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Autore: LauraNinja18    04/04/2018    0 recensioni
Ella Davis è una ragazza come tutte le altre, all’apparenza, ma con un passato difficile ed oscuro alle spalle. In seguito alla morte della madre, si trasferisce a New York in cerca di fortuna ed un po’ di pace per il suo animo tormentato. Non sarà affatto facile per la fanciulla riuscire a seppellire i ricordi tanto dolorosi che troppo spesso tornano a galla, pronti a sommergerla. Ma cosa accadrà quando per caso incontrerà Devon?
I due sono gli antipodi per eccellenza, il buio e la luce, il giorno e la notte, il bene e il male, ma hanno in comune più di quanto pensino. Entrambi custodiscono un enorme segreto che riguarda il loro passato. Riusciranno ad abbattere i muri che li separano e a fidarsi l’uno dell’altra? O il destino renderà vani i loro sforzi dividendoli per sempre?
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ella's pov

Siamo già in viaggio da circa tre quarti d'ora per giungere alla meta designata da Devon. Non so dove siamo diretti, ma suppongo in periferia dato il lungo tragitto. Nel frattempo ci manteniamo su una conversazione leggera, parliamo dei nostri amici e della sorella che lo sta pressando per l'imminente sfilata.

« Quindi il grande evento è sabato prossimo? »

« Sì, grazie a Dio... Non ce la faccio davvero più a sopportare mia sorella che si lamenta... »

« Però capiscila, è la sua sfilata. È come se esponessi i miei lavori in una galleria d'arte. Sarei emozionata e andrei sicuramente nel pallone per ogni minima cosa. Dovrebbe essere tutto perfetto. » Mi lancia un'occhiata mentre faccio il mio discorso giocherellando con i laccetti della giacca nera.

« La capisco ma resta che rompe troppo perché sono il fratello e sa che può permetterselo. » Sorrido e scuoto la testa alla sua affermazione. « Comunque siamo arrivati. » Parcheggia l'Audi nera nel primo posto libero che troviamo e scende velocemente dall'auto per aprirmi la portiera.
Lascia le chiavi ad un addetto e mi poggia la mano sulla schiena per condurmi all'interno del locale. L'esterno è molto grazioso e per fortuna non sembra il tipo di locale extra lusso. Mi ci sarei sentita a disagio, ma questo Devon lo sa già.
Mettiamo piede all'interno che non rispecchia affatto la facciata esteriore decisamente più rustica. È raffinato ma non troppo chic. I pochi tavoli sono disposti in mezzo alla sala e c'è anche un uomo che canta e suona il piano in un angolo. La musica è strepitosa così come il resto del ristorante. Meno male che sapeva che non sono abituata a queste cose...
Un cameriere ci accompagna alla nostra postazione e mi scosta addirittura la sedia per farmi accomodare. Credo che sia la prima volta che mi capita.
Lo ringrazio con un sorriso timido e mi schiarisco la voce prima di rivolgermi a Devon.

« Mi piace il posto. Soprattutto la musica.»
« Sono felice che ti piaccia. » Mi sorride e mi porge il menù. Ci sono così tanti piatti che c'è l'imbarazzo della scelta.
Alla fine optiamo per agnello con patate al forno che a detta di Devon, è uno dei piatti migliori che servono in questo posto e devo dire che ha ragione.

« Ammetti che era meglio la mia torta..» Lo prendo in giro portandomi alle labbra una cucchiaiata del tortino al cioccolato e panna che abbiamo preso come dessert.

« Certo, come no. Non c'é proprio differenza, guarda. » Ribatte il dottore rubandomi un po' della panna che lo chef ha messo come decorazione.

« Però il resto della cena era ottimo. »
« È uno dei miei ristoranti preferiti. » Si capisce subito. È un locale piuttosto intimo che all'esterno appare semplice ma che rivela un interno sensazionale. Un po' come Devon, in effetti. Ricordo che una volta Richard lo ha paragonato a "quei cioccolatini che all'esterno sono duri, ma hanno all'interno un cuore di cioccolata fusa".

« Sei stato gentile a portarmici. »
« Figurati, mi andava di farlo. » Fa spallucce, come se fosse la cosa più ovvia del mondo mentre non lo è affatto. Mi resta ancora molto da scoprire su di lui.
Al termine del dessert, un cameriere si avvicina al nostro tavolo per porgerci il conto.

« Non posso convincerti in nessun modo a dividere, vero? »
« Non ci pensare proprio. Ti ho invitata io tra l'altro. » Porge al solito cameriere la sua carta di credito e in pochi minuti siamo fuori.

« Sei stanca? » Mi chiede non appena mettiamo piede in auto e dopo che mi sono allacciata la cintura di sicurezza.
« No, perché? »
« Non vorrei essere la causa del tuo ritardo al lavoro domani. » Mi sorride in modo ambiguo. Ricambio interdetta.

« No, non preoccuparti di solito faccio più tardi la sera. » Beh sono appena le undici...
Annuisce e guidiamo verso la città. Siamo di ritorno meno di un'ora dopo.

« Spero che mia sorella stia dormendo...»
« Dai, non può essere così tremenda! »
« Si vede che non ci hai mai vissuto. »
« Puoi sempre venire da me! » Lo dico scherzando, eppure mi guarda come se gli avessi appena detto di avergli rapito il cane. Approfitta del semaforo rosso per parlarmi.

« Ella..mi dispiacerebbe se ti facessi un'idea sbagliata dopo quello che c'è stato. A me piace passare del tempo con te indipendentemente dal resto...» Lo guardo perplessa. Perché cacciare l'argomento ora?

« No, certo che no. Credevo di avertelo già chiarito. »
« Sì, non era riferito solo al sesso, detto senza filtri...»
« Ho capito cosa intendi, sta tranquillo. » Beh in realtà credo di essermi persa qualche passaggio.

« Peccato che io non stia mai tranquillo.» Riparte in direzione del mio appartamento.

« Con me puoi stare tranquillo, davvero. Senza pretese. » Mi si incrina un po' la voce nel finale ma non credo che l'abbia notato.
« Si possono creare bei rapporti anche così. » Risponde e mi piange sempre di più il cuore.
« Lo credo anche io. »
« È per questo che ci sto bene con te. » Il colpo di grazia, è come una pugnalata al petto. Improvvisamente inizio a sperare di arrivare il più in fretta possibile a casa. Devo scendere da quest'auto, mi manca decisamente l'aria.
Per fortuna dieci minuti dopo siamo all'esterno del mio palazzo.

« Grazie per la cena, è stata deliziosa. » Mi slaccio la cintura di sicurezza e apro lo sportello per scendere dalla macchina. Finalmente respiro. Devon mi segue a ruota, purtroppo.

« Di niente. Ci vediamo sabato, buonanotte. » Ah giusto, la sfilata.
« Sì, buonanotte...» Non ho il coraggio di fare niente, ma il mio corpo viene attratto come una calamita al suo e mi ritrovo ad abbracciarlo, tradendomi di nuovo.

« Va tutto bene..? » Mi accarezza la schiena cercando di capire che cosa mi turbi. Ed è questo il motivo per il quale non voglio dire nulla riguardo i miei sentimenti per lui. Se lo sapesse, mi allontanerebbe come ha fatto con le altre e non potrei sopportarlo. Non capisco come sia potuto succedere, ma Devon è riuscito ad entrarmi dentro e qualsiasi tipo di rapporto voglia con me, dovrò cercare di farmelo andare bene. Almeno fino a quando non esploderò.

« Sì, va tutto benissimo...»
« Con me puoi parlare, lo sai.» Annuisco staccandomi dal suo abbraccio. I suoi occhi chiari scrutano i miei in cerca di qualche risposta.

« Anche tu con me se dovessi averne bisogno. » Indietreggio di qualche passo accennando un sorriso che muore quasi subito. Mi volto e non mi giro più nella sua direzione afferrando velocemente le chiavi dalla borsa e chiudendomi il portone e la serata alle spalle. Come finire di merda la giornata. Era iniziata benissimo ed ecco il risultato. Cosa mi aspettavo, dopotutto? Era stato chiaro dall'inizio. Posso essere tanto stupida da sapere perfettamente come stanno le cose e sperare comunque che cambino da un giorno all'altro?
Non succederà. Lui non vuole nessuno.

Entro in casa come una furia e con mia grande sorpresa, Audrey non è sola, Richard è seduto accanto a lei sul nostro divano. Ah wow.

« Ella! Pensavo non tornassi così presto...» Mi accoglie "calorosamente" la mia coinquilina.

« Lo vedo... »
« Ecco la nostra Ella! » Il ragazzo si alza dalla sua postazione per salutarmi.

« Ciao Rick... tutto bene? » Gli do un abbraccio veloce per poi lanciare borsa e giubbotto sul tavolino.

« Sì, tu stai bene..? »
« Una meraviglia...» Un sorriso fintissimo si fa largo sulle mie labbra. Mi guardano entrambi perplessi.

« Che cosa è successo? Dai parla. » Non mi va di raccontare proprio niente al momento. Richard poggia una mano sulla mia spalla.

« Niente.. Scusatemi, è tardi e devo andare a dormire. Notte. » Audrey muove un passo ma Rick la ferma tirandola a se mentre mi allontano nel corridoio.
Mi fiondo sul letto lanciando le scarpe per aria e sprofondando il viso nel cuscino.
Andava tutto bene, credevo che stessimo facendo passi avanti, addirittura ho creduto che stesse per rivelarmi qualcosa sulla sua vita quando stavamo nel suo studio. Perché deve essere così dannatamente complicato? Il destino ha fatto incrociare le nostre strade in modo bizzarro incasinando completamente la mia vita già confusa di suo. Ho impiegato anni per riuscire a ritrovare me stessa dopo la morte di mia madre confortandomi con il disegno e sperando che qualcuno mi tendesse la mano e mi salvasse dal buio che avevo intorno. Non è successo. Ho dovuto fare tutto da sola e so cosa vuol dire farsi prendere dallo sconforto, so cosa si prova in quei momenti e so che a tutto c'è un rimedio. Se aiutare Devon significa stargli lontana lo farò, anche se va contro ciò che voglio.
Mi asciugo, quindi, una lacrima solitaria con l'indice chiudendo gli occhi ed immaginando un futuro migliore.

—————————-

Un dolce profumo di cioccolato e vaniglia si diffonde nell'aria avvolgendo la cucina. Estraggo la teglia dal forno facendo attenzione a non scottarmi. Poggio la torta sul bancone chiudendo l'anta con un fianco. Ha davvero un ottimo odore, spero gli piacerà.

Mi volto per cercare la panna nel frigo e non appena la trovo, delle braccia mi stringono dolcemente in un abbraccio.

« Buongiorno amore...» Devon mi da un casto bacio dietro l'orecchio strofinando il naso contro il mio collo. « Hai preparato un'altra torta? Se continui così, finirò per diventare un ciccione...»

« Puoi sempre non mangiarla. » Sorrido e so che lo sta facendo anche lui seppur non possa vederlo. Mi volto nella sua direzione poggiandogli le mani sul petto e mettendomi in punta di piedi per dargli un bacio. Ricambia afferrandomi la nuca per approfondirlo, tirandomi leggermente i capelli. Schiude le labbra lasciando che le nostre lingue si uniscano rendendo il momento più passionale, più intenso possibile.
All'improvviso si stacca bruscamente dal mio corpo. Indietreggia di qualche passo e si accascia a terra contorcendosi. Mi chino terrorizzata chiamandolo e scuotendolo affinché si svegli.
Le mie mani sono marchiate dal sangue, lui non c'è più, non posso più aiutarlo. Al suo posto c'è mia madre a terra, fredda come il ghiaccio, gli occhi blu come i miei sono vitrei. Mi fissa, il rosso del suo sangue ci circonda sporcando le mie ginocchia nude. Improvvisamente ho freddo, tremo ma non posso muovermi. Vorrei urlare ma la voce non mi esce, morendomi in gola.

Silenzio, oscurità, gelo.

Non sento più nulla, è finita. Per sempre.

Mi sveglio di soprassalto balzando dal letto e mettendomi seduta. Sono madida di sudore. Mi prendo la testa tra le mani e lentamente mi ristendo sotto le coperte cercando di regolarizzare il respiro. Era solo un sogno, un brutto sogno.
Va tutto bene, andrà tutto bene.

Devon's pov

Controllo che Ella entri nel palazzo prima di voltarmi e fare ritorno a casa mia. Mentre guido tra le strade ormai semi-vuote di New York, ripenso al discorso che abbiamo avuto poco fa. Forse sono stato un po' avventato, ma volevo mettere le cose in chiaro prima che fraintendesse i miei gesti. Mi piace stare con lei ma non posso permettermi di affezionarmi a nessun altro. Spero che abbia capito le mie parole e che non sia saltata a conclusioni affrettate. Mi dispiacerebbe molto se finissimo per non rivolgerci più la parola, ma allo stesso tempo, non posso muovere nessun passo. Potrebbe costarmi caro.

Le strade sono praticamente desolate ma in fondo è lunedì notte, chi vuoi che ci sia a vagare per la città? Giungo in breve tempo a casa e trovo Clarissa ad aspettarmi sveglia sul divano. Perché non si è messa a dormire e basta?

« Devon sei tornato! » Spegne il reality tv che stava guardando alla televisione e si precipita nella mia direzione. Che accoglienza!

« Che ci fai ancora sveglia? » Le chiedo appendendo il giubbotto all'attaccapanni dell'ingresso, sistemandomi le maniche della camicia azzurra.

« Che domande, ti stavo aspettando! Dove sei stato? In ospedale? » Mentire o non mentire? Questo è il problema.

« Sono andato a cena con un'amica. » Non so fingere, meglio restare sul vago.

« Ah.. potevi avvertire, comunque. » Si mordicchia il labbro perché vorrebbe chiedermi di più, lo leggo nei suoi occhi.
« Tutto bene la tua cena? »

« Sì, tutto bene. A te come è stata la serata? » Ci inoltriamo nel soggiorno e ci accomodiamo sul divano. Sono un po' stanco stasera, sicuramente complici le forti emozioni di oggi.

« Tutto bene. Devon volevo darti questa... non so se possa farti piacere, ma è tua. » Mi allunga una lettera infilata in una busta. La riconosco immediatamente e mi immobilizzo. Credevo di averla lasciata a Londra.

« Dove l'hai trovata..? » Chiedo a voce bassa allungando una mano per afferrarla.
« Me l'ha data mamma. Ha detto che avresti dovuto tenerla con te...» Non riesco ad aprirla. Da quando l'ho scritta, non l'ho più riletta e non credo di farcela adesso, non davanti a Clarissa.

« Grazie...» Le dico alzandomi dal divano per rifugiarmi in camera mia. « Credo che andrò a letto... buonanotte. »

« Devon aspetta...» Si alza per abbracciarmi ma la respingo con un gesto della mano libera. Non adesso, non ce la faccio.
Salgo le scale con un groppo in gola. Non mi ero dimenticato della lettera ma l'avevo lasciata a Londra per un motivo. La scrissi di getto in un momento di sconforto e da allora non l'ho più aperta, preferendo seppellirla insieme al resto dei ricordi.
Arrivo nella mia stanza e mi siedo sul letto, fissando le uniche due parole visibili sulla busta chiusa: "Per Cassie".
L'appoggio sul comodino incapace di leggere oltre, coprendomi gli occhi stanchi con le mani. Non è giusto, non doveva toccare a lei.
È il mio rimpianto più grande perché non sono riuscito a proteggerla.

———————————

Mi sveglio di soprassalto, madido di sudore nel bel mezzo della notte. Controllo l'ora dalla sveglia posta sul comodino che segna le quattro ed un quarto. Ho fatto un incubo.
Mi metto seduto sul letto scacciando via le coperte e accendendo l'abatjour. La lettera è ancora lì che mi fissa. Devo farla sparire, rievoca troppi ricordi che al momento voglio solo seppellire nell'angolo più buio e recondito della mia mente distrutta.
Avrò mai il coraggio di rileggerla? Forse no, ma non é questa la cosa importante. Al suo interno è racchiuso tutto il dolore che ancora mi attanaglia mente e corpo. Mi domando spesso come faccia a conviverci o forse non sono mai riuscito a farlo davvero ed è per questo che il semplice ricordo mi fa stare male. La verità è che mi manca la mia vecchia vita, quella che ero riuscito a costruire con i miei sforzi. Mi piaceva tanto, eppure me ne sono reso conto soltanto a tragedia avvenuta, dopo aver perso tutto.
Che crudele il destino. Un attimo prima hai tutto e un momento dopo non resta più nulla.
Mi alzo dal letto, ormai il sonno è andato a farsi benedire, prendendo la lettera per riporla nel cassetto. Ho deciso che la porterò nel mio studio e la chiuderò da qualche parte, lontana dalla mia vista.
Non potrei mai disfarmene, ma neanche averla sotto il naso mi fa troppo bene.
Afferro una T-shirt e me la infilo velocemente per scendere giù in cucina. Forse dovrei davvero iniziare a farmi camomilla o cose del genere per rilassarmi. Mi viene in mente la conversazione con Ella nella quale mi suggeriva di provare con del latte caldo. Forse potrei tentare. Guardo il frigorifero dallo sgabello sul quale mi sono accomodato e rinuncio a priori. È troppo lontano.

« Devon... che ci fai sveglio a quest'ora? » La voce di mia sorella mi fa quasi cadere dalla mia postazione. Mi ero dimenticato della sua presenza in casa...

« Potrei farti la stessa domanda. » Replico voltandomi nella sua direzione.
« Ma te l'ho fatta prima io, quindi...» Fa spallucce e si ferma di fronte a me.

« Non riuscivo a dormire, tutto qua... e tu?»
« Idem. Ho il terrore che qualcosa possa andare storta alla sfilata...» Alzo gli occhi al cielo ma poi le sorrido impercettibilmente. È tenera tutto sommato.

« Andrà benissimo, non darti pena da ora. Goditi solo l'attimo. » Le faccio l'occhiolino, anche se non sono sicuro che lo veda nel buio della stanza. Ridacchia e scuote la testa.

« Da che pulpito! » Ha ragione, mi fascio sempre la testa prima di cadere. Alzo le spalle e poi allargo le braccia.

« L'abbraccio di prima è ancora valido..?»
« Per te sempre fratellone...» Si fionda tra di esse stringendomi un po' troppo forte ma la lascio fare ricambiando a mia volta. Ricordo perfettamente il momento nel quale seppe la notizia di ciò che mi era accaduto. Era tarda sera e restò paralizzata qualche istante prima di scoppiare a piangere. Aveva intuito subito che si trattava dell'inizio della mia fine ed aveva ragione.

« Quindi non ti stai sentendo con nessuno?» Le chiedo per cambiare argomento e per indagare un po' sul suo conto. Devo pur rifarmi di tutte le volte che è lei a farlo!

« Nessuno Devon. Se non consideriamo il tizio del bar, il fioraio e il cuoco del ristorante all'angolo. » L'allontano bruscamente per guardarla in viso. Sta scherzando?!

« Clari devo far fuori tutta questa gente? Andiamo! »
« Senti chi parla, il playboy dell'ospedale.» Non è assolutamente vero...

« Io non faccio nulla, sono le donne ad essere pazze...» Mi giustifico alzando le mani.
« Certo, la colpa è nostra adesso... comunque stavo scherzando. L'uomo della mia vita sei tu!» Afferma civettuola. É una ruffiana nata questa ragazza.

« Basta vai a dormire su...» La spingo in direzione della sua stanza alzandomi dallo sgabello.
Clarissa sbuffa e fa per andarsene mentre anche io muovo un passo verso le scale.

« Devon? »
« Sì? »
« Posso dormire con te? Come quando eravamo bambini...»
Ci rifletto qualche secondo su.
« Vieni...» Le faccio cenno con la testa di seguirmi.
Non se lo fa ripetere due volte e poco dopo, si è già catapultata sul letto occupando metà dello spazio.

« Ti voglio bene fratellone! » Si abbraccia il cuscino e neanche il tempo di stendermi accanto a lei, che è già sprofondata nel mondo dei sogni.

————————————-

Non è uno dei miei risvegli migliori, non c'è dubbio. Clarissa dorme ancora russando come un marinaio ubriaco con l'enfisema. Ha praticamente occupato tutto lo spazio confinandomi in un angolino del letto in bilico sul materasso. Più volte, ho avvertito i suoi calci durante il sonno e mi meraviglio che non mi abbia castrato.
Sposto "delicatamente" il suo braccio dalla mia faccia e mi alzo più stanco di quanto non sarei stato se fossi rimasto in piedi tutta la notte. La prossima volta col cavolo che la faccio restare con me.
Mi passo una mano tra i capelli e mi infilo subito sotto la doccia. Ci vuole dopo risvegli di questo genere...
Indosso una maglia pulita e un paio di pantaloni da ginnastica recandomi al piano di sotto. Direi che è il momento per un intenso allenamento! Almeno mi do una scossa d'adrenalina, ne ho proprio bisogno.
Alle dieci in punto, sento i passi di mia sorella farsi sempre più vicini e capisco che si è finalmente degnata di scendere.
Sbadiglia alzando le braccia al cielo entrando nella mia palestra personale.

« Buongiorno Devon! Ho dormito benissimo e tu? » Una favola proprio...

« Da quanto russi? Scordati di rifarlo un'altra volta. Ah buongiorno a te sorella.» Appoggio il bilanciere sull'apposito sostegno oltrepassando Clarissa per tornare in cucina. Sto morendo di fame!

« Non russo! » Beata ignoranza.
« La prossima volta posso registrarti se non ti fidi. » Prendo la padella per cucinare delle uova strapazzate.

« Pff... Immagino che avresti preferito dormire con Ella...» Quasi mi cadono le uova sul pavimento per la sorpresa della sua esclamazione. Ma si rende conto di quello che dice quando apre quella boccaccia che si ritrova?!

« Non ti rispondo nemmeno. » Le volto le spalle scuotendo la testa vigorosamente. Meglio che non dica quello che penso o ci ritroveremmo un'altra volta in una discussione sgradevole.

« Stavo scherzando, scusami...» Sospira e attende pazientemente che le porga la colazione. Il resto del pasto trascorre in silenzio, senza strane insinuazioni nei miei confronti.

« Devo andare al lavoro, ci vediamo per cena. » Le comunico prima di mettere via tutto e tornare nella mia stanza per cambiarmi.

Una mezz'ora dopo sono immerso nel traffico di New York. Perché mai ho preso la macchina per andare al Lennox? Eppure è risaputo che a quest'ora pullula di lavoratori impazienti. Devo fare un salto allo studio per chiudere questa maledetta lettera da qualche parte, tra l'altro. Il solo averla in tasca mi infonde un senso di depressione soffocante.
Impiego molto più tempo del previsto, ma finalmente varco la soglia dell'ospedale. La lettera è stata conservata e sono finalmente pronto per cominciare una nuova giornata nella monotonia della solita routine.






Angolo autrice:

Buon pomeriggio!  
Cosa ne pensate del post-cena? Vi aspettavate questo risvolto di Devon? E la lettera? Avete dedotto qualcosa?
Fatemi sapere le vostre ipotesi con una recensione! Al prossimo mercoledì.
Kisses.


   
 
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