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Autore: meggie681    18/04/2018    2 recensioni
I recenti fatti, inerenti il ricovero preventivo di Colin Farrell, per evitargli ricadute nel bere, segnalate come imminenti, dal suo staff, per il troppo lavoro dell'ultimo anno, non potevano che portarmi ad alcune riflessioni sulla sua situazione personale e su come sarebbe potuto essere un incontro, con Jared Leto, sempre pronto ad aiutare gli amici in difficoltà. Figurarsi l'eterno, impossibile, amore, della sua vita. Buona lettura e grazie per le recensioni, meg XD
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ONESHOTENONARRIVERAIALMARE
One shot -  E non arriverai al mare





Pov Jared Leto
Los Angeles on avril, 2018



La pelle del volante è liscia, ben cucita, ne seguo i bordi, così le insenature regolari, come dune, dove le mie dita solcano le curvature, il fondo, risalendo poi per le estremità arrotondate e perfette.

Fisso la sequenza di entrambe le mani, dimentico di respirare.

Un cigolio, poi un colpo secco e asciutto; ho i finestrini abbassati, fa caldo.

Alzo lo sguardo e ti vedo.

Finalmente.

Sali.

Inspiri, espiri, fissi davanti a te quel cancello, non dici niente.

“Claudine, forse, si sarà arrabbiata” – esordisco, senza guardarti ancora.

“No, figurati, era entusiasta invece”

Sorridi piano, gli occhi bassi, ora.

“Dove ti porto, allora?”

“Grazie per essere venuto, Jay”

Mi osservi, tirando su dal naso; armeggi con una sacca, è sempre la stessa, ci tieni di tutto, quando viaggi, quando ti sposti in aereo, perché hai ancora paura di volare.

In ogni senso.

“Di nulla, Colin”

“Avevi di sicuro da fare, con la band, i set” – divaghi, tremando nella voce, riguardandoti in giro, come a cercare una via d’uscita.

Credevo fossi contento di vedermi, sono passati mesi.

Anzi, anni.

Due, circa.

Come è possibile?

“Sei felice?” – ti chiedo, scrutandoti adesso, perché voglio vedere ogni centimetro del tuo volto contrarsi o distendersi, a seconda di cosa mi racconterai.

Di nuovo bugie?

Forse.

Ridacchi.

“Oh cazzo Jay”

“Potresti chiamarmi Jared?”

“Che stronzata”

Siamo duri allo stesso, identico, modo, nello scambio delle ultime due battute eppure nessun regista ci darà lo stop.

Siamo abituati a massacrarci.
A non volerci bene affatto.


“Se lo fossi stato, sarei qui?” – una contro domanda esaustiva.

La mia, in compenso, era davvero idiota.

Ti conosco così bene, Colin James Farrell, da potere persino prevedere cosa farai tra un secondo.

Cercherai una sigaretta, nel giubbotto stinto.

Senza trovarla.

Accade.
Te ne offro una io, estraendola dal vano porta oggetti del mio nuovo Suv bi-power.


Sfioro il tuo corpo e ti contrai un minimo, poi sorridi di nuovo.

“Grazie Jay o Jared o come diavolo vuoi”

“Non c’è motivo di incazzarti e non con me” – replico fermo nella mia stupida convinzione, che, almeno questo giro, non ricadrò in vecchi errori.

E tu qui, in questa clinica, ci sei corso per fare altrettanto.

Motivo?

Stress da lavoro.
Claudine ha raccontato la stessa balla a me, peccato non fossi un giornalista qualunque.


“Scendi se proprio non puoi farne a meno, di fumare intendo, fallo nel parcheggio”

“Credevo andassimo via subito” – e la nascondi in una tasca, del tuo bagaglio.

“Sì, ma dove, Cole?”




Ti ho portato a casa mia.
Ogni minuto che passa, credo sia stata, questa sì, una vera stronzata.

Mi accomodo in una poltrona qualsiasi, tu studi ogni dettaglio, di quell’ambiente sconosciuto.


“Ma allora è vero … Un ex base militare … Bella la piscina” – pensi ad alta voce, mentre il riverbero dell’acqua, oltre la vetrata, sembra animarsi nelle tue iridi scure.

Anch’io ti sto analizzando, anche se ti conosco come nessuno al mondo.

Un mondo, dove un posto, per te e per me, Colin, non esisterà mai.
Le rammento bene, le tue motivazioni, la rabbia, durante l’ennesimo litigio.

Quindi l’ennesima tua … Decisione?

Tu, che non hai mai deciso davvero nulla.

Ti avvicini, inginocchiandoti.

In un flash back ti rivedo così, a supplicarmi, di tirare fuori l’ultima bottiglia di liquore, perché sei troppo fatto per uscire a comprarne una nuova.

L’avevo nascosta, senza svuotarla.
Poi la tirai fuori, la vuotai, come tu stavi facendo con la mia vita, sempre messa, da me al secondo posto, rispetto alla tua, incasinata più che mai.

Eri così giovane e così stupido.


Mai quanto il sottoscritto, avrebbe detto Shannon.
Se sapesse che sono qui, con te, mi ucciderebbe.



“E tu lo sei, Jared?” – chiedi improvviso, riportandomi in questa stanza.

Ti tormenti gli anulari, forse ci portavi un nuovo anello, forse no.


“Cosa?”

“Felice”

Sbuffo, cercando un’altra prospettiva, rispetto alla tua bocca, che muoio dalla voglia di baciare.

“Ogni tanto Cole, ogni tanto” – e provo ad alzarmi, però tu mi fai desistere.

“Rimani qui, ancora un minuto, perché ben presto mi butterai fuori, questo lo so e lo sai anche tu, Jay”

“Che importa?”

“A me importa”

“E cosa cambierebbe, restare fermo o”

Il bacio arriva, per farmi stare zitto.

Per farmi felice.




Le nostre dita si intrecciano e tu calchi i palmi, sui miei, scivolando per il sudore, ma senza abbandonare la presa.

Non fa male, come il tuo corpo dentro al mio, dopo troppo tempo.

Mai più avuto nessuno.


Che mi facesse soffrire come tu hai fatto.

Che mi amasse, come tu hai saputo amarmi.


Sei ovunque e da nessuna parte.

Questo lo so.
E lo sai anche tu, Cole.


Ti svuoti, come quella bottiglia.

E non arriverai al mare, dopo un percorso lunghissimo, come quel whisky.


Continuerai a ribollirmi, a quella profondità, dove non c’è più spazio per qualcuno, che potrebbe cancellare il ricordo di te.


Come se lo volessi …




Ti rivesti, con lentezza, soltanto i jeans, poi frughi nelle tasche.

“Ho … Ho bisogno di un po’ d’acqua Jay”

E sembri sfinito.

Persino confuso.


“Cosa sono?” –  lo chiedo, incollandomi alle tue spalle.

“E’ … E’ la terapia” – e provi a nascondere un paio di pasticche violacee.

“Ma cosa cazzo ti hanno fatto?” – mi altero.

Prendi fiato e continui a sudare, anche se non stiamo facendo l’amore, come un attimo prima.


“Mi … Mi hanno fatto parlare, ci hanno provato almeno, però non gli raccontavo granché … E poi dormire, mi hanno fatto dormire tanto” – e ti pieghi verso il mio cuore.

Ti abbraccio.

Ti stringo così forte, che potrei anche mandarti in pezzi, come se già non lo fossi a sufficienza.



Piangi.

E’ la reazione migliore, in certi momenti.


Dicono.




Le apro senza fare rumore.

Kelly esita sulla porta, mi sorride appena, è accaldata e in ansia.


“Dai entra” – provo a essere gentile, del resto lei non mi ha portato via nessuno, tanto meno Colin.

“Grazie” – è timida, non come nel suo lavoro; la conosco da tempo, il suo numero era rimasto nella mia rubrica, per dei vecchi concerti fatti con Bono e gli U2, per la quale fa l’assistente personale di The Edge.

Quando scoprii che era lei, “la vita normale, di cui ho bisogno Jay!”, non ci rimasi neppure male.

La morte era arrivata ben prima.
Le umiliazioni, grazie a Colin Farrell, erano state ben altre.


“E’ di sopra, sta riposando” – e vado oltre la soglia, verso l’esterno.


“Ma tu non rimani, Jared?” – domanda smarrita.

“No, io devo andare”

“Ok …”

“Abbi cura di te, addio Kelly”


Ho le gambe come macigni eppure riesco ad arrivare all’auto, ci salgo, riprendo il volante, stritolandone le insenature, appannando il pellame, di sudore e di lacrime.

Sono un tale idiota.


“Idiota, come un qualsiasi innamorato.” – sentenzierebbe mio fratello.

Shan.


Qualcuno da amare mi è rimasto.


Qualcuno, che saprà ascoltare, al quale potrò, per l’ennesima volta, raccontare.



The End





   
 
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