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Autore: Aspis95    08/04/2018    0 recensioni
Dopo lo scontro finale, tutti gli abitanti dell'Isola-che-non-c'è credono che Giacomo Uncino sia ormai morto, ucciso dal coccodrillo che gli dava la caccia da anni, nessuno sospetta che il capitano possa essere ancora vivo...
Finché sulla spiaggia della baia delle sirene una carcassa viene trasportata dalle onde. È il cadavere di un coccodrillo. Dalle sue fauci emerge Uncino, vivo e vegeto e assetato di vendetta.
La sua rivalsa su Peter non sarà però così facile...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bimbi Sperduti, Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Peter Pan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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My heart leaps up when i behold
A rainbow in the sky:
So was it when my life began;
So is it now I am a man;
So be it when I shall grow old,
Or let me die!
The Child is father of the Man;
And I could wish my days to be
Bound each to each by natural piety.

(
My heart leaps up when i behold, William Wordsworth)


***
 
L'arcobaleno si tuffava in mare con un dolce, continuo scroscio. La fatina lo guardò deliziata e non resistette alla tentazione. Si sedette sulla punta più alta dell'arco, spinse indietro con le manine e scivolò giù lungo il bordo, la polvere colorata che schizzava via da tutte le parti.
La sua risata trillò alta nel cielo. Lasciò che il vento le scompigliasse i capelli e le soffiasse dritto sul viso, pungendole gli occhi fino alle lacrime.
La curva sempre più ripida le fece acquistare subito velocità; il mare sotto di lei si avvicinava paurosamente. Il pensiero che, se non avesse spiccato il volo al momento giusto, sarebbe tornata a casa bagnata fradicia non la sfiorava nemmeno.
La punta del suo piedino toccò l'acqua e, in quell'esatto istante, lei spiegò le ali e si librò nel cielo. Due sirene dai loro scogli la salutarono allegramente, sventolando in alto le loro mani. Volteggiò sulle loro teste, in risposta, e sfrecciò via, volando a pochi centimetri dalle onde per toccare le pinne a tutti pesciolini che nuotavano sotto di lei.
 
Con la coda dell'occhio teneva sotto controllo il profilo frastagliato della costa. Lo avrebbe seguito fino all'insenatura in cui sfociava il Crocodile Creek per poi risalire il fiume, giungere alle cascate ai piedi delle Montagne Nebbiose e da lì addentrarsi nella foresta, dove viveva il popolo fatato.
 
Una insolita sagoma scura, stagliata sul bianco della spiaggia, catturò la sua attenzione. Si arrestò a mezz’aria e strizzò gli occhietti per vedere meglio cosa fosse. Probabilmente si trattava di un relitto trascinato a riva dalla corrente, ma da quella distanza era impossibile stabilirlo con certezza. Si diresse allora verso la costa, incuriosita.
L'aveva quasi raggiunta quando le parve di udire qualcosa. Si fermò un istante ad ascoltare. Un battere regolare, costante... come il ticchettio di un orologio, pensò. Che strano, sembrava proprio provenire dalla figura misteriosa che pure, questo era evidente, non aveva assolutamente le fattezze di un orologio. Era piuttosto un enorme animale. Il cadavere di un enorme animale, a giudicare dall'odore marcio che emanava. La fatina arricciò il naso.
Man mano che si avvicinava, il ticchettio si faceva sempre più distinto. Si portò sopra la carcassa e si chinò fino a poggiare l'orecchio sulla pelle squamosa. TIC-TAC-TIC-TAC. Nitido, distinto. TIC-TAC-TIC-TAC. Le onde sulla spiaggia, il cinguettio degli uccelli non esistevano più. TIC-TAC-TIC-TAC. Sovrastava qualsiasi altro suono. TIC-TAC-TIC-TAC.  Chiuse gli occhi. TIC-TAC-TIC-TAC. Era così rilassante...
 
Uno schiocco assordante e fu travolta dalla violenza con cui le fauci della bestia si spalancarono. La investirono in pieno, la scaraventarono via. La sabbia le graffiò la pelle scoperta delle braccia, la membrana delle ali si squarciò. Le sue grida risuonarono come uno scampanellio acuto e concitato. Si ripiegò su se stessa come un foglio accartocciato, un dolore lancinante le attraversava tutto il corpo, inchiodandola a terra.
Un uomo ingobbito teneva sollevata la mascella dell'animale, il braccio che tremava per lo sforzo. Si trascinò fuori da quella gigantesca bocca e crollò al suolo, ansimante.
La fatina implorò aiuto con un filo di voce. L'altro si voltò di scatto e i suoi occhi azzurri le si piantarono addosso come fari.
Fu solo allora che lo vide. L' orrendo artiglio ricurvo troneggiava lì dove avrebbe dovuto trovarsi la mano destra dell'uomo. Fu scossa da un brivido terrore.
Un riflesso rosso brillò per un istante in quelle iridi color del mare che la fissavano crudeli. La voce le giunse roca e graffiata, come quella di chi non parla da troppo tempo.
-Non esistono le fate.
 
***
 
Seduto per terra, ad occhi chiusi come se fosse stato l'unica persona presente nella stanza, soffiava nelle canne del suo piccolo flauto mentre una fatina bionda gli rattoppava il vestito, all'altezza della spalla, cucendo insieme delle foglie secche con fili di ragnatela.
Suonava una melodia semplice, una ninna nanna imparata chi sa quanto tempo prima.
-Peter... perché non ci racconti una delle tue avventure? - chiese una voce assonnata.
Senza smettere di suonare, il ragazzo sbirciò furtivamente, da dietro i riccioli ramati che gli ricadevano sul viso, per capire chi aveva parlato. Fischietto, intuì.
-Sì, Peter, raccontaci di come hai ucciso il pirata!
Il tono acuto di Ciambella era inconfondibile.
-Ti prego! Ti prego!
Le voci dei bimbi sperduti si aggiunsero, una dopo l’altra, al coro di richiesta. Peter rimase un momento a farsi implorare, senza dare risposta. Gli piaceva crogiolarsi nella consapevolezza di essere al centro dell'attenzione. Fu solo quando si accorse che per l'eccitazione si trovava già sospeso a più di un metro da terra che lasciò cadere il suo flauto ed esclamò -E va bene. Ma state bene attenti...
Un silenzio reverenziale calò nel covo. Tutti stavano col naso verso l'alto, in attesa della storia. Persino la fatina abbandonò la sua opera di sartoria per unirsi al pubblico.
-Eravamo uno di fronte all'altro, in piedi sul legno della Jolly Roger. - iniziò il ragazzo. -Fu Uncino a sferrare il primo colpo di spada, ma io lo parai subito col mio pugnale. Era un ottimo spadaccino, il vecchio pirata, ma sapete... nessuno è scaltro quanto me! 
Fece una breve pausa per godersi gli sguardi ammirati degli altri. -Continuava ad attaccare, colpo su colpo, ed io lo respingevo sempre. Finché alla fine ha sollevato in aria il suo uncino di ferro e me lo ha calato addosso. - disse, simulando con la mano il gesto di artigliare il bimbo più vicino, il povero Ciottolo, che deglutì rumorosamente.
-Ho fatto una capriola, l'ho schivato per un pelo e ho approfittato dalla sua guardia bassa per trafiggerlo alle costole. Uncino fu colto alla sprovvista e lasciò cadere la sua spada. Ormai era finita. Gli ho puntato la lama al collo e l'ho costretto ad indietreggiare sull'asse della sua stessa nave. Sapeva che in acqua lo aspettava lo stesso coccodrillo che si era già mangiato la sua mano destra tanto tempo prima e che da allora gli dava la caccia per concludere il pasto. - La storia stava per arrivare alla conclusione, stavano tutti trattenendo il fiato. -Mi invitò con un gesto a colpirlo col piede... Allora io gli ho tirato un bel calcione, proprio qui- annunciò, puntandosi l'indice alla bocca dello stomaco. -e l'ho spedito dritto dritto tra i denti della bestia!
I ragazzi esultarono, batterono le mani. Legnino e Lumino si alzarono in piedi per replicare la scena, litigando su chi dovesse interpretare chi.
Solo Ciottolo, il più piccolo del gruppo, si avvicinò a Peter e gli domandò -Ma è proprio tutto vero? O è solo un gioco?
Peter gli rivolse un sorriso enigmatico. -Chi lo sa?
 
***
 
Si passò il moncherino sul volto per togliersi dalla faccia i capelli aggrovigliati, appiccicosi di salmastro. I vestiti, ridotti a stracci, erano ricoperti di sabbia. La camicia strappata lungo un fianco, lì dove i denti del coccodrillo avevano affondato, lasciava scoperto un lembo di pelle sporco di sangue. L'acqua salata gli faceva bruciare le ferite.
Al primo tentativo di alzarsi, le gambe cedettero e lo costrinsero carponi sulla spiaggia. Non mangiava da giorni, ormai. Ma non aveva più importanza adesso... adesso che era di nuovo libero.
Il suo sguardò cercò le onde. Il mare si tingeva di rosso all'orizzonte. Chiuse gli occhi e allargò le braccia al vento, come trovandosi sulla prua di una nave. La sua nave, la Jolly Roger.  Oh, Peter... lascia solo che raduni i miei uomini e poi vedrai. Un angolo della sua bocca si sollevò. Sarà la tua fine, una volta per tutte.
 
Lasciarsi l'acqua alle spalle e dirigersi verso la vegetazione gli richiese più sforzo del previsto.
Crollò contro il tronco del primo albero, col respiro affannoso. Alzò gli occhi verso i rami. Sopra la sua testa, la chioma della pianta era un tripudio di colori, stracolma al tempo stesso di lunghe foglie verdi, piccoli fiori di un rosa tenue e frutti maturi dalla buccia giallo-rossastra. Come se il tempo si fosse cristallizzato, come se l'Isola-che-non-c'è non conoscesse più lo scorrere delle stagioni.
Un'espressione di disgusto si dipinse sul suo volto.
Quella terra si stava piegando alle leggi di Pan, voltando le spalle a quello che era il corso prestabilito della natura. Un abominio.
Con un movimento rapido e preciso del suo uncino strappò il frutto più vicino e lo addentò.
E mentre lui avanzava barcollante, col succo dolciastro che gli colava da un lato della bocca, l'albero vide impotente tutti i suoi frutti avvizzirsi, i petali dei fiori cadere a terra come fiocchi di neve e le foglie tingersi dei colori dell'autunno. Riportiamo un po' d'ordine in quest'isola.
 

Eccoci qua!
Ho iniziato a scrivere questa storia un sacco di anni fa, senza aver mai avuto il coraggio di pubblicarla. Credo sia arrivato il momento di mettersi in gioco. 
E' una storia semplice, senza troppe pretese, ma a cui tengo davvero molto per mille ragioni diverse: perché è la prima ff che mi decido a pubblicare, perché mi accompagna da davvero tanto tempo, perché è ambientata in un mondo (l'Isola-che-non-c'é) che mi ha sempre affascinata, perché Peter Pan mi riporta alla mente tanti bei ricordi d'infanzia, perché ha per protagonista il Capitano Giacomo Uncino, personaggio che adoro oltre ogni limite...
Insomma, spero davvero che vi piaccia quanto a me piace scriverla!
E ovviamente qualsiasi consiglio, critica o suggerimento è sempre ben accetto :)

Prima di lasciarvi, ci tengo a dedicare questa mia piccola storia ad Alessia, o meglio "ad Alessia, quando era una bambina" per citare Antoine de Saint Exupery. Perché "Tutti i grandi sono stati bambini, ma pochi di essi se lo ricordano". <3 

A presto!
   
 
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