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Autore: gi_effee    22/04/2018    0 recensioni
Alexander Sullivan è ricco, bello, ha carisma è astuto e costantemente annoiato. Quando l'aggressivo Neo Bartosz cattura la sua attenzione, decide di renderlo la sua prossima fonte di divertimento. Ma Alexander non sa quanto complicato, testardo e perspicace sia Neo. E Neo, in cerca di vendetta per un suo amico che Alexander aveva ferito in passato, trova l'occasione giusta per vendicarsi quando Alexander gli si avvicina.
Storia NON mia, è la traduzione dell'originale inglese, tutti i diritti vanno a @SkeneKidz su wattpad
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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C’erano poche altre cose al mondo che mi piacevano più che avere il completo controllo su ogni situazione.
“Alexander, per favore, il minimo che puoi fare è darmi una spiegazione!”, esclamò Christian.
“Perché dovrei farlo?”, domandai io, facendo un sorrisetto.
“Hai rotto con me con un fottuto messaggio!”, rispose lui. Nei suoi occhi un misto di rabbia, dolore e disperazione. Probabilmente non avrebbe dovuto, ma mi faceva sentire estremamente soddisfatto.
“Perché farlo di persona non valeva la pena”, spiegai con un’alzata di spalle.
Lui trasalì. “Perché lo stai facendo, Alexander? Pensavo fossi felice con me!”.
“Mi sono stancato della nostra relazione, Christian. Quindi, ho deciso di finirla qui. Adesso smettila di infastidirmi”, risposi mentre il sorrisetto sulle mie labbra cresceva.
Mi girai e mi allontanai da lui, senza neanche voltarmi per degnarlo di un’occhiata.
Continuai dritto per il corridoio fino a quando non raggiunsi il mio migliore amico, Bennett. Lui chiuse il suo armadietto e si voltò verso di me, sollevando un sopracciglio in un’espressione interrogativa.
“Christian ti ha già stancato?”, domandò.
“Ovviamente. Ma ho già sistemato tutto”, dissi.
“Immaginavo che lo avresti fatto. Spero che lui non sia uno di quelli troppo appiccicosi che non riescono a farsene una ragione”, constatò Bennett con un sospiro infastidito.
“Se lo è, mi assicurerò che se ne faccia una ragione”, replicai mentre sentii formare nuovamente un ghigno sul mio viso al ricordo dell’espressione di Christian.
“Quindi hai intenzione di trovarti presto un altro ragazzo?”, domandò mentre iniziavamo a camminare per il corridoio.
Io mi limitai a fare spallucce. “Forse. Se mi annoierò di nuovo, probabilmente sì. Nel frattempo mi divertirò in altri modi”.
Bennett fece una risatina. “Certo che lo farai, Alexander. Ora andiamo a cercare Scott”.
Continuammo a camminare lungo il corridoio. I miei occhi lo ispezionarono attentamente in cerca di uno qualsiasi dei patetici idioti che solitamente usavo per divertirmi. Mi annoiavo molto velocemente e molto facilmente. Ero costantemente alla ricerca di nuovi modi per intrattenermi, e avevo constatato che gli inutili perdenti che popolavano la mia scuola erano una magnifica e inesauribile fonte di divertimento. Giocare con le persone e manipolarle a mio piacimento era facile.
Un paio di ragazzi mi guardavano nervosamente, alcuni a malapena notavano che ci fossi, e altri mi lanciavano occhiate di apprezzamento.
Ero ben consapevole di essere attraente, di conseguenza le occhiatine persistenti non mi sorprendevano affatto.
“Ma dove diamine è Scott?”, domandò Bennett con un sospiro mentre il corridoio lasciava posto all’atrio principale della scuola.
“Scott è proprio qui”, disse Scott, venendoci incontro. “Scusate, mi sono fermato un paio di volte sulla strada per arrivare qui. Alexander, hai già mollato quel mocciosetto di Christopher?”.
“Christian”, lo corressi. “Non che il suo nome importi ancora, comunque”.
“Lo prendo come un sì”, constatò lui.
“La relazione stava diventando troppo lunga”, replicai, agganciando i pollici nelle tasche dei jeans e guardandomi intorno.
Bennett ridacchiò sotto i baffi. “Oh ma per favore, Alexander. Se va avanti per più di una settimana pensi che sia durata troppo”.
“Non è vero”, obbiettai. “Ho avuto relazioni durate qualche mese”.
“Solo quando sei particolarmente eccitato dal ragazzo in questione”, disse Scott ridendo.
“Il fatto che ancora nessuno ti abbia chiesto un appuntamento mi fa ridere”, aggiunse Bennett.
Io gli tirai una gomitata nelle costole.  “Sta’ zitto Bennett. Sono attraente, affascinante e pago anche le cene”.
“L’ultima parte è quella che gli importa”, mi fece presente Scott.
“Le persone sono superficiali”, replicai con un’alzata di spalle. “Questo mi rende più facile attirarle”.
“I soldi possono comprarti l’attenzione”, constatò Bennett poggiandosi contro il muro e incrociando le braccia. Non riuscivo a decifrare la sua espressione, ma sapevo che non mi stava giudicando.
“E il tuo aspetto può mantenere l’attenzione su di te”, aggiunse Scott.
Io feci un sorrisetto. “Un sorriso affascinante e delle parole dolci ti procurano molto più che solamente attenzione”.
“Ma guarda un po’, davvero interessante”, mi derise Bennett, battendo le mani e staccandosi dal muro con una spinta. “Ora andiamo all’armadietto di Scott prima che suoni la campanella”.
Seguimmo Scott per i corridoi fino al suo armadietto. Lui inserì la combinazione e lo aprì, con la solita lentezza che caratterizzava tutte le sue azioni, scavando all’interno alla ricerca dei libri che gli servivano. Io mi poggiai sull’armadietto accanto al suo, facendo scorrere pigramente i miei occhi sulla folla di persone che camminavano avanti e indietro.
I miei occhi si soffermarono su un ragazzo molto attraente.
“Vado a tenermi occupato in qualche modo”, dissi staccandomi dall’armadietto e seguendo il ragazzo con lo sguardo.
Ma Bennett mi prese per il braccio. “No, invece. Troverai il modo per divertirti a pranzo”, replicò lui, gettando uno sguardo nella direzione del ragazzo. “Abbiamo lezione adesso”.
La campanella suonò proprio mentre finiva di parlare, neanche fosse stato fatto di proposito. Io sospirai e, mio malgrado, annuii. Bennett mi lasciò il braccio solo quando Scott chiuse l’armadietto, e insieme ci avviammo verso la classe.
Non odiavo la scuola, era il mio alveare. Ogni giorno era pieno di ragazzi con cui potevo divertirmi senza curarmi delle conseguenze. Tuttavia, la parte delle lezioni era la più noiosa.
La giornata, come avevo previsto, si trascinò dolorosamente lenta fino a che non fu ora di pranzo. Quando finalmente suonò la campanella, quasi corsi fuori dalla classe fino al mio armadietto, tirando fuori il mio pranzo e aspettando pazientemente Scott e Bennett, sempre in ritardo.
“Scusa il ritardo, non riuscivo ad aprire l’armadietto”, disse Scott quando finalmente vidi lui e Bennett avvicinarsi a me.
“Non importa, andiamo”, risposi girandomi, diretto in mensa. Una volta arrivati, ci sedemmo al solito tavolo, come di routine. Quella era la parte della giornata che preferivo. In mensa c’erano moltissimi ragazzi interessanti e la mia attività di osservazione solitamente aveva buoni frutti.
Aprii il mio pranzo e presi un morso del mio sandwich mentre, come sempre, facevo scorrere i miei occhi lungo la caffetteria, cercando il ragazzo che avevo avvistato prima. Non appena lo individuai, un ghigno comparve sul mio volto.
Sedeva a un tavolo situato all’angolo opposto della mensa, con i suoi amici. Stava parlando con un altro ragazzo, sorridendogli e gesticolando con le mani.
Bennett notò che lo stavo guardando e sospirò. “Vai pure, Alexander. Vai a intrattenerti con lui”.
Scott guardò confusamente entrambi prima di seguire il mio sguardo. Anche lui sospirò, e scosse la testa in segno di disapprovazione.
“Non dirmi che vuoi tornare con lui”, disse.
Scossi la testa. “No. Andrò solo a infastidirlo per farmi due risate”, replicai alzandomi. 
“Ah, bene” rispose, sollevato.
Mi allontanai dal tavolo senza dire altro. Mentre mi avvicinavo al ragazzo, lo osservai meglio, squadrandolo dalla testa ai piedi. Aveva dei bei capelli castano chiaro, la pelle liscia e chiara, un fisico snello e slanciato. I jeans gli fasciavano perfettamente il sedere, mettendoglielo in risalto e una camicia abbottonata lasciava intravedere il suo petto abbastanza muscoloso. Aveva già sicuramente attirato parecchi sguardi.
“Donnie”, esordii, poggiando una mano sullo schienale della sua sedia.
Il suo sorriso scomparve quando si voltò verso di me. “Alexander”, pronunciò il mio nome come se ne fosse disgustato.
Feci un ghigno. “Non parliamo da un po’, io e te”.
“Un vero peccato. In realtà speravo proprio non dovessimo più farlo”, disse con un sospiro. “Cosa vuoi?”.
“Forse un’altra nottata divertente”, replicai mentre il sorriso sul mio viso cresceva.
“Cosa ne dici invece di un pugno in faccia?”.
Alzai lo sguardo verso il ragazzo che aveva appena parlato, sedeva accanto a Donnie.
Mi guardava con sguardo truce, il suo corpo era teso come una corda di violino, come se stesse aspettando una rissa.
Aveva gli occhi azzurri e le ciglia lunghe, il naso piccolo e i capelli di un colore imprecisato, castani  ma non del tutto, tendenti al biondo. Probabilmente sarebbe stato attraente, se non fosse stato per l’occhio nero che sfoggiava, che lo portava molto lontano dall’esserlo. Aveva una cicatrice sul labbro superiore che accentuava maggiormente il ghigno sul suo viso.
“Veramente non ero venuto in cerca di un pugno in faccia”, replicai pensoso. “Anche se sarebbe più eccitante di una notte con Donnie”.
Il ghigno del ragazzo crebbe sul suo volto. “Donnie ha cose migliori da fare che sprecare il suo tempo con una ricca troietta viziata”.
Gli lanciai un’occhiata. “Non penso di averti mai incontrato prima. Non che ricordi i rifiuti umani come te”.
“Addio, Alexander”, mi congedò Donnie in modo sprezzante, girandosi di nuovo verso i suoi amici in modo da ignorarmi.
“Non avevo finito di parlare con te, Donnie”, obbiettai, sfiorando con le mie dita la nuca del ragazzo mentre lo guardavo fremere al mio tocco. Era una sensazione estremamente piacevole e soddisfacente.
“E io che pensavo che il detto che i biondi sono stupidi fosse soltanto un mito”, commentò il ragazzo. “Ti sei perso la parte in cui Donnie ti dice “addio”? Di solito questo saluto indica che il discorso è finito”.
“Sei fastidioso”, mi limitai a replicare con un sospiro.
“Sta parlando con me, o mi sono improvvisamente trasformato in uno specchio?”, domandò il ragazzo a Donnie.
Questi sogghignò. “Neo, davvero, lascia stare. Alexander non ne vale la pena”.
“Quindi non valevano la pena neppure i tuoi piagnistei per mesi”, replicai facendo di nuovo scorrere le mie dita sul retro del collo di Donnie, soddisfatto del sussulto che gli provocò. Quello era uno dei punti sensibili del ragazzo, e lo utilizzavo spesso per sfruttarlo a mio vantaggio. Traevo un certo godimento dal vedere le persone in difficoltà per causa mia.
“Okay, seriamente, hai intenzione di continuare a stare qui e carezzargli il collo come un animale domestico?”, domandò Neo. “È sgradevole da guardare”.
“Chi è il tuo affascinante amico?”, domandai con ironia, guardando Neo con avversione.
“L’affascinante amico sa parlare”, replicò Neo. “Sono Neo Bartosz, non sono una troietta viziata e tu mi fai venire voglia di far fisicamente male ai bambini”.
“Che sorpresa, non mi interessi”, sentenziai.
“Che sorpresa, non volevo nemmeno”, disse lui.
Decisi che avrei semplicemente ignorato l’esistenza di Neo, così concentrai nuovamente la mia attenzione su Donnie. “Allora, Donnie-”
“Non riesce proprio a capirlo”, disse Neo, interrompendomi. “Dovrei provare a dirglielo in spagnolo? Adios, idiotas!”.
“Non penso che quello sia realmente Spagnolo”, constatò Donnie.
“Non lo è? Dannazione, questo spiega i miei voti in quella materia”, disse Neo con un sospiro.
“Ti verrò a cercare un’altra volta, quando non avrai questa spazzatura tra i piedi”, avvertii Donnie.
“Immagino tu sia un po’ sfortunato, perché si da il caso che quello che hai appena definito ‘spazzatura’ sia uno dei migliori amici di Donnie”, ribatté Neo.
“Neo, sei autorizzato a non lasciarmi mai più solo. Penso che ti metterò un’etichetta che dice ‘anti-Alexander”, rifletté Donnie.
“Solo qualche mese fa avresti fatto di tutto per ricevere un po’ della mia attenzione”, replicai con un ghigno.
“Tutti noi attraversiamo periodi un po’ imbarazzanti nella vita”, controbatté Donnie con un sospiro rassegnato.
“Sappiamo entrambi che non mi hai ancora dimenticato”, constatai, il mio sorriso cresceva mentre mi voltavo, allontanandomi dal tavolo. Ero abbastanza soddisfatto del mio operato.
“Vorrei che la tua personalità fosse grande quanto il tuo culo!”, mi urlò dietro Neo.
Io roteai gli occhi e tornai a sedermi con i miei amici che mi osservavano divertiti.. “Conoscete quel ragazzo che siede al tavolo di Donnie? Quello con l’occhio nero”, domandai.
Bennett lanciò un’occhiata in quella direzione. “Penso che si chiami Neo. Mio padre conosce suo padre. Finisce sempre nelle risse, non ne vale la pena di sprecare il tuo tempo”.
“Lo avevo immaginato”, replicai prendendo di nuovo in mano il mio pranzo, questa volta con l’intenzione di finirlo. Stavo letteralmente morendo di fame. Io, Bennett e Scott continuammo a parlare finché non suonò la campanella. Allora mi misi lo zaino in spalla e mi alzai, diretto in classe, dopo aver salutato i miei amici. Avevo deciso che Donnie sarebbe stato senza dubbio la mia fonte di divertimento finché non avessi trovato qualcuno di migliore.
 
 
 
 
 
   
 
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