Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    22/04/2018    1 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Trenta


Nyx s’è fatta scura in volto e ha tutta l’aria di essere a un passo da una catastrofica esplosione di rabbia. Ringhia, e Ba’al sussulta e afferra Mot per la vita, allontanandolo precipitosamente da quei due.


«Che cosa è preso a me?» sibila in tono basso e pericoloso la donna, scatenando un tremito angosciato nei due fratelli che, seppur lontani, si sentono ancora troppo esposti. «Sei folle? Un dannatissimo demone vecchio di migliaia di anni e vendicativo è appena evaso dalla dimensione in cui lo avevi rinchiuso e tu te ne sei fregato! Ho dovuto letteralmente dare di matto per smuoverti dal tuo mondo immaginario e dalle tue futili occupazioni! E tu vieni a chiedere a me che cosa mi è preso?» grida a tutto volume.


Phanês in tutto questo non ha battuto ciglio e la osserva con una nota di curiosità, quasi avesse di fronte a sé una nuova specie di creatura mai vista, della quale studiare le caratteristiche. In compenso non sembra per nulla toccato dalla novità appresa da lei.


«Francamente non vedo motivo di fare tanto chiasso per un singolo demone. Se è stato esiliato una volta sarà senz’altro possibile farlo nuovamente» commenta con disinteresse.


Nyx al contrario sembra più che mai desiderosa di saltargli al collo e farla finita una volta per tutte. In fondo nessuno ha mai sentito la necessità di averlo fra i piedi; chi vuoi che si accorga se lei lo fa fuori. Sorride di un sorriso maligno.


«Sai, tu sei mio padre e di te credo di conoscere più di quanto possa dire chiunque altro in questo o in altri mondi. Voglio fare una scommessa con te: se vinco io ascolterai ciò che ho da dire e ci aiuterai a rimettere il demone al suo posto; se al contrario dovessi vincere tu… beh, sarai tu stesso a stabilire la tua condizione».


Lui la osserva, ora incuriosito. «Non desidero nulla, né da te né da alcun altro. Mi è sufficiente poter tornare a occuparmi unicamente dei miei pensieri» offre accomodante.


«Così sia» decreta Nyx, allargando l’inquietante sorriso. «Scommetto che non hai la più pallida idea di quanto tempo sia trascorso da quando il demone è stato da te esiliato nel mondo che hai creato per lui».


Phanês aggrotta la fronte, evidentemente preso in contropiede. «Tempo? A che scopo dovrei tenere il conto del suo trascorrere? Il mio tempo è infinito» replica, interdetto dalla strana domanda postagli dalla figlia.


Il brillio oscuro che scintilla sinistramente negli occhi della dea innervosisce questa volta tutti i presenti, suo padre compreso. «Questo, credo, decreti in maniera inoppugnabile la mia vittoria, padre. Comunque, caso mai la notizia possa avere una qualche attrattiva o rilevanza ai tuoi occhi, il conteggio complessivo è di circa settemila anni… anno più, anno meno» offre sorniona, gustandosi lo sconcerto di ogni anima presente e perfino di quelli che un’anima non ce l’hanno. «E ora ti chiedo la cortesia di voler tenere fede al patto» gli rammenta, mentre il ghigno vittorioso scompare sommerso dall’impazienza. «Per prima cosa» ringhia con furia, additando lo specchio lì a fianco «riapri il portale» ordina categorica.


Lui la fissa confuso. «Ricordo tu abbia asserito che il demone fosse fuggito» tenta incerto.


«L’ho detto» afferma asciutta. «Ed è fuggito imbrogliando le tue guardie e scambiando sé stesso con qualcun altro» sbotta, seccata e impaziente per l’inutile perdita di tempo. «Io rivoglio quel qualcuno e tu mi aiuterai a riaverlo» esclama fissandolo minacciosa.


«Molto bene» accetta Phanês con un soffio, già ampiamente stremato dalla discussione. «Sia fatta la tua volontà».


*


A sue spese, Pitch scopre che in quel mondo assurdo esistono cose ben peggiori di un intrico fiammeggiante con le ali; creature più grosse di lui e, apparentemente, munite di artigli decisamente troppo affilati per i suoi gusti. Così ora, poiché è deciso più che mai a evitare di sprecare preziose energie, si aggira tetramente fra le sculture pietrose con la veste che ciondola a brandelli, e deve ringraziare unicamente la sua agilità e prontezza di riflessi per non aver riportato danni ben peggiori.


«Che schifo di posto» borbotta cupamente, strattonando con stizza un lembo di veste impigliatasi in alcuni spuntoni di roccia.


Chissà, forse dovrebbe seriamente riflettere sulla possibilità di rinnovare il suo abbigliamento; magari qualcosa di più pratico ed essenziale. La raccapricciante immagine di una nera tutina aderente in spandex cangiante lampeggia fugace nella sua mente e lui rischia di inciampare in una crepa, si fa verde di orrore e scuote il capo con decisione per scacciare l’idea e ogni sua minima traccia dalle profondità del suo cervello.


«Non sto bene, affatto. È questo posto, per forza» tenta di rassicurarsi, deglutendo a vuoto, deciso a non prendere in considerazione l’idea di dover dire definitivamente addio alla sua sanità mentale.


C’è troppa luce. È pallida, ma non a sufficienza; riesce comunque a farlo sentire stanco e confuso, e questo è male. Un istante dopo spalanca gli occhi e balza in alto mentre la formazione rocciosa su cui stava camminando va in frantumi, disintegrata da una figura che poco prima non c’era: una figura vagamente umana, questa volta. Rapido rispolvera la spada e atterra con leggerezza poco più in là, ponendo la lama di traverso a protezione e studiando criticamente la nuova presenza.


«Chi sei?» tenta, curioso di capire se questa disponga di una mente sufficientemente sviluppata da comprendere il linguaggio umano.


Ottiene un ghigno che cataloga immediatamente come derisorio, poi una lieve risata.


«Conoscere il mio nome non ti sarà utile dove sto per spedirti, mostro» replica, per nulla rassicurante.


Pitch inarca un sopracciglio, sorpreso e leggermente offeso. «Mostro a me?» ringhia, soppesando per un breve momento l’idea di ributtargli contro le sue stesse parole: “Tu che cosa saresti, quindi?”. Invece indurisce lo sguardo. «Sei tu che vivi in questo luogo. Sono certo avrai notato che c’è di peggio in giro» rimarca senza abbassare la guardia. “Ti basterebbe darti un’occhiata allo specchio, per esempio” pensa acidamente.


«Può darsi» concede, «ma sei qui: questo fa di te il mio principale obbiettivo».


Un lieve sussulto è tutto ciò che si permette a quella considerazione. «Il tuo obbiettivo è appena fuggito usando me come lasciapassare» sibila contrariato. «Ci terrei a farti notare che se questo è il tuo lavoro lo fai in modo pessimo».


E sì, è perfettamente cosciente di aver appena finito di insultare una creatura nata probabilmente per dare la caccia a coloro che vengono sigillati in altre dimensioni, ma la sua frustrazione è salita a picchi preoccupanti di recente e non è riuscito in alcun modo a frenare la lingua.


«Bene per lui, male per te» commenta sinteticamente il cacciatore.


Ecco, appunto” mugugna dentro di sé con un certo astio. Il lato positivo è che il cacciatore non sembra particolarmente agile né veloce. Forse può dipendere dal fatto che il suo corpo è ricoperto da una sorta di pesante armatura che, a prima vista, sembrerebbe un carapace. Il lato negativo è che, come scopre velocemente, non è il caso di accostarglisi troppo, poiché emana una quantità di calore considerevole, tanto che potrebbe facilmente rischiare di incenerirlo se solo riuscisse ad afferrarlo. Ma Pitch non ha la minima intenzione di lasciarsi intrappolare da quel tipo caloroso, invece decide sia giunto il momento di abbandonare il campo e, rapido, scatta via guadagnandosi un’imprecazione frustrata la cui eco man mano si affievolisce fino a sfumare nel nulla.


«Posto orribile. Abitanti decisamente peggiori» sbuffa, risalendo a lunghe falcate un’erta scoscesa nella speranza di avere un po’ di pace, almeno per qualche tempo.


*


Epiales, ben deciso a rimanere al riparo nel buio fintanto che Phanês si trova nei paraggi, è barricato alle spalle di Mot il quale, al momento, indossa un improbabile paio di occhiali da sole molto vintage e a sua volta scruta l’andazzo da dietro la protezione offerta dall’ampia schiena del fratello. Epiales sbuffa e Mot annuisce convinto, assolutamente concorde con i pensieri dell’incubo. Ba’al, scrutando la coppietta alle proprie spalle, scuote la testa desolato e torna a seguire gli sviluppi dello scontro fra Nyx e suo padre.


Phanês si avvicina allo specchio, senza un solo grammo di fretta, e sfiora la cornice con un lievissimo tocco dei polpastrelli, accendendo una serie di fregi, a prima vista caratteri appartenenti a un qualche linguaggio arcaico ormai ampiamente caduto nell’oblio. Nyx socchiude le labbra e assottiglia le palpebre, impaziente ma anche curiosa di scoprire cosa accadrà di lì a poco. Finalmente il portale smette di rimandare le loro immagini riflesse e, al loro posto, mostra un mondo delle sfumature del viola.


«Eccolo» mormora Mot a disagio.


Nyx distoglie per qualche momento lo sguardo dal portale e lo sposta sul custode dell’oltretomba, il quale annuisce impercettibilmente, confermando i suoi sospetti e regalando un altro po’ di speranza alla dea della notte.


«Bene. Puoi tenerlo aperto?» domanda, pratica.


Phanês la scruta brevemente. «Posso, ma unicamente dall’esterno. Non mi è dato di controllarne i flussi dall’altra dimensione, poiché non vi appartengo» spiega paziente.


«Oh, non ha importanza. Intendo entrare io stessa» replica Nyx, voltandosi di nuovo indietro. «Vieni con me, Epiales» ordina.


L’incubo la fissa allarmato, sposta l’attenzione su Phanês e appiattisce le orecchie all’indietro, scalpitando nervoso.


Nyx rotea gli occhi, seccata. «Non ti sfiorerà nemmeno con un dito, se è di questo che ti preoccupi» decide di rassicurarlo, scoccando un’occhiata di avvertimento a Phanês che però si limita a fare spallucce, totalmente disinteressato al dramma dell’incubo spaventato.


«Muoversi! Non ho tutta la vita davanti» sbotta Nyx spazientita.


«Tecnicamente…» prova Phanês.


«Non una parola!» ruggisce, interrompendolo rudemente, irritata da tanta indecisione.


Possibile si siano messi tutti d’accordo per farle sprecare tempo? A nessuno, oltre a lei, importa di un intero pianeta sull’orlo di un grave pericolo e di Pitch bloccato in un mondo sbagliato? Eppure credeva che almeno ai suoi incubi sarebbe interessato il destino del loro padrone. E quei due impiastri buoni a nulla di Mot e Ba’al, aveva avuto l’impressione che fossero pentiti per aver contribuito alla liberazione del demone. Chissà, forse si è solo illusa. Stanca di attendere, con passi decisi raggiunge il terzetto, acciuffa il recalcitrante Epiales per la criniera e lo strattona volente o nolente verso lo specchio.


«Rendetevi utili e restate a guardia del portale. Tornerò il più in fretta possibile» afferma, rivolta ai due fratelli e, dopo un’ultima occhiata di ammonimento al padre, si addentra nella dimensione dalla quale è evaso il demone, sperando di riuscire a ritrovare Pitch e riportarlo sulla Terra tutto d’un pezzo.




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L’Angolino Buio e Polveroso dell’Uomo Nero (e dell’autrice a cui piace maltrattarlo)




A costo di sottolineare l’ovvio: il capitolo trenta non è la conclusione di questo racconto (purtroppo per me, aggiungerei). La questione è che, in corso d’opera, si sono aggiunti più particolari (e problemi) di quanti ne avessi preventivati inizialmente, così ho necessariamente dovuto dilungarmi, sia nei fatti che nelle spiegazioni. Ci sono perfino alcuni personaggi in più rispetto a quanti me ne ero figurata al principio (uno di questi è comparso a tradimento e senza chiedermi autorizzazione , e si è perfino permesso di ritagliarsi il suo pezzo di palcoscenico così, a suo insindacabile giudizio… tzé!).

Di fatto, i capitoli rimanenti saranno circa una decina. Al momento sto terminando il trentanove e, mi pare, si sia quasi giunti all’epilogo ormai. Sono fiduciosa, quindi. Incrocio le dita e minaccio una buona quantità di divinità assortite affinché si decidano a mollare la presa.

A presto e grazie a tutti coloro che seguono Cháos!


Roiben

  
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