Make a wish.
Prologo.
Perché doveva essere tutto così dannatamente difficile?
Il suo sogno era lì giusto qualche secondo prima, così reale davanti ai
suoi occhi, dissolto in un attimo da Jin e dal movimento che aveva fatto
fare alla tenda per svegliarlo.
Jimin aprì gli occhi pigramente, uno per volta, stropicciandoseli con i
pugni chiusi. Sbuffò amareggiato come ogni mattina, noncurante dei tiepidi
raggi di sole che ora gli riscaldavano il viso.
Jungkook nel letto accanto al suo era già sveglio, e lo guardava divertito
con i capelli neri ancora scompigliati in una massa informe.
“Ancora quel sogno?” ridacchiò controllando il cellulare.
Il maggiore annuì piano. “sempre lo stesso” confermò.
L’altrò si alzò, ritrovandosi seduto a gambe incrociate sulla brandina.
Iniziò a stiracchiarsi allungando le braccia a destra e a sinistra.
“Dovresti smetterla di torturarti troppo. Mancano solo due anni alla fine
delle superiori, dopo sarà finito tutto e tu sarai finalmente libero!” gioì
agitando un pugno in aria.
“E sarò libero anch’io” commentò Jin, impegnato a rasettare la stanzetta
piena di vestiti e libri da tutte le parti. “Un marmocchio in meno a cui
badare” scherzò dandogli un buffetto affettuoso sulla nuca.
“Due, contando Taehyung” precisò il maknae mimando il numero con le dita.
Il più grande si limitò a scuotere la testa, per poi intimare a entrambi di
scendere a fare colazione, altrimenti Taehyung avrebbe mangiato tutti i
loro pancakes.
Al solo sentir nominare il dolce, Jungkook si attivò, alzandosi dal letto
di scatto e intraprendendo una disperata corsa verso la cucina, mentre
l’altro, continuava a rotolarsi nel letto pigramente, sentendo
scricchiolare le giunture che gli facevano male.
Il sole splendeva, si sentiva una leggera brezza rinfrescante, il cielo era
del suo azzurro preferito.
Una splendida giornata.
Ma lui non era pronto.
Non era pronto all’ennesima giornata di merda.
*************************************************************************************
La Seoul High School era il luogo più tranquillo e sicuro del mondo.
Ovviamente per chiunque fosse ricco, bello, etero, o aveva un carattere
così forte da farsi rispettare.
E guarda a caso, a Jimin mancavano praticamente tutte queste qualità.
Infatti non era sicuramente tra i più ricchi della scuola.
Al contrario, non sapeva come avrebbe fatto senza l’aiuto di Jin che si
prendeva cura di lui e Taehyung da cinque anni a questa parte, trattandoli
come fratelli, anzi, quasi come figli, senza mai pretendere nulla in
cambio.
Perché in fondo, cosa avrebbero potuto dargli in cambio?
Non era nemmeno bello, o almeno, nessuno lo riteneva tale. Quei brutti
occhiali con le lenti spesse un dito non aiutavano. Ma in fondo perché, o
meglio, per chi doveva sforzarsi di piacere?
Era stato additato come gay da quando aveva espresso la sua passione per la
danza.
“Branco di ignoranti omofobi!” aveva commentato Jin sbattendo il pugno sul
tavolo della cucina quando glielo aveva raccontato, in lacrime. La realtà
era diversa da ciò, sebbene non poi così distante.
Jimin aveva sempre saputo di essere una persona particolare. Lui non si
innamora di ragazze o ragazzi, lui si innamora delle persone.
Del carattere, della personalità, dei gesti, e perché no, anche della
bellezza, maschile o femminile che fosse.
E gli piaceva qualcuno, oh, se gli piaceva. Non faceva altro che osservarla
ai cambi dell’ora o alla ricreazione.
Capelli neri lunghi e fluenti, occhi grandi, pelle candida. Come può quella
brutta divisa scolastica stare davvero bene a qualcuno?
Anche i suoi movimenti. Camminava come se fosse su una nuvola. I movimenti
delle braccia perfettamente aggraziati.
E poi il suo nome, Iseul.
Rugiada.
Bello quasi quanto lei.
Si sarebbe mai accorta di lui? Certo che no. In fondo il quarto punto non
era da sottovalutare.
Non aveva un carattere forte che gli permettesse di farsi rispettare. Era
incredibile come riuscisse a essere in ombra addirittura tra gli sfigati.
Jungkook non era esattamente il più popolare della scuola. Ma almeno aveva
carattere. In un modo o nell’altro riusciva sempre a farsi rispettare e a
farsi valere, tranne nei casi rari nei quali si era beccato qualche pugno e
un occhio nero.
Il ragazzo aveva fegato, e questo bastava per non farsi prendere troppo di
mira.
Taehyung era semplicemente perennemente immerso nei suoi pensieri,
incurante del mondo e della gente che gli stava attorno, o forse
semplicemente troppo innocente e buono per arrabbiarsi, nessuno provava
davvero gusto a torturarlo.
Ma per Jimin non era così.
Non era semplicemente nel mirino degli altri.
Jimin era un bersaglio, o meglio IL bersaglio preferito da tutti.
Sta di fatto che ogni giorno che passava, quella scuola diventava sempre
più simile a un inferno, e cos’altro poteva fare lui se non provare a
sopravvivere?
*************************************************************************************
Quando lui passava, gli studenti nel corridoio si separavano
automaticamente, schiacciandosi sui lati, accanto agli armadietti. Lo
guardavano, magari sussurravano qualcosa tra di loro, ma nessuno gli
tagliava mai la strada.
Popolare, temuto, il liceo era il suo regno.
Avanzava con aria annoiata verso il suo armadietto, le mani nelle tasche
dei jeans strappati- che non avrebbe dovuto indossare a scuola- e i capelli
biondi che gli ricadevano sulla fronte.
Hoseok e Namjoon al suo fianco, che parlottavano e tra di loro.
Il biondo ad un tratto si fermò, inquadrando le prede del giorno. Che a
dire la verità erano quelle di tutti i giorni, o quasi.
Si appiattivano sugli armadietti più degli altri, sperando di non essere
notati.
Tentativo vano.
Un ghigno divertito si stampò sulle labbra rosee di Yoongi.
A grandi falcate si avvicinò ai ragazzi, per fermarsi a un soffio dal viso
di uno di loro.
Un silenzio improvviso calò tra gli studenti.
Quel corridoio non era mai sembrato così stretto.
“Park” sibilò con finto tono colloquiale. “è sempre un piacere vederti. Ed
è sempre un piacere che tu voglia offrirmi il pranzo. Non è vero?” esclamò
rivolgendosi agli altri dietro di sé, che annuirono con aria beffarda.
“Allora, dove sono i soldi?” ricominciò assottigliando lo sguardo.
Il moro visibilmente terrorizzato tremava, e si girava verso i suoi
compagni, in una muta richiesta di aiuto.
Nessuno che avesse le palle di contestare, come al solito.
Abbassando lo sguardo, vide la mano di Jungkook, in piedi accanto a lui.
Era stretta a pugno, i tendini tesi, le nocche bianche. Sapeva cosa stava
per succedere, e cercò di afferrargli il polso per evitare il peggio, ma il
minore scattò prima che il moro riuscisse a fare qualunque cosa.
Il suo pugno partì velocemente contro la guancia sinistra del biondo, che
lo afferrò prontamente, scatenando un boato di stupore tra il piccolo
pubblico che si era formato, per poi tirarlo verso di sé, e assestargli una
ginocchiata dritta nello stomaco.
Jimin vide gli occhi del suo amico spalancarsi dal dolore, e sentì il tonfo
che fece quando cadde per terra, sulle ginocchia, tenendo le braccia
strette sul punto dolorante.
Il biondo stava per sferrare un altro calcio, quando “BASTA” un urlo
interruppe il maggiore, che si girò sempre con lo stesso volto annoiato e
impassibile.
Un Taehyung con gli occhi lucidi tirò su il naso, porgendo con mano
tremante al biondo delle banconote.
“Questi sono i miei soldi. Teneteli, ma vi prego, finitela qui, non è
necessario” quasi piagnucolò, in un tono che faceva a botte con la sua voce
profonda.
Yoongi gli strappò i soldi dalle mani sbuffando. “La checca dai capelli
arancioni non è poi del tutto stupida” sentenziò "a differenza del frocio"
commentò sprezzante, spostandosi poi verso la sua classe, soddisfatto del
bottino.
I suoi due amici lo seguirono per qualche passo, poi Namjoon si girò di
scatto, e afferrò Jimin per il colletto senza preavviso, sotto gli occhi
tanti stupiti quanto terrorizzati di Taehyung.
“Questo” sollevò dal suolo Jimin di una ventina di centimetri senza uno
sforzo apparente. “è per dimostrarti che non la finiamo quando decidi tu”
concluse candidamente, sbattendo violentemente il ragazzo contro gli
armadietti, che si accasciò per terra con un gemito.
Si morse il labbro a sangue per cercare di non piangere dall’umiliazione.
Finalmente si allontanarono anche i due scagnozzi, senza evitare di
dedicargli uno sguardo truce Namjoon, e uno sguardo vagamente disgustato di
Hoseok.
Iseul era lì, che li guardava, dondolando avanti e indietro, e torturandosi
le mani visibilmente a disagio.
E Jimin bruciava di frustrazione. Perché tutti li avevano visti, nessuno
come al solito aveva mosso un dito, ma più di tutto perché li aveva visti
lei, lo aveva visto fare di nuovo la figura del debole.
E anche perché lei, quell’essere così perfetto, è la ragazza di Yoongi.
**********************************************************************************
Se c’era una cosa che Taehyung odiava erano le ingiustizie di qualunque
tipo.
E questo suo temperamento lo aveva portato più volte in brutte situazioni,
piccole risse, addirittura minacce, ma in fondo era felice di averci perso
solo i soldi del pranzo questa volta.
Poteva capitargli di peggio in fondo, almeno non era stato picchiato.
Con questo pensiero si ritrovò a camminare verso la sua classe, da solo,
quasi saltellando e pensando al modo migliore di trascorrere la sua pausa
pranzo, non avendo più i soldi per il cibo.
Magari avrebbe potuto ripassare, ascoltare musica, giocare a qualche
giochino idiota sul suo cellulare o semplicemente riflettere, oppure
potrebbe….mangiare il contenuto del cestino del pranzo poggiato sul suo
banco.
Lo guardò piegando la testa da un lato, incredulo quanto confuso.
Era forse uno scherzo di cattivo gusto? Se l’avesse toccato magari
sarebbero spuntati quei tre da qualche nascondiglio e gli avrebbero dato
quello che gli avevano risparmiato oggi.
Tutti sapevano com’era Yoongi, e che i gesti come quello di Jungkook non
venivano mai tollerati o perdonati.
Si guardò intorno nell’aula con aria sospetta.
I 30 banchetti verdi tutti ai loro posti.
Cappotti e zaini dei suoi compagni di classe appesi all'appendiabiti e alle
sedie.
Nessuno.
Si avvicinò ancora più titubante al cestino del pranzo, scorgendo un
post-it verde.
“Mi dispiace per oggi.
Fai più attenzione le prossime volte, mi dispiacerebbe se ti picchiassero.
Buon appetito Kim Taehyung”.
Rimase a bocca aperta come un idiota, girando e rigirando il fogliettino
tra le mani.
Nessuna firma.
La grafia era ordinata e leggermente svolazzante.
Sorrise e si sedette sul suo banco a mangiare silenziosamente.
Quel cibo era delizioso, e lo era ancora di più il pensiero che qualcuno
avesse pensato a lui.
************************************************************************************
Jungkook teneva le braccia dietro la testa, sdraiato sul pavimento del
piccolo terrazzo, nella stessa posizione di Jimin.
Taehyung invece era seduto per terra con le gambe incrociate.
Tutti e tre col naso all’insù, senza dire una parola, in un silenzio
tranquillo e spensierato.
Sembravano quasi dei ragazzi normali, tranquilli, felici, che si godevano
una notte stellata nella periferia di Seoul, dove l’illuminazione
artificiale non era troppo forte.
Non sembrava nemmeno un progetto di scienze- che effettivamente era quello
che avrebbero dovuto fare-, erano semplicemente rilassati e guardavano il
cielo, con i quaderni poggiati in un angolo e dimenticati lì.
Taehyung ruppe il silenzio con un gridolino eccitato. “Una stella cadente!”
esclamò balzando in piedi, indicando il cielo. “devo esprimere un
desiderio” continuò risedendosi e strizzando gli occhi, come per
concentrarsi.
“Dimmelo, hyung!” protestò il maknae balzando seduto pure lui.
Il ragazzo dai capelli arancioni scosse la testa. “Negativo. Se lo dici non
si avvera”.
“Eddai, non fare il difficile” insistette l’altro mettendo su un broncio
adorabile.
Ma l’altro scosse ancora la testa con convinzione.
“Tanto lo so che hai desiderato di scoprire chi ti ha lasciato il cestino
del pranzo! Sei scontato hyung!”
“Siete penosi, pensate davvero che possa funzionare?” li schernì Jimin
facendogli poi una linguaccia.
“non lo so” ammise sincero Tae “Sperare non costa niente no?” concluse con
un sorriso quadrato e facendo spallucce.
Il moro sbuffò. “Sarebbe bello se fosse vero. Ma se ci rifletti come può
una semplice stella avverare un desiderio? È un oggetto inanimato, seppur
bello da vedere. Tutto qua”.
Gli altri due sbuffarono. “Tu sì che sai come rompere la magia Jimin”
protestò il più piccolo sdraiandosi nuovamente.
“Una volta mi è successo che un desiderio si avverasse. Avevo desiderato di
prendere almeno 70 al test di matematica e avevo preso addirittura di più”
continuò Taehyung con aria sognante. “Queste cose funzionano solo per chi
ci crede”.
“Cazzate” sospirò Jimin a bassa voce, sperando che Jin non lo avesse
sentito.
E in quel momento quest’ultimo sbucò dalla porta della camera, reggendo tre
tazze di cioccolata calda.
Ne porse una a ciascuno con gentilezza.
“Dopo queste lavatevi i denti e andate a dormire” gli raccomandò
raccogliendo i quaderni e facendoli alzare.
“Hyuuung, non abbiamo più dieci anni” protestò il maknae ondeggiando le
braccia infastidito.
“Vai a lavorare pure stanotte?” chiese Tae improvvisamente serio, scrutando
lo hyung con i suoi grandi occhi castani.
Il maggiore annuì. “Tornerò domani mattina e aspetterò che andiate a
scuola, poi mi riposerò. State tranquilli.” Li rassicurò con un sorriso
lasciando una carezza affettuosa sui capelli arancioni.
Il viso di Taehyung si contrasse in una smorfia. “non voglio dormire in
camera da solo, lo sai che mi dà fastidio” piagnucolò in modo infantile.
Jin ridacchiò appena.
“Se Jimin o Jungkook dormono in camera mia tu puoi dormire con uno di loro”
sentenziò squadrando i due mori.
“Vado io” sospirò Jimin. “Almeno stanotte non dovrò sorbirmi Kookie che
canta nel sonno”.
“Hey, almeno sono intonato, non come te brutta campana” commentò il minore
offeso, incrociando le braccia.
Jimin lo pungolò sul fianco, facendogli il solletico, scatenando così una
piccola guerra, che si concluse grazie a un Jin leggermente scocciato e
piuttosto in ritardo.
E Jimin mentre usciva dalla stanza con il suo cuscino sotto braccio, si
sentiva l’essere più inutile della terra.
Odiava tutto questo.
Odiava non essere abbastanza per nessuno.
Jin faceva due lavori solo per potersi permettere di prendersi cura di
tutti loro, e no, lui non se lo meritava.
Non meritava quei piccoli attimi di felicità.
Avrebbe voluto poter essere diverso, anzi, semplicemente non poter essere
più sé stesso.
Avrebbe eliminato tutti i suoi problemi alla radice.
In fondo è così sbagliato desiderare di essere felice a 17 anni?
Essere felice.
Essere qualcun altro.
Pensava questo mentre sospirava pesantemente, chiudendo la tenda della
camera di Jin.
Ed è lì che lo vide. Un bagliore che quasi illuminò il cielo.
I suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa, e le sue labbra si schiusero,
non riuscendo a emettere nessun suono.
La scia della stella cadente proseguiva ancora nel cielo, il suo inconscio
continuava a gridargli “Fallo, fallo Jimin!”.
Sapeva che si sarebbe sentito un perfetto idiota due secondi dopo, ma non
potè fare a meno di concentrarsi, e urlare dentro di sé, quello che in quel
momento era il suo desiderio più grande.
Lui aveva tutto ciò che desiderava.
Lui era ciò che avrebbe voluto essere.
“Vorrei essere come Min Yoongi”. Sussurrò Jimin mentre la scia scompariva
nel cielo.
*********angoletto*******LEGGIMIPROOAHJAJ
Heilà! Qualcuno forse ricorderà questa storia postata da me tempo fa (o
forse no perché chi mi caga, dai) e mai conclusa, ho deciso così di
ripostarla, correggendola e modificandola, e FINALMENTE concludendola!
Fatemi sapere cosa ne pensate, arrivedorci ***
Make a wish.
Prologo.
Perché doveva essere tutto così dannatamente difficile?
Il suo sogno era lì giusto qualche secondo prima, così reale davanti ai
suoi occhi, dissolto in un attimo da Jin e dal movimento che aveva fatto
fare alla tenda per svegliarlo.
Jimin aprì gli occhi pigramente, uno per volta, stropicciandoseli con i
pugni chiusi. Sbuffò amareggiato come ogni mattina, noncurante dei tiepidi
raggi di sole che ora gli riscaldavano il viso.
Jungkook nel letto accanto al suo era già sveglio, e lo guardava divertito
con i capelli neri ancora scompigliati in una massa informe.
“Ancora quel sogno?” ridacchiò controllando il cellulare.
Il maggiore annuì piano. “sempre lo stesso” confermò.
L’altrò si alzò, ritrovandosi seduto a gambe incrociate sulla brandina.
Iniziò a stiracchiarsi allungando le braccia a destra e a sinistra.
“Dovresti smetterla di torturarti troppo. Mancano solo due anni alla fine
delle superiori, dopo sarà finito tutto e tu sarai finalmente libero!” gioì
agitando un pugno in aria.
“E sarò libero anch’io” commentò Jin, impegnato a rasettare la stanzetta
piena di vestiti e libri da tutte le parti. “Un marmocchio in meno a cui
badare” scherzò dandogli un buffetto affettuoso sulla nuca.
“Due, contando Taehyung” precisò il maknae mimando il numero con le dita.
Il più grande si limitò a scuotere la testa, per poi intimare a entrambi di
scendere a fare colazione, altrimenti Taehyung avrebbe mangiato tutti i
loro pancakes.
Al solo sentir nominare il dolce, Jungkook si attivò, alzandosi dal letto
di scatto e intraprendendo una disperata corsa verso la cucina, mentre
l’altro, continuava a rotolarsi nel letto pigramente, sentendo
scricchiolare le giunture che gli facevano male.
Il sole splendeva, si sentiva una leggera brezza rinfrescante, il cielo era
del suo azzurro preferito.
Una splendida giornata.
Ma lui non era pronto.
Non era pronto all’ennesima giornata di merda.
*************************************************************************************
La Seoul High School era il luogo più tranquillo e sicuro del mondo.
Ovviamente per chiunque fosse ricco, bello, etero, o aveva un carattere
così forte da farsi rispettare.
E guarda a caso, a Jimin mancavano praticamente tutte queste qualità.
Infatti non era sicuramente tra i più ricchi della scuola.
Al contrario, non sapeva come avrebbe fatto senza l’aiuto di Jin che si
prendeva cura di lui e Taehyung da cinque anni a questa parte, trattandoli
come fratelli, anzi, quasi come figli, senza mai pretendere nulla in
cambio.
Perché in fondo, cosa avrebbero potuto dargli in cambio?
Non era nemmeno bello, o almeno, nessuno lo riteneva tale. Quei brutti
occhiali con le lenti spesse un dito non aiutavano. Ma in fondo perché, o
meglio, per chi doveva sforzarsi di piacere?
Era stato additato come gay da quando aveva espresso la sua passione per la
danza.
“Branco di ignoranti omofobi!” aveva commentato Jin sbattendo il pugno sul
tavolo della cucina quando glielo aveva raccontato, in lacrime. La realtà
era diversa da ciò, sebbene non poi così distante.
Jimin aveva sempre saputo di essere una persona particolare. Lui non si
innamora di ragazze o ragazzi, lui si innamora delle persone.
Del carattere, della personalità, dei gesti, e perché no, anche della
bellezza, maschile o femminile che fosse.
E gli piaceva qualcuno, oh, se gli piaceva. Non faceva altro che osservarla
ai cambi dell’ora o alla ricreazione.
Capelli neri lunghi e fluenti, occhi grandi, pelle candida. Come può quella
brutta divisa scolastica stare davvero bene a qualcuno?
Anche i suoi movimenti. Camminava come se fosse su una nuvola. I movimenti
delle braccia perfettamente aggraziati.
E poi il suo nome, Iseul.
Rugiada.
Bello quasi quanto lei.
Si sarebbe mai accorta di lui? Certo che no. In fondo il quarto punto non
era da sottovalutare.
Non aveva un carattere forte che gli permettesse di farsi rispettare. Era
incredibile come riuscisse a essere in ombra addirittura tra gli sfigati.
Jungkook non era esattamente il più popolare della scuola. Ma almeno aveva
carattere. In un modo o nell’altro riusciva sempre a farsi rispettare e a
farsi valere, tranne nei casi rari nei quali si era beccato qualche pugno e
un occhio nero.
Il ragazzo aveva fegato, e questo bastava per non farsi prendere troppo di
mira.
Taehyung era semplicemente perennemente immerso nei suoi pensieri,
incurante del mondo e della gente che gli stava attorno, o forse
semplicemente troppo innocente e buono per arrabbiarsi, nessuno provava
davvero gusto a torturarlo.
Ma per Jimin non era così.
Non era semplicemente nel mirino degli altri.
Jimin era un bersaglio, o meglio IL bersaglio preferito da tutti.
Sta di fatto che ogni giorno che passava, quella scuola diventava sempre
più simile a un inferno, e cos’altro poteva fare lui se non provare a
sopravvivere?
*************************************************************************************
Quando lui passava, gli studenti nel corridoio si separavano
automaticamente, schiacciandosi sui lati, accanto agli armadietti. Lo
guardavano, magari sussurravano qualcosa tra di loro, ma nessuno gli
tagliava mai la strada.
Popolare, temuto, il liceo era il suo regno.
Avanzava con aria annoiata verso il suo armadietto, le mani nelle tasche
dei jeans strappati- che non avrebbe dovuto indossare a scuola- e i capelli
biondi che gli ricadevano sulla fronte.
Hoseok e Namjoon al suo fianco, che parlottavano e tra di loro.
Il biondo ad un tratto si fermò, inquadrando le prede del giorno. Che a
dire la verità erano quelle di tutti i giorni, o quasi.
Si appiattivano sugli armadietti più degli altri, sperando di non essere
notati.
Tentativo vano.
Un ghigno divertito si stampò sulle labbra rosee di Yoongi.
A grandi falcate si avvicinò ai ragazzi, per fermarsi a un soffio dal viso
di uno di loro.
Un silenzio improvviso calò tra gli studenti.
Quel corridoio non era mai sembrato così stretto.
“Park” sibilò con finto tono colloquiale. “è sempre un piacere vederti. Ed
è sempre un piacere che tu voglia offrirmi il pranzo. Non è vero?” esclamò
rivolgendosi agli altri dietro di sé, che annuirono con aria beffarda.
“Allora, dove sono i soldi?” ricominciò assottigliando lo sguardo.
Il moro visibilmente terrorizzato tremava, e si girava verso i suoi
compagni, in una muta richiesta di aiuto.
Nessuno che avesse le palle di contestare, come al solito.
Abbassando lo sguardo, vide la mano di Jungkook, in piedi accanto a lui.
Era stretta a pugno, i tendini tesi, le nocche bianche. Sapeva cosa stava
per succedere, e cercò di afferrargli il polso per evitare il peggio, ma il
minore scattò prima che il moro riuscisse a fare qualunque cosa.
Il suo pugno partì velocemente contro la guancia sinistra del biondo, che
lo afferrò prontamente, scatenando un boato di stupore tra il piccolo
pubblico che si era formato, per poi tirarlo verso di sé, e assestargli una
ginocchiata dritta nello stomaco.
Jimin vide gli occhi del suo amico spalancarsi dal dolore, e sentì il tonfo
che fece quando cadde per terra, sulle ginocchia, tenendo le braccia
strette sul punto dolorante.
Il biondo stava per sferrare un altro calcio, quando “BASTA” un urlo
interruppe il maggiore, che si girò sempre con lo stesso volto annoiato e
impassibile.
Un Taehyung con gli occhi lucidi tirò su il naso, porgendo con mano
tremante al biondo delle banconote.
“Questi sono i miei soldi. Teneteli, ma vi prego, finitela qui, non è
necessario” quasi piagnucolò, in un tono che faceva a botte con la sua voce
profonda.
Yoongi gli strappò i soldi dalle mani sbuffando. “La checca dai capelli
arancioni non è poi del tutto stupida” sentenziò "a differenza del frocio"
commentò sprezzante, spostandosi poi verso la sua classe, soddisfatto del
bottino.
I suoi due amici lo seguirono per qualche passo, poi Namjoon si girò di
scatto, e afferrò Jimin per il colletto senza preavviso, sotto gli occhi
tanti stupiti quanto terrorizzati di Taehyung.
“Questo” sollevò dal suolo Jimin di una ventina di centimetri senza uno
sforzo apparente. “è per dimostrarti che non la finiamo quando decidi tu”
concluse candidamente, sbattendo violentemente il ragazzo contro gli
armadietti, che si accasciò per terra con un gemito.
Si morse il labbro a sangue per cercare di non piangere dall’umiliazione.
Finalmente si allontanarono anche i due scagnozzi, senza evitare di
dedicargli uno sguardo truce Namjoon, e uno sguardo vagamente disgustato di
Hoseok.
Iseul era lì, che li guardava, dondolando avanti e indietro, e torturandosi
le mani visibilmente a disagio.
E Jimin bruciava di frustrazione. Perché tutti li avevano visti, nessuno
come al solito aveva mosso un dito, ma più di tutto perché li aveva visti
lei, lo aveva visto fare di nuovo la figura del debole.
E anche perché lei, quell’essere così perfetto, è la ragazza di Yoongi.
**********************************************************************************
Se c’era una cosa che Taehyung odiava erano le ingiustizie di qualunque
tipo.
E questo suo temperamento lo aveva portato più volte in brutte situazioni,
piccole risse, addirittura minacce, ma in fondo era felice di averci perso
solo i soldi del pranzo questa volta.
Poteva capitargli di peggio in fondo, almeno non era stato picchiato.
Con questo pensiero si ritrovò a camminare verso la sua classe, da solo,
quasi saltellando e pensando al modo migliore di trascorrere la sua pausa
pranzo, non avendo più i soldi per il cibo.
Magari avrebbe potuto ripassare, ascoltare musica, giocare a qualche
giochino idiota sul suo cellulare o semplicemente riflettere, oppure
potrebbe….mangiare il contenuto del cestino del pranzo poggiato sul suo
banco.
Lo guardò piegando la testa da un lato, incredulo quanto confuso.
Era forse uno scherzo di cattivo gusto? Se l’avesse toccato magari
sarebbero spuntati quei tre da qualche nascondiglio e gli avrebbero dato
quello che gli avevano risparmiato oggi.
Tutti sapevano com’era Yoongi, e che i gesti come quello di Jungkook non
venivano mai tollerati o perdonati.
Si guardò intorno nell’aula con aria sospetta.
I 30 banchetti verdi tutti ai loro posti.
Cappotti e zaini dei suoi compagni di classe appesi all'appendiabiti e alle
sedie.
Nessuno.
Si avvicinò ancora più titubante al cestino del pranzo, scorgendo un
post-it verde.
“Mi dispiace per oggi.
Fai più attenzione le prossime volte, mi dispiacerebbe se ti picchiassero.
Buon appetito Kim Taehyung”.
Rimase a bocca aperta come un idiota, girando e rigirando il fogliettino
tra le mani.
Nessuna firma.
La grafia era ordinata e leggermente svolazzante.
Sorrise e si sedette sul suo banco a mangiare silenziosamente.
Quel cibo era delizioso, e lo era ancora di più il pensiero che qualcuno
avesse pensato a lui.
************************************************************************************
Jungkook teneva le braccia dietro la testa, sdraiato sul pavimento del
piccolo terrazzo, nella stessa posizione di Jimin.
Taehyung invece era seduto per terra con le gambe incrociate.
Tutti e tre col naso all’insù, senza dire una parola, in un silenzio
tranquillo e spensierato.
Sembravano quasi dei ragazzi normali, tranquilli, felici, che si godevano
una notte stellata nella periferia di Seoul, dove l’illuminazione
artificiale non era troppo forte.
Non sembrava nemmeno un progetto di scienze- che effettivamente era quello
che avrebbero dovuto fare-, erano semplicemente rilassati e guardavano il
cielo, con i quaderni poggiati in un angolo e dimenticati lì.
Taehyung ruppe il silenzio con un gridolino eccitato. “Una stella cadente!”
esclamò balzando in piedi, indicando il cielo. “devo esprimere un
desiderio” continuò risedendosi e strizzando gli occhi, come per
concentrarsi.
“Dimmelo, hyung!” protestò il maknae balzando seduto pure lui.
Il ragazzo dai capelli arancioni scosse la testa. “Negativo. Se lo dici non
si avvera”.
“Eddai, non fare il difficile” insistette l’altro mettendo su un broncio
adorabile.
Ma l’altro scosse ancora la testa con convinzione.
“Tanto lo so che hai desiderato di scoprire chi ti ha lasciato il cestino
del pranzo! Sei scontato hyung!”
“Siete penosi, pensate davvero che possa funzionare?” li schernì Jimin
facendogli poi una linguaccia.
“non lo so” ammise sincero Tae “Sperare non costa niente no?” concluse con
un sorriso quadrato e facendo spallucce.
Il moro sbuffò. “Sarebbe bello se fosse vero. Ma se ci rifletti come può
una semplice stella avverare un desiderio? È un oggetto inanimato, seppur
bello da vedere. Tutto qua”.
Gli altri due sbuffarono. “Tu sì che sai come rompere la magia Jimin”
protestò il più piccolo sdraiandosi nuovamente.
“Una volta mi è successo che un desiderio si avverasse. Avevo desiderato di
prendere almeno 70 al test di matematica e avevo preso addirittura di più”
continuò Taehyung con aria sognante. “Queste cose funzionano solo per chi
ci crede”.
“Cazzate” sospirò Jimin a bassa voce, sperando che Jin non lo avesse
sentito.
E in quel momento quest’ultimo sbucò dalla porta della camera, reggendo tre
tazze di cioccolata calda.
Ne porse una a ciascuno con gentilezza.
“Dopo queste lavatevi i denti e andate a dormire” gli raccomandò
raccogliendo i quaderni e facendoli alzare.
“Hyuuung, non abbiamo più dieci anni” protestò il maknae ondeggiando le
braccia infastidito.
“Vai a lavorare pure stanotte?” chiese Tae improvvisamente serio, scrutando
lo hyung con i suoi grandi occhi castani.
Il maggiore annuì. “Tornerò domani mattina e aspetterò che andiate a
scuola, poi mi riposerò. State tranquilli.” Li rassicurò con un sorriso
lasciando una carezza affettuosa sui capelli arancioni.
Il viso di Taehyung si contrasse in una smorfia. “non voglio dormire in
camera da solo, lo sai che mi dà fastidio” piagnucolò in modo infantile.
Jin ridacchiò appena.
“Se Jimin o Jungkook dormono in camera mia tu puoi dormire con uno di loro”
sentenziò squadrando i due mori.
“Vado io” sospirò Jimin. “Almeno stanotte non dovrò sorbirmi Kookie che
canta nel sonno”.
“Hey, almeno sono intonato, non come te brutta campana” commentò il minore
offeso, incrociando le braccia.
Jimin lo pungolò sul fianco, facendogli il solletico, scatenando così una
piccola guerra, che si concluse grazie a un Jin leggermente scocciato e
piuttosto in ritardo.
E Jimin mentre usciva dalla stanza con il suo cuscino sotto braccio, si
sentiva l’essere più inutile della terra.
Odiava tutto questo.
Odiava non essere abbastanza per nessuno.
Jin faceva due lavori solo per potersi permettere di prendersi cura di
tutti loro, e no, lui non se lo meritava.
Non meritava quei piccoli attimi di felicità.
Avrebbe voluto poter essere diverso, anzi, semplicemente non poter essere
più sé stesso.
Avrebbe eliminato tutti i suoi problemi alla radice.
In fondo è così sbagliato desiderare di essere felice a 17 anni?
Essere felice.
Essere qualcun altro.
Pensava questo mentre sospirava pesantemente, chiudendo la tenda della
camera di Jin.
Ed è lì che lo vide. Un bagliore che quasi illuminò il cielo.
I suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa, e le sue labbra si schiusero,
non riuscendo a emettere nessun suono.
La scia della stella cadente proseguiva ancora nel cielo, il suo inconscio
continuava a gridargli “Fallo, fallo Jimin!”.
Sapeva che si sarebbe sentito un perfetto idiota due secondi dopo, ma non
potè fare a meno di concentrarsi, e urlare dentro di sé, quello che in quel
momento era il suo desiderio più grande.
Lui aveva tutto ciò che desiderava.
Lui era ciò che avrebbe voluto essere.
“Vorrei essere come Min Yoongi”. Sussurrò Jimin mentre la scia scompariva
nel cielo.
*********angoletto*******LEGGIMIPROOAHJAJ
Heilà! Qualcuno forse ricorderà questa storia postata da me tempo fa (o
forse no perché chi mi caga, dai) e mai conclusa, ho deciso così di
ripostarla, correggendola e modificandola, e FINALMENTE concludendola!
Fatemi sapere cosa ne pensate, arrivedorci ***