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Autore: Beckett_95    18/04/2018    0 recensioni
Non ci potevo credere, il mio cuore stava battendo ad un ritmo forsennato, il suo palpitio mi riempiva le orecchie facendomi isolare completamente dal trambusto che mi circondava. Betty una delle mie più care amiche si era precipitata nell’aula di musica mentre mi esercitavo col pianoforte, urlando un'unica frase:
'' Blade è appena arrivato un pullman pieno di Marines!’’.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Quando ci Rincontreremo

Non ci potevo credere, il mio cuore stava battendo ad un ritmo forsennato, il suo palpitio mi riempiva le orecchie facendomi isolare completamente dal trambusto che mi circondava. Betty una delle mie più care amiche si era precipitata nell’aula di musica mentre mi esercitavo col pianoforte, urlando un'unica frase:
 '' Blade è appena arrivato un pullman pieno di Marines!''.
La mia scuola superiore fortunatamente si trovava davanti alla stazione dei bus. Il mio cervello ci mise un paio di minuti per realizzare le parole di Betty, il mio corpo si immobilizzo completamente, ero diventato una statua, anche respirare pareva difficile. Vedevo gli occhioni color cioccolato della mia migliore amica fissarmi spalancati per l’emozione ed il suo sorriso non era mai stato così grande, era così ampio che sulla sua guancia sinistra spuntava un adorabile fossetta. I lunghi capelli biondi le ricadevano scomposti sul seno, il collo aggraziato era chiazzato di rosso per via della corsa che doveva aver fatto per raggiungermi.
Un'altra frase, stavolta sussurrata uscì dalle sue labbra sottili:
 '' Blade, lui potrebbe essere su quel bus!'' .

Un sospiro ansante lasciò le mie labbra carnose e i miei occhi dell’azzurro più gelido si appannarono, li sbattei con stizza per scacciare le lagrime e con uno scatto repentino mi alzai dal pianoforte ribaltando lo sgabello che produsse un rumore sordo quando toccò il suolo. Comincia a correre. Diedi una spallata alla porta dell’aula affacciandomi sul lungo corridoio pieno di studenti curiosi diretti come me verso l’uscita. Dietro di me sentivo i passi di Betty che cercava di tenere il mio ritmo. La corsa non era mai stata un problema per me, dato che mio padre pretendeva dai suoi figli una forma fisica perfetta, sottoponendoci ad estenuanti allenamenti. Il vero problema era cercare di superare la folla di gente che mi stava davanti. Ero pronto a dare spallate, gomitate e persino morsi se questo mi avesse permesso di arrivare prima da lui. Fortunatamente qualcuno si fece da parte vedendo un ragazzo di 17 anni alto 1.87 con un espressione feroce in volto, tutti gli altri furono travolti dalla mia corsa. Gli impatti con quegli stupidi quarterback avrebbero dovuto provocarmi dolore ma l’adrenalina che scorreva nelle mie vene aveva cancellato qualsiasi percezione di dolore o fatica. Mentre le mie gambe macinavano metri, superando la schiera di armadietti metallici, sentii la voce di quel pallone gonfiato di Jake attirare l’attenzione di tutti su di me, urlando:
''Guardate come corre quel succhiacazzi di Blade! Tanto lo sanno tutti che ti sei inventato di avere come ragazzo un marine!''.
 La rabbia mi fece solo aumentare la velocità, ribattendo di sfuggita, sarcasticamente a Jake di smetterla di provarci con me ed ammettere finalmente la sua omosessualità latente. Ormai battutine di quel genere non mi facevano più effetto, essendo io finalmente libero di essere me stesso, dopo aver nascosto per anni la mia omosessualità. Gli studenti che avevano assistito allo scambio di battute si fecero da parte, lasciandomi finalmente aprire le porte di ingresso della scuola.

L’aria gelida mi scompigliò i ricci neri. Il mio sguardo algido percorse la strada alla ricerca del bus militare. Quasi tutti gli studenti si erano riversati nel piazzale davanti alla scuola. Finalmente con la coda dell’occhio destro intravidi una macchia verde militare, il plotone si stava raggruppando e posizionando per il saluto finale. I soldati marciando si fecero sempre più vicini posizionandosi nel piazzale di arrivo della stazione. C’era una folla incredibile ad attenderli sui lati della strada a due corsie. Il dubbio cominciò a insinuarsi prepotente. Avevo sentito Jesse ieri mattina e non mi aveva assolutamente detto che sarebbe tornato a casa, anzi la sua missione in Afghanistan durava ancora due settimane. Guardai con sconforto i militari, per poi fare un passo indietro. Lui non poteva essere tra quei soldati.

Con mia grande sorpresa la mia mano destra venne stretta e tirata verso destra, mia sorella Isabelle con la mano ancora intrecciata alla mia mi guardava fiduciosa. I suoi lunghi capelli neri mossi dal vento la rendevano più giovane di quel che era, alle sue spalle mio fratello Ronald aveva un pollice alzato in segno affermativo. Entrambi mi spinsero sorridenti verso la strada dove il plotone aveva quasi finito il saluto di congedo dalla missione. Camminai lentamente attraversando in trance la strada, il trambusto era assordante, molti studenti e professori applaudivano e urlavano frasi di ringraziamento. Per un attimo persi il senso dell’orientamento. I militari cominciarono a sparpagliarsi, mi ritrovai ad urlare a gran voce il nome di Jesse, cosa letteralmente inutile dato che la mia voce era appena udibile al di sopra del casino. L’unico modo per provare ad individuarlo era posizionarmi in un punto sopraelevato.
Mi arrampicai sopra un muretto e setaccia la zona. I miei occhi individuarono la sua figura imponente, alto 1.95 e con tutti i muscoli al posto giusto sovrastava i due soldati semplici che si stavano congedando con rispetto dato che Jesse era il sergente maggiore del plotone. La mandibola squadrata era leggermente ricoperta da un filo di barba bruna, le labbra di un bel rosa tenue erano sottili e aperte in un sorriso, il naso era dritto mentre gli occhi leggermente allungati erano del colore dello smeraldo circondati da folte ciglia nere, il taglio rasato delineava la forma della testa e del collo elegante. Era bellissimo. In questi otto mesi di servizio mi era mancato tantissimo. All’improvviso mi diede le spalle richiamato dal suo capitano che dopo una stretta di mano mi indicò ammiccando, dando una pacca sulla spalla a Jesse.
I nostri sguardi si incrociarono.
Continuando a fissarmi Jesse avanzò deciso tra la folla, salendo sul muretto dalla parte opposta rispetto alla mia, ora ci separavano solo pochi metri. Entrambi cominciammo a correre stando attenti a non perdere l’equilibrio sul muretto. Ad un passo da lui mi lanciai tra le sue braccia aperte, stringendolo forte ridendo e piangendo come uno stupido. Lui continuava a ripetere il mio nome sempre con più emozione, mi staccai leggermente per guardarlo da vicino, accarezzando lentamente il suo viso, soffermandomi su particolari nuovi e sulle labbra che tanto amavo. Queste mi baciarono le punte delle dita, mentre le sfioravo dolcemente. Le sue mani che erano arpionate ai miei fianchi mi attirarono con prepotenza a se. Le sue labbra ricoprirono le mie e diedero vita ad un primo bacio dolcissimo seguito da un bacio ancor più lungo e appassionato. Dai componenti del plotone si alzò un coro di esultanza mentre urlavano il mio nome e quello di Jesse. Rendendoci conto del bellissimo spettacolo che stavamo dando, ci staccammo di poco, sorridendoci beatamente per poi saltare insieme tenendoci per mano giù dal muretto. Appena i miei piedi toccarono il suolo fui ancora una volta attirato tra le sue braccia dove mi accoccolai sereno, cominciando a tempestarlo di domande sulla missione. Mentre ascoltavo le sue risposte guardai verso la scuola notando i miei fratelli e Betty commossi per me, poco distante da loro c’era quel bullo di Jake con in volto un espressione spaventata mentre guardava preoccupato il mio uomo che era effettivamente un sergente dei marines.
I miei pensieri furono cancellati dalle sapienti labbra di Jesse che promettevano la bellezza dell’amore puro.



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Grazie per aver letto fino a qui! Questa è la mia prima one shot originale! Chiunque voglia lasciare un commento o un consiglio è ben accetto! 
A presto!
Beckett
  
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