La Maledizione dei Luthor
La ragazza nella torre
“Hai paura!” La voce di Mon-El irritò profondamente la giovane.
“Non ho paura.” Ribatté, decisa.
“Io ho paura.” Affermò allora Winn, sbirciando verso la torre dei Luthor
come se temesse di vederne spuntare la chiacchierata abitante. “Dicono che sia
stata maledetta, che sia così orrenda che quando la guardi muori.” Gli occhi
del ragazzo si sgranarono.
“Secondo me è solo brutta e i Luthor non volevano che rovinasse la loro perfetta
immagine.” Disse Mon-El divertito. “Mia madre farebbe
così, ma, per fortuna, ha avuto un figlio bellissimo.” Fece brillare il suo
sorriso e Kara ruotò gli occhi, stomacata da tanto stupido egocentrismo.
“J’onn ci
ha detto di rimanere lontani dalla torre.” Ripeté Kara ed eccola di nuovo, la
replica provocante di Mon-El.
“Hai paura. Se hai paura puoi dirlo,
fai come Winn e ammettilo.” La sfidò il giovane.
Kara si portò le mani ai fianchi,
decisa a non lasciarsi provocare.
“Non ho paura, ma non scalerò la
torre solo per provarlo.”
“Tuo cugino l’ha fatto.” Quella
replica secca fece accigliare Kara. Poteva essere che Kal
avesse sfidato il divieto? Non era da lui… però… “Ovviamente, tu, non sei tuo
cugino, lui è privo di paura…”
“Va bene!” Sbottò, infastidita. Dopo
tutto non sarebbe stato difficile, avrebbe scalato quella maledetta torre e
zittito Mon-El
“Alex non sarà contenta! E neppure J’onn.” Cercò di fermarla Winn,
ma ormai lei era decisa.
Sganciò la spada dalla cintura e la
consegnò al giovane, sfilò gli stivali e tolse il rosso mantello, rimanendo con
una semplice guarnacca blu scura. Abbigliata così avrebbe scalato con facilità
la parete e sarebbe stata quasi invisibile contro le pietre grigie del castello
dei Luthor.
Ma alla parete, prima, doveva arrivarci.
Prese un paio di respiri profondi e poi si lasciò scivolare nell’acqua del
fossato.
Dietro di lei sentì Winn rabbrividire alla sola idea. L’acqua era fredda in
quei primi giorni di primavera, questo era innegabile.
Non vi erano guardie armate su quel
lato del castello, ma lei si mosse lentamente, cercando di non fare rumore e di
non agitare l’acqua allertando quelle posizionate lungo altri punti del
perimetro.
Nessuno intimò l’alt e lei tirò un
sospiro di sollievo quando poté issarsi sulla parete di pietra ed uscire
dall’acqua.
Poteva sentire i canti e le risate
provenire dalla sala del castello dove vi era il banchetto e anche i rumori del
campo, lì dove i cavalieri e i loro seguiti avrebbero riposato in attesa del
grande torneo che sarebbe incominciato il giorno successivo. Dalla torre sopra
di lei, però non giungeva nulla, anche la fievole luce che, al tramonto,
filtrava dalla finestra, ora era spenta.
Mentre iniziava la scalata si chiese
se tutta quella storia non fosse un’immensa invenzione. Probabilmente i Luthor non avevano affatto rinchiuso la loro figlia minore
in quella torre, probabilmente era solo una storia creata dalle nutrici per far
paura ai bambini prima di mandarli a letto. I Luthor
potevano essere una famiglia da temere, ricca, potente, dai segreti oscuri, ma
era impossibile che tenessero la loro stessa figlia segregata!
Ruotò un poco la testa e osservò,
ormai lontani, sull’altra sponda del fossato, Winn e Mon-El.
Scosse la testa chiedendosi perché si
fosse lasciata provocare. Kal era l’erede degli El, più vecchio di lei, un cavaliere conosciuto come
leggendario, capace di sconfiggere qualsiasi minaccia e di portare giustizia
ovunque il regno necessitasse. Era il braccio destro del re, lei era solo uno
degli scudieri di J’onn, assieme a Winn e Mon-El.
Le sfuggì una presa e per un istante
credette che sarebbe precipitata in basso, l’acqua avrebbe attutito la caduta?
Con il cuore che batteva veloce recuperò l’equilibrio e riprese a salire,
evitando di pensare e concentrandosi solo su quello che doveva fare.
Giunse alla finestra in poco tempo,
le braccia le tremavano un poco, forse per il freddo, sicuramente per la fatica
della scalata.
Girò di nuovo la testa, pronta a fare
un cenno ai due compagni e poi a scendere, senza esitare oltre, ma vide Winn e Mon-El farle dei grandi
gesti. Cercò di capire cosa succedesse, cosa avesse agitato così tanto i due
ragazzi e cosa cercassero di dirle, poi, con un sussulto comprese: due guardie
su di una piccola barchetta, stavano facendo il giro di ronda, illuminando, con
i globi alchemici, la parete del castello.
Era incastrata, scendere non poteva,
non avrebbe avuto tempo di nascondersi nell’acqua meno che mai di attraversarla
e issarsi sulla riva opposta. Solo una strada le rimaneva aperta. Senza indugiare
si aggrappò al davanzale della finestra e si issò, fino nascondersi tra le
ombre che la rientranza produceva.
Il suo cuore batteva veloce, mentre
lei si schiacciava contro la fredda finestra aspettando l’urlo che le avrebbe
indicato che era stata scoperta.
J’onn sarebbe stato furioso, ma era nulla
rispetto a quello che avrebbe detto Alex! E Kal? Si
sarebbe vergognato di lei? No, lui era troppo nobile, ma lei si sarebbe
vergognata di se stessa, a morte!
Il fascio di luce si avvicinò e lei
si spinse ancora di più contro la finestra a cui, ormai, era completamente
appoggiata. Un istante e la luce passò.
Ce l’aveva fatta! Mentre un sorriso
pieno di sollievo le compariva sul volto il suo freddo appoggio venne a mancare
e lei ruzzolò all’interno della torre, il cuore che riprendeva a battere con
violenza.
“Chi siete?!” Esclamò una voce di
donna, il tono acuto e teso. Kara ruotò la testa, cercando di cogliere la
figura a cui quella voce apparteneva e si ritrovò a fissare la punta di una
freccia e la suddetta freccia era incoccata in una balestra.
“Rispondete o dovrò considerarvi
ostile e rilasciare la freccia.”
“Kara Zor-El,
scudiero dei J’onzz, figlia adottiva dei Danvers.”
“Siete una ragazza?” Domandò allora
la voce che, per il sollievo di Kara, abbassò l’arma.
“Ehm… sì.” Confermò, chiedendosi se
poteva muoversi oppure no. La posizione però era alquanto scomoda, così come
era freddo il pavimento quindi avrebbe potuto tentare, forse… si mosse un poco
e la freccia tornò a brillare, colpita dall’unica luce presente, quella delle
stella.
Kara alzò le mani.
“Non voglio farti del male!”
Assicurò.
“Avete scalato la mia torre. Perché?”
Domandò di nuovo la voce.
“Una sfida, una sciocca sfida,
volevo…”
“Vedere il mostro che abita quassù?”
Domandò aspra la giovane e Kara scosse la testa, velocemente.
“No! Volevo solo dimostrare di poter
essere degna del mio nome.” Ammise e nel dire quelle parole, strappate al suo
cuore dalla paura, comprese che erano vere.
La balestra scomparve di nuovo nel
buio.
“Posso muovermi? Si sta un poco
scomodi qua per terra…”
“Quella non è una porta, lady Zor-El.” Il tono della ragazza ora era più calmo e sembrava
persino contenere una velata ironia, Kara si ritrovò a sorridere.
“Immagino di no…” Ammise, poi ruotò
dalla sua posizione e si alzò in piedi, rabbrividendo un poco per il freddo.
“Avete freddo.” Comprese la ragazza.
“Non posso dire che non sia
interamente colpa mia.” Si ritrovò ad osservare Kara. I suoi occhi cercavano
una forma nel buio, ma la luce delle stelle era alle sue spalle e lei stessa
creava un’ombra che le nascondeva la giovane alla vista.
“Cosa stavate facendo, senza luci?”
Domandò visto che il silenzio si protendeva.
“Non credo sia qualcosa che vi
riguardi, non sono io che ho scalato la vostra parete per finire in camera vostra.”
Questa volta il tono era decisamente divertito.
“Avete ragione, ma non stavate
dormendo, è chiaro, altrimenti non mi avreste sentita.”
“Ottimo spirito di deduzione.” La
prese in giro. Kara sorrise, suo malgrado. I suoi occhi si stavano abituando al
buio e lei iniziò ad individuare delle forme attorno a lei: una scacchiera, un
letto, una libreria, una scrivania, uno strano attrezzo proprio accanto a lei.
“Quello.” Disse la ragazza che doveva
aver seguito il suo sguardo. “Ecco quello che stavo facendo.”
Kara osservò, senza capire, lo strano
cilindro appoggiato a un treppiede.
“Volete vedere cosa fa?” Domandò la
giovane e Kara annuì, per poi bloccarsi.
“Non fa male, vero?” Chiese e dovette
sbattere gli occhi sorpresa quando udì la delicata risata della giovane.
Come poteva essere che fosse brutta
qualcuno con una simile, magnifica, risata?
“Non temete, lady Zor-El,
non fa male. Sedetevi sullo sgabello in direzione della finestra, poi posate
l’occhio sull’estremità del cilindro.”
Malgrado fosse un poco titubante Kara
obbedì, sedendosi e dando quindi le spalle alla giovane e poi appoggiando
l’occhio lì dove le aveva detto.
“Oh!” Si lasciò sfuggire esterrefatta
quando il cielo stellato fu vicinissimo a lei. Tolse in fretta l’occhio e
osservò il cielo dalla finestra, nulla si era mosso. Poi tornò a guardare nel
cilindro. La magia si ripropose e questa volta Kara osservò per alcuni istanti
le stelle.
“Questa è magia.” Disse con tono
reverenziale.
“No, è scienza. La mia famiglia
detesta la magia, dovreste saperlo.” Non vi era più divertimento nel tono della
giovane, solo freddo distacco.
Kara distolse lo sguardo da quel
strepitoso oggetto e ruotò sullo sgabello fissando l’ombra più scura che doveva
appartenere alla ragazza.
“Siete, dunque, Lena Luthor?” Domandò.
“Sì.” Rispose lei.
“Perché siete chiusa in questa
torre?”
“Non lo sapete? Sono stata maledetta,
il mio aspetto è orrendo e nessuno vorrebbe posare il suo sguardo su di me. Mia
madre me lo ha ricordato ogni volta che le ho chiesto di uscire da qua, fino a
quando ho smesso di farlo, mio padre ha detto che lo faceva per il mio stesso
bene, ma ha smesso di venire a trovarmi, troppo debole per sopportare quello
che mi stava facendo e poi è morto, solo Lex riesce
a…”
La sua voce si spezzò, una mano
indicò la scacchiera, ma la giovane non aggiunse altro.
“Una maledizione? Perché non si è
provato a spezzarla?”
Una piccola risata, tutto meno che
divertita, sfuggì dalle labbra della giovane.
“Credete che non sia stato fatto
tutto il possibile? Ma nessun mago o alchimista è riuscito nell’impresa.”
“Mi dispiace.” Si ritrovò a dire
Kara.
“Non importa, sono venuta ai patti
con questa realtà molti anni fa. Se devo portare io la Maledizione dei Luthor così sia.”
Rimasero in silenzio, Kara non era
sicura di quello che avrebbe dovuto o potuto dire.
“Dunque guardate le stelle?” Chiese
dopo un po’, era sicura che adesso avrebbe potuto andarsene, ma non le sembrava
giusto e poi era curiosa, voleva conoscere meglio la giovane lady.
“Tra le altre cose.” Ammise lei. “Ho
molto tempo, studio le scienze, costruisco cose, il telescopio è solo un gioco
di ottica che ho creato quando avevo undici anni.”
“Un gioco?” Chiese Kara e ruotò di
nuovo su se stessa per poter guardare le stelle brillare vicine e luminose come
non mai, era affascinante.
“Non vi muovete.” Le mormorò la
ragazza appoggiandole una mano sulla spalla. Kara sentì il cuore fare un balzo,
ma obbedì, mentre con la seconda mano Lena spostava di un poco il cannocchiale.
“Quella luminosa, al centro, la vedete?”
“Sì.” Bisbigliò, il tono e la
vicinanza della giovane parlavano di segreti che non potevano essere espressi a
voce alta.
“Non è una stella.”
“No?” Chiese, era brillante e grande,
cosa poteva essere?
“No, è un pianeta, esattamente come
il nostro. Gli antichi lo chiamavano Venere.”
“Oh! Uno dei sette pianeti che
ruotano attorno alla Terra!” Ricordò lei.
“Mmm… credo
di aver eseguito calcoli che indicano che siamo noi a ruotare attorno al Sole,
assieme ai sette pianeti e ai loro satelliti.”
“Satelliti? Come la Luna?” Domandò
Kara, affascinata.
“Sì, Giove ne ha quattro visibili, ma
sospetto che siano di più, anche se non posso vederli. Poi c’è Saturno con i
suoi anelli e…”
Kara si tirò indietro e Lena fece due
passi, tornando a nascondersi tra le ombre più fitte.
“Sapete tutto questo, perché non lo
dite al mondo?”
“Il mondo non è pronto a udire queste
cose, soprattutto non se a dirle è una giovane sfigurata e maledetta nascosta
in una torre dalla sua stessa famiglia.”
“Ma…”
“Nessun ma, lady Zor-El,
questa è la realtà.”
Kara fece una smorfia, non le piaceva
arrendersi.
“Kara!” La voce di Alex fece
sobbalzare entrambe.
Lena sembrò scomparire ancora di più
tra le ombra.
“È mia sorella.” Bisbigliò Kara. “Credo
sia venuta a prendermi… temo che di essere nei guai.”
“Andate allora.” Nel tono di Lena vi
era della stanca rassegnazione.
Kara esitò solo un istante, poi
sorrise.
“Preparate il tè e un’altra
meraviglia, domani torno a trovarvi!” Prima che la giovane potesse rispondere
si sporse dalla finestra facendo un cenno ad Alex che la fissò con sollievo per
un istante e poi con un cipiglio che prometteva guai, e si calò dalla finestra,
scendendo al contrario il poderoso muro di pietra.
Kara sbuffò di sollievo quando lasciò
cadere l’ultima fibbia sull’immenso mucchio di metallo che aveva dovuto
lucidare. Mon-El accanto a lei fece una smorfia
stiracchiandosi la schiena, stanco, Winn, invece
stava dormendo sullo sgabello in una posizione assurda.
“Dove vai?” Chiese il ragazzo quando
la vide alzarsi e indossare il mantello. “Non ti è bastata questa terribile
punizione? Ne vuoi un’altra?” Insistette Mon-El.
“Vuoi andare a dirlo a J’onn?” Ritorse lei e lui corrucciò il volto, offeso.
“Certo che no! Non ti denuncerei
mai.”
“Eppure ieri sei corso dritto da
Alex.” Gli ricordò, anche se si sentì ingiusta, lui e Winn
si erano davvero spaventati nel non vederla tornare e avevano scelto Alex
invece che J’onn per tirarla fuori dai guai proprio
per evitarle grossi problemi, peccato che, mentre rientravano al campo,
fradice, con Alex che le lanciava occhiate di fuoco, il vecchio cavaliere li
aveva intercettati e gli era bastato uno sguardo per comprendere ogni cosa,
sembrava leggere nella mente a volte.
“Winn ha
iniziato a dire che la donna della torre ti avrebbe cucinato e mangiata! Dovevo
fare qualcosa!” Disse lui con occhi sgranati, tanto che Kara non poté fare a
meno di ridacchiare divertita all’idea di Lena che se la mangiava.
“Tu metti Winn
a dormire, io faccio un giro e poi torno.” Aprì la tenda e poi tornò a
guardarlo. “Non aspettarmi sveglio e, soprattutto, non dire nulla ad Alex!”
Intimò, poi chiuse la tenda e sgattaiolò via.
Si issò sul davanzale con un piccolo
ansimo, non era una scalata così semplice, dopo tutto!
Bussò delicatamente e sorrise quando
sentì la finestra aprirsi. Questa volta entrò con maggiore grazia.
“Buonasera, lady Luthor.”
Disse chinando il capo, un sorriso sulle labbra. “Avete preparato il tè?”
Aggiunse.
“Siete tornata.” Fu la risposta di
Lena ed era così sorpresa che Kara si ritrovò a battere gli occhi, confusa.
“Sì… ve l’ho detto, ieri, non mi
avete sentita?”
“Certo, ma…” L’ombra si agitò nel
buio. “Non credevo che foste seria.”
“E perché non avrei dovuto esserlo?”
Domandò Kara, perplessa.
Lena rimase in silenzio per un
istante.
“Non lo so.” Ammise poi.
“Oh, ma allora c’è qualcosa che non
sapete!” La canzonò con ilarità Kara.
“In realtà vi sorprenderebbe sapere
quante cose non so.” Rispose Lena.
“Avete più libri di quanti io ne
abbia mai visto.” Kara si mosse fino alla libreria, passando la mano sui
titoli, per poi ritirarla in fretta quando si rese conto che li stava bagnando.
“Avrò anche molti libri, ma non ho
mai visto il mare, dalla mia finestra osservo gli alberi e l’erba, ma non li ho
mai toccati con le mie mani, gli unici animali con cui sono entrata in contatto
sono dei gatti e i cani di Lex, ho osservato qualche
uccello, ma quando Lex me ne ha portato uno non ho
resistito e l’ho liberato, non potevo condannarlo al mio stesso destino.”
“Non avete mai visto un cavallo?”
Chiese, sconvolta, Kara. “Sono animali dolcissimi e cavalcarli è la cosa
migliore del mondo.” Si agitò aprendo le mani. “È come volare!”
“Come volare?” Chiese Lena e di nuovo
nel suo tono comparve quella nota divertita che lo rendeva più profondo,
accattivante, intrigante.
“Sì!”
“Voi volate, lady Zor-El?”
“Ehm… no…” Ammise Kara. “Ma dovreste
provare!”
“Certo, come no, me ne farò portare
uno alla torre e…”
“No, adesso! Proviamo adesso, uscite
con me, il campo non è lontano, posso…” Lena che si era allontanata dal muro
ora tornò indietro e agitò la mano in un cenno deciso e secco.
“Non uscirò da questa torre. Ne oggi
ne mai!”
“Andiamo, questa cosa è assurda!”
Kara strinse i denti, esasperata dalla situazione.
“Assurda? Credete che mi piaccia
rimanere qua dentro? Credete che sia quello che voglio?”
“Mostratemi il vostro volto.” Il
silenzio scese netto nella stanza.
“Cosa?” Chiese Lena, la sua voce
aveva perso durezza.
“Avete sentito: mostratemi il vostro
volto, lasciatemi giudicare da sola.”
“No.” Questa volta la risposta giunse
sicura.
“Perché?” Chiese Kara. “Non ho paura
di un volto che non è canonicamente bello, voi avete così tante qualità che mi
sembra solo giusto che non siate anche bella, altrimenti una simile ingiustizia
sarebbe intollerabile.”
“Siete folle.” Rispose Lena, ma nel
suo tono vi era l’ombra di una risata, Kara scosse la testa.
“Folle, dite? No, no, solo onesta.
Andiamo, siete una specie di genio se a undici anni per gioco costruivate
attrezzi che nessuno ha mai neanche sognato e poi siete divertente e
coraggiosa, io sarei morta se qualcuno fosse scivolato nella mia stanza in
piena notte, mentre voi avevate una balestra ed eravate pronta a infilzarmi!”
“Non vi mostrerò il mio volto.” Tentò
di chiudere la discussione Lena.
“Perché?” Chiese ancora Kara,
incapace di arrendersi.
“Perché scappereste via e… non
voglio. Vi prego, smettetela di chiederlo.”
Kara esitò ancora un’istante poi a
malincuore annuì.
“Va bene.” Accettò. “Ma in cambio
dovete raccontarmi o mostrarmi qualcosa di meraviglioso, altrimenti accenderò
una candela e voi per impedirmelo dovrete sforacchiarmi con la vostra
balestra.”
“Ho una buona mira.” Minacciò Lena,
ma la tensione era solo più un lontano eco. “Qualcosa di meraviglioso? Bene.”
Kara quasi percepì il sorriso sulle labbra della giovane e non poté fare a meno
di sorridere a sua volta.
Pochi minuti dopo, Lena le mostrava
come la luce bianca delle stelle se attraversava un cristallo poteva creare un
arcobaleno, lasciando Kara, ancora una volta, senza parole.
Quando rientrò era quasi l’alba,
crollò sulla sua branda e dormì fino a quando Mon-El
non la scosse, eppure, la sera dopo, non esitò neppure un istante a risalire la
torre per vedere Lena. Questa volta la attendevano degli abiti asciutti e una
tazza fumante di tè.
“Allora?” Chiese dopo essersi
cambiata. “Cosa mi fai vedere questa sera? Non credo che tu possa battere il
cilindro per vedere le stelle e l’arcobaleno!” La sera prima erano passate al
tu senza neanche rendersene conto e ora le sembrò naturale continuare su quel
nuovo tono informale.
“Dovrai chiudere gli occhi.” Le disse
Lena. “E promettermi che non li aprirai.”
“Ok.” Kara non esitò neppure un
istante.
“Parola di El?”
Insistette lei e Kara annuì.
“Non aprirò gli occhi fino a quando
non mi dirai che posso farlo.” Assicurò, chiudendoli con forza.
Sentì la giovane muoversi nella
stanza, il distinto rumore di un acciarino che scattava e l’odore dello
stoppino che prendeva fuoco. La tentazione di aprire gli occhi e vedere,
infine, il volto della donna, fu intensa, ma Kara resistette, aveva dato la sua
parola.
Ancora un po’ di rumori, il fruscio
di pergamene e poi il silenzio. Un istante e Kara aprì la bocca sorpresa,
mentre una musica, prima da lei mai udita, riempiva la stanza.
Qualcosa di unico, di diverso da
tutto ciò che conosceva, un suono pulito, semplice eppure meravigliosamente
completo. La musica era dolce, ricca e al contempo triste, parlava di
solitudine, parlava di mancanza, parlava di tristezza. Una lacrima scivolò
lungo il viso di Kara che la lasciò scivolare lungo la sua guancia, troppo
presa nell’ascoltare per poter anche solo pensare di muovere un muscolo.
Poi la musica finì. Kara rimase
immobile in attesa di qualcosa altro, ma sentì solo il soffio di Lena che
spegneva la candela.
“Puoi aprire gli occhi.” La voce
della giovane era esitante, come se le avesse rivelato un grande segreto ed era
così, comprese Kara, la giovane le aveva mostrato più del suo viso, le aveva
mostrato il suo cuore.
“È la cosa più bella che io abbia mai
sentito.” Mormorò.
“È uno strumento a corde e al contempo
a percussione, dei martelletti colpiscono delle corde tese e…” Iniziò Lena,
come sempre quando le mostrava qualcosa poi le spiegava nei dettagli come ciò
fosse possibile, ma questa volta Kara dovette interromperla.
“No.” Disse, poi scosse la testa.
“Cioè, sì, lo strumento era geniale, ma… la musica che hai suonato, le note,
erano… io…”
“Oh…” Disse la ragazza. “Non è nulla,
sola qualcosa che ho scritto in un giorno di pioggia.”
“Io ho sentito… nel cuore quello che
volevi dire, era… non mi è mai successo, la musica è allegra, accompagna le danze
o i cantori, non è mai così… intima.”
Lena non le rispose e Kara non
aggiunse altro.
“Ti va di provarlo?” Le chiese Lena,
dopo un poco, e Kara annuì, ridendo e facendo ridere Lena quando riuscì solo a
strappare terribili rumori allo strumento.
Il torneo arrivò alle sue ultime
sfide, i cavalieri festeggiavano nel grande prato all’esterno del castello dei Luthor, mentre Kara scalava per l’ultima notte la torre.
Aveva passato l’intero giorno con un
senso di tristezza, non poteva immaginare di non vedere più Lena, ma sapeva che
l’indomani lei, Winn e Mon-El
avrebbero dovuto smontare le tende e partire per tornare alle rosse praterie
dei domini dei J’onnz.
Aveva rimuginato tutto il giorno fino
a quando non aveva preso una decisione, avrebbe reso quell’ultima notte unica e
speciale, ora doveva solo convincere Lena.
“Buonasera, lady Zor-El.”
La accolse Lena, Kara si lasciò cadere sul pavimento e guardò tra le fitte
ombre della stanza.
“Voglio portarti fuori con me.”
Disse. “Domani partirò e…”
“Domani è domani, non voglio pensarci
ora.” La interruppe Lena.
“Ma io voglio!” Dalla tasca estrasse
un sottile tessuto. “Indossa una maschera se è questo a preoccuparti. Nessuno
ti vedrà, neppure io e, comunque, sono tutti al banchetto.” Il silenzio che
seguì alla sua frase la fece sperare, così decise di insistere. “Devo mostrarti
una cosa speciale, è il mio turno di darti qualcosa di magnifico. Dì di sì, ti
prego, rientreremo prima dell’alba, nessuno lo saprà e…”
“Oh Kara, non credo sia una buona
idea…” Sentirsi chiamare per nome le fece accelerare il cuore.
“Certo che è una buona idea. Una
notte, una soltanto.” Aggiunse, un ampio sorriso sulle labbra, aveva sentito
per la prima volta Lena esitare.
“Non…”
“Lena, ti prometto che non te ne
pentirai.” Vide la donna sobbalzare, ma non si pentì di aver pronunciato il suo
nome, invece si sollevò in piedi e le tese il delicato tessuto blu che aveva
rubato dagli abiti di Sam, la compagna di Alex, alla ragazza non sarebbe
mancato troppo… almeno sperava.
Lena esitò ancora un momento, ma alla
fine annuì.
“Va bene, ma non credo di poter
scendere dalla torre come fai tu.”
Kara batté le mani, felice.
“Ho un piano!” Esclamò. “Ho preparato
ogni cosa.”
Poco dopo lei e Lena scendevano lungo
la parete aiutate da una corda che Kara aveva faticosamente trascinato con sé e
lasciato sul davanzale prima di entrare. Ad attenderle alla base del muro vi
era una piccola barchetta sulla quale Kara fece sedere Lena.
La donna tremava, Kara non era sicura
se fosse per la paura o l’emozione, le prese le mani, stringendole forte.
“Andrà tutto bene.” Le mormorò, poi
si lasciò cadere silenziosamente nell’acqua e spinse la leggerissima
imbarcazione fino alla sponda opposta. Uscì dall’acqua, tese la mano a Lena
aiutandola e poi nascose la barchetta tra i cespugli.
“Vieni.” Disse, aveva un enorme
sorriso sulle labbra e di nuovo strinse con gioia le mani di Lena portandola
verso il campo dei cavalieri.
“Kara…” La chiamò lei, quando iniziò
a sentire delle voci.
“Non ti preoccupare.” Si voltò a
guardarla e le fece un sorriso rassicurante, era strano vederla dietro quel
pesante velo, ma era felice di poter osservare qualcosa di più che una sagoma
d’ombra. “Siamo quasi arrivati.”
Pochi passi e furono esattamente dove
Kara voleva: il recinto dei cavalli. Sentì la mano di Lena stringersi alla sua.
“Non pensavo che… certo dovevano
essere grandi, ma così grandi?” Domandò fissando con titubanza il cavallo che
Kara stava velocemente sellando.
“Streaky è
buonissimo.” Le disse.
“Non è una zebra… almeno credo.”
Commentò e Kara rise nell’udire il tono scettico di Lena.
“Lo so, ma da bambina volevo una
zebra e quando ho avuto il mio primo cavallo l’ho chiamato così.” Si strinse
nelle spalle, poi controllò di aver fissato bene la sella prima di salire con
facilità sul dorso dell’animale.
“Non sono sicura di poter… non
possiamo solo fare una passeggiata e poi tornare alla torre?”
“È tutta la vita che sogni questo
momento, solo che non lo sai ancora.” Kara le tese la mano e sorrise cercando,
tra le pieghe del tessuto, gli occhi di Lena, frustrata dal non vederli.
La donna esitò ancora un istante, poi
sollevò la mano e Kara poté issarla dietro di lei.
“Stringiti.” L’avvisò prima di
colpire con leggerezza i fianchi dell’animale che, pronto, scattò in avanti.
Le braccia di Lena si strinsero
attorno a lei e Kara sorrise. “Ora, preparati a volare.” Con un colpo più
deciso indicò a Streaky cosa fare e lui allungò il
passo, lanciandosi al galoppo.
Kara rise di gioia assaporando quel
folle senso di libertà che le dava cavalcare. Dietro di lei Lena, prima sembrò
aggrapparsi a lei con più forza, tanto che Kara pensò di rallentare, poi
scoppiò a ridere, una risalta che sembrava riempire il mondo di gioia.
Dopo un poco Kara rimise l’animale al
passo e lo diresse lungo la strada reale, verso Nord, aveva un’idea ben precisa
sul dove andare. Lena, dietro di lei, la stringeva, in silenzio, ma rilassata.
La notte era limpida, la luna sarebbe
sorta solo più avanti e le stelle brillavano nel cielo.
“Non ne ho mai viste così tante.”
Mormorò Lena e Kara ruotò per poterla guardare. La donna fissava in alto, la
sua espressione però le era preclusa dal velo. “Certo, ruotano, ma era
impossibile osservarle tutte, ora invece…” La sua emozione era evidente.
Rimasero in silenzio, cavalcando
nella notte fino a quando Kara non notò un particolare del paesaggio.
“Puoi chiudere gli occhi?” Chiese.
“È tutta la vita che tengo gli occhi
chiusi.” Protestò lei, ma Kara sorrise.
“Solo un istante.” Alla fine la donna
annuì.
“Devo fidarmi?” Scherzò e Lena le
diede un colpetto con la mano.
“Certo che devi fidarti. Ti do la mia
parola: non aprirò gli occhi.”
“Molto bene.” Kara spinse Streaky fuori dalla grande strada battuta, su verso la
collina. “Occhi ben chiusi.” Ricordò prima di fermare il cavallo, scendere e
aiutare Lena a fare altrettanto. Con attenzione la condusse esattamente dove
voleva. “Ora stenditi pancia in su.” La istruì.
“Cosa stai preparando?” Domandò la
donna, leggermente preoccupata.
“Ehi, io ho eseguito i tuoi ordini
ogni notte del torneo, tocca a te, ora, fidarti.”
Lena non rispose, invece si stese a
terra, il volto rivolto verso l’alto.
“Bene, ora farò una cosa…” Posò le
mani ai lati del viso di Lena e la donna sobbalzò prendendole i polsi con
forza. “Non toglierò il velo.” La rassicurò Kara e la donna, dopo un attimo di
esitazione, le permise di continuare. Kara le fece inclinare il collo fino a
quando non fu in una posizione decisamente strana.
“Ora.” Le disse, con voce emozionata.
“Apri gli occhi.”
Lena obbedì. Ci fu solo il silenzio.
Kara inclinò la testa, cercando di capire cos’avesse sbagliato, eppure era
perfetto. Il lago tra le colline creava un effetto unico riflettendo il cielo,
così che, osservando il cielo sembrava di guardare il mare infinito.
“Il mare…” Disse finalmente Lena.
“Sì! Ti piace? Avevi detto che non lo
avevi mai visto quindi… lo so che è un po’ come barare, ma è quasi uguale e…”
Lena si sollevò a sedere.
“Grazie.” Disse e Kara sorrise,
perché poteva sentire tutta la commozione nella voce della giovane. “Ho una cosa
per te.” Aggiunse poi Lena. “È l’invenzione che ti avrei mostrato questa sera.”
“Oh! Bello.” Disse allora Kara. La
donna estrasse un attrezzo curioso che era riuscita a infilare nelle tasche del
vestito e portare con sé.
“Tieni, metti queste due parti nelle
orecchie.” Kara obbedì, curiosa. Si trattava di uno strumento musicale? Di un
qualche bizzarro aggeggio che le avrebbe permesso di... “Appoggia questo al tuo
cuore.” Kara obbedì appoggiando la terza estremità al proprio petto, udendo
subito, con forte chiarezza, il proprio cuore battere forte e regolare.
“Wow!” Disse estasiata, poi abbassò
la mano, colta da un improvviso desiderio, e si allungò andando a posare lo
strumento sul petto di Lena.
Il cuore della donna fece un rapido
balzo, poi prese a battere più veloce. Quello di Kara lo imitò e la giovane si
morse il labbro.
“Batte veloce.” Mormorò Kara alzando
gli occhi verso Lena e trovando solo del tessuto. Senza togliere l’attrezzo dal
cuore della donna sollevò la mano. “Voglio vedere il tuo viso…” Bisbigliò e il
cuore di Lena accelerò ancora.
“No…” La contraddisse lei, bloccando
di nuovo il suo polso.
“Ti prego, non credo che potrei
trovare nulla di brutto in te, non importa quanto sia terribile la maledizione
che ti affligge, io so che sei bella, in ogni modo possibile e voglio… voglio
vederti, portare con me il ricordo dei tuoi occhi.” La mano che la tratteneva
esitò, poi Lena la lasciò cadere, in un tacito permesso.
Il cuore della ragazza batteva folle
nel suo petto, così veloce che sembrava rombare nelle orecchie di Kara. Non che
il suo fosse da meno. Ora che era così vicina a vedere il viso di Lena, il suo
cuore sembrava volerle sfuggire dal petto.
Lentamente arrotolò il tessuto, ma,
prima che potesse scorgere alcunché il battito di Lena tacque e la donna si
accasciò su se stessa.
“Lena!” Chiamò lei, spaventata.
Rapida la rovesciò sul ventre cercando di capire cosa stesse succedendo, poi
sconvolta dall’idea che non respirasse più a causa del velo lo strappò via dal
suo viso.
In un solo istante di puro shock si
rese conto che era la donna più bella che avesse mai visto, perfetta in ogni
linea del viso, poi ignorò quell’informazione decisamente secondaria e si piegò
su di lei, ascoltando il suo respiro.
Un debolissimo refolo d’aria le
indicò che la donna respirava ancora, ma il suo cuore sembrava rifiutarsi di
battere. Senza esitare afferrò la giovane tra le braccia e salì a cavallo,
stringendola con forza a sé, poi si lanciò al galoppo verso il castello.
Note: Eccovi la storia che vi avevo promesso! Spero che vi sia piaciuta questa prima metà, con le sue meraviglie e i suoi misteri, perché ora le cose si fanno difficili… cos’è successo al cuore di Lena? Kara cosa potrà fare contro un cuore che ha smesso di battere? E il viso di Lena, perché non è terribilmente brutto come credeva la giovane? Di che maledizione stiamo parlando?
Fatemi sapere se la storia vi è piaciuta e se siete curiose di scoprire come prosegue!
Vi aggiungo l’immagine del castello dal quale ho preso spunto per l’ambientazione, non è bellissimo? Si tratta del Kasteel van Wijnendale e lo potete trovare il Belgio.