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Autore: RobertoBontempi    13/04/2018    2 recensioni
Un Creatore alla ricerca delle sue creature
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A IMMAGINE E SOMIGLIANZA
                
 
Quel pianeta ruotava alla distanza giusta dalla stella gialla e se ne illuminava di bianco e di azzurro. Ma anch'esso non rivelò nulla all'esame di Jav e di Liv.
Erano Entità di luce. La miriade di fotoni che li costituiva sondarono attentamente la superficie e il sottosuolo fin dove gli sconvolgimenti litologici potevano aver ricoperto eventuali tracce dei Figli di Jav.
"Trovarne il mondo d'origine sarebbe l'ideale" manifestò Jav al compagno. "In tutto questo tempo, però, potrebbero aver raggiunto e popolato altri mondi. Le mie creature sono energiche, geniali, ricche d'iniziativa."
"Ma sei sicuro che almeno la galassia sia questa?" sfotteva Liv ritraendo per prudenza i fotoni più esposti. Scherzava, certo; eppure lievemente, notò Jav, il turbinio delle sue particelle era dubbioso. Non se la sentì di replicare. Egli stesso aveva dovuto superare quel dubbio assurdo e, poi, era già tanto che vagavano assieme senza risultato, stella dopo stella, mondo dopo mondo.
'I giovani' pensò con rabbia 'hanno sempre molto rispetto, ma anche molte riserve nei confronti dei più anziani; quasi che il tempo possa consumarci i ricordi.' 
Meditò con orrore che, forse, quella stella gialla con pianeti grandi e piccoli su uno dei quali aveva lasciato le sue creature, esistesse solo nella sua mente. 'Potrebbe uno come noi' si chiese 'uscire di coscienza a tal punto da credere reali i frutti della fantasia? Potrebbero davvero non esistere le mie creature?' No, no. Doveva esserci qualche altra spiegazione.
"Anche qui niente" manifestò rassegnato. "Vieni, Liv. Facciamo un altro po' di disordine."
Era da tanto che Jav, il Creatore, si dedicava con impegno e accanimento a distruggere i perfetti equilibri dei sistemi stellari, a disintegrare e rendere impalpabile ciò che laboriosamente, col trascorrere dell'eternità, era riuscito a conformarsi in notevoli masse. Ma la posta era ancora in gioco pur se valida solo per Jav, per la sua unica soddisfazione. I suoi simili lo avrebbero chiamato ancora Jav il Creatore, dopo aver cancellato dal firmamento un numero così grande di stelle gialle? Jav l'Egoista, lo avrebbero denominato.    
"Per tutti noi è piacevole mescolare la nostra essenza alla materia delle stelle" aveva già significato altrove a Liv. "Quando mi trattenevo su quel pianeta io stesso mi ricreavo nel loro Sole; ma lo facevo con giudizio, ogni undici dei loro anni e senza andare oltre i primi strati superficiali; così, nè le loro fragili strutture, nè l'astro ne hanno mai risentito.
Alcune Entità di luce, per provare un'ebbrezza più intensa, sprofondano tanto nel plasma delle stelle più massicce da squilibrarne la struttura. A loro poco importa che, così facendo, le stelle esplodano.
Ma per me è diverso: è necessario. Sono tante le stelle possibili di questa galassia e adesso mi sembrano tutte uguali; se non eliminassimo quelle già esaminate correremmo il rischio di rivisitarle. E così la nostra ricerca potrebbe non avere mai fine."
Si immersero nell'incandescenza della fusione protonica, come tante altre volte prima, sempre più giù, verso il densissimo centro. Lì quella misera essenza atomica, già tanto sconvolta nelle sue innumerevoli parti, sarebbe impazzita ulteriormente e avrebbe superato tutti i limiti della possibile esistenza in quel particolare stato.
Quando ne emersero, richiamando i propri fotoni fra le tante  forme energetiche estranee, la stella si era rigonfiata mostruosamente scagliando la propria massa in ogni direzione. L'enorme volume, ribollente di particelle e radiazioni, continuava a dilatarsi scatenando per l'intero sistema forze inimmaginabili e represse troppo a lungo.
Inevitabilmente inebriati, Jav e Liv percepirono le decine di mondi volatilizzati, calcinati o dispersi dall'onda d'urto.
"Le mie creature, prima che le abbandonassi, chiamavano 'nove' queste esplosioni" comunicò Jav. "E sapessi" aggiunse in un turbinio più gaio "come cercavano di motivarle. Dovevano dare a tutto una spiegazione, anche a me. Anzi io sono sempre stato uno dei loro argomenti preferiti.
Si esprimevano a lungo su di me, con gesti strani dal significato sempre diverso ma sempre col palese scopo di propiziarmi, lasciando segni su certe superficie ed edificando costruzioni gigantesche per loro ma, del tutto inutili. Sprecavano buona parte della loro esistenza a mimare verso di me, a giustificarmi, teorizzarmi e di tutto questo, in verità ti dico, io stesso capivo molto poco. Molti, più furbi degli altri, si specializzarono nel culto della mia essenza e ne ricavavano prestigio e vantaggi, dando a credere alle folle più ingenue di avere l'esclusiva per dispensare grande saggezza e basilari verità. Sono sicuro che nessuno di loro, per saggio che fosse, ha mai capito come effettivamente sono.”
"Un illuso con tante speranze?" scherzava Liv. "E smemorato, no?
Sai, Jav, non mi dispiace andare in giro a ubriacarmi di stelle e a mettere in agitazione quelle gialle. Hai notato che pulsano di paura al solo vederci avvicinare?
Comunque, stai sicuro, le troveremo le tue creature prima o poi. Speriamo prima. E ora, Maestro mio, dammi la nuova direzione.”
Era sempre commovente per Jav constatare con quanta dedizione il giovane Liv si lasciasse condurre in giro instancabilmente per quella che era la sua galassia natale e nella quale non aveva altro scopo da perseguire se non quello di fargli compagnia e di consolarlo.
Normalmente’ pensava ‘si nasce in una qualsiasi galassia ma ci si riunisce presto agli altri. Lui ha conosciuto solo me. Con quelli farebbe di meglio?’
Jav cercava coloro che a tutti gli effetti considerava suoi figli ma da molto prima di incontrare Liv, il Consolatore. Era tanto tempo. Ma che importanza ha il tempo per chi, in pratica, è eterno?
Certo prima era stato più penoso cercare da solo fra miliardi di stelle in quella che le sue creature chiamavano Via Lattea, quando col loro minuscolo cervello materiale ragionavano di cose tanto più grandi di loro. Lontano dai propri simili vaganti solitamente oltre gli instabili confini dell’universo, senza attività creative per lui che era Creatore, solo il pensiero di ritrovare presto la sua creazione più bella l’aveva trattenuto dal far ritorno.
 
“Mio dolce Liv” si confidò una volta, “creare è quanto di più nobile e interessante si possa scegliere di fare. Ma anche per chi ha scelto di essere Creatore creare non è facile. Si resta folgorati dal lampo creativo e si tenta come meglio è possibile di attuare la propria idea. Ma quasi mai, manipolando sostanze materiali, si riesce a renderle belle e funzionali come si sono immaginate. Sono troppi i vincoli naturali che ostacolano la materia e tremendamente complicate le interazioni atomiche. Spesso le creazioni risultanti sono veri aborti e rispecchiano molto pallidamente le intenzioni del Creatore. Creare qualcosa di veramente bello è un miracolo.”
Con Liv adesso era diverso. Poteva esprimersi, confidare le proprie speranze e anche le paure e lo sconforto, poteva svagarsi all’occorrenza. Aveva una compagnia, finalmente.
Una volta aveva cercato di spiegare una caratteristica che le sue creature presentavano in maniera predominante, ossessiva e, per darne dimostrazione pratica, aveva provato anch’egli a mescolare e a turbinare follemente i propri fotoni con quelli del compagno. Quando se ne disciolse e si ricompose altrove notò Liv oltremodo perplesso.
Sai, Jav, non mi dispiace andare in giro a ubriacarmi di stelle e a mettere in agitazione quelle gialle. Hai notato che pulsano di paura al solo vederci avvicinare?
Comunque, stai sicuro, le troveremo le tue creature prima o poi. Speriamo prima. E ora, Maestro mio, dammi la nuova direzione.”
Era sempre commovente per Jav constatare con quanta dedizione il giovane Liv si lasciasse condurre in giro instancabilmente per quella che era la sua galassia natale e nella quale non aveva altro scopo da perseguire se non quello di fargli compagnia e di consolarlo.
Normalmente’ pensava ‘si nasce in una qualsiasi galassia ma ci si riunisce presto agli altri. Lui ha conosciuto solo me. Con quelli farebbe di meglio?’
Jav cercava coloro che a tutti gli effetti considerava suoi figli ma da molto prima di incontrare Liv, il Consolatore. Era tanto tempo. Ma che importanza ha il tempo per chi, in pratica, è eterno?
Certo prima era stato più penoso cercare da solo fra miliardi di stelle in quella che le sue creature chiamavano Via Lattea, quando col loro minuscolo cervello materiale ragionavano di cose tanto più grandi di loro. Lontano dai propri simili vaganti solitamente oltre gli instabili confini dell’universo, senza attività creative per lui che era Creatore, solo il pensiero di ritrovare presto la sua creazione più bella l’aveva trattenuto dal far ritorno.
“Mio dolce Liv” si confidò una volta, “creare è quanto di più nobile e interessante si possa scegliere di fare. Ma anche per chi ha scelto di essere Creatore creare non è facile. Si resta folgorati dal lampo creativo e si tenta come meglio è possibile di attuare la propria idea. Ma quasi mai, manipolando sostanze materiali, si riesce a renderle belle e funzionali come si sono immaginate. Sono troppi i vincoli naturali che ostacolano la materia e tremendamente complicate le interazioni atomiche. Spesso le creazioni risultanti sono veri aborti e rispecchiano molto pallidamente le intenzioni del Creatore. Creare qualcosa di veramente bello è un miracolo.”
Con Liv adesso era diverso. Poteva esprimersi, confidare le proprie speranze e anche le paure e lo sconforto, poteva svagarsi all’occorrenza. Aveva una compagnia, finalmente.
Una volta aveva cercato di spiegare una caratteristica che le sue creature presentavano in maniera predominante, ossessiva e, per darne dimostrazione pratica, aveva provato anch’egli a mescolare e a turbinare follemente i propri fotoni con quelli del compagno. Quando se ne disciolse e si ricompose altrove notò Liv oltremodo perplesso.
"È l'equivalente di ciò che per mie creature significava 'far l'amore', anche se l'effetto non doveva essere propriamente questo" gli spiegò Jav, divertito. "Si inebriavano così. Loro non potevano prendersi un bagno di Sole."
Perfino condividere un pericolo rendeva più sopportabile quella ricerca senza fine. Una volta Liv stava ficcandosi in una spaventosa trappola gravitazionale e Jav aveva dovuto usare tutta la sua forza negativa per trascinare al sicuro la gran parte del suo essere.    
"Bisogna fare molta attenzione a quei pozzi, mio Liv" gli comunicò allora. "Lo spazio ne è pieno ma nessuno ne sa molto in verità. Sono come ellissoidi appiattiti, oscuri e ultradensi che risucchiano tutto: fotoni, atomi, radiazioni. Una volta dentro niente ne esce più, non la minima stringa di energia. Non sappiamo come si comporterebbero i fotoni in quello stato di ipercompressione; ma, certamente, se ti butti là dentro hai finito di vagare. Comunque, per quelli come noi la trappola gravitazionale è l'unica possibile sepoltura."
"T'avrei spiegato io che succede" turbinò Liv cercando al contempo di compensare quanto perso, "se non mi avessi trattenuto" e riusciva a dare davvero l'idea di non essere affatto impressionato.   
Liv si era formato da poco quando si erano incontrati, così, come si forma qualsiasi Entità di luce, dalla fortuita convergenza in un punto di miliardi di fotoni provenienti dalle molteplici sorgenti nello spazio. Nessuno ne conosceva la quantità  critica sufficiente e necessaria a dare l'avvio a una stabile conformazione nè quale orientamento casuale assumessero i corpuscoli nel loro turbinio perchè vi nascesse la coscienza di essere; ne conseguiva con essa, la capacità di controllare l'insieme, di organizzare, disperdere, orientare le singole parti, di inglobare altri fotoni erranti.
Per quelli come loro il mondo materiale, quello degli atomi, poteva essere permeabile, accessibile in ogni forma e plasmabile a piacere, pur nei limiti delle immutabili leggi universali; le incommensurabili distanze cosmiche, col giusto orientamento degli spin di rotazione dei fotoni componenti, risultavano percorribili in lungo ed in largo.
 
"Mio giovane Consolatore" aveva manifestato Jav a questo proposito, "gli uomini con una loro piccola creazione riuscirono a concentrare la luce in un sottilissimo raggio e questo permise loro di conoscerne meglio le proprietà.
Anche così costretti però i fotoni continuavano a orientare incoerentemente i loro spin. Quindi, frenati dalle varie fonti gravitazionali all’intorno, sono privati di accelerazione spostandosi costantemente con la massima velocità d’equilibrio con l’ambiente. Gli uomini non capirono mai che la velocità della luce non è affatto costante nelle varie zone dell’universo ma, ad esempio, è minima negli ammassi stellari e massima nei vuoti intergalattici; e non capirono mai che, orientati stabilmente i loro spin verso o contro una certa sorgente gravitazionale, i fotoni accelerano a velocità praticamente infinite. Questo inibì i loro tentativi di diffondersi nello spazio, almeno finquando io c’ero. Forse se non li avessi lasciati a loro stessi, se non mi fossi limitato a osservare i loro sforzi senza mai intervenire ma avessi guidato il loro istinto creativo…”
“Se questi uomini erano tanto per te perché li abbandonasti, Jav?
“All’inizio dimostravano di aver bisogno di me. Mi consideravano fornito di caratteristiche sovrannaturali, mi adoravano, mi invocavano. Richiedevano il mio intervento e il mio aiuto nelle più piccole circostanze. Io, naturalmente, non intervenivo quasi mai se non nelle grandi linee e secondo i miei disegni di base. Ma ti confesso che me ne sentivo oltremodo lusingato. Non prendevo parte alle loro piccole vittorie e non avevo colpa delle loro tragiche sconfitte; eppure me ne attribuivano sempre la causa.
Si sentivano miei figli (secondo l’attitudine procreativa che avevano). Allora mi volevano, mi amavano.
Poi pian piano vennero le delusioni: sembrarono disinteressarsi a me quasi si fossero autocreati e che potessero fare tranquillamente a meno del loro Creatore. Ne rimasi così amareggiato e indispettito che fui lì lì per distruggerli.
E così me ne andai per sviluppare altre idee, altri progetti.”
“E nessuno di questi ti ha soddisfatto? Nessun’altra creazione ha appagato il tuo senso creativo?”
“No, mio buon compagno, mai a lungo. Ho tentato di ripetere altrove il caso dell’uomo o di produrre qualcosa di equivalente, se non di superiore. Ansiosamente. Freneticamente. Ma i miei tentativi di riprodurre la vita in maniera tanto complessa sono sempre falliti.
Ora ne sono convinto: l’uomo è stato il culmine del mio genio. Nel ripudiarlo ho perso il mio merito, la mia gloria maggiore. Mi sento menomato, Liv.”
Jav il Creatore e Liv il Consolatore, due masse fotoniche turbinanti nello spazio, col libero accesso ovunque, con una quasi totale padronanza sulla materia ma con l’intimo oppresso da uno sconfinato senso di inutilità.
Proseguivano ormai a caso fra nubi atomiche estremamente rarefatte, fotoni vaganti e astri che spesso si disfacevano sul loro cammino.
Stella dopo stella, mondo dopo mondo.
 
Liv continuava ad apprendere e cercava sempre spensieratamente di alleviare le pene del compagno.
"Il mondo degli uomini, la Terra, era un po' il mio laboratorio" espresse Jav una volta. "Lì, in quell'ambiente angusto che non aveva in sè niente di particolare o di notevole, concepii l'idea della vita e me ne sentii tremendamente fiero. Riuscii ad attuarla fortunosamente con una particolare composizione di atomi leggeri. Creai alcune forme, prima minuscole, poi sempre più complesse e multiformi, stabili o mutanti ma sempre con la caratteristica basilare dell'accrescimento e della riproduzione autonoma.  
Di alcuni risultati rimasi soddisfatto; di altri mi stancavo dopo qualche tempo e allora ne interrompevo lo sviluppo o li distruggevo. Lo feci, ad esempio, con certe creature di scarso intelletto che l'uomo chiamò poi dinosauri.
Quel pianeta ruotò milioni, miliardi di volte intorno al Sole, mio prezioso Liv, ma io non mi fermavo. Fui instancabile ed i successi precedenti mi incoraggiavano a continuare complicando, perfezionando, sperimentando. E fra tutto questo venne fuori l'uomo, il risultato migliore. Non tanto per la forma, bada, che in sè era meschina; ma per la sensibilità e l'intelligenza creativa che c'era in quella forma. Era una creatura magari pateticamente presuntuosa e inquieta, però energica e spirituale, intraprendente e poetica, sempre piena di inventiva. In essa riscontravo le principali caratteristiche personali presenti in noi, Entità di luce.
Proprio così, Liv: pur con tante limitazioni materiali l'uomo era fatto a mia immagine e somiglianza."
 
La moltitudine di stelle era sempre enorme, innumerevole, e in mezzo ad essa Jav e Liv si proiettavano verso un nuovo sistema che gravitava da tempi remoti e che, probabilmente, di lì a poco si sarebbe trasformato in una spettacolare chiazza inebbriante e poi in una nullità cosmica qualsiasi. E dopo sarebbe toccato a un'altra stella, e poi ad altre ancora.
Fino a quando? Quante stelle avrebbe dovuto ancora distruggere Jav per tornare a essere un Creatore? Ma ogni nuova esplosione lo faceva sentire più vicino alla fine della sua ricerca, accresceva in lui quel furore ossessivo che lo spronava mentre continuava a tormentarsi e a ripetersi:
'Come ho potuto perdere il ricordo del luogo? Forse Liv ha ragione: noi vecchi decadiamo mentalmente.'
Eppure non poteva essersi sbagliato. Anche se le stelle nel frattempo avevano cambiato posizione, era tutto facilmente calcolabile e riproducibile a ritroso. Dove aveva cercato la Terra inizialmente i riferimenti delle quasi perenni nane brune c'erano quasi tutti. Il Sole no; quello non c'era lì nella periferia della galassia, di quella particolare galassia.
E quindi' si disse, 'sempre avanti, Jav, Creatore di distruzioni,  ma cerca, cerca.’
 
Ne percepirono la presenza eterea e luminosa all'improvviso. L'Entità di luce che li fronteggiava sembrava uno di loro. Ma non lo era.
"Io, o Creatori" comunicò in risposta, "sono un Uomo."
Videro nel turbinio di quei fotoni una nota di pietosa derisione e anche una fierezza smisurata. Avvertirono che quell'Essere, senza chieder nulla, sapeva già tutto della loro ricerca, delle distruzioni immani, del loro inutile girovagare.
"L'uomo che ho creato era diverso" riuscì a significargli Jav, "era bisognoso di un padrone, era fragile, desideroso di appellarsi a qualcosa di più grande e di più forte. Tu non sei così."
"Troppo tempo è passato da allora" gli fu risposto "perchè tu potessi sperare, ragionevolmente, di ritrovare l'uomo che hai lasciato. Tu così esperto nel manipolare la vita dovresti ben sapere che soprattutto essa, fra le cose create, ha in sè il germe della trasformazione. E trasformandosi l'uomo divenne sempre meno fragile e supplice."
"L'uomo che conoscevo strisciava ancora nel fango da cui l'ho tratto."    
"L'uomo sapeva ben poco, allora" gli significò l'Uomo in un perfetto sfavillio. "In te, quando percepiva la tua presenza, intravedeva ancora la Divinità, gli Angeli e altri fantasmi della mente. Ma lentamente maturò liberando il suo pensiero dalla schiavitù di tanti inutili aggravi."
'Quanto pesa la speranza' pensò Jav 'quando non la sentiamo più con noi.'
Lo avevano rinnegato senza pensare, massima ingratitudine, che un Creatore vive delle proprie creazioni. Solo nel possederle, nel sentirle ancora proprie poteva esserne ripagato.
"Per passare dal laser che tu ricordi" continuava a percepire Jav nei turbinii dell'altro, "all'orientamento degli spin fotonici, alla conquista dello spazio e al raggruppamento guidato dei fotoni in insiemi coscienti come me, per l'uomo c'è voluto solo del tempo. Molto tempo in verità. Ma Egli era fatto di atomi, Jav, non di luce come noi ed era soggetto a tutti i vincoli della materia.
Ciononostante l'Uomo, non l'uomo che tu lasciasti nel fango ma quello che si è evoluto con le Sue sole forze ha dato vita a Noi. Il Nostro Creatore è Lui.
Anche Noi, Suoi figli, ci diciamo Uomini in quanto Suoi diretti discendenti e per Suo espresso desiderio; e ne siamo orgogliosi perchè il tuo piccolo uomo Noi lo abbiamo visto grande."
Lo avevano superato sul suo terreno con la capacità creativa inculcata da lui stesso. Jav, il Creatore, aveva creato l'uomo e l'uomo aveva creato i Creatori.    
"Noi sappiamo" espresse ancora l'Uomo, "che le cose che Noi stiamo creando finiranno col superarci in significato e importanza. E prima di Noi lo seppero i Nostri Creatori; scelsero di scomparire affidandoci la Loro eredità spirituale e il compito di cancellarne ogni traccia che non fossimo Noi stessi."
Adesso per Jav era anche peggio che essere surclassato. L'Essere, senza volerlo, continuava a umiliarlo:
"È una semplice lezione naturale, valida per qualsiasi Creatore: a un certo punto ogni creatura ha bisogno di evolversi autonomamente senza che la presenza del proprio creatore ne condizioni lo sviluppo.
Capito questo gli uomini si riunirono tutti sul pianeta d'origine che divenne il loro tempio prima di esserne la tomba."
"Un tempio dici?" volle equivocare Jav con l'equivalente di un sussulto. "Allora l'uomo conservò sempre il ricordo del suo Creatore."
"No, Jav, non cullare illusioni. In esso l'uomo contemplò e celebrò unicamente i ricordi della Sua Umana Grandezza.
Ma il ricordo è poca cosa in confronto a quanto realizzato: ben sapeva che Noi da soli potevamo raggiungere mete impensabili per Lui.
Sommati i fattori si sentì superfluo e volle finire.
Il Sole è stata l'unica nova esplosa per causa nostra."
"E ora" gli chiese Jav in uno sfarfallio di sconforto, "cosa vuoi da noi, Uomo?"
"Tranne pochi di voi che hanno preferito disperdere nello spazio la propria essenza o che si sono lasciati assorbire dai buchi neri" spiegò quietamente l'Uomo, "i vostri simili sono con Noi. Nessuno vaga più senza scopo oltre i confini dell'universo. Voi due siete le ultime Entità di luce a non far parte della Famiglia Umana."
"E con Voi che scopo avremmo?" chiese Liv.
"Noi siamo tutti Creatori. E ciascuno di voi potenzialmente lo è anche se vi contentate di qualificarvi 'il Puntiforme',  l' 'Onnipotente', ' l'Irremovibile' e così via. C'è sempre qualcosa da creare. Nell'extradimensionale, per esempio.
Da soli distruggevate mondi; con Noi produrrete interi universi."
"Jav, Maestro..." cominciò a turbinare Liv con cenni implorativi.
"Sì, Liv, mio incomparabile Consolatore" fece Jav guizzando via, lontano. "Ho capito. Va tutto bene."
 
'Ha bisogno di me, l'uomo, perchè è debole e indifeso.'
Fra tante minuscole e lontane favelle colorate, tutte belle, tutte miracoli di altre creazioni, Jav turbinava solitario e meditava.
'Sempre desideroso di esibire intelligenza e sapereper sentirsi più importante, povero piccolo uomosempre pronto a divertirsi e ad azzuffarsi … per forza, tenera creatura bella, per rendere meno grama l'esistenza … e crei … per sentirti simile a Me...'
Le stelle che sfolgoravano tutt'attorno a Jav erano tante, ma una sola al momento lo interessava.
'È gialla. È lei.' Turbinò furiosamente verso di essa. 'È il Sole degli uomini.'
E se non? Cosa importava? Una nova in più o in meno. C'erano centinaia di miliardi di stelle nella Via Lattea.
'Fatevi trovare, figli miei cari. Guiderò i vostri passi, vi perfezionerò. Con me il miracolo che già siete diverrà qualcosa di veramente sublime e grandioso.
Fate che vi ritrovi, perchè così ... non sono nulla.'
Le stelle sul lungo cammino di Jav risplendevano. E morivano.
 
Roberto Bontempi
 
(Grazie a chi apprezza. Vi do appuntamento a venerdì prossimo, 20 aprile, con la prima puntata di un mio romanzo breve)
   
 
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