preoccupò per il silenzio che piombò tra loro. Cercò di parlargli:

- Bigby, non hai fatto nulla di -

Bigby si voltò verso Snow, ma non disse nulla. Si limitò solo a guardarla. Sapeva che lo diceva per farlo stare meglio, ma non la pensava così. Lei inspirò profondamente, poi tornò a guardare il morto sul tavolo. Non poteva nemmeno esaminarlo perché Swineheart doveva effettuare l’autopsia e non sono ammesse contaminazioni.
Snow gli si avvicinò e disse:

- Hai salvato Jane; questo è molto più importante. –

Bigby si voltò verso Snow e le disse:

- Jane se la sarebbe cavata anche se non fossi intervenuto. Quello che ho semplicemente fatto, ha contribuito a non far parlare mai più questa persona.  –

Snow sobbalzò leggermente. Bigby la guardò. Aveva un’espressione di dispiacere e tristezza; tentò di distogliere lo sguardo. Entrambi guardarono l’uomo, infine Snow aggiunse:

- … Sono sicura che Swineheart saprà dirci qualcosa, vedrai. –

Bigby annuì poco convinto. Snow gli poggiò una mano sulla spalla e disse:

- Hai salvato la tua collega. Non ti biasimo per questo… lo avrei fatto pure io. –

Bigby guardò Snow con aria colpita, poi ricordò l’episodio in cui lo salvò da Bloody Mary. Ridacchiò tra sé e disse:

- … Certo che ne saresti capace. –

Snow sorrise leggermente. Alle loro spalle arrivò Swineheart col suo borsone:

- La vostra collega sta bene. Le compariranno delle lesioni sul collo per via dello strangolamento, ma a parte questo, dovrebbero sparire in poche settimane. –

Snow ringraziò il medico; poi quest’ultimo si avvicinò al cadavere, poggiò la borsa al tavolo adiacente e disse:

- Bene! Ora è il turno di questo povero diavolo. Datemi un po’ di tempo per l’autopsia e avrò dei risultati per voi. –

I due annuirono e si allontanarono mentre il medico distribuiva i vari bisturi sul tavolo. Dopo aver posizionato il separé di carta, Snow si rivolse a Bigby:

- Ho bisogno una tuo rapporto sull’accaduto. Per la causa della morte metteremo “colpo accidentale” … -

Bigby annuì, ma non era convinto neanche di questo.
Mentre Snow si allontanava dai due detective per andare alla scrivania, Jane si sedette ai piedi di una statua di marmo e si massaggiò il collo. Bigby guardò la collega a distanza, poi, quando le fu di fronte le chiese:

- Tutto bene? –

Jane guardò Bigby, gli sorrise leggermente e risposte:

- … Sto bene grazie. Mi dà un po’ di fastidio, ma è sopportabile. –

Bigby annuì con la testa. Si voltò dall’altra parte e vide Snow al telefono. Rimase a fissarla pe qualche istante e Jane disse:

- Avrei dovuto darti ascolto. –

Bigby si voltò verso la collega che sospirò dispiaciuta:

- … Avrei dovuto ascoltarti. Quel tipo non stava bene e poteva benissimo ammazzarmi. Ci stava quasi riuscendo. Se non fosse stato per il tuo intervento, probabilmente non sarei qui a ringraziarti. –

Bigby rimase in silenzio. Si avvicinò ai piedi della statua, si sedette vicino a Jane e disse:

- Ho solo fatto quello che ritenevo giusto fare. –

- Eppure ti ritieni colpevole per la morte di quell’uomo… -

Bigby la guardò. Era così evidente? Fece per distogliere lo sguardo e fissò il pavimento. Jane si sistemò la gamba destra sopra al ginocchio sinistro:

- Lo so che non volevi ucciderlo, ma non hai fatto niente di cui tu debba incolparti. –

Bigby guardò il pavimento e ripensò al sogno con la pecorella: lei era rimasta in vita per via della sazietà di Lupo; ma quell’uomo, che aveva bisogno di aiuto, ora si trovava morto e col petto aperto su un tavolo operatorio provvisorio a causa della sua rabbia.
Non era questa la promessa che si era fatto tanti anni fa.
Bigby si passò una mano sui capelli e, grattandosi leggermente la testa disse:

- … Da quando faccio questo lavoro, mi sono imposto delle regole da seguire per cercare di essere un buon detective… oggi ne ho infranta una. Come posso passare sopra a quello che è appena successo facendo finta di nulla? –

Jane distolse lo sguardo, guardò il soffitto alto e disse:

- Per lo stesso motivo che anche i più grandi detective a volte sbagliano. Non sentirti l’unico, perché non è così. Non sempre il nostro lavoro è tutto rose e fiori, e credo che tu lo sappia meglio di chiunque altro. –

Bigby guardò Jane e pensò a quelle parole. In parte riteneva giusta l’osservazione della collega, ma dall’altra lo incuriosirono: come poteva dirlo con certezza? Aveva fatto qualcosa di sbagliato per decidere di finire qui nei distretti di Fabletown? E se non fosse stata così sincera con lui e Snow? Forse nascondeva qualcosa che è stato omesso dal suo fascicolo professionale…
In quel momento, la voce del Dr. Swineheart echeggiò per l’ufficio:

- Ehm, Sig.ina Snow? Sig. Bigby? Credo che questo dobbiate vederlo, anche se non sarà un bello spettacolo… -

I due detective si alzarono, mentre Snow li raggiungeva dalla stessa direzione. Appena furono vicino al separé, il Dr. Swineheart spostò il separè di carta con la mano insanguinata e disse:

- Spero che non siate deboli di stomaco, ma è davvero un indizio importante. –

Snow si avvicinò e chiese:

- Di cosa di trat…! –

Snow sussultò alla vista dell’uomo: aveva il petto tagliato a metà tenuto aperto grazie ad un divaricatore di metallo a manopola. Lo stomaco giaceva nel piatto in acciaio lucido tinto di rosso, adiacente ai vari bisturi insanguinati e alla carta assorbente inzuppata di sangue.
Lo spettacolo in sé era già inquietante, ma ciò che scioccò i tre fu lo stomaco pieno di bruciature. Era completamente perforato da tante piccole corrosioni circondate di nero. Sembrava che ci avessero versato dell’acido sopra.
La scoperta scioccò tutti, compreso il Dottore, nonostante tenesse l’organo in mano con una naturalezza spaventosa:

- Come potrete notare, lo stomaco di questo poveretto si è perforato dall’interno. Sicuramente è la causa della morte, ma bisogna fare altri accertamenti. –

Jane osservò l’organo bruciato e chiese:

- Solo lo stomaco è ridotto così? Il resto è normale? –

Swineheart girò sull’altro lato l’organo e rispose:

- Solo lo stomaco. Il resto è tutto intatto… più o meno: i polmoni erano completamente neri a causa della sua mania del fumo. Probabilmente fumava molto per calmare l’astinenza quando non riusciva ad ottenersi la dose. -

Bigby rimase senza parole: che cosa aveva ingerito di così corrosivo tanto da sciogliere lo stomaco in quel modo?

- Cosa pensa abbia ingerito? Una qualche sostanza tossica? –

Mentre il dottore posò lo stomaco nella bacinella di metallo, prese dal tavolo un piccolo barattolo di plastica col tappo rosso contenente del liquido giallo scuro e disse:

- I succhi gastrici sono potenti a punto di sciogliere qualsiasi cosa ingerita, ad eccezione ovviamente dello stomaco stesso; quindi dubito che siano la causa. -

Poi frugò dentro la borsa e vi estrasse una scatola bianca. La scritta indicava MultiDrugControl.
Aprì la scatola, tirò fuori una carta assorbente, svitò il tappo rosso del barattolo e spiegò cosa stava per fare:

- Questo ci sarà molto utile: su tratta di un test di screening antidroga. È un assemblaggio di immunoassays cromatografici che, grazie a questa tabella, potremmo valutare. –

Swineheart mostrò la tabelle cromatica a Bigby e Jane. La tabella era formata da tre colonne divise da una linea nera e ciascuna contenente delle sigle con accanto diverse gradazioni di colori.
Il Dottore continuò a spiegare il funzionamento del test:

- Viene usato dalla polizia per individuare tracce di qualsiasi droga presente nell’organismo: cocaina, anfetamina, metanfetamina, marijuana, metadone, MDMA, etc. Inoltre, ci permetterà di avere i valori esatti degli ossidanti, del PCC, Peso specifico, pH, Nitriti, Glutaraldeide e Creatinina presenti nelle urine del nostro amico. –

Appoggiò il barattolo sul tavolo e Snow chiese:

- … Quindi quella è -

Il medico finì la frase per Snow e indicò l’uomo sul tavolo:

- La sua urina. –

Snow rimase in silenzio. Dall’espressione che aveva in viso, sembrava domandarsi come avesse fatto il dottore a prelevare il campione… rimase zitta. Non voleva sapere.
Il medico immerse la carta nel liquido, poi lasciò che l’urina venisse assorbita per bene:

- Se questo test rileverà la presenza di qualsiasi sostanza, potrà confermare la nostra ipotesi e darci maggiori dettagli. –

Quando sollevò la carta assorbente, il dottore esclamò:

- Oh mio dio… -

Snow, allo stremo del conato di vomito, chiese:

- Cosa? Che ha scoperto? –

Il dottore fissò la carta bagnata e controllò ancora la tabella cromatica per esserne sicuro:

- Beh…Wow. Questo è davvero strano. -

Jane era curiosa di capire cosa avesse scoperto:

- Cosa dottore? Che succede? –

Il medico si voltò verso i tre e disse:

- Di solito i colori non dovrebbero mai essere più di uno… -

I due detective e Snow si guardarono stupiti. Snow si avvicinò per vedere meglio:

- … Ma sono presenti più di 10 colori insieme. –

Il test sembrava impazzito. Le diverse sfumature di colori, mischiate nella carta assorbente, indicavano tracce di circa metà delle sostanze tossiche, acide e chimiche segnate sulla tabella. Erano presenti sfumature dal blu fino al rosso, dal viola fino al verde e dal giallo fino all’arancione.
Il medico controllò meglio il test e la data di scadenza, ma non vi era nulla di irregolare. Quel test era valido.
Bigby non poteva credere ai propri occhi: nell’organismo di quell’uomo erano presenti più di 10 tipi di droghe differenti. Come aveva fatto a digerirle tutte e a non finire subito in overdose? Era impossibile…
Swineheart sembrava scioccato. Tutti lo erano. Com’era possibile che un uomo potesse ingerire tutte quelle droghe in una volta sola?
Snow guardò la carta assorbente e chiese:

- Com’è sopravvissuto così a lungo? E come aveva la forza necessaria per potersi muovere? Insomma, una persona sotto effetto di stupefacenti finisce in uno stato catatonico poco dopo aver assunto la dose… non è possibile che sia riuscito a fare quello che ha fatto! –

Bigby guardò la carta, ancora incredulo:

- Eppure c’è riuscito... –

Quest’ultimo si voltò verso Jane e le disse:

- Quell’uomo aveva una forza straordinaria quando ho provato a fermarlo la prima volta al negozio; inoltre è riuscito a tenermi testa quando avevo tentato di bloccargli il braccio. –
Jane passò con le dita il collo pieno di lividi:

- E’ vero… aveva una forza sovrumana. –

Swineheart iniziò a parlare:

- Forse a questo posso rispondere: uno degli effetti della Cocaina è quella di provocare forte tensione muscolare che, assieme all’aumento del battito cardiaco, può dare una notevole forza. Invece, uno degli effetti del Crack è l’aggressività. Mischiando questi due effetti, si ha una combinazione letale. –

Bigby e Jane si guardarono:

- … Che abbia assunto due droghe contemporaneamente? Questo spiegherebbe la varietà di gradazioni di colori della carta. –

Jane lo fermò:

- No, non tutte. Solo due. Il resto fa parte di altre droghe, compresi gli effetti. –

Snow si rivolse a Jane e le chiese:

- Che intendi dire? Pensi che abbia preso più di due droghe insieme? È impossibile. Non sarebbe sopravvissuto. –

Jane indicò la carta assorbente senza toccarla:

- Non lo penso, lo dico con certezza. Il suo comportamento corrisponde perfettamente con i diversi effetti delle droghe; in più le gradazioni di colore confermano la lista a cui stavo pensando. –
Bigby si voltò verso Snow, poi di nuovo verso Jane e disse:

- Non capisco dove vuoi arrivare… -

Jane prese la tabella cromatica e spiegò la sua teoria:

- Guardate: uno dei comportamenti mostrati dall’uomo era il delirio, tipico di chi assume Crack o Cocaina. Qui sulla carta ne ha segnato delle tracce. Altro comportamento che ho notato sono le pupille: la dilatazione è presente in tutti coloro che assumono qualsiasi tipo di droga, ma solo con una si possono avere pupille ristrette, ovvero, l’Eroina. Le vene varicose sul corpo sono piuttosto visibili e fini, ma si notano principalmente su coloro che assumono Cocaina, Eroina o Alcol; e guarda caso, anche la carta assorbente ne ha rivelato delle tracce. –

Mentre Jane dimostrava la sua ipotesi, Bigby capì dove voleva andare a parare:

- Un altro comportamento era l’alterazione della percezione del rischio e del dolore. Nonostante avesse centinaia di pezzi di vetri conficcati nelle braccia, non sembrava soffrire affatto; oltre ad avere zero paura di me e Bigby. Questo è un tipico effetto dell’Ecstasy. E anche qui sulla carta ne ha segnato delle tracce. Poi, aveva le allucinazioni: dichiarava che ci fosse qualcuno o qualcosa che lo volesse uccidere; è possibile che si tratti di qualche allucinogeno, di droghe psichedeliche come l’LSD o la Ketamina. E guarda caso, la carta ha riportato tracce di allucinogeni. Altro fattore strano è che gli occhi sono arrossati, cosa tipica di chi fuma Marijuana. –

Bigby e Snow rimasero a guardarla. Colpita, Snow chiese:

- Hai frequentato corsi di aggiornamento sugli effetti delle droghe mentre eri in polizia? –

Jane annuì:

- Al secondo anno, al distretto di Boston. Ho avuto modo di conoscere e capire la meccanica delle droghe, quali effetti possono dare alle persone e le diverse reazioni. È molto utile in certi casi conoscere la persona che si ha davanti. Era un corso preparatorio, per quando saremo andati sotto copertura. –

Snow sorrise mentre Bigby rimase perplesso. Stava cercando di farsi notare o cosa?
Jane si voltò di nuovo verso la carta e disse una frase che spiazzò entrambi:

- Ma c’è qualcosa di strano nella reazione di quest’uomo… -

I due si guardarono, poi Snow chiese:

- Strano? Strano in che senso? –

Jane indicò verso l’uomo e disse:

- La cosa più strana è che non presenta alcun segno di iniezione di siringa nelle parti inferiori o superiori del corpo, quindi deve averla ingerita o inalata. Inoltre, il colorito pallido sta ad indicare un uso continuo e prolungato delle droghe e il viso scavato indica il collasso del metabolismo. Non è un drogato dilettante alle prime armi, ma uno che ha provato qualsiasi cosa… –

Bigby guardò Jane incuriosito e chiese:

- C’è qualcos’altro che ti preoccupa, o sbaglio? –

Jane incontrò lo sguardo preoccupato del collega; tornò a guardare l’uomo e disse:

- … è praticamente impossibile che quest’uomo non si sia mai iniettato droghe senza l’uso della siringa. Alcune droghe, se ingerite o inalate, sono tossiche e portano alla morte all’istante. È come ingerire del cianuro, del mercurio o della soda caustica. Non si può sopravvivere per neanche 2 minuti! –

Bigby incrociò le braccia e pensò:

- … E’ davvero possibile prendere tante droghe messe assieme in una volta sola? –

Jane guardò Bigby e rispose:

- Non penso, ma non è mai stato provato fino ad ora… -

Nello studio piombò il silenzio generale, poi i due detective ebbero un illuminazione. Bigby guardò Jane e lei fece lo stesso. Entrambi provarono un orribile sensazione, poi Jane disse:

- E’ possibile che –

Bigby finì la frase:

- Che ci sia un circolo di esperimenti clandestini su una nuova droga, più potente e più efficace di tutte le droghe messe assieme. –

La paura si percepì nell’aria. Snow ebbe i brividi sentendo la conclusione dei due detective, mentre Swineheart rimase senza parole.
Bigby e Jane si fissarono, poi lei disse:

- Quest’uomo ci ha detto più cose da morto che da vivo… -

Bigby si voltò a guardare l’uomo e disse:

- … E a quanto pare siamo finiti in un caso molto più intricato di quanto immaginassimo... -

L’uomo disteso sul tavolo col petto aperto non era più un morto qualunque; ora era una prova e la prima vittima di una nuova droga sconosciuta.
 
***
 
Dopo aver ricucito il petto dell’uomo, Swineheart si ripulì e si preparò per andare a visitare un altro paziente. Mentre Snow accompagnava Swineheart alla porta ringraziandolo per il suo aiuto, Bigby e Jane aprirono il nuovo caso catalogandolo col nome “L’uomo della mimosa”.
Mentre Jane controllava la funzionalità della macchina fotografica, Bigby ispezionò il corpo per trovare eventuali segni identificativi. Prese un campione di capelli e di pelle, li inserì in due buste distinte di plastica, le sigillò e le ripose in uno scatolone per le prove.
Iniziò partendo dalla testa: il colorito pallido mise in evidenza una cicatrice sotto al mento vecchia di circa 15 anni, forse dovuta a una caduta; poi passò al collo, dove notò diversi fori rosso-violacei minuscoli posizionati all’altezza delle carotidi, probabilmente dovute dalle tante iniezioni di droga negli anni.
Mentre Jane scattava le foto alle varie parti, Bigby ispezionò il torso e le braccia e vi trovò indizi molto interessanti: all’altezza del pettorale destro, l’uomo aveva 5 bruciature di sigaretta posizionate in cerchio, vecchie di qualche anno. Quando controllò meglio, notò 5 linee che collegavano la serie: era un pentagramma satanico.
Bigby guardò Jane che stava fotografando i fori sul collo e le disse:

- Il nostro amico era un possibile satanista. Forse faceva anche parte di qualche setta. Si è fatto marchiare con la tipica stella rovescia, tipico segno distintivo. –

Bigby indicò la zona e Jane scattò subito una foto istantanea. Appena uscì la foto, la prese tra le dita e la sventolò per asciugarla; nel mentre chiese:

- Secondo te c’è una connessione tra questo simbolo e l’attacco alla macelleria? Potrebbe far parte del rito d’integrazione. –

Bigby prese l’istantanea e la guardò: la luce metteva perfettamente a fuoco tutti i dettagli. Sembrava un marchio inciso a fuoco, come quello che si fa alle mucche per rivendicarne la proprietà. Bigby guardò la foto, poi Jane, le porse la foto da inserire nell’archivio e disse:
 
- No, non penso. Le cicatrici sono troppo vecchie per essere di questo periodo. Non avrebbe senso aspettare così tanto tempo per integrare qualcuno. Però, se davvero vuoi entrare a far parte di un gruppo del genere, lo fai con la consapevolezza che una volta entrato non puoi più tornare indietro. –

Jane guardò Bigby, poi la foto e infine la depositò nel fascicolo prove. Nel mentre disse:

- …Forse non era un rito d’integrazione, ma di passaggio. –

Bigby guardò il corpo e rispose:

- Non credo… nelle sette sataniche non esistono riti di passaggio. C’è un leader nel gruppo che fa si che i seguacei lo vedano come il profeta di Satana. Di solito è una persona con una personalià forte, dominante, anarchica e impulsiva. Se lui è il capo, resta tale. –

 Jane guardò Bigby, poi il corpo:

- E lui non ha l’aria di un leader, quindi è un seguace… potrebbe essere stato assassinato dal suo stesso gruppo? Forse aveva deciso di andarsene e chiudere la storia della setta. -

Bigby continuò ad ispezionare il corpo:

- E’ un’idea, ma non ne siamo ancora certi… -

Quando arrivò all’altezza delle braccia, oltre ai diversi tagli causati dal vetro,  Bigby notò un disegno sull’avanbraccio: era piuttosto sbiadito e una parte era arrossata per via di un taglio vicino. Assomigliava molto al simbolo religioso taoista Yin e Yang.
Bigby lo ispezionò meglio e constatò che non era un simbolo religioso, ma era un semplice cerchio con al centro una linea curva rivolta verso sinistra. All’interno era coperto di venature sbiadite grigie ondulate, ma non si capiva cosa rappresentasse. Jane scattò l’ennesima foto dei tagli in diverse angolazioni e chiese:

- Trovato qualcosa d’interessante? –

Mentre gli si avvicinava, Bigby continuò a ispezionare meglio il simbolo:

- C’è uno strano simbolo disegnato sull’avanbraccio. Sembra un tatuaggio sbiadito, ma non si capisce cosa rappresenti… -

Jane guardò il disegno, scattò una foto e chiese:

- Potrebbe essere un tatuaggio rimosso o fatto con materiali scadenti che lo hanno ridotto in questo stato. –

Bigby osservò ancora il disegno, ma non riusciva davvero a capire che cosa potesse essere:

- Probabile. Nel frattempo continuniamo a cercare indizi. Scatta qualche foto del tatuaggio, ce ne occuperemo più tardi. Intanto vado a ispezionare gli abiti. –

Jane fece altre foto, mentre Bigby andò a prendere lo scatolone conteneti gli indumenti, lo poggiò su un tavolo di legno scuro e uno alla volta li tirò fuori analizzandoli pezzo per pezzo per controllare se ci fossero tracce o indizi di qualsiasi tipo.
Non trovò nulla di sospetto a parte le macchie di sudore, unto e qualche capello della vittima, ma quando controllò la felpa nera, Bigby percepì un forte odore provenire da quest’ultima. Sembrava che avesse della naftalina all’interno delle tasche. Le ispezionò e vi trovò uno scontrino appallottolato; quando lo aprì, lesse il nome di una farmacia erboristica chiamata “The Green Tree” e il pagamento di alcuni grammi di semi (non era specificato che tipo) risalente a 4 mesi fa. Bigby controllò meglio l’indizio e notò che anch’esso era ricoperto dall’odore di naftalina che aveva sentito prima. Forse l’uomo aveva messo qualcosa nelle tasche che, col tempo, è rimasto impregnato.
Jane raggiunse Bibgy al tavolo, gli porse una busta di plastica trasparente e disse:

-  Tieni, mettilo qui dentro. –

Bigby prese la busta, inserì lo scontrino e la sigillò. Jane ne appiccicò un’etichetta, poi lo esaminò:

- Una farmacia... ottimo posto per trovare ingredienti per le droghe-fai-da-te. –

Bigby aveva appena finitò di ispezionare i vestiti e disse:

- Qui non c’è nient’altro. Hai già scattato le foto al corpo? –

Jane poggiò la busta all’interno dello scatolone e mentre metteva il coperchio alla scatola disse:

- Ho appena terminato di catalogarle e riordinarle nel fascicolo delle prove. Che facciamo ora? –

Bigby prese lo scatolone, andò a posarlo a terra vicino al tavolo dove stava il corpo e disse:

- Andiamo al negozio di Johann. Dobbiamo ancora ispezionare la scena del crimine. Porta la macchina fotografica con te, e porta delle fiale di plastica. Io intanto informo Snow che lasciamo l’ufficio. –

Jane annuì. Mentre lei andava a prendere delle istantanee nuove e le fiale di plastica, Bigby andò da Snow per informarla. Quando la trovò tra gli scaffali, Bigby notò che stava parlando con Bufkin:

- … come sarebbe che non può? Non è disponibile per quella data? –

- Così mi ha detto… ma non si preoccupi Sig.ina Snow; farò di tutto per convincerlo! –

Stavano parlando di nuovo di quell’argomento misterioso. Che diavolo stavano tramando quei due? Quando fu abbastanza vicino, si schiarì la voce e disse:

- Ehm… ragazzi… -

Snow e Bufkin fecero un mezzo salto all’indietro per lo spavento. Snow, cercando di essere il più normale possibile (senza riuscirci) rispose:

- Oh! … S-sì Bigby? Hai b-bisogno di qualcosa? –

Bigby notò l’imbarazzo sul volto di entrambi. Stavano decisamente nascondendo qualcosa, se lo sentiva. Decise di non intromettersi nemmeno stavolta e, con tranqullità, disse:

- … Volevo solo informarvi che io e Jane andiamo a ispezionare il negozio per trovare altri indizi. Torneremo appena possibile. –

Snow annuì. Bigby notò un leggero rossore sul suo viso. Tra sé e sé sorrise; gli piaceva molto quando lei arrossiva. Raggiunse Jane, che nel frattempo si era rifornita di foto istantanee e fiale vuote. Vedendolo sorridere, quest’ultima chiese:

- Perché quell’aria compaciuta? –

Bigby guardò Jane e disse:

- Niente di particolare. È solo che… a volte fare l’investigatore è davvero un bel lavoro. –

Mentre Bigby si avviava verso la porta, Jane lo fissò con lo sguardo da lontano; poi lo raggiunse.
 
***

Quando arrivarono davanti al negozio di Johann, Jane scattò subito qualche foto alle vetrine in frantumi. Bigby si avvicinò alla porta, sigillata da bande di plastca gialla e nera con scritto “Police Line Do Not Cross” a caratteri neri cubitali. Accanto alo stipite di ferro della porta c’era un foglio attaccato con del nastro di carta, dove indicava l’accesso riservato alle sole forze dell’ordine all’interno della struttura. Con una mano, Bigby sradicò la barriera di plastica con estrema facilità e liberò il passaggio. Jane lo raggiunse e chiese:
 
- Cosa cerchiamo esattamente? –

- Qualsiasi indizio che possa esserci utile per l’indagine. Hai portato le fiale? –

Jane frugò dentro la borsa, tirò fuori una manciata di fiale di plastica vuote e disse:

- Ecco qua. Raccogliamo dei campioni di sangue? –

Bigby le prese in mano e le pose nel taschino della camicia:

- Anche, ma qualsiasi indizio sarà più che utile. –

I due detective entrarono nel negozio e iniziarono a ispezionare ogni angolo. Bigby tornò dove aveva trovato il sangue la prima volta e ne raccolse dei campioni. Jane scattò diverse foto di vetri in frantumi, coltelli affilati e macchie di sangue.
Dopo circa mezz’ora, i due andarono nel retro a cercare altri inidizi. Appena varcarono la porta della cella frigorifera, Bigby notò alla sua destra il pulsante della luce; lo premette e quasi immediatamente le luci a neon si accesero uno ad uno in pochi illuminando la stanza. Visto al buio, il magazzino sembrava molto più stretto e piccolo, ma in realtà era molto più largo di quello che sembrava. La temperatura si era alzata e al suo interno erano rimasti soltanto pezzi di carne essiccata.
 
I due detective si divisero l’ispezione della stanza: Bigby a sinistra e Jane a destra.
Mentre Bigby ispezionava la sua zona, si ritrovò alla porta d’alluminio dove l’uomo stava brandendo contro il machete per scappare. C’erano ancora i segni di piegatura e i tagli causati dalla lama affilata. Si guardò attorno e cercò più indizi possibili. Improvvisamente, vicino alla serranda, Bigby percepì di nuovo quell’odore di naftalina. Cercò di capire da dove provenisse e trovò qualcosa: per terra, incastrato sotto la serranda, c’era un foglietto di carta. Si abbassò e quando lo prese in mano, lesse che si trattava di un biglietto prevendita di una discoteca. Bigby percepì un intenso odore di naftalina provenire dal biglietto, così chiamò Jane:

- Hey Jane! Ho trovato un indizio. –

Jane accorse subito e Bigby le fece vedere il biglietto. Lei lo prese in mano e disse:

- Pensi che lo abbia perso il nostro uomo? –

- Si, penso di sì. –

Quando girò sul retro del biglietto, Jane fece una faccia stupita:

- Oh… -

Bigby guardò la collega con aria confusa e chiese:

- Che c’è? –

Jane si accucciò vicino a Bigby, poggiò la borsa a terra e prese il fascicolo contenente le foto delle prove. Ne cercò una in particolare e dopo averne sfogliate di diverse, Jane trovò quella che stava cercando. Guardò prima il retro del biglietto, poi la foto per un paio di volte. Bigby non capiva cosa avesse scoperto:

- Jane? Che cos’hai trovato? –

La collega guardò Bigby, girò verso di lui la foto e il retro del biglietto e disse:

- Ho capito cos’è il disegno sul suo braccio. –

Bigby prese la foto del tatuaggio che avevano trovato sul braccio dell’uomo e il retro del biglietto prevendita; solo dopo notò che su quest’ultimo c’era scritto in ricalco il nome e il logo della discoteca. La discoteca si chiama “Sun and Moon eclipses” e come logo aveva un sole e una luna disegnati assieme. Bigby notò la somiglianza tra i due e capì:

- … Non è un tatuaggio… è un timbro. –

Jane annuì. Finalmente sapevano cos’era quello strano simbolo. Bigby restituì la foto a Jane, prese una busta di plastica e sigillò la prevendita al suo interno. Si alzarono entrambi e Jane disse:

- Forse quelli della discoteca sapranno dirci qualcosa su quell’uomo. –

Bigby si sistemò la cravatta e disse:

- E magari è il luogo dove ha preso la droga. Andiamo subito. –

Fecero per uscire dal negozio e si avviarono subito verso la discoteca.
***

Dopo circa 20 minuti, Bigby e Jane arrivarono al locale notturno. L’edificio era in stile moderno, con pareti in cemento colorate di verde scuro e sfumature di verde chiaro; le finestre coi cornicioni gialli e le tende bianche davano un senso di casa-bordello, dove le prostitute serviavno i loro clienti. Sopra la porta d’entrata, c’era una grande insegna a neon rosa che raffigurava una strip dancer coi tacchi aggrappata ad un palo da Pole Dance, mentre una gamba si muoveva su e giù per dare l’effetto che stesse danzando.
Bigby, guardando il locale, ricordò lo striptease di Georgie, il “Pudding and Pie”, dove aveva trovato informazioni riguardo a Faith.
Faith… a sentire quel nome, Bigby ricordò il loro primo incontro. Gli venne in mente la prima volta che s’incontrarono e quando gli sussurrò all’orecchio:
 
<< Non sei poi così cattivo come tutti quanti dicono… >>

Fu la prima volta che, dopo anni di maltrattamenti, maledizioni e accuse da parte dei personaggi del mondo delle Fiabe, Bigby sentì dirsi dire qualcosa di dolce e sincero.
Ricordava come lei lo guardasse con aria rassicurata e sorridente nonostante la serataccia passata. Per la prima volta, lui notò che qualcuno si sentiva al sicuro e protetto grazie a lui. Per lui era…

- Bigby? Tutto bene? –

In quel momento, Bigby si risveglio dalla sua trace e rispose cercando di essere il più presente possibile:

- Oh… si si ci sono, scusami. Stavo… pensando a una cosa. –

Jane lo guardò per qualche istante; sembrava che fosse sul punto di chiedergli qualcosa, ma lasciò stare e tornò a guardare il locale; nel mentre disse:

- …Stavo pensando che forse il nostro uomo ha comprato qui la droga. Potrei andare a controllare all’esterno se ci sono indizi importanti. Ho notato il vicolo che porta sul retro; potrei dare un occhiata. –

Bigby si voltò verso Jane e disse:

- Per quanto io detesti questi genere di posti, preferisco che tu sia con me. Non posso rischiare che tu venga aggredita nel retro di una discoteca mentre sei –

Jane lo interuppe prima che finisse la frase:

- E, nel caso qualcuno all’interno decidesse di scappare, posso fermarlo in tempo. –

Bigby si zittì. Non era affatto stupida come idea. Un piano B serviva sempre in casi come questi. Bigby guardò la strada che conduceva al retro del locale, poi Jane. Quella ragazza sapeva il fatto suo. La guardò per qualche istante, poi rispose:

- … Va bene; tu sorveglia e controlla che nel retro non ci sia qualcosa d’interessante. –

Jane sorrise e fece per avviarsi, ma Bigby la fermò:

- E, Jane… -

Lei si voltò per guardarlo:

- Si collega? –

Bigby la osservò, tirò fuori dala tasca che fiale di plastica vuote e disse:

- Usa queste, nel caso dovessi trovare campioni da esaminare. –

Jane prese le fiale, le guardò nel palmo nella mano, poi guardò Bigby; gli sorrise leggermente, le sistemò nella borsa e rispose:

- Grazie collega. Ecco, prendi. –

Jane prese il fascicolo prove, tirò fuori una foto dell’uomo morto e la porse a Bigby:

- Può esserti utile. Se identificano il cadavere, siamo a cavallo. -

Bigby annuì, mise la foto nel tasca dei pantaloni e guardò Jane. Lei stava sorridendo leggermente e lui le chiese quasi scherzando:

- Perché quell’aria compiaciuta? -

Jane ridacchiò leggermente e rispose:

- Oh, niente di particolare. È solo che a volte fare l’investigatrice è davvero un bel lavoro. –

Bigby sorrise leggermente e Jane capì che aveva apprezzato la battuta. Mentre per strada passavano i taxi, Jane si rivolse di nuovo a Bigby e gli disse:

- Se finisco prima ti aspetto fuori, vicino all’entrata del locale; in caso contrario, vienimi a cercare sul retro. –

Bigby annuì. Nonostante avesse l’attegiamento tipico da leader, le stava particolarmente simpatica. Jane attraversò la strada e si diresse verso il vicolo che portava sul retro del locale; Bigby fece lo stesso: attraversò la strada, ma si diresse verso l’entrata principale. La spalancò ed entrò nel locale.
Appena varcò la porta, Bigby si ritrovò nella Hall adornata di tutto punto: le pareti erano colorate in verde chiaro, quasi fosforescente, con disegni di donne e uomini dai corpi asciutti e snelli in posizioni sensuali. Il soffitto era ricoperto di luci colorate a neon tonde che cambiavano colore ogni 5 secondi. Il bancone della reception, dove si vendevano i biglietti e si consegnavano le giacche nel guardaroba, Bigby notò uno stampo per timbri. Riuscì a prenderne uno e quandò guardò la parte inchiostrata di nero, riconobbe il disegno sul retro della prevendita.
Fra sé e sé pensò:

Bene; almeno so di essere nel posto giusto.

Posò il timbro dove lo aveva trovato e si diresse verso la sala principale. La porta che collegava la Hall alla sala era coperta da una semplice tenda da teatro pesante in pile verde scuro lucido con corde dorate che penzolavano fino a toccare quasi terra. Bigby spostò una delle parti e davanti a lui si aprì il mondo del Sun and Moon: al centro della sala, c’era una pedana brillantinata con delle sbarre, che formavano una specie di gabbia, con un palo da Pole Dance in mezzo e delle sedie da bar attrono; altre pedane, collegate fra loro, erano piene di pali ed erano accerchiate da comode poltrone in velluto rosso attaccate ai muri. Sul palco in alto, c’erano le casse registratori e tutta l’attrezzatura necessaria per la musica. Sparsi per la sala, c’erano cubi per ballare di colore nero e all’angolo a destra c’era la zona bar, rifornita da una gigantesca credenza contenente tutti i tipi di liquore, rum e alcol inimmaginabili.
Bigby sentì che in sottofondo c’era della musica stile Jazz, lenta e sensuale. Scese i tre gradini che lo dividevano dalla porta alla sala e mentre si guardavaa attorno, sentì una voce:

- Salve! Posso aiutarla? –

Bigby si voltò e vide un ragazzo magro dai capelli neri col ciuffo. Indossava un abito da barista, con camicia bianca, pantaloni neri attillati, grembiule rosso e scarpe grigie. Il ragazzo si avvicinò per stringerli la mano e solo in quel momento, Bigby notò che portava il mascara e rimmel sugli occhi. Perché indossava del makeup?
Il ragazzo tese la mano per presentarsi:

- Oh… Ciao Bigby! Non ti avevo riconosciuto! Quanto tempo! –

Bigby, nel frattempo, gli strinse la mano e nel mentre pensò:

Non ho la più pallida idea di chi sia questo tipo…

Il ragazzo capì dall’espressione sul volto di Bigby che ancora non aveva capito chi fosse, così si presentò per nome:

- Ehehe! Fanno tutti fatica a riconoscermi adesso: sono Pete, il figlio di Geppetto! –

Bigby sgranò gli occhi: era Pinocchio? Il burattino di legno?
Lo guardò con aria sconvolta, mentre Pete aggiunse:

- Cioè, Pete è il mio nome da umano adesso; prima ero Pinocchio, ma adesso ho cambiato nome. –

Bigby ancora non ci credeva. Era completamente irriconoscibile, totalmente diverso. Ancora senza parole, Bigby cercò di dire qualcosa:

- … Caspita… sei cambiato tantissimo. Ma cosa ci fai qui? Credevo che tuo padre fosse tornato nel mondo delle Fiabe. –

Pete sorrise:

- Oh si; il Babbo ha chiuso il negozio di falegnameria ed è tornato a casa perché qui non riusciva a guadagnare bene. Però io, da quando lavoro in questa discoteca, posso permettermi di pagare il cammuffamento magico e di mandargli dei soldi. Sai, se vuoi potresti venire qui a lavorare. Si guadagna piuttosto bene! –

Bigby, riprendendosi dalla sorpresa, si ricordò del suo lavoro e del motivo per cui era venuto nel locale. Decise di parlarci e chiedergli qualche informazione:

- Quindi tu lavori qui? –

Pete si sistemò il ciuffo sbarazzino all’indietro e rispose:

- Si esatto. Sto dietro al bancone del bar a fare cocktail tutte le sere. E’ fantastico; ogni sera trovi tante belle ragazze che vogliono rimorchiare! Oh… ma che maleducato! Vuoi bere qualcosa? Offre la casa. –
Bigby rifiutò gentilmente:

- No, ti ringrazio; sono in servizio adesso. –

Pete si voltò verso di lui e, sorpreso, chiese:

- … In servizio? Lavori in polizia? –

Bigby annuì:

- Sono lo Sceriffo di questo distretto da un paio d’anni ormai… e sono qui perché ho alcune domande riguardo ad un caso che sto seguendo. -

Pete sembrava sorpreso. Forse era la prima volta per lui che aveva a che fare con la polizia.

Si sitemò la camicia, invitò Bigby a sedersi al bar e disse:
 
- Certamente. Cosa vuoi sapere? –

I due si avviarono verso il bancone del bar, si sedettero e iniziarono a parlare. Bigby gli spiegò brevemente la vicenda e i fatti che lo hanno portato al locale. Il commento di Pete fu:

- Dio… poveraccio… chissà cosa gli è successo… -

- E’ quello che sto tentato di scoprire, e ho bisogno del tuo aiuto. –

Pete si radrizzò la schienza e annuì:

- Certo Bigby; chiedi qualunque cosa. -

Così, il detective andò nello specifico:

- Da quando lavori qui, hai mai notato qualcosa di sospetto? Non so, facce familiari, persone che non hai mai visto, movimenti strani… -

Pete rimase qualche istante a riflettere, ma negò:

- Mhm… no, non mi pare; anche perché me ne sarei accorto. –

Bigby prese la foto del cadavere dell’uomo e gliela mostrò:

- Questo è l’uomo che ha distrutto il negozio di Johann. Lo riconosci? Lo hai mai visto qui al locale? –

Pete guardò la foto. Ebbe una sensazione di disgusto nel guardarla, ma negò anche questa volta al limite del conato di vomito:

- Mhm mhm, no. Mai visto… ma forse i proprietari si. Sono qui tutte le sere e conoscono praticamente chiunque in questa città. Sicuramente lo avranno notato. Vieni, ti porto da loro. –

Bigby mise via la foto e seguì Pete. Attraversarono la sala da ballo e si diressero verso una porta di legno con su un cartello di divieto d’accesso tranne che per solo il personale del locale. Pete aprì la porta e Bigby si trovò davanti una rampa di scale che coducevano al piano superiore; la salirono, arrivarono ad un corriodio con 3 porte e Pete andò a bussare alla seconda. Bussò 4 volte e disse:

- Frank? Sei sveglio? Posso entrare? –

Dalla stanza si sentì solo qualcuno mugugnare, poi il silenzio assoluto. Pete provò di nuovo:

- Scusa se ti rompo a qust’ora Frank, ma c’è lo sceriffo Wolf che vorrebbe parlare con te. –

Dalla stanza, si sentì un altro mugugno, poi uno sbuffo; infine, il misterioso proprietario rispose mezzo addormentato:

- Uff… va bene, fallo entrare. –

Pete aprì la porta lentamente. La stanza era semi-buia con solo delle luci rosa-bordò fioche che illuminavano sopra la ringhiera del letto. Per terra in tutta la stanza, c’erano bottiglie di vetro e mozziconi di sigaretta (e dall’odore che si percepiva, anche della Marijuana). Al centro della stanza, c’era un enorme letto ad una piazza e mezza con le lenzuola sgualciate rosse, dove vi giacevano tre ragazze nude e un uomo in mezzo che dormivano.
Bigby guardò la scena e non disse nulla. Pete si avvicinò lentamente e disse:

- Scusa davvero tanto capo, ma lo sceriffo Wolf è qui per fare alcune domande riguardo a un caso a cui sta indagando. -

L’uomo alzò la testa e guardò Pete con aria assonnata:

- Aspè, fammi capire: ci sono gli sbirri? … Cazzo, se lo sapevo mi sarei almeno messo le mutande... Eheheheh! -

Pete ridacchiò leggeremente, Bigby invece, rimase impassibile. Gli sembrava di vedere una ragazzino che si credeva una rockstar nei suoi momenti di gloria circondato dal sesso, droga e rock ‘n roll.
Frank si alzò lentamente dal letto tentando di scrostarsi di dosso le ragazze che dormivano abbracciate a lui. Quando riuscì ad mettersi seduto ai piedi del letto, si strofinò la faccia addormentata e sospirò profondamente:

- … ‘Giorno sceriffo. A cosa devo questa piacevole visita? Qualcuno ha denuciato per l’ennesima volta il mio Body Guard per l’uso di “troppa violenza”? –

Bigby guardò meglio il proprietario, poi lo riconobbe. Nella semi-ombra, non aveva capito chi fosse, ma la voce l’aveva già sentita: era Frank, la Volpe della fiaba di “Pinocchio”.
Bigby ricordava la reputazione di Frank nel mondo delle Fiabe come truffatore, raggiratore e furfante. Nella sua mente lo aveva già posizinato nella lista dei principali indiziati.
Frank si alzò da letto (solo in quel momento Bigby e Pete notarono che era completamente nudo) e andò verso il tavolo degli alcolici, si servì un bicchiere di Scotch e disse:

- Sappia che il mio Body Guard fa solo il suo dovere: non è colpa loro se quel caga-cazzi ha deciso di tirare un pugno dritto al naso del mio campione di Box! Ahahah! Avresti dovuto vedere com’è finito all’ospedale! Si era persino pisciato addosso! Ahahah! Esilarante… -

Bevve un sorso di Scotch. Bigby si mise a braccia incrociate e, schiettamente, rispose:

- Non sono qui per giudicare come pesta i suoi clienti il suo Body Guard, ma per farle qualche domanda riguardo a un caso che sto seguendo. –

Frank si voltò e finalemente Bigby potè vederlo bene (compreso le sue parti intime). Il suo fisico era ben allenato, con dei tatuaggi sparsi per tutto il corpo; i capelli rossi erano rasati ai lati con un ciuffo al centro che gli cadeva davanti agli occhi; aveva 6-7 piercing alle orecchie e uno sul labbro inferiore; indossava del rimmel e mascara sugli occhi e portava le lenti a contatto colorate bianche. Assomigliava ad un vampiro.
Frank finì di bere l’ultimo sorso di Scotch, lasciò cadere a terra il bicchiere vuoto e ridacchiando disse:

- … Ehehehe… Che è successo sta volta? Jimmy ha ucciso qualcuno? Non è una novità: quell’uomo ha più problemi con la legge che con i miei clienti… eheheh… –

Bigby lo guardò con aria seria. Non gli piaceva per niente questo tipo e quando Bigby lo pensa, è perché questa persona ha qualcosa da nascondere. Frank prese la bottiglia di Scotch mezza piena dal tavolo, si diresse verso il letto e si lanciò a peso morto per poi riprendere la coversazione:

- Io continuo a parlare, ma non le lascio nemmeno il tempo di spiegarsi… prego, dica pure. –

Prese un lungo sorso dalla bottiglia, fino a farla arrivare ormai alla fine. Pete, nel frattempo, aveva deciso di lasciare la stanza scusandosi dell’intrusione. Bigby si avvicinò e raccontò dell’accaduto brevemente. Dopo aver spiegato la vicenda, gli mostrò la foto dell’uomo:

- Questo è l’uomo che ha assalito il macellaio. Lo riconosci? -

Frank, nonostante lo stato alterato per via dell’alcol, esclamò:

- Oooh… OOOOOHHHH SI’, MI RICORDO DI LUI! Certo che mi ricordo! –

- Lo conosci? Come si chiama? –

Per un attimo, Frank sembrò riconoscerlo, ma poi cambiò totalemente espressione:

- Ah, aspè… No, mi sono sbagliato! Non è la persona che credevo! Ehehehe… -

Quanto avrebbe voluto tirargli un pugno in faccia! Quello stronzo gli ricordava moltissimo Georgie e il suo modo di fare spavaldo da irrimediabile stronzo.
All’improvviso, Frank prese la foto dalle mani e guardandola meglio disse:

- … Però assomiglia tanto a Kyle … hanno la stessa faccia da imbecille patentato, solo che Kyle non è morto… eheheh… KYLE! VIENI QUI IDIOTA! –

Dalla rampa di scale si sentì un forte rumore di passi salire in tutta fretta che si facevano sempre più vicini, poi, sulla soglia della porta, apparve un ragazzo sudato, leggermente in sovrappeso, con indosso dei blue jeans larghi e una maglietta rossa con sopra la statua della libertà. Stava ansiamando e dopo qualche respiro profondo disse:

- *Anf* *anf* … hai chiamato socio? –

Nel guardarlo, Bigby gli sembrava familiare... dove lo aveva già visto? Poi, sentendo la parola “socio”, ricordò: era Kyle, il Gatto della fiaba di “Pinocchio”.
Frank ridacchiò divertito. Senza alzarsi dal letto mostrò la foto a Kyle e disse:

- Questo tizio ti assomiglia parecchio. Avete tutti e due la stessa espressione da idioti! Hahahaha! –

Kyle si avvicinò ancora col fiatone, prese la foto e, disgustato, disse:

- Eww! Socio, lo sai che questo genere di cose mi fanno senso! Devi smetterla di fare questi scherzi di cattivo gusto! –

Frank rise ancora più forte, così tanto che quasi rischiò di cadere dal letto. Mentre Frank rideva, Kyle si voltò verso Bigby che, con aria sorpresa, disse:

- Oh, ciao Bigby! Che ci fai qui? –

Fra sé e sé, Bigby pensò:

Ma sul serio io conosco questa gente?

Kyle si avvicinò, gli tese la mano e disse:

- Ho saputo che sei diventato Sceriffo del distretto, dico bene? Che forza che dev’essere! Anch’io vorrei andare in azione sul campo! –

Bigby gli strinse la mano. Ne approfittò per fargli qualche domanda:

- Si, a volte è interessante come lavoro. Senti, per caso hai mai visto questo tizio qui in discoteca? –

Kyle cercò di guardare la foto:

- … Beh, ogni sera passa tanta gente… però ho un ottima memoria fotografica! Riesco a ricordarmi molti particolari! Anche tu ne hai una? –

Bigby lo guardò un po’ perplesso e rispose:

- Non proprio… per questo faccio le foto agli indizi. –

Kyle rise di buon gusto alla frase, mentre Bigby rimase completamente apatico. Come se fossero amici, Kyle diede una pacca sulla spalla di Bigby e disse:

- AHAHAHAHA! SEI TROPPO SIMPATICO BIGBY! AHAHAHA! –

Bigby non sapeva se lo stesse facendo apposta, ma poi Kyle disse una frase:

- Ehehehe... Comunque, ricordo questo tizio. L’ho visto passare un paio di volte in qualche serata speciale qui in discoteca. -

Sentendo quelle parole, Bigby pensò di avere una pista (forse). Cercò di fare altre domande:

- … Davvero? E ci hai parlato? Sai come si chiama? –

Kyle si asciugò le lacrime per lo sforzo, prese qualche respiro e rispose:

- Eheheheh… Oddio, muoio… Oh, si che lo conosco! Devi assolutamente conoscerlo! È davvero una forza! Ha un senso dell’umorismo che –

All’improvviso, si sentì un rumore di vetri infranti. Bigby e Kyle si voltarono verso il letto e videro Frank con in mano la bottiglia di Scotch in frantumi. I pezzi di vetro erano spersi per tutto il pavimento e il liquido rimasto al suo interno gocciolava dagli spigoli appuntiti. Frank li osservava con aria assatanata e furiosa, poi alzò il braccio verso Kyle e gli puntò la bottiglia contro:

- Kyle… -

Il ragazzo stava sudando; era agitato. Si capiva che era furioso con lui, ma Bigby non sapeva il perché. Kyle deglutì preoccupato e rispose:

- … Si socio? –

Frank alzò lo sguardò verso Kyle; i suoi occhi da dietro il ciuffo rosso assomigliavano a quelli di un leone pronto ad uccidere. Continuando a puntare la bottiglia rotta verso Kyle, Frank disse in tono furioso:

- … Stai parlando un po’ troppo… lo sai che non mi piace quando parli troppo con gli sconosciuti… -

Kyle deglutì ancora una volta e tentò di scusarsi:

- … Oh, si, hai ragione socio. Che stupido che sono. Non me ne sono reso conto. Ti chiedo scusa socio, prometto che non lo farò mai più, lo giuro! –

Frank abbassò il braccio e lasciò cadere la bottiglia rotta per terra, che si ruppe totalmente. Con aria assente e con gli occhi pieni di sangue, Frank continuò a guardare Kyle. Sembrava che lo stesse fulminando con gli occhi.
Assistendo a quella scena, Bigby capì che il suo intuito non aveva sbagliato: Frank nascondeva qualcosa.
In quel momento, Pete bussò alla porta coi suoi soliti 4 colpi ed entrò:

- Scusate l’intrusione; Bigby, c’è una telefonata per te al piano di sotto. -

Bigby si voltò verso Pete, poi verso Frank. La situazione si stava scaldando troppo e non poteva rischiare di alterare ancora di più gli animi. Si voltò nuovamente verso Pete e gli rispose:

- Arrivo subito Pete, grazie. –

Pete annuì, uscì dalla stanza e lasciò la porta aperta. I due proprietari rimasero in silenzio: Kyle teneva lo sguardo abbassato, mentre Frank guardava Bigby con aria di sfida. Decise che sarebbe tornato più tardi, nella speranza di ottenere altre informazioni. Prese la foto, la ripose nella tasca dei pantaloni e disse:

- Grazie per la collaborazione. È stato un vero piacere rivedervi. –

Li salutò e uscì dalla stanza. Prese il pacchetto di Huff ‘n Puff dall’altra tasca dei pantaloni, ne tirò fuorni una sigaretta e l’accese con suo accendino zippo argentato. Prese una boccata di fumo e scese le scale. Arrivò alla sala da ballo e Pete era dietro al bancone del bar con la cornetta in mano che lo aspettava. Quando lo raggiunse, Bigby ringraziò Pete e quest’ultimo disse:

- Non so chi sia, però mi sembra molto agitato… –

Bigby guardò Pete, che si allontanò verso la pista per lasciargli un po’ di privacy. Mise la cornetta all’orecchio e rispose:

- Pronto? –

Dall’altro capo del telefono si sentiva ansiamere pesantemente. Bigby provò ancora:

- Pronto? C’è nessuno? Chi è? –

Finalmente, qualcuno parlò:

- Oh, Sig. Bigby! Meno male che ha risposto! –

Era Bufkin. Stava parlando a bassa voce, quasi sussurando. Bigby non capì perché stesse facendo così:

- Bufkin? Ma che hai? Perché sussurri? –

Bufkin deglutì. Ansimava pesantemente, come se avesse corso una maratone, poi iniziò a parlare sempre sussurrando:

- … Sig. Bigby, per favore, torni al Business Office, e alla svelta! –

Bigby percepì della paura nella voce di Bufkin e si preoccupò molto:

- Bufkin, ma che succede? Stai bene? –

Di nuovo ansimava e deglutiva. Sembrava che non volese farsi sentire. Quando spiegò la situazione, Bigby capì che era grave:

- Sig. Bigby, ci sono degli uomini armati qui all’ufficio! Hanno sradicato la porta entrando con violenza! Io sono nascosto dietro agli scaffali del reparto volumi magici e sto tentado di capire chi siano, ma hanno il volto coperto! La Sig.ina Snow è tenuta in ostaggio e la stanno minacciano! –

Sentendo quelle parole, Bigby sentì una sensazione di rabbia, collera e preoccupazione attraversargli tutto il corpo. L’idea che stessero minacciando Snow, fece nascere in lui il suo istinto omicida di lupo.
Tentando di trattenere la rabbia, Bigby si sfogò stirngendo stretta la cornetta, che si piegò sotto la sua forza sovrumana. Prese un respirò profondo e disse:

- … Arriviamo subito Bufkin. Tu non muoverti di li. –

Agganciò e corse fuori per andare a prendere Jane.
Bigby uscì sbattendo con forza la porta del locale e si guardò attrono. Dietro, appoggiata al muro, c’era Jane che lo stava aspettando. Vedendo la forza con cui è uscito, Jane si spostò e si avvicinò a a lui:

- Wow! Ma che ti prende? Hai scoperto qualcosa? –

Bigby si voltò verso di lei, le si avvicinò e disse:

- Non ho tempo per spiegare! Dobbiamo andare subito all’ufficio. Snow e Bufkin sono in pericolo. –

Jane sgranò gli occhi:

- Cosa? Che è successo? –

Bigby, mentre s’incamminava, le rispose:

- Degli uomini sono entrati nell’ufficio del distretto e ora stanno tenendo in ostaggio Snow. Dobbiamo andare subito, e di corsa! -

I due detective iniziarono subito a correre per arrivare in tempo. Mentre correvano, Bigby giurò a sé stesso che se quei malviventi avessero fatto del male a Snow, li avrebbe riempiti di pugni fino a che non imploravano pietà.
In quel momento, le sue regole potevano andare a farsi fottere!
***

Dopo circa un quarto d’ora, Bigby e Jane arrivarono al complesso del Woodland Luxury Apartments. Entrarono dal cancello principale in ferro aperto e corsero sempre più veloci dentro l’edifico. Appena varcarono la porta di vetro della Hall, videro che la guardia non era al suo posto. Presero le scale e salirono di qualche piano. Bigby sperava di prendere i malviventi sul fatto, ma ancora di più di pestarli a sangue.
Arrivarono nel corriodio che portava all’ufficio e quando girarono l’angolo, videro la porta semi spalancata. Bigby e Jane si avvicinarono con cautela e notarono che il chiavistello era stato distrutto. Si guardarono, poi Bigby disse:

- Al tre. –

Jane annuì. Iniziarono il conto alla rovescia:

- Uno… -

- Due… -

- Tre! –

Bigby spalancò la porta ed entrò. Davanti a se vide il disastro: per terra era pieno di fascioli di carta di vecchi casi archiviati e libri strappati; le sedie e i tavoli erano rebaltati per terra e alcuni cimeli del mondo della Fiabe erano andati distrutti. Sembrava che fosse passato un tornado.
Bigby si guardò attorno, mentre Jane controllava che non ci fossero pericoli. Si avvicinò alla scrivania di Snow e vide la targhetta con su il suo nome rovesciata a terra e calpestata.
Jane raggiunse Bigby e disse:

- … Ma che diavolo è successo qui? –

All’improvviso, i due detective sentirolo uno sbattere d’ali e qualcuno chiamarli dall’alto:

- SIG. BIGBY! SIG.INA JANE! –

I due alzarono lo sguardo e videro Bufkin in preda al panico volare verso di loro. Quando atterrò, Bigby gli chiese:

- Bufkin! Dov’è Snow? –

Mentre riprendeva fiato, Bufkin disse:

- *anf* … E’ qui dietro; venite, svelti! –

Bufkin spiccò il volo e si diresse verso la zona dov e veniva depositato il denaro per i prestiti. Appena voltarono l’angolo, Jane e Bigby videro Snow. Sgranarono entrambi gli occhi e Jane commentò dicendo:

- Oddio! Sig.ina Snow! –

Le corse subito per soccorrela, mentre Bigby rimase immobile, scioccato dalla visione. Snow era seduta a terra, con la schiena appoggiata ad uno degli scaffali; respirava lentamente e profondamente. Il suo viso era coperto di lividi e macchie arrossate. I suoi occhi azzurri, in contrasto col rosso della pelle, risaltavano ancora di più il colore del suo iride.
Bigby rimase scioccato nel vederla. Non riusciva a muoversi.
Jane andò per soccorrerla; controllò che respirasse:

- Sta bene; gli ematomi sul visto non hanno causato danni gravi. –

Si voltò verso Bufkin e gli chiede:

- Che diavolo è successo Bufkin? Chi le ha fatto questo? –

Bufkin, agitato, rispose:

- Non lo so! Sono entrati tre uomini incappuccati armati di pistola e hanno minacciato la Sig.ina Snow. L’hanno portato qui e io non sono più riuscito a vedere quello che stava accadendo. Non ho potuto fare nulla, mi dispiace… -

Jane si voltò verso Snow, poi si rivolse di nuovo a Bufkin:

- Va a prendere del ghiaccio, uno straccio e dell’acqua fredda. Svelto! –

Bufkin obbedì e volò subito in cerca del necessario.
Bigby era ancora immobile. Non riusciva a togilere gli occhi di dosso da Snow. Improvvisamente, ricordò il viso di Faith ricoperto di ematomi che, quella notte, il Taglialegna le aveva causato. Percepì di nuovo quella sensazione; una sensazione d’impotenza, di debolezza, di…

- Bigby! Vieni ad aiutarmi! –

Bigby si svegliò dalla sua trace e andò ad aiutare Jane. Non era ancora lucido e non riciva a controllare i movimenti del suo corpo. La vista gli si era appannata e faticava a restrare concentrato. Per fortuna, Jane lo indirizzò nella procedura da svolgere:

- Tienile la testa, così non rischia dei danni permanenti. Appoggia le mani qui. –

Bigby fece tutto quello che Jane gli disse di fare. Non era più consapevole di quello che stava facendo.
Ancora una volta, non era riuscito a mantenere la promessa. Ancora una volta, un personaggio delle Fiabe aveva rischiato di perdere la vita.
   
 
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