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Autore: nikita82roma    13/04/2018    6 recensioni
Fuori c’era la tempesta. Dentro anche.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Lo aveva immaginato tante volte e mai così.
Aveva pensato che sarebbe stato qualcosa di dolce, timido e forse divertente. Credeva che si sarebbero sfiorati le mani, che non ci sarebbe stato bisogno di dire molto di più di quanto ormai entrambi non sapessero bene, che ci sarebbe stato un bacio di quelli che si danno gli adolescenti un po’ impacciati. Avrebbero riso, sì, probabilmente lo avrebbero fatto. Di loro stessi, della situazione e di tutto. Poi sarebbe venuto il resto, perché non poteva essere altrimenti, poi sarebbe stato il momento dell’amore, della passione, il loro momento.
Non aveva fatto i conti con lei, con il suo rifiuto di vedere in faccia la realtà, di ascoltarlo, di sentire la sua disperata richiesta, di capire tra i silenzi delle parole urlate che aveva solo paura perché l’amava.
Non aveva fatto i conti nemmeno con se stesso, con quel sentimento di vuoto che aveva provato all’ennesimo rifiuto, con il dolore per quelle parole di lei troppo dure da essere vere e con le proprie che gli avevano fatto male nel sentirle. Aveva provato pena per se stesso e per quell’amore che lei non voleva.

Aveva smesso di immaginare. Smesso di sperare. Smesso di chiedersi come sarebbe stato. E poi, come sempre, lei aveva stravolto tutto.
Aveva provato a rimanere lucido, duro, distaccato. A chiedere spiegazioni e a resistere ai baci di lei al quale aveva risposto, preso alla sprovvista, con un gesto istintivo, come se baciarla fosse sempre la cosa più normale del mondo. L’aveva ascoltata o meglio ci aveva provato, ma quando aveva sentito sulla punta delle labbra gocce troppo salate per essere pioggia ed aveva visto le guance solcate dal pianto, sapeva che lei avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa, lui non avrebbe resistito.
Aveva avuto anche il tempo per sentirsi un mostro quando l’aveva allontanata, aveva interrotto quel bacio che solo Dio sapeva quanto aveva voluto e poi non riusciva a sostenere quello sguardo carico di tutto quello che avrebbe sempre voluto vedere. Davanti a quegli occhi cosa poteva importargli delle parole? Cosa poteva dire di più del suo sguardo? Gli stava chiedendo scusa e in realtà a lui di quelle scuse già non importava più niente stava solo cercando di capire come gestire quelle emozioni.
Si era avvicinata di nuovo a lui, tentando di baciarlo ancora, era rimasto un momento immobile e lei si era allontanata, aveva temuto che le scuse non erano bastate, che era arrivata tardi, che non c’era più tempo per loro. Gli aveva accarezzato le labbra, quelle che non aveva potuto lambire con la sua bocca e sarebbe stato un addio se lui non avesse reagito.
Fuori c’era ancora la tempesta che l’aveva bagnata mentre era seduta sulle altalene a decidere il suo futuro. Decidere se cominciare finalmente a vivere e lasciarsi alle spalle i detriti di una vita dietro i quali si era nascosta costruendo il suo muro o continuare a restare lì rintanata, lasciando andare via tutto quello che voleva. Lui.
Un lampo li illuminò e lui vide il viso di lei brillare di lacrime e pioggia. Pensò che nell’amore non c’era spazio per l’orgoglio e fece quello che voleva fare da troppo tempo.
La porta si chiuse dietro le spalle di lei, imprigionata dal corpo di lui che la rapiva in un bacio che non aveva fine. Era ossigeno e rimanere senza fiato. Era l’insieme di tutto che crea il nulla. Si baciarono scambiandosi l’anima, e le mani  e la bocca di lui bramavano ogni parte di lei. Labbra, viso, collo e poi ancora labbra. Erano baci infiniti carichi di passione e di tutti quei sentimenti troppo a lungo sopiti.
Lei si lasciò baciare mente gli stringeva le spalle e gli accarezzava il volto e sospirò sentendosi forse per la prima volta completamente viva, padrona delle sue decisioni. Era lì perché voleva esserci, perché non aveva mai voluto nient’altro tanto nella sua vita come quell’uomo, in quel momento e dentro quel sospiro non c’era solo la beatitudine che quei baci le sapevano regalare, ma la fine di una lotta contro se stessa. Si era resa conto, in quel momento, che aveva smesso di combattere e negare a se stessa la possibilità di essere felice, perché non lo era mai stata come in quel momento. Si era accorta che non aveva mai voluto nessun uomo come aveva voluto lui. Era stata un’esplosione di tutti quei sentimenti ignorati, accantonati e nascosti per quattro anni, ed era proprio per quello che lo aveva fatto, perché dentro di lei sentiva essere divampato qualcosa che non era certa di saper gestire, non sapeva se aveva tutto gli strumenti emotivi per farlo, ma era altrettanto sicura che era arrivata ad un punto che non avrebbe più potuto continuare a negare prima di tutto a se stessa quello che sentiva. Aveva fatto un percorso per arrivare lì, era stato più difficile di quanto pensasse ed era dovuta essere sul punto di perdere tutto, anche la vita, per capire cosa volesse e valesse veramente la pena di vivere. Lui. Solo lui.

Lo sentì allontanarsi e poi guardarla. Nessuno l’aveva mai guardata così, con quel misto di amore e venerazione che le fece tremare le gambe più di quanto già non facessero, come se tutto quello non fosse già abbastanza. Non ebbe paura di farsi guardare dove nessuna l’aveva mai vista, dove non si era più mostrata, perché non era più la stessa. Non ci fu imbarazzo con lui quando le sbottonò la camicetta ed andò con lo sguardo a cercare la sua cicatrice. Poteva sentire le sue parole pronunciate quel giorno, vedeva lo sguardo disperato fino a quando non fu solo buio ed era sicura che erano state quelle parole a non far arrendere il suo cuore, perché lui le aveva dato in quel preciso istante quella linfa vitale che la stava abbandonando.
La sfiorò e lei accompagnò la mano di lui in mezzo ai suoi seni, lasciò che lui coprisse la sua cicatrice e lo tenne lì fermo, perché sentisse il suo cuore battere, forte, per lui.
Si rese conto in quel momento che era viva, non solamente per un puro fatto biologico, ma perché stava vivendo. Quanti giorni aveva buttato non vivendo ma lasciando che la vita scorresse via, quanto tempo aveva sprecato opponendosi inutilmente all’inevitabile, perché una cosa aveva imparato, non si può comandare un sentimento, non si può incanalare e deviare il suo corso, perché prima o poi con la sua forza trova il modo di rompere gli argini e trovare la sua strada.
Lo aveva fatto quel giorno, facendole percorrere la strada che portava al loft, la strada che portava a lui, che la faceva stare appoggiata ad una porta a prendere e dare baci riuscendo finalmente a sorridere e quando le loro dita si intrecciarono e le loro mani si strinsero le venne naturale muoversi da lì, fare lei il primo passo come aveva sempre fatto da quando era arrivata lì. Sapeva dove era la sua camera ed era lì che voleva andare.
Per due volte in meno di un anno era stata sul punto di morire ed entrambe le volte tutti i suoi pensieri erano andati a lui. Voleva di più. Voleva viverlo.
Lui la seguì come in trance ancora non pienamente consapevole di cosa stesse accadendo. Sentì le dita di lei posarsi sul volto, accarezzarlo dolcemente e poi rimasero per qualche istante a guardarsi, increduli. Quello che stava accadendo era una sorpresa per entrambi ma era lui quello che faticava a prendere il controllo della situazione. Credeva di vivere in un sogno dal quale non avrebbe mai voluto svegliarsi perché era tutto così dannatamente perfetto. Lui, lei, loro. Quei baci che aveva sempre sognato di darle, quelle parole che aveva sempre sognato di sentirle dire. Lei era lì, in piedi davanti al suo letto e lei non poteva nemmeno lontanamente pensare a quante volte lui l’aveva immaginata lì e come la sua mente aveva fantasticato sul suo corpo, indugiato su ogni piccolo dettaglio tanto da pensare che fosse vero. Aveva sognato di fare l’amore con lei in ogni modo, in ogni posizione, con dolcezza, passione, ardore ma ora che era lì non era in grado nemmeno do toccarla, tanta la paura che sparisse come un miraggio o che potesse fare qualcosa di sbagliato e lei sarebbe fuggita via.
Si guardarono per istanti eterni, cercando l’uno negli occhi dell’altra risposte a domande solo pensate e mai poste, per pudore, per paura, perché qualsiasi cosa in più avrebbe rotto quel momento magico.
Fu lei a guidarlo, a fargli capire che non sarebbe scappata. Non più. Che era lì per lui. Che voleva lui. Si scoprì una spalla e fu più che un invito. Era un guerriero che si toglieva la corazza, che si mostrava inerme al suo cospetto. Lui non si tirò indietro, le scostò i capelli, liberò il collo, accarezzò la pelle morbida mentre lei abbassava lo sguardo. La sentì tremare e tremò a sua volta.
Si chiese se era così perché era la loro prima volta insieme e mai aveva sognato e desiderato una donna per così tanto tempo o se sarebbe stato così per sempre, perché ne era certo, lei gli avrebbe dato sempre quella sensazione di amore assoluto, di estasi dei sensi.
La accompagnò facendola sdraiare sul letto e dolcemente si posò sopra di lei. Uno, cento, mille baci, mentre lei lo cercava e lo voleva con la stessa sua voglia, mentre le mani bramavano la pelle sotto la stoffa di vestiti troppo superflui per restare al loro posto a lungo e i lampi che illuminavano i loro corpi per brevi istanti, il tempo di scoprirsi e poi tornare a baciarsi, ad esplorare la pelle, le forme, a sentire i sapori, inalare gli odori dei loro corpi pronti per amarsi.
Raccolse in un ennesimo bacio il sospiro di piacere di lei quando entrò in lei. La sentì fremere e la strinse più forte per non farle sentire che tremava anche lui. Avrebbe voluto dirgli che lo amava anche lei, non le lasciò la bocca libera di farlo, perché lui aveva paura che lo potesse dire. Non avrebbe retto anche a quello quella notte.
Fuori c’era la tempesta. Dentro anche.



Notte bella
che si sprecano,
belle bocche
ma non sanno
che dicono.
Ma che dire se,
gli occhi parlano…
Sanno tutto della tua
bella pelle, bella bella…
Nella notte ormai..
..magnifica
   
 
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