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Autore: Najara    15/04/2018    8 recensioni
In una terra di cavalieri, magia e alchimia, tutti conoscono la Maledizione dei Luthor, ma pochi ci credono e nessuno ne conosce davvero il contenuto. Kara spinta dal bisogno di provare di essere degna del prode cavaliere Kal El, ignora il divieto del suo maestro e scala la torre del castello dei Luthor scoprendo che le maledizioni, a volte, possono contenere meraviglie.
Una favola SuperCorp.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La Maledizione dei Luthor

 

 

La ragazza nella torre

 

“Hai paura!” La voce di Mon-El irritò profondamente la giovane.

“Non ho paura.” Ribatté, decisa.

“Io ho paura.” Affermò allora Winn, sbirciando verso la torre dei Luthor come se temesse di vederne spuntare la chiacchierata abitante. “Dicono che sia stata maledetta, che sia così orrenda che quando la guardi muori.” Gli occhi del ragazzo si sgranarono.

“Secondo me è solo brutta e i Luthor non volevano che rovinasse la loro perfetta immagine.” Disse Mon-El divertito. “Mia madre farebbe così, ma, per fortuna, ha avuto un figlio bellissimo.” Fece brillare il suo sorriso e Kara ruotò gli occhi, stomacata da tanto stupido egocentrismo.

J’onn ci ha detto di rimanere lontani dalla torre.” Ripeté Kara ed eccola di nuovo, la replica provocante di Mon-El.

“Hai paura. Se hai paura puoi dirlo, fai come Winn e ammettilo.” La sfidò il giovane.

Kara si portò le mani ai fianchi, decisa a non lasciarsi provocare.

“Non ho paura, ma non scalerò la torre solo per provarlo.”

“Tuo cugino l’ha fatto.” Quella replica secca fece accigliare Kara. Poteva essere che Kal avesse sfidato il divieto? Non era da lui… però… “Ovviamente, tu, non sei tuo cugino, lui è privo di paura…”

“Va bene!” Sbottò, infastidita. Dopo tutto non sarebbe stato difficile, avrebbe scalato quella maledetta torre e zittito Mon-El

“Alex non sarà contenta! E neppure J’onn.” Cercò di fermarla Winn, ma ormai lei era decisa.

Sganciò la spada dalla cintura e la consegnò al giovane, sfilò gli stivali e tolse il rosso mantello, rimanendo con una semplice guarnacca blu scura. Abbigliata così avrebbe scalato con facilità la parete e sarebbe stata quasi invisibile contro le pietre grigie del castello dei Luthor.

Ma alla parete, prima, doveva arrivarci. Prese un paio di respiri profondi e poi si lasciò scivolare nell’acqua del fossato.

Dietro di lei sentì Winn rabbrividire alla sola idea. L’acqua era fredda in quei primi giorni di primavera, questo era innegabile.

Non vi erano guardie armate su quel lato del castello, ma lei si mosse lentamente, cercando di non fare rumore e di non agitare l’acqua allertando quelle posizionate lungo altri punti del perimetro.

Nessuno intimò l’alt e lei tirò un sospiro di sollievo quando poté issarsi sulla parete di pietra ed uscire dall’acqua.

Poteva sentire i canti e le risate provenire dalla sala del castello dove vi era il banchetto e anche i rumori del campo, lì dove i cavalieri e i loro seguiti avrebbero riposato in attesa del grande torneo che sarebbe incominciato il giorno successivo. Dalla torre sopra di lei, però non giungeva nulla, anche la fievole luce che, al tramonto, filtrava dalla finestra, ora era spenta.

Mentre iniziava la scalata si chiese se tutta quella storia non fosse un’immensa invenzione. Probabilmente i Luthor non avevano affatto rinchiuso la loro figlia minore in quella torre, probabilmente era solo una storia creata dalle nutrici per far paura ai bambini prima di mandarli a letto. I Luthor potevano essere una famiglia da temere, ricca, potente, dai segreti oscuri, ma era impossibile che tenessero la loro stessa figlia segregata!

Ruotò un poco la testa e osservò, ormai lontani, sull’altra sponda del fossato, Winn e Mon-El.

Scosse la testa chiedendosi perché si fosse lasciata provocare. Kal era l’erede degli El, più vecchio di lei, un cavaliere conosciuto come leggendario, capace di sconfiggere qualsiasi minaccia e di portare giustizia ovunque il regno necessitasse. Era il braccio destro del re, lei era solo uno degli scudieri di J’onn, assieme a Winn e Mon-El.

Le sfuggì una presa e per un istante credette che sarebbe precipitata in basso, l’acqua avrebbe attutito la caduta? Con il cuore che batteva veloce recuperò l’equilibrio e riprese a salire, evitando di pensare e concentrandosi solo su quello che doveva fare.

Giunse alla finestra in poco tempo, le braccia le tremavano un poco, forse per il freddo, sicuramente per la fatica della scalata.

Girò di nuovo la testa, pronta a fare un cenno ai due compagni e poi a scendere, senza esitare oltre, ma vide Winn e Mon-El farle dei grandi gesti. Cercò di capire cosa succedesse, cosa avesse agitato così tanto i due ragazzi e cosa cercassero di dirle, poi, con un sussulto comprese: due guardie su di una piccola barchetta, stavano facendo il giro di ronda, illuminando, con i globi alchemici, la parete del castello.

Era incastrata, scendere non poteva, non avrebbe avuto tempo di nascondersi nell’acqua meno che mai di attraversarla e issarsi sulla riva opposta. Solo una strada le rimaneva aperta. Senza indugiare si aggrappò al davanzale della finestra e si issò, fino nascondersi tra le ombre che la rientranza produceva.

Il suo cuore batteva veloce, mentre lei si schiacciava contro la fredda finestra aspettando l’urlo che le avrebbe indicato che era stata scoperta.

J’onn sarebbe stato furioso, ma era nulla rispetto a quello che avrebbe detto Alex! E Kal? Si sarebbe vergognato di lei? No, lui era troppo nobile, ma lei si sarebbe vergognata di se stessa, a morte!

Il fascio di luce si avvicinò e lei si spinse ancora di più contro la finestra a cui, ormai, era completamente appoggiata. Un istante e la luce passò.

Ce l’aveva fatta! Mentre un sorriso pieno di sollievo le compariva sul volto il suo freddo appoggio venne a mancare e lei ruzzolò all’interno della torre, il cuore che riprendeva a battere con violenza.

“Chi siete?!” Esclamò una voce di donna, il tono acuto e teso. Kara ruotò la testa, cercando di cogliere la figura a cui quella voce apparteneva e si ritrovò a fissare la punta di una freccia e la suddetta freccia era incoccata in una balestra.

“Rispondete o dovrò considerarvi ostile e rilasciare la freccia.”

“Kara Zor-El, scudiero dei J’onzz, figlia adottiva dei Danvers.”

“Siete una ragazza?” Domandò allora la voce che, per il sollievo di Kara, abbassò l’arma.

“Ehm… sì.” Confermò, chiedendosi se poteva muoversi oppure no. La posizione però era alquanto scomoda, così come era freddo il pavimento quindi avrebbe potuto tentare, forse… si mosse un poco e la freccia tornò a brillare, colpita dall’unica luce presente, quella delle stella.

Kara alzò le mani.

“Non voglio farti del male!” Assicurò.

“Avete scalato la mia torre. Perché?” Domandò di nuovo la voce.

“Una sfida, una sciocca sfida, volevo…”

“Vedere il mostro che abita quassù?” Domandò aspra la giovane e Kara scosse la testa, velocemente.

“No! Volevo solo dimostrare di poter essere degna del mio nome.” Ammise e nel dire quelle parole, strappate al suo cuore dalla paura, comprese che erano vere.

La balestra scomparve di nuovo nel buio.

“Posso muovermi? Si sta un poco scomodi qua per terra…”

“Quella non è una porta, lady Zor-El.” Il tono della ragazza ora era più calmo e sembrava persino contenere una velata ironia, Kara si ritrovò a sorridere.

“Immagino di no…” Ammise, poi ruotò dalla sua posizione e si alzò in piedi, rabbrividendo un poco per il freddo.

“Avete freddo.” Comprese la ragazza.

“Non posso dire che non sia interamente colpa mia.” Si ritrovò ad osservare Kara. I suoi occhi cercavano una forma nel buio, ma la luce delle stelle era alle sue spalle e lei stessa creava un’ombra che le nascondeva la giovane alla vista.

“Cosa stavate facendo, senza luci?” Domandò visto che il silenzio si protendeva.

“Non credo sia qualcosa che vi riguardi, non sono io che ho scalato la vostra parete per finire in camera vostra.” Questa volta il tono era decisamente divertito.

“Avete ragione, ma non stavate dormendo, è chiaro, altrimenti non mi avreste sentita.”

“Ottimo spirito di deduzione.” La prese in giro. Kara sorrise, suo malgrado. I suoi occhi si stavano abituando al buio e lei iniziò ad individuare delle forme attorno a lei: una scacchiera, un letto, una libreria, una scrivania, uno strano attrezzo proprio accanto a lei.

“Quello.” Disse la ragazza che doveva aver seguito il suo sguardo. “Ecco quello che stavo facendo.”

Kara osservò, senza capire, lo strano cilindro appoggiato a un treppiede.

“Volete vedere cosa fa?” Domandò la giovane e Kara annuì, per poi bloccarsi.

“Non fa male, vero?” Chiese e dovette sbattere gli occhi sorpresa quando udì la delicata risata della giovane.

Come poteva essere che fosse brutta qualcuno con una simile, magnifica, risata?

“Non temete, lady Zor-El, non fa male. Sedetevi sullo sgabello in direzione della finestra, poi posate l’occhio sull’estremità del cilindro.”

Malgrado fosse un poco titubante Kara obbedì, sedendosi e dando quindi le spalle alla giovane e poi appoggiando l’occhio lì dove le aveva detto.

“Oh!” Si lasciò sfuggire esterrefatta quando il cielo stellato fu vicinissimo a lei. Tolse in fretta l’occhio e osservò il cielo dalla finestra, nulla si era mosso. Poi tornò a guardare nel cilindro. La magia si ripropose e questa volta Kara osservò per alcuni istanti le stelle.

“Questa è magia.” Disse con tono reverenziale.

“No, è scienza. La mia famiglia detesta la magia, dovreste saperlo.” Non vi era più divertimento nel tono della giovane, solo freddo distacco.

Kara distolse lo sguardo da quel strepitoso oggetto e ruotò sullo sgabello fissando l’ombra più scura che doveva appartenere alla ragazza.

“Siete, dunque, Lena Luthor?” Domandò.

“Sì.” Rispose lei.

“Perché siete chiusa in questa torre?”

“Non lo sapete? Sono stata maledetta, il mio aspetto è orrendo e nessuno vorrebbe posare il suo sguardo su di me. Mia madre me lo ha ricordato ogni volta che le ho chiesto di uscire da qua, fino a quando ho smesso di farlo, mio padre ha detto che lo faceva per il mio stesso bene, ma ha smesso di venire a trovarmi, troppo debole per sopportare quello che mi stava facendo e poi è morto, solo Lex riesce a…”

La sua voce si spezzò, una mano indicò la scacchiera, ma la giovane non aggiunse altro.

“Una maledizione? Perché non si è provato a spezzarla?”

Una piccola risata, tutto meno che divertita, sfuggì dalle labbra della giovane.

“Credete che non sia stato fatto tutto il possibile? Ma nessun mago o alchimista è riuscito nell’impresa.”

“Mi dispiace.” Si ritrovò a dire Kara.

“Non importa, sono venuta ai patti con questa realtà molti anni fa. Se devo portare io la Maledizione dei Luthor così sia.”

Rimasero in silenzio, Kara non era sicura di quello che avrebbe dovuto o potuto dire.

“Dunque guardate le stelle?” Chiese dopo un po’, era sicura che adesso avrebbe potuto andarsene, ma non le sembrava giusto e poi era curiosa, voleva conoscere meglio la giovane lady.

“Tra le altre cose.” Ammise lei. “Ho molto tempo, studio le scienze, costruisco cose, il telescopio è solo un gioco di ottica che ho creato quando avevo undici anni.”

“Un gioco?” Chiese Kara e ruotò di nuovo su se stessa per poter guardare le stelle brillare vicine e luminose come non mai, era affascinante.

“Non vi muovete.” Le mormorò la ragazza appoggiandole una mano sulla spalla. Kara sentì il cuore fare un balzo, ma obbedì, mentre con la seconda mano Lena spostava di un poco il cannocchiale. “Quella luminosa, al centro, la vedete?”

“Sì.” Bisbigliò, il tono e la vicinanza della giovane parlavano di segreti che non potevano essere espressi a voce alta.

“Non è una stella.”

“No?” Chiese, era brillante e grande, cosa poteva essere?

“No, è un pianeta, esattamente come il nostro. Gli antichi lo chiamavano Venere.”

“Oh! Uno dei sette pianeti che ruotano attorno alla Terra!” Ricordò lei.

Mmm… credo di aver eseguito calcoli che indicano che siamo noi a ruotare attorno al Sole, assieme ai sette pianeti e ai loro satelliti.”

“Satelliti? Come la Luna?” Domandò Kara, affascinata.

“Sì, Giove ne ha quattro visibili, ma sospetto che siano di più, anche se non posso vederli. Poi c’è Saturno con i suoi anelli e…”

Kara si tirò indietro e Lena fece due passi, tornando a nascondersi tra le ombre più fitte.

“Sapete tutto questo, perché non lo dite al mondo?”

“Il mondo non è pronto a udire queste cose, soprattutto non se a dirle è una giovane sfigurata e maledetta nascosta in una torre dalla sua stessa famiglia.”

“Ma…”

“Nessun ma, lady Zor-El, questa è la realtà.”

Kara fece una smorfia, non le piaceva arrendersi.

“Kara!” La voce di Alex fece sobbalzare entrambe.

Lena sembrò scomparire ancora di più tra le ombra.

È mia sorella.” Bisbigliò Kara. “Credo sia venuta a prendermi… temo che di essere nei guai.”

“Andate allora.” Nel tono di Lena vi era della stanca rassegnazione.

Kara esitò solo un istante, poi sorrise.

“Preparate il tè e un’altra meraviglia, domani torno a trovarvi!” Prima che la giovane potesse rispondere si sporse dalla finestra facendo un cenno ad Alex che la fissò con sollievo per un istante e poi con un cipiglio che prometteva guai, e si calò dalla finestra, scendendo al contrario il poderoso muro di pietra.

 

Kara sbuffò di sollievo quando lasciò cadere l’ultima fibbia sull’immenso mucchio di metallo che aveva dovuto lucidare. Mon-El accanto a lei fece una smorfia stiracchiandosi la schiena, stanco, Winn, invece stava dormendo sullo sgabello in una posizione assurda.

“Dove vai?” Chiese il ragazzo quando la vide alzarsi e indossare il mantello. “Non ti è bastata questa terribile punizione? Ne vuoi un’altra?” Insistette Mon-El.

“Vuoi andare a dirlo a J’onn?” Ritorse lei e lui corrucciò il volto, offeso.

“Certo che no! Non ti denuncerei mai.”

“Eppure ieri sei corso dritto da Alex.” Gli ricordò, anche se si sentì ingiusta, lui e Winn si erano davvero spaventati nel non vederla tornare e avevano scelto Alex invece che J’onn per tirarla fuori dai guai proprio per evitarle grossi problemi, peccato che, mentre rientravano al campo, fradice, con Alex che le lanciava occhiate di fuoco, il vecchio cavaliere li aveva intercettati e gli era bastato uno sguardo per comprendere ogni cosa, sembrava leggere nella mente a volte.

Winn ha iniziato a dire che la donna della torre ti avrebbe cucinato e mangiata! Dovevo fare qualcosa!” Disse lui con occhi sgranati, tanto che Kara non poté fare a meno di ridacchiare divertita all’idea di Lena che se la mangiava.

“Tu metti Winn a dormire, io faccio un giro e poi torno.” Aprì la tenda e poi tornò a guardarlo. “Non aspettarmi sveglio e, soprattutto, non dire nulla ad Alex!” Intimò, poi chiuse la tenda e sgattaiolò via.

 

Si issò sul davanzale con un piccolo ansimo, non era una scalata così semplice, dopo tutto!

Bussò delicatamente e sorrise quando sentì la finestra aprirsi. Questa volta entrò con maggiore grazia.

“Buonasera, lady Luthor.” Disse chinando il capo, un sorriso sulle labbra. “Avete preparato il tè?” Aggiunse.

“Siete tornata.” Fu la risposta di Lena ed era così sorpresa che Kara si ritrovò a battere gli occhi, confusa.

“Sì… ve l’ho detto, ieri, non mi avete sentita?”

“Certo, ma…” L’ombra si agitò nel buio. “Non credevo che foste seria.”

“E perché non avrei dovuto esserlo?” Domandò Kara, perplessa.

Lena rimase in silenzio per un istante.

“Non lo so.” Ammise poi.

“Oh, ma allora c’è qualcosa che non sapete!” La canzonò con ilarità Kara.

“In realtà vi sorprenderebbe sapere quante cose non so.” Rispose Lena.

“Avete più libri di quanti io ne abbia mai visto.” Kara si mosse fino alla libreria, passando la mano sui titoli, per poi ritirarla in fretta quando si rese conto che li stava bagnando.

“Avrò anche molti libri, ma non ho mai visto il mare, dalla mia finestra osservo gli alberi e l’erba, ma non li ho mai toccati con le mie mani, gli unici animali con cui sono entrata in contatto sono dei gatti e i cani di Lex, ho osservato qualche uccello, ma quando Lex me ne ha portato uno non ho resistito e l’ho liberato, non potevo condannarlo al mio stesso destino.”

“Non avete mai visto un cavallo?” Chiese, sconvolta, Kara. “Sono animali dolcissimi e cavalcarli è la cosa migliore del mondo.” Si agitò aprendo le mani. “È come volare!”

“Come volare?” Chiese Lena e di nuovo nel suo tono comparve quella nota divertita che lo rendeva più profondo, accattivante, intrigante.

“Sì!”

“Voi volate, lady Zor-El?”

“Ehm… no…” Ammise Kara. “Ma dovreste provare!”

“Certo, come no, me ne farò portare uno alla torre e…”

“No, adesso! Proviamo adesso, uscite con me, il campo non è lontano, posso…” Lena che si era allontanata dal muro ora tornò indietro e agitò la mano in un cenno deciso e secco.

“Non uscirò da questa torre. Ne oggi ne mai!”

“Andiamo, questa cosa è assurda!” Kara strinse i denti, esasperata dalla situazione.

“Assurda? Credete che mi piaccia rimanere qua dentro? Credete che sia quello che voglio?”

“Mostratemi il vostro volto.” Il silenzio scese netto nella stanza.

“Cosa?” Chiese Lena, la sua voce aveva perso durezza.

“Avete sentito: mostratemi il vostro volto, lasciatemi giudicare da sola.”

“No.” Questa volta la risposta giunse sicura.

“Perché?” Chiese Kara. “Non ho paura di un volto che non è canonicamente bello, voi avete così tante qualità che mi sembra solo giusto che non siate anche bella, altrimenti una simile ingiustizia sarebbe intollerabile.”

“Siete folle.” Rispose Lena, ma nel suo tono vi era l’ombra di una risata, Kara scosse la testa.

“Folle, dite? No, no, solo onesta. Andiamo, siete una specie di genio se a undici anni per gioco costruivate attrezzi che nessuno ha mai neanche sognato e poi siete divertente e coraggiosa, io sarei morta se qualcuno fosse scivolato nella mia stanza in piena notte, mentre voi avevate una balestra ed eravate pronta a infilzarmi!”

“Non vi mostrerò il mio volto.” Tentò di chiudere la discussione Lena.

“Perché?” Chiese ancora Kara, incapace di arrendersi.

“Perché scappereste via e… non voglio. Vi prego, smettetela di chiederlo.”

Kara esitò ancora un’istante poi a malincuore annuì.

“Va bene.” Accettò. “Ma in cambio dovete raccontarmi o mostrarmi qualcosa di meraviglioso, altrimenti accenderò una candela e voi per impedirmelo dovrete sforacchiarmi con la vostra balestra.”

“Ho una buona mira.” Minacciò Lena, ma la tensione era solo più un lontano eco. “Qualcosa di meraviglioso? Bene.” Kara quasi percepì il sorriso sulle labbra della giovane e non poté fare a meno di sorridere a sua volta.

Pochi minuti dopo, Lena le mostrava come la luce bianca delle stelle se attraversava un cristallo poteva creare un arcobaleno, lasciando Kara, ancora una volta, senza parole.

 

Quando rientrò era quasi l’alba, crollò sulla sua branda e dormì fino a quando Mon-El non la scosse, eppure, la sera dopo, non esitò neppure un istante a risalire la torre per vedere Lena. Questa volta la attendevano degli abiti asciutti e una tazza fumante di tè.

“Allora?” Chiese dopo essersi cambiata. “Cosa mi fai vedere questa sera? Non credo che tu possa battere il cilindro per vedere le stelle e l’arcobaleno!” La sera prima erano passate al tu senza neanche rendersene conto e ora le sembrò naturale continuare su quel nuovo tono informale.

“Dovrai chiudere gli occhi.” Le disse Lena. “E promettermi che non li aprirai.”

“Ok.” Kara non esitò neppure un istante.

“Parola di El?” Insistette lei e Kara annuì.

“Non aprirò gli occhi fino a quando non mi dirai che posso farlo.” Assicurò, chiudendoli con forza.

Sentì la giovane muoversi nella stanza, il distinto rumore di un acciarino che scattava e l’odore dello stoppino che prendeva fuoco. La tentazione di aprire gli occhi e vedere, infine, il volto della donna, fu intensa, ma Kara resistette, aveva dato la sua parola.

Ancora un po’ di rumori, il fruscio di pergamene e poi il silenzio. Un istante e Kara aprì la bocca sorpresa, mentre una musica, prima da lei mai udita, riempiva la stanza.

Qualcosa di unico, di diverso da tutto ciò che conosceva, un suono pulito, semplice eppure meravigliosamente completo. La musica era dolce, ricca e al contempo triste, parlava di solitudine, parlava di mancanza, parlava di tristezza. Una lacrima scivolò lungo il viso di Kara che la lasciò scivolare lungo la sua guancia, troppo presa nell’ascoltare per poter anche solo pensare di muovere un muscolo.

Poi la musica finì. Kara rimase immobile in attesa di qualcosa altro, ma sentì solo il soffio di Lena che spegneva la candela.

“Puoi aprire gli occhi.” La voce della giovane era esitante, come se le avesse rivelato un grande segreto ed era così, comprese Kara, la giovane le aveva mostrato più del suo viso, le aveva mostrato il suo cuore.

È la cosa più bella che io abbia mai sentito.” Mormorò.

È uno strumento a corde e al contempo a percussione, dei martelletti colpiscono delle corde tese e…” Iniziò Lena, come sempre quando le mostrava qualcosa poi le spiegava nei dettagli come ciò fosse possibile, ma questa volta Kara dovette interromperla.

“No.” Disse, poi scosse la testa. “Cioè, sì, lo strumento era geniale, ma… la musica che hai suonato, le note, erano… io…”

“Oh…” Disse la ragazza. “Non è nulla, sola qualcosa che ho scritto in un giorno di pioggia.”

“Io ho sentito… nel cuore quello che volevi dire, era… non mi è mai successo, la musica è allegra, accompagna le danze o i cantori, non è mai così… intima.”

Lena non le rispose e Kara non aggiunse altro.

“Ti va di provarlo?” Le chiese Lena, dopo un poco, e Kara annuì, ridendo e facendo ridere Lena quando riuscì solo a strappare terribili rumori allo strumento.

 

Il torneo arrivò alle sue ultime sfide, i cavalieri festeggiavano nel grande prato all’esterno del castello dei Luthor, mentre Kara scalava per l’ultima notte la torre.

Aveva passato l’intero giorno con un senso di tristezza, non poteva immaginare di non vedere più Lena, ma sapeva che l’indomani lei, Winn e Mon-El avrebbero dovuto smontare le tende e partire per tornare alle rosse praterie dei domini dei J’onnz.

Aveva rimuginato tutto il giorno fino a quando non aveva preso una decisione, avrebbe reso quell’ultima notte unica e speciale, ora doveva solo convincere Lena.

“Buonasera, lady Zor-El.” La accolse Lena, Kara si lasciò cadere sul pavimento e guardò tra le fitte ombre della stanza.

“Voglio portarti fuori con me.” Disse. “Domani partirò e…”

“Domani è domani, non voglio pensarci ora.” La interruppe Lena.

“Ma io voglio!” Dalla tasca estrasse un sottile tessuto. “Indossa una maschera se è questo a preoccuparti. Nessuno ti vedrà, neppure io e, comunque, sono tutti al banchetto.” Il silenzio che seguì alla sua frase la fece sperare, così decise di insistere. “Devo mostrarti una cosa speciale, è il mio turno di darti qualcosa di magnifico. Dì di sì, ti prego, rientreremo prima dell’alba, nessuno lo saprà e…”

“Oh Kara, non credo sia una buona idea…” Sentirsi chiamare per nome le fece accelerare il cuore.

“Certo che è una buona idea. Una notte, una soltanto.” Aggiunse, un ampio sorriso sulle labbra, aveva sentito per la prima volta Lena esitare.

“Non…”

“Lena, ti prometto che non te ne pentirai.” Vide la donna sobbalzare, ma non si pentì di aver pronunciato il suo nome, invece si sollevò in piedi e le tese il delicato tessuto blu che aveva rubato dagli abiti di Sam, la compagna di Alex, alla ragazza non sarebbe mancato troppo… almeno sperava.

Lena esitò ancora un momento, ma alla fine annuì.

“Va bene, ma non credo di poter scendere dalla torre come fai tu.”

Kara batté le mani, felice.

“Ho un piano!” Esclamò. “Ho preparato ogni cosa.”

Poco dopo lei e Lena scendevano lungo la parete aiutate da una corda che Kara aveva faticosamente trascinato con sé e lasciato sul davanzale prima di entrare. Ad attenderle alla base del muro vi era una piccola barchetta sulla quale Kara fece sedere Lena.

La donna tremava, Kara non era sicura se fosse per la paura o l’emozione, le prese le mani, stringendole forte.

“Andrà tutto bene.” Le mormorò, poi si lasciò cadere silenziosamente nell’acqua e spinse la leggerissima imbarcazione fino alla sponda opposta. Uscì dall’acqua, tese la mano a Lena aiutandola e poi nascose la barchetta tra i cespugli.

“Vieni.” Disse, aveva un enorme sorriso sulle labbra e di nuovo strinse con gioia le mani di Lena portandola verso il campo dei cavalieri.

“Kara…” La chiamò lei, quando iniziò a sentire delle voci.

“Non ti preoccupare.” Si voltò a guardarla e le fece un sorriso rassicurante, era strano vederla dietro quel pesante velo, ma era felice di poter osservare qualcosa di più che una sagoma d’ombra. “Siamo quasi arrivati.”

Pochi passi e furono esattamente dove Kara voleva: il recinto dei cavalli. Sentì la mano di Lena stringersi alla sua.

“Non pensavo che… certo dovevano essere grandi, ma così grandi?” Domandò fissando con titubanza il cavallo che Kara stava velocemente sellando.

Streaky è buonissimo.” Le disse.

“Non è una zebra… almeno credo.” Commentò e Kara rise nell’udire il tono scettico di Lena.

“Lo so, ma da bambina volevo una zebra e quando ho avuto il mio primo cavallo l’ho chiamato così.” Si strinse nelle spalle, poi controllò di aver fissato bene la sella prima di salire con facilità sul dorso dell’animale.

“Non sono sicura di poter… non possiamo solo fare una passeggiata e poi tornare alla torre?”

È tutta la vita che sogni questo momento, solo che non lo sai ancora.” Kara le tese la mano e sorrise cercando, tra le pieghe del tessuto, gli occhi di Lena, frustrata dal non vederli.

La donna esitò ancora un istante, poi sollevò la mano e Kara poté issarla dietro di lei.

“Stringiti.” L’avvisò prima di colpire con leggerezza i fianchi dell’animale che, pronto, scattò in avanti.

Le braccia di Lena si strinsero attorno a lei e Kara sorrise. “Ora, preparati a volare.” Con un colpo più deciso indicò a Streaky cosa fare e lui allungò il passo, lanciandosi al galoppo.

Kara rise di gioia assaporando quel folle senso di libertà che le dava cavalcare. Dietro di lei Lena, prima sembrò aggrapparsi a lei con più forza, tanto che Kara pensò di rallentare, poi scoppiò a ridere, una risalta che sembrava riempire il mondo di gioia.

Dopo un poco Kara rimise l’animale al passo e lo diresse lungo la strada reale, verso Nord, aveva un’idea ben precisa sul dove andare. Lena, dietro di lei, la stringeva, in silenzio, ma rilassata.

La notte era limpida, la luna sarebbe sorta solo più avanti e le stelle brillavano nel cielo.

“Non ne ho mai viste così tante.” Mormorò Lena e Kara ruotò per poterla guardare. La donna fissava in alto, la sua espressione però le era preclusa dal velo. “Certo, ruotano, ma era impossibile osservarle tutte, ora invece…” La sua emozione era evidente.

Rimasero in silenzio, cavalcando nella notte fino a quando Kara non notò un particolare del paesaggio.

“Puoi chiudere gli occhi?” Chiese.

È tutta la vita che tengo gli occhi chiusi.” Protestò lei, ma Kara sorrise.

“Solo un istante.” Alla fine la donna annuì.

“Devo fidarmi?” Scherzò e Lena le diede un colpetto con la mano.

“Certo che devi fidarti. Ti do la mia parola: non aprirò gli occhi.”

“Molto bene.” Kara spinse Streaky fuori dalla grande strada battuta, su verso la collina. “Occhi ben chiusi.” Ricordò prima di fermare il cavallo, scendere e aiutare Lena a fare altrettanto. Con attenzione la condusse esattamente dove voleva. “Ora stenditi pancia in su.” La istruì.

“Cosa stai preparando?” Domandò la donna, leggermente preoccupata.

“Ehi, io ho eseguito i tuoi ordini ogni notte del torneo, tocca a te, ora, fidarti.”

Lena non rispose, invece si stese a terra, il volto rivolto verso l’alto.

“Bene, ora farò una cosa…” Posò le mani ai lati del viso di Lena e la donna sobbalzò prendendole i polsi con forza. “Non toglierò il velo.” La rassicurò Kara e la donna, dopo un attimo di esitazione, le permise di continuare. Kara le fece inclinare il collo fino a quando non fu in una posizione decisamente strana.

“Ora.” Le disse, con voce emozionata. “Apri gli occhi.”

Lena obbedì. Ci fu solo il silenzio. Kara inclinò la testa, cercando di capire cos’avesse sbagliato, eppure era perfetto. Il lago tra le colline creava un effetto unico riflettendo il cielo, così che, osservando il cielo sembrava di guardare il mare infinito.

“Il mare…” Disse finalmente Lena.

“Sì! Ti piace? Avevi detto che non lo avevi mai visto quindi… lo so che è un po’ come barare, ma è quasi uguale e…”

Lena si sollevò a sedere.

“Grazie.” Disse e Kara sorrise, perché poteva sentire tutta la commozione nella voce della giovane. “Ho una cosa per te.” Aggiunse poi Lena. “È l’invenzione che ti avrei mostrato questa sera.”

“Oh! Bello.” Disse allora Kara. La donna estrasse un attrezzo curioso che era riuscita a infilare nelle tasche del vestito e portare con sé.

“Tieni, metti queste due parti nelle orecchie.” Kara obbedì, curiosa. Si trattava di uno strumento musicale? Di un qualche bizzarro aggeggio che le avrebbe permesso di... “Appoggia questo al tuo cuore.” Kara obbedì appoggiando la terza estremità al proprio petto, udendo subito, con forte chiarezza, il proprio cuore battere forte e regolare.

“Wow!” Disse estasiata, poi abbassò la mano, colta da un improvviso desiderio, e si allungò andando a posare lo strumento sul petto di Lena.

Il cuore della donna fece un rapido balzo, poi prese a battere più veloce. Quello di Kara lo imitò e la giovane si morse il labbro.

“Batte veloce.” Mormorò Kara alzando gli occhi verso Lena e trovando solo del tessuto. Senza togliere l’attrezzo dal cuore della donna sollevò la mano. “Voglio vedere il tuo viso…” Bisbigliò e il cuore di Lena accelerò ancora.

“No…” La contraddisse lei, bloccando di nuovo il suo polso.

“Ti prego, non credo che potrei trovare nulla di brutto in te, non importa quanto sia terribile la maledizione che ti affligge, io so che sei bella, in ogni modo possibile e voglio… voglio vederti, portare con me il ricordo dei tuoi occhi.” La mano che la tratteneva esitò, poi Lena la lasciò cadere, in un tacito permesso.

Il cuore della ragazza batteva folle nel suo petto, così veloce che sembrava rombare nelle orecchie di Kara. Non che il suo fosse da meno. Ora che era così vicina a vedere il viso di Lena, il suo cuore sembrava volerle sfuggire dal petto.

Lentamente arrotolò il tessuto, ma, prima che potesse scorgere alcunché il battito di Lena tacque e la donna si accasciò su se stessa.

“Lena!” Chiamò lei, spaventata. Rapida la rovesciò sul ventre cercando di capire cosa stesse succedendo, poi sconvolta dall’idea che non respirasse più a causa del velo lo strappò via dal suo viso.

In un solo istante di puro shock si rese conto che era la donna più bella che avesse mai visto, perfetta in ogni linea del viso, poi ignorò quell’informazione decisamente secondaria e si piegò su di lei, ascoltando il suo respiro.

Un debolissimo refolo d’aria le indicò che la donna respirava ancora, ma il suo cuore sembrava rifiutarsi di battere. Senza esitare afferrò la giovane tra le braccia e salì a cavallo, stringendola con forza a sé, poi si lanciò al galoppo verso il castello.

 

 

Note: Eccovi la storia che vi avevo promesso! Spero che vi sia piaciuta questa prima metà, con le sue meraviglie e i suoi misteri, perché ora le cose si fanno difficili… cos’è successo al cuore di Lena? Kara cosa potrà fare contro un cuore che ha smesso di battere? E il viso di Lena, perché non è terribilmente brutto come credeva la giovane? Di che maledizione stiamo parlando?

Fatemi sapere se la storia vi è piaciuta e se siete curiose di scoprire come prosegue!

 

Vi aggiungo l’immagine del castello dal quale ho preso spunto per l’ambientazione, non è bellissimo? Si tratta del Kasteel van Wijnendale e lo potete trovare il Belgio.

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