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Autore: Shinkocchi_    23/04/2018    1 recensioni
Diventa un po’ la piccola abitudine di Nikaido Yamato: ordinare d’asporto il venerdì sera, lasciando l’uomo delle consegne sgobbi e coltivi il suo amore per la soba mentre lui rifugge ogni forma di attività fisica sepolto sotto al kotatsu.
Storia di abitudini condivise, piccoli gesti domestici e di come Nikaido Yamato dovette guardare i propri pargoli spiccare il volo per lasciare il nido – e imparare a fare altrettanto.
[Gaku Yaotome/Nikaido Yamato]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gaku Yaotome, Yamato Nikaidou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.d.A. Onestamente, non avevo intenzione di pubblicare questa fic.
Non pubblico qualcosa in italiano da troppo tempo  – non pubblico qualcosa e basta, da troppo tempo –, e mi sento una cacchina merdina arrugginita a morte. In realtà, non avevo neanche intenzione di scrivere questa fic. Avevo iniziato a plottare questa storia più di un anno fa, piegata in due in bagno mentre mi lavavo i capelli e comunque troppo pigra e indegna per trattare di un nobile argomento come la soba.
E boh, spero non sia così terribile, a conti fatti, ma in tal caso potete andare a lamentarvi da Roberta.
Madonna cosa non si fa per amore dei propri figli, dannazione.













 
familiarity is a habit hard to lose

 
 
 
Il tintinnio metallico delle chiavi risuona nell'ingresso dell'appartamento, rompendo il silenzio abituale di quell'ora tarda.
Yamato le estrae dalla toppa ed entra, cercando a tastoni nel buio l'interruttore della luce, aiutato da quella poca luminosità che giunge sino al pianerottolo dei lampioni dell'altra parte della strada. Poggia la giacca e la borsa, sempre in silenzio, strascicando i piedi sino al soggiorno e lasciandosi finalmente cadere faccia al divano con un sospiro beato mentre ascolta distrattamente il rumore delle scarpe che rotolano qualche metro più in là, lanciate via pigramente.
L'orologio segna quasi l'una e lui ringrazia il cielo di non aver nessun lavoro in programma l'indomani mattina, perché non è certo di come potrebbe trovare la forza per alzarsi dal letto, fare colazione e arrivarci sano e salvo.
È uno degli svantaggi dell'aver creato legami, Yamato pensa sprofondando nel sonno, ritrovarsi ora a ventinove anni a dover imparare nuovamente a come vivere da solo. Lo hanno abituato troppo bene quei sei, svegliandolo la mattina a suon di padellate o con la scusa di preparare bento, non importava quanto si lamentasse o brontolasse nel cuscino, raggomitolandosi in cerca di calore.
Yamato i bento per sé non trova ragione di prepararli: senza aver nessuno a cui badare continua a restare davvero un adulto inutile.

 
*

Avere un appartamento suo ha anche dei vantaggi a volte, in ogni caso. Per uno come Yamato, così attaccato alla sua libertà e ai suoi spazi personali, è sicuramente meno stressante non avere nessuna presenza costante con cui condividere tempo e spazi, invece del dover bisticciare ventiquattro ore al giorno con altri coinquilini.
Tamaki protesta sempre, ogni volta indignato quando Yamato accenna questa risposta, sostenendo che non è affatto così, mentre Mitsuki sospira e Nagi scuote il capo con fare contrito e accusatorio, come se lo stesse sottoponendo al giudizio della corte suprema di un qualche tribunale dell'Inquisizione.
"E comunque eri sempre tu a fregarmi i Pudding di nascosto dal frigo, Yama san! Non fingere di non ricordartene!"
Poi spunta Riku, con i suoi occhioni da cucciolo abbandonato, il dispiacere talmente palpabile sul suo viso da restarti impresso addosso e macchiarti come fa sulla pelle una traccia indelebile di inchiostro non ancora asciutto.
"Yamato san...davvero la pensi così?"
Ed è così che capitombola la sua dignità, con un grande fragore mentre lo sotterra fino all'ultimo capello, infranta da un senso di colpa che Yamato è certo di non potersi portare dietro fin nella tomba.
"...No, certo che no. È ovvio mi manchiate."
Vede lo sguardo di Riku illuminarsi sotto la frangia, ma anche sciogliersi, addolcirsi – come se avesse sempre saputo non era serio e stesse solo aspettando Yamato lo ammettesse a voce alta. In effetti, con il loro center è sempre stato così: mette a nudo le tue debolezze con una facilità disarmante, semplicemente perché è una bella persona e rende migliore anche te.
Nonostante siano passati sette anni questa cosa non è cambiata affatto.
“Anche tu mi manchi Yamato-san. Tutti voi mi mancate”, sorride stringendosi nelle spalle chinando appena il capo “Sono davvero felice ogni volta che stiamo tutti assieme.”
Nonostante siano tutti cresciuti, nessuno di loro è cambiato davvero.

 
*

Musashi ogni giorno pulisce sempre diligentemente l'appartamento, muovendosi pian piano da una stanza all'altra.
Pulisce mentre Yamato si prepara la colazione cercando di non addormentarsi con la faccia nella padella, mentre strascica i piedi fino al bagno per lavarsi, mentre cerca nell'armadio qualcosa di pulito da indossare, mentre si infila le scarpe all'ingresso, salutandolo e augurandogli una buona giornata.
Musashi lo saluta a modo suo, fermo ad osservarlo quando Yamato lo spegne e lui sa che la casa è lasciata in ottime mani.

 
*
 
Il venerdì sera è il momento migliore della settimana.
Una volta che ha staccato dal lavoro trova una certa soddisfazione nel tornare a casa e scivolare silenziosamente sotto il kotatsu come una mano dentro a un guanto in un freddo pomeriggio invernale.
Al kotatsu non avrebbe mai potuto rinunciare, nonostante non abbia troppi mobili, né sia mai stato il tipo da preoccuparsi eccessivamente di queste cose – creare un qualcosa di duraturo, stabile, un nido che non sia solo provvisorio –, ma evidentemente quei sei lo hanno intenerito nel corso degli anni, reso malleabile come uno dei panetti di burro che Mitsuki usa per preparare loro le torte per le feste.
Gli hanno attaccato abitudini e premure che Yamato non riesce nemmeno a rimpiangere – a volte si trova in giro per negozi e si chiede se, Ah, questa tazza potrebbe piacere a Sou, oppure, Ichi avrà bisogno di nuovi taccuini?, per poi riscuotersi e sospirare nel pensare che probabilmente il suo istinto materno sta venendo a galla ancora una volta.
Yamato è una persona brava a prendersi cura degli altri e a stare attento alle loro esigenze. È ironico quindi realizzare di essere invece completamente incapace nel prendersi cura di se stesso, una consapevolezza che lo colpisce quando dopo due ore non ha ancora mosso piede verso la cucina per prepararsi la cena.
Nel frigo non c’è nulla di pronto e il pensiero di avere pentole da lavare gli toglie ogni voglia di mettersi a cucinare, quindi fa’ l’unica cosa possibile in un caso come quello: ordinare da mangiare fuori.
Prende la cornetta e compone il numero, sedendosi poi sul divano avvolto nel plaid, gambe al petto, in attesa della consegna. Il citofono suona una mezz’ora dopo.
“Negozio di Soba Yamamura, grazie per il tuo ordine.”
L’uomo gli offre il sacchettino con il cibo, cortese come al solito, aggrottando poi leggermente le sopracciglia “Ah…Nikaido Yamato degli Idolish7? Che coincidenza.”
Yamato lo guarda vagamente confuso, ma non replica, troppo impegnato a cercare di contare mentalmente le monete per il pagamento e il resto.
“Mi raccomando, fai attenzione è ancora calda.”
“Uh, grazie.”
Yamato poi chiude la porta, torna in cucina e finalmente si decide a mangiare. Passa ben un quarto d’ora a soffiare sulla soba bollente, mette le stoviglie a lavare e poi si appisola di fronte alla televisione.
Solo quando si mette finalmente a letto se ne accorge: nonostante ormai non viva più nei dormitori da mesi ha formulato il numero del negozio Yamamura senza nemmeno rendersene conto.
*
 
Diventa un po’ la piccola abitudine di Nikaido Yamato: ordinare d’asporto il venerdì sera, lasciando l’uomo delle consegne sgobbi e coltivi il suo amore per la soba mentre lui rifugge ogni forma di attività fisica sepolto sotto al kotatsu.
Il weekend è generalmente tranquillo – a meno che non vi siano scadenze o problemi con le riprese della serie o film di turno –, quindi può abbandonare ogni preoccupazione e prendersela con calma.
Quando suonano al campanello è sempre lui a presentarsi: il fattorino della soba che somiglia tanto a Yaotome Gaku, ma non è assolutamente Yaotome Gaku.
“Negozio di Soba Yamamura, grazie per il tuo ordine.”
“Ah, grazie per la consegna.”
Tira fuori i soldi e questa volta li ha già preparati. “Sono giusti”, lo anticipa, “prendo sempre il solito quindi ormai so quanto spendo.”
“Oh, grazie…” si gratta il capo parendo pensieroso. “Senti, a proposito di questo…apprezzo—uhm, apprezziamo molto la tua fedeltà al negozio, ma forse ti converrebbe ordinare altrove.”
Leggendo probabilmente la confusione sul suo viso, continua. “Ormai non vivi più così vicino al negozio, quindi la cena rischia di arrivarti fredda…soprattutto in serate come queste dove c’è molto traffico.”
“Ah…giusto.”
Yamato rimane un momento in silenzio, come se stesse ragionando molto a fondo, ma la verità è che non ha idea di come rispondere a una cosa del genere, perché è vero: non c’è ragione per cui non potrebbe comprare la cena da un negozio nelle vicinanze, eppure per qualche motivo non gli è nemmeno passato di mente.
“Giusto…suppongo sia così, ma…in qualche modo mi sono abituato a tutto questo…quindi…”
Non sa nemmeno lui dove sta andando a parare e ad un tratto si sente davvero come se stesse facendo la figura dell’idiota davanti a quel fattorino che somiglia tanto a Yaotome Gaku ma non è assolutamente Yaotome Gaku.
Yamamura san si riscuote prima di lui, muove un passo avanti di scatto facendolo sussultare come un gatto a cui si drizza la coda per un rumore improvviso.
“Okay—! Farò—in modo di portarti sempre la migliore soba! Calda—! Non devi preoccuparti!”
Ha un’espressione seria, e Yamato gli legge negli occhi una sorta di compassione – come se avesse capito qualcosa che a lui invece è sfuggita. Questo lo fa sentire solo più idiota.
Ma considerando il tono passionale e fiero con cui l’uomo ha appena fatto quell’affermazione, forse non è Yamato quello che dovrebbe vergognarsi.
“…Uhm…okay?”
Lui pare soddisfatto, sospira rilassando le spalle e annuisce fra sé e sé, riprendendola sua borsa delle consegne. “Non c’è niente di meglio della soba quando si avvicina la stagione fredda.”
Yamato resta cinque minuti buoni sulla soglia d’ingresso a cercare di capire cosa sia appena successo.
*
 
Ogni volta che scoppia a piovere senza preavviso é un dramma, perché Yamato se ne accorge sempre troppo tardi e finisce con il correre sul balcone quando ormai i panni sono bagnati.
È certo che se ci fossero Mitsuki o Sougo questo non succederebbe, ma loro non ci sono e lui non si beccherà nessuna ramanzina da parte loro – al massimo un raffreddore.
*
 
Yamato non è stupido. O almeno, lo è in alcune cose probabilmente, ma la deficienza ha un limite e nonostante i suoi tanti difetti pensa di potersi ritenere uno di quelli che per una volta sta dal lato giusto della staccionata.
Onestamente non è certo di come Yaotome possa destreggiarsi così abilmente fra il ruolo di idolo delle folle e di fattorino in incognito, o con quale sicurezza possa fare certe affermazioni con quella faccia – una bella faccia – così convinta.
Ci vuole davvero fegato e in un certo senso nutre una leggera, sconvolta ammirazione per questo lato della sua personalità.
Ma in fondo Yaotome non è una cattiva persona, anzi, nonostante la terribile prima impressione Yamato potrebbe quasi rischiare di dover ammettere di essersi affezionato a lui nel corso del tempo – di essersi affezionato a tutti i Trigger e Re:vale, persino gli Zool in fondo sono adorabili a loro modo.
A dirla tutta Yaotome Gaku è davvero un brav’uomo, determinato e onesto, sicuro di sé e non per sbruffoneria, ma per fiducia in sé e in chi lo circonda. Un buon leader per i Trigger e un buon collega tutt’ora che i gruppi si sono sciolti.
Quasi quasi, un po’ gli è spiaciuto per lui quando Tsumugi lo ha definitivamente rifiutato un paio di anni prima, quasi più mortificata e costernata di lui, chinando ripetutamente la testa a grandi inchini, cercando forse di fargli capire quanto sincero fosse il suo dispiacere nel non poterlo ricambiare.
Non che Yamato abbia assistito alla scena, ma Yaotome da bravo fesso qual è ha spiattellato tutta la storia durante una bevuta. Fortunatamente per lui Mitsuki, Sougo e Ryu erano troppo sbronzi per afferrare anche solo metà della sua lagna depressa – nonostante l’attiva partecipazione emotiva –, al contrario di lui, indeciso se affogarsi o meno nel boccale di birra, mentre Nagi ascoltava totalmente impassibile e Tenn si fissava i piedi, forse tentando di fingere di non conoscerlo.
A conti fatti però il rapporto fra lui e Tsumugi ora appare pacifico e senza più l’imbarazzo dei primi tempi.
“Sembrano andare d’accordo”, commenta una volta Yamato parlando con Mitsuki, guardandoli da dietro le quinte mentre si prende una pausa dalle prove per un programma di gruppo: lei sorride radiosa, stringendo un plico di documenti al petto mentre gli parla, mentre lui ha un sorriso tenero, tenue, interrotto solo da qualche risata.
Una parte di lui si chiede se Gaku abbia davvero superato la cosa.
“Beh…è passato del tempo, sai. E poi suppongo siano entrambi maturi abbastanza?”
“Lo sono entrambi?”, commenta Nagi sinceramente dubbioso e nonostante la gomitata che si piglia dal maggiore degli Izumi, Yamato non può fare a meno di pensare non sia una domanda stupida.
*
 
Quel venerdì piove. Nonostante le previsioni fossero di cattivo tempo da parecchi giorni Yamato non pensava sarebbero state così disastrose, soprattutto quando il peggio è cominciato a venire giù dopo l’ordine al chiosco.
Quando va ad aprirgli la porta, Yamamura sembra uscito da una pellicola apocalittica. Questo lo fa sentire leggermente in colpa.
“Ah…mi spiace, ti ho fatto venire sotto questo diluvio. Se avessi saputo sarebbe finita così avrei evitato di disturbare…”
L’altro ride, probabilmente divertito ulteriormente dal suo disappunto, per poi tranquillizzarlo. “Non ti preoccupare. Avevo comunque altre consegne da fare, un po’ di pioggia in più non mi ucciderà di certo”, afferma quasi orgoglioso per poi fare un cenno con il capo in direzione presumibilmente del suo veicolo parcheggiato da qualche parte giù in strada. “E poi, la mia moto ha il tettuccio, vedi?”
No, non la vedo, vorrebbe rispondere, cercando di sporgersi dalla porta quel tanto che basta da accontentarlo.
“Ti mancano ancora tante consegne?”
Si rende conto che l’affermazione gli è uscita con un tono più preoccupato di quanto non volesse. Se l’altro lo nota però non glielo fa pesare.
“Mh, cinque o sei al momento…nel giro di un paio d’ore comunque dovrei aver finito.”
Yamamura san – che assolutamente non è Yaotome Gaku – si rimette la borsa in spalla risistemandosi il casco ed è in quel momento che Yamato lo ferma.
“Aspetta un momento qua, arrivo subito.”
L’uomo lo guarda perplesso ma ubbidisce e lui lo trova ancora lì quando dopo un paio di minuti fa ritorno dalla propria camera con un pacchetto in mano.
Quando glielo offre Yamamura san – che non è Yaotome Gaku – lo guarda, probabilmente indeciso sul da farsi. “Un…Pudding?”
“Sì, un Pudding.”
“…Cosa? Se non hai soldi non è che—”
“È una mantellina per la pioggia”, lo interrompe secco. “Idiota”, si lascia poi sfuggire nemmeno così inconsciamente.
Dato che l’altro pare non afferrare Yamato decide di essere più diretto. “Te la sto prestando.”
“Una mantellina da pioggia con disegnato il King Pudding.”
“Una mantellina da pioggia con disegnato il King Pudding”, annuisce. “O vuoi forse pigliarti un malanno.”
“Oh.”
“Me l’ha regalato un mio kouhai per natale, non la uso quasi mai, ma vedi di trattarla bene.”
Yamamura san alla fine cede, sospirando con una mezza risata divertita mentre apre la mantellina, studiandola. “Non sembrerò ridicolo così?”
“Mh, non più del solito…dai, dammi qua”, commenta aiutandolo a far passare il casco attraverso l’apertura, annuendo poi con la mani ai fianchi, soddisfatto del risultato finale.
“Sono sempre affascinante?”, ammicca.
Adorabile, più che altro, ma sono sicuro che farai strage di cuori sul tuo motorino. Un Pudding che consegna soba ai più bisognosi. Che eroe.”
“Se mai avessi bisogno, sai chi chiamare” e okay, mentre lo guarda scomparire nella buio della sera, Yamato è quasi certo questa sia una battuta uscita da un qualche drama trash in cui non esclude l’altro abbia recitato.
Ma questa routine alla fine non si sta rivelando così male.
*
 
Finire a lavorare per qualche progetto con qualcuno degli altri non è una cosa rara: capita spesso, a seconda del tipo di lavoro ed è sempre piacevole.
Certamente poi, se si tratta di recitare in un drama è quasi la norma, ma in questo caso il problema non è il lavoro: è il cast.
Yamato lascia scorrere lo sguardo di fianco a sé, a destra e poi a sinistra, ripetendosi mentalmente che deve essere un incubo o una candid camera.
“Yamato kun, come mai quella faccia? Sei stanco?”
“Forse è solo arrabbiato. Dovresti smetterla di fare assunzioni del genere.”
“Che vorresti dire?”
“Che non lo biasimo, neanche io avrei voglia di sorridere se fossi seduto vicino a te.”
“Ahah, eppure mi sembra tu lo stia facendo in questo momento.”
“Infatti non sono seduto vicino a te.”
“Ehi, voi due, smettetela. Siete adulti, no?”
“Non dovresti dire queste cose mentre hai in mano un piatto di torta. Mangi sempre e solo le fragole in cima, eh. Che buongustaio.”
“Che problema c’è? Avevano il buffet, okay?”
“Oh, che carino. Anche il nostro Haruka lo fa sempre. Però poi lui la torta la mangia.”
“Piuttosto, Nikaido, hai davvero una faccia terribile. Vuoi un caffè?”
Mentre osserva la copertina del copione fra le sue mani, leggendo e rileggendo i nomi, si chiede cosa abbia fatto di male per finire in quella situazione.
Cast principale: Yuki, Yaotome Gaku, Minami Nataume, Nikaido Yamato.
“No. Voglio morire.”
*
 
"Così...una tragica storia d'amore?"
"Non proprio."
Yamato abbassa leggermente il copione sbirciando dietro le pagine, ascoltando lo scambio di battute con una certa curiosità.
"Direi che più che una storia d'amore, sia definibile una storia di crescita personale."
Sente Minami ripetere quelle ultime parole sottovoce mentre sono tutti riuniti attorno al tavolo per fare il punto della situazione riguardo al drama.
"Sì, vedi...la trama di incentra principalmente sui vostri personaggi. L'abbiamo pensato come un drama di pochi episodi e che si svolge in una settimana. In breve, la storia parla del vostro incontro al funerale della sorella minore di Mamoru, interpretato da Yamato kun. Abbiamo Hitoshi san", fa un cenno verso Gaku "Loro amico e fidanzato della ragazza. Satoru, ossia Yuki san, collega di lavoro di Hitoshi e della ragazza", continua sfogliando il copione. "E infine Sho, amico d'infanzia dei due fratelli che è andato a studiare all'estero", Minami annuisce pacatamente.
"È...una storia...come dire..."
"Ahah, la trovi triste e deprimente, eh? È normale, ma è proprio questa la sfida che vorrei proporvi. Cercare di tirare fuori qualcosa di buono da tutta questa situazione."
Ascoltano tutti in silenzio mentre il direttore si schiarisce la voce, "É una situazione terribile, ci sono molti sentimenti sconvenienti in ballo, ma nonostante questo voglio credere tutti loro possano ricominciare da capo e avere un lieto fine."
"Un lieto...fine."
Minami non sembra troppo convinto: sfoglia il copione con una certa perplessità, un palese cipiglio impresso sul volto mentre borbotta sottovoce.
Sul viso di Yuki invece Yamato intravede un sottile interesse, quasi fosse curioso di vedere dove questa storia andrà a parare. Non è nemmeno sorpreso, in effetti, perché Yuki è sempre stato così.
"Ovviamente il copione è quello, ma vorrei comunque voi rendeste i personaggi vostri...qualsiasi suggerimento per qualche cambio di sceneggiatura è sempre ben accetto. Ottenere un lieto fine...con queste premesse. Sembra davvero una sfida. Ma sono sicuro di potermi aspettare grandi cose da voi."
Mentre Yamato sfoglia il copione, mentre affonda nella sedia ascoltando distrattamente i loro discorsi, pensa che non gli piace: il personaggio di sua sorella non ha nemmeno un nome, un viso. Non ha niente. Tutto quello che Yamato sa é che l'ha persa e non la riavrà più.
A Yamato non piace questa cosa.
"L'eroina...non ha un nome", mormora infine chinando lentamente il capo di lato.
Il direttore gli sorride gentilmente: a Yamato non piace.
"Lo so. È perché vorrei che ognuno degli spettatori le desse quello di ciò che ama di più. Qual è il nome che le daresti tu, Yamato kun?"
*
 
Due venerdì dopo l’episodio della mantella Yamamura si presenta a casa sua, solita ora, solita ordinazione, ma questa volta gli porge un sacchetto pieno di lattine di birra.
Quando Yamato lo guarda perplesso l’altro lo anticipa. “Sono un ringraziamento. Per l’altra volta. Mi è stata molto utile la mantellina, mi hanno persino fatto i complimenti.”
Davvero, Yaotome – Yamamura san! — , sei serio?
“A proposito, te l’ho asciugata e ripiegata. Sta anche quella nel sacchetto.”
“…Grazie”, guarda il contenuto, incerto su cosa dire. “Non dovevi disturbarti…comunque lo apprezzo. Non so mai dire di no a delle birre”, ride scrollando le spalle perché tutta quella situazione ha qualcosa di esilarante.
“Sono le tue preferite, no?”
“…Sì, lo sono. Grazie.”
“Bene!”, ride soddisfatto, riallacciandosi il casco e Yamato riflette sul fatto che da una persona con il carattere di Yaotome Gaku – Yamamura san! Non Yaotome Gaku – questo genere di piccole attenzioni non te le aspetteresti. “Non ti faccio perdere altro tempo, comunque. Passa una buona serata, mi raccomando.”
“Ah, sì. Ti lascio alle tue consegne.”
“Mh, no, per stasera invero ho finito. Per una volta penso di potermi rilassare.”
Yamato lo fissa qualche secondo in silenzio, stringendo il manico del sacchetto fra le dita e sentendo l’impulso nascente di dire qualcosa che lui sa perfettamente essere stupido.
“Vuoi—”, tentenna per un attimo, non sapendo come continuare la frase in modo da non sembrare eccessivamente patetico o disperato per la compagnia di qualcuno. “…Di birre…me ne hai portate sette. Non penso di riuscire a finirle. O meglio, forse sì, ma…” – non mi va di farlo da solo –  “Hai una serata libera, no? Se non hai programmi particolari mi farebbe piacere se ti unissi a me.”
Conclude il tutto con un mezzo sorriso – mezza smorfia? – stanco, ma ugualmente rassegnato: in fondo, si tratta del fattorino che consegnala soba, non di Yaotome Gaku.
L’altro sospira, togliendosi il casco e facendo un passo in avanti. “Penso di poter fare un’eccezione per un cliente abituale.”
“Che gentile, grazie”, ride poggiando la cena sul tavolo. “Hai già cenato? Vuoi qualcosa?”
“Scusa la domanda, ma questo non vanifica il tuo ordinare d’asporto?”
“Guarda che sono un buon padrone di casa, che credi.”
“Ahah, ma davvero?”
Yamato finge di non sentire la nota di sarcasmo nella sua voce, sospirando mentre ispeziona il contenuto del frigo. “O perlomeno, sono meglio di quanto non sembri. Anche se in effetti non ho molto in casa al momento…forse Mitsu ha ragione a dire che dovrei smetterla di nutrirmi solo di ochazuke.”
“Mitsuki Izumi? Beh, ha ragione.”
“Ehi, guarda che quando vivevamo nei dormitori ero parecchio bravo a preparare i bento per la scuola ai più giovani!”
Yamamura san pare divertito mentre apre una delle birre, poggiato alla mensola dietro di lui. “Oh, questo è davvero ammirevole.”
“Avevo imparato anche a fare i charaben.”
Oh. Una brava mogliettina davvero.”
“E comunque, uno dei miei senpai vive di verdura. E un altro pare si cibi solo di soba. Quindi non sono un caso così disperato.”
Yamato prova una leggera soddisfazione nel sentirlo soffocare. Quando poi si gira verso di lui l’espressione sul suo volto è totalmente innocente. “Allora, possiamo dividere la soba e l’ochazuke. Che ne pensi?”
L’altro cerca di ricomporsi, asciugandosi l’angolo della bocca con le nocche. “Lo prendo come un sì.”
Mentre poi è impegnato a preparare la cena, lasciando a Yamamura san il compito di apparecchiare tavola, il suo telefono vibra: si tratta di un messaggio da parte di Tsumugi.
“Yamato san, se non è un problema domani in mattinata dovrei passare per lasciarti dei fascicoli con alcune correzioni alla sceneggiatura del drama che mi sono stati fatti recapitare ` *)
In caso avessi altri programmi fammelo sapere! o(>ω<)o
Buonanotte e scusa per il disturbo!”
Lui sorride, spegnendo lo schermo e appuntandosi a mente di risponderle prima di andare a dormire. Magari ripeterle per l’ennesima volta di non essere sempre così ligia con il dovere perché può benissimo passare lui facendo un cambio di programma.
“Oi, che piatti devo mettere in tavola?”
Quando si gira trova Yaotome —Yamamura, Yamamura san!—, con i piatti di due servizi diversi in mano da mostrargli. Ha il naso arricciato e le sopracciglia corrucciate come se si trattasse di un problema davvero serio – probabilmente conoscendo il suo rispetto sacrale per la soba, lo è.
“È indifferente. A te quale piace di più?”
Lo mormora con tono morbido e in effetti ha l’impressione qualcosa si sciolga ulteriormente nel suo petto nel vederlo studiare a fondo le due fantasie diverse. “Quello a righe.”
Mentre lo aiuta a sistemare le ultime cose, mentre imprecano in unisono quando l’acqua del riso comincia a fuoriuscire dalla pentola, Yamato sente un vago senso di deja-vu aleggiare sulle sue spalle come un velo leggero.
Sono immagini di serate passate a bisticciare in cucina e ad apparecchiare per sette, il suono delle risate e il calore di sorrisi che a volte ha quasi la sensazione di aver solamente sognato. Il tempo è trascorso troppo in fretta e gli manca, tutto questo—gli manca.
“Ah, avevo detto che potevo occuparmi io della tavola, tu stai dietro alla cena, okay?”
Yamamura san sospira, asciugando l’acqua che si è riversata sui fornelli prima che la schiuma dell’amido del riso si incrosti. Quando poi lui non risponde si gira, probabilmente per rimbeccarlo ulteriormente, ma di colpo si ferma e non fiata più.
Yamato si chiede per un attimo con terrore se per caso stia piangendo, ma il suo viso pare essere asciutto e questo lo tranquillizza.
“…Tieni”, l’altro gli picchietta gentilmente la lattina di birra sulla fronte e l’unica reazione che gli riesce di fare è storcere il naso e guardarlo confuso.
“L’hai detto tu che è meglio bere in compagnia, no?”
“…Ah, hai proprio ragione.”
Per quanto sia una cosa stupida è felice Yaotome si sia ricordato qual è la sua birra preferita.
*
 
Il suono del campanello risuona nell’appartamento con una violenza che non riteneva possibile. Non è certo se sia perché è stato del tutto improvviso – provocandogli un principio di infarto – o perché la sua testa sta letteralmente esplodendo.
L’unica cosa di cui Yamato è certo è che vuole che quel rumore cessi per poter tornare a morire in santa pace.
Quando mette piede giù dal divano le sue ginocchia non reggono: cade di faccia a terra, pestando alcune lattine vuote e schiacciando con un gomito quello che immagina essere lo stomaco di Yaotome, dato che l’altro si lascia andare a un gemito di dolore girandosi sul fianco.
Non appena ritrova l’equilibrio – o quel poco che ne resta – si dirige verso l’ingresso, arrancando, aprendo la porta di casa di botto.
“Ma che diamine—”
E si blocca. Oh.
“…Yamato san?”
Una sconcertata Tsumugi lo fissa oltre la soglia d’ingresso, confusa e probabilmente preoccupata a giudicare dall’espressione, incerta su cosa chiedergli prima.
“…Yamato san, stai bene?”
“Manager…? Che ci fai qui?”
“Il…messaggio…per la sceneggiatura…non l’hai ricevuto?”
Solo dopo qualche secondo di vuoto, Yamato realizza. “O cazzo—”
“Sono…passata in un brutto momento forse?”, esclama, ancora più agitata di lui. “Non ti sei sentito male, vero? O forse hai avuto i ladri in casa—!?”
Con il tono e l’espressione seria che ha, conoscendola, è certo che potrebbe star frugando nella borsa alla ricerca di un kit di pronto soccorso, così come di un teser. Diamine, la loro manager è davvero una donna spaventosa.
“N-No, davvero—”, cerca di replicare mettendo insieme le idee di quello che è successo la sera precedente: Yaotome — no, Yamamura, Yamamura san – si è fermato a casa sua per cena, giusto? Ed è stato lui a invitarlo, per condividere le birre. E poi…?
Più ci pensa, più Yamato ha l’impressione i suoi ricordi diventino meno nitidi. Eppure nella sua testa ronzano immagini di loro in lacrime mentre guardano qualche drama di Yuki, o di Yaotome che fa l’imitazione di Kokona in piedi sul kotatsu.
A pensarci bene, Yamato non è certo di voler ricordare.
Ovviamente, Yaotome — Yamamura, dannazione! Yamamura – sceglie proprio quel momento per sbucare dal corridoio.
“Ma che sta succedendo—Nikaido, che ore sono…?”
Ora che è un po’ più sobrio e cosciente Yamato si rende conto dell’aspetto che devono avere: l’altro ha lo yukata da lavoro storto, in parte discinto. I capelli spettinati, i piedi scalzi e un’espressione da emerito idiota stampata in viso.
Ora è ancora più certo di non voler ricordare.
Se un ikemen come lui è ridotto così – non è sleale essere sempre così belli persino di prima mattina, dopo una sbronza? –, Yamato non vuole davvero guardarsi allo specchio.
Quindi si gira verso l’altra di scatto, cercando qualcosa di sensato da dire, una giustificazione qualsiasi che li faccia apparire meno perdenti di quanto non siano, ma si blocca nel momento in cui nota l’espressione imbarazzata della ragazza.
Tsumugi, rossa fino alle orecchie e con gli occhi sgranati, passa lo sguardo rapida da uno all’altro. Sta balbettando così tanto che ha paura andrà in carenza di ossigeno.
“S-Scusate per l’interruzione—!”, esclama alla fine e no, non era quello che lui si aspettava. “Se solo avessi saputo—! Io—! Mi dispiace—! Non lo dirò a nessuno, giuro—!”
Yamato vorrebbe replicare che Non è vero! Qualsiasi cosa tu stia pensando, non—!, ma si ritrova la nuova sceneggiatura schiaffeggiata in faccia e tutto quello che può fare è restare in silenzio e massaggiarsi il naso, mentre la guarda correre via.
Dannazione, la loro manager è davvero una donna spaventosa.
Poco distante l’altro lo guarda allibito, evidentemente ancora più confuso di lui sulla scena. “Che cazzo è appena successo?”
“Ah…no, niente. Non preoccuparti. Ci penserò io a parlare con lei e risolvere la situazione.”
Yamamura san rimane qualche momento in silenzio, lo sguardo un po’ perso. “Lei come sta?”
“Mh?”
“Nel senso…è sempre così impegnata. Lavora così duramente…volevo sapere se era felice.”
Nonostante tutto, Yamato non riesce ad avercela davvero con qualcuno di così gentile, neanche quando prova ad allungare le mani sulla famiglia – i suoi cuccioli, ah ma ora non sono più piccoli, vero? Stanno tutti spiccando il volo via dal nido.
“Lo è”, replica stringendosi nelle spalle. “Ormai è diventata una giovane donna con la sua vita.” Si ferma, poi si lascia andare a una risata “Cos’è, sei forse interessato a lei?”
L’altro cerca di replicare ma si blocca con un’espressione combattuta in viso.
“In ogni caso non hai molte possibilità, sai. Penso si sia appena convinta che tu e io stiamo assieme.”
“…Cosa?”
“Tu o…Yaotome Gaku? Non sono sicuro di questo. È facile confondervi in fondo.”
“Cosa—!?”
Yamato sa che dovrebbe rassicurarlo, dirgli risolverà ogni cosa. Eppure vederlo così agitato è uno spettacolo quasi divertente.
“Perché mai dovrebbe pensarlo—non è che tu…o io…”, boccheggia istericamente, per poi bloccarsi di scatto.
“Aspetta…per caso ti piace Yaotome Gaku?”
“Ahah, mi spiace, ma non è proprio il mio tipo.”
“Oh. Okay.”
“Neanche tu lo sei, Yamamura san, non preoccuparti.”
Yamato si decide a tornare in cucina, se non altro per buttare via la spazzatura e lavare i piatti sporchi. L’altro rimane in silenzio per almeno dieci minuti buoni prima di replicare.
“…Solo per curiosità, ma perché Yaotome Gaku non sarebbe il tuo tipo?”
“Mh?”
“Insomma, è al primo posto della classifica degli uomini più desiderati, no? Cosa c’è che non va in lui?”
“Perché è un grande, spaventoso carnivoro. Mentre oniisan è solo un placido e debole erbivoro.”
*
 
 “Allora sei riuscito a trovare un po’ di tempo per tornare.”
Sho stringe la mano attorno alla tracolla sulla spalla prima di muovere qualche passo avanti, tenendo gli occhi socchiusi nella luce accecante del tramonto.
“Ne dubitavi, forse?”
“Onestamente, da te non so mai cosa aspettarmi. Sono passati cinque anni dall’ultima volta che ci siamo sentiti, scusami se ho delle rimostranze.”
“…Touché. Non posso darti torto, ma il fatto abbia deciso di andarmene di casa non vuol dire abbia abbandonato voi.”
“È il fatto tu abbia tagliato ogni ponte con noi, il motivo per cui penso tu ci abbia abbandonati”, Mamoru si stringe nelle spalle, sfoggiando un sorriso mesto. “Ma lei era diversa. Lei ha sempre creduto tu saresti tornato.”
 Al silenzio che segue, il ragazzo sospira. “Ma non siamo qua per parlare di questo…ci siamo riuniti per onorare la sua memoria e io non voglio infangare questo momento.”
“…Capisco.”
“So che i tuoi genitori ti hanno cacciato di casa…hai un posto dove alloggiare?”
“Ho preso in affitto una stanza a una locanda in zona, non devi preoccuparti.”
Il fratello annuisce alla risposta, lasciando che l’altro lo sorpassi.
“In ogni caso, avrei fatto qualsiasi cosa per tornare”, Sho si volta verso di lui e il sole alle sue spalle splende talmente tanto che Mamoru deve chiudere gli occhi. “Questo è il nostro ultimo saluto, in fondo.”
*
 
"E quindi...mi stai dicendo che non provi nemmeno un po' di vergogna, in questa situazione?"
Con il tono placido, l'espressione rilassata, Yamato lascia le parole scorrergli via dalle labbra come l'acqua da una fonte.
"Lei si è sempre fidata di te...ti ha amato più di chiunque altro...se proprio l'amavi anche tu avresti dovuto lasciarla andare...avresti dovuto...se lei, allora...adesso..."
Sospira in un mugolo stanco, stringendo le ginocchia al petto e premendovi contro la fronte con forza.
Più rilegge le battute meno è certo di sapere con quale faccia dovrebbe interpretarle. Una faccia triste? Arrabbiata? Ferita, magari? Disillusa? O forse tutte le precedenti assieme: il viso di qualcuno di si sente tradito da ogni cosa nella vita e non sa più lasciare andare cosa lo ha reso felice una volta, ciò che gli fa male. Il volto di chi sta cercando di farsi una ragione dell'aver perso la propria amata sorella minore. Qualcuno che lui doveva proteggere e di cui ora non sentirà più la risata.
"Ah...che schifo."
"Problemi con la parte?"
Yamato alza appena lo sguardo, socchiudendo gli occhi in reazione alla luce troppo forte del set e neanche tenta di nascondere la smorfia che gli nasce in volto quando l'espressione sorniona di Yuki fa capolino di fronte a lui.
"Senpai...se stai tentando di prendermi per il culo, ti prego-"
"No, no...ero serio. Sembri preoccupato."
"...Lo sembro?"
"Hai questa smorfia stampata in volto, vedi", cerca di mimarla premendosi gli indici per corrucciare le sopracciglia. "Così."
"...Senpai, senti..."
Yuki china il capo in attesa, lui finisce per sospirare rassegnato, grattandosi nervosamente la nuca con la mano. "Suppongo sia inutile chiederti di smetterla, vero?"
"Lo è?"
"Assolutamente."
Yamato ride piano, poggiando la guancia contro la pagina fresca del copione, socchiudendo gli occhi lentamente mentre ascolta il vociare indistinto dello staff.
"Yuki san...tu cosa ne pensi di Satoru?"
"Mh? Di Satoru...vediamo...direi che è una persona che sta facendo del suo meglio per non arrecare disturbo agli altri. Soffre per aver perso un'amica importante e ancora di più nel vedere Hitoshi soffrire, ma non chiede mai aiuto a nessuno. Però c'è quando gli altri hanno bisogno."
"Sembra davvero una brava persona. Non ti si addice proprio."
"Tu dici?"
Yamato lo guarda con una smorfia prima che Yuki riprenda. "E tu che ne pensi di Mamoru?"
"...Non ne sono sicuro. Vuole tentare di apparire come una brava persona, ma in vero è solo egoista."
Lascia dondolare il piede giù dalla sedia fissando distrattamente la punta della propria scarpa.
"Ho come l'impressione che dovrebbe apparire come qualcuno che sta cercando di proteggere gli altri, ma alla fine sta solo tentando disperatamente di proteggere se stesso."
"Beh, è un punto di partenza, no?"
"Ah...lo è?"
"Puoi iniziare da qui anche tu. Voler proteggere ed essere protetti, voler amare ed essere amati. In fondo, non è così diverso."
*
 
Creare una routine con Yamamura san viene più facile di quanto lui non pensasse.
Non è nulla di particolarmente sorprendente o eccezionale, sono solo piccoli momenti condivisi – forse addirittura cercati – che vanno a cementarsi nel tempo, mettendo radici nel terreno fino a diventare abitudini condivise.
Non si tratta solo dell'ordinare la soba ogni venerdì, è anche condividere qualche birra e qualche pasto, finire a bere assieme parlando dei misteri della vita, guardare l’altro perplesso cercare di approcciarsi a Musashi come se fosse un animale domestico - in effetti, Musashi è il suo animale domestico. Yamato apprezza davvero questo sforzo.
Una parte di lui pensa sia quasi carino quel Yaotome – ah, dannazione, riuscirá mai a non confondere i nomi? – seduto a terra a gambe incrociate mentre allunga titubante una mano verso il piccolo aspirapolvere, quasi timoroso possa morderlo o aspirargli via qualche dita da un momento all’altro.
Una parte di lui pensa ci sia qualcosa di stranamente intimo e familiare nel modo in cui accetta di rilassarsi, quasi appisolandosi contro lo schienale del divano, mentre lo osserva.
Gli mancavano delle abitudini condivise.
"Sono felice stiate andando d'accordo."
La voce di Tsumugi lo riscuote dai suoi pensieri e Yamato non può fare a meno di sbattere le palpebre confuso, non certo di cosa rispondere "...Cosa?"
"Tu e Gaku san, per il drama, intendo."
"Oh."
"Ero un po’ preoccupata, sai. Conoscendovi pensavo vi sareste azzuffati come cane e gatto."
Lui le rivolge un'occhiata serafica, poggiato con il gomito contro il finestrino della vettura nonostante sappia lei non possa vederlo al momento, impegnata nella guida. "È già abbastanza difficile tenere a bada Natsume e Yuki san, fidati."
"Ahah, forse hai ragione...ma ciò non toglie ne sia felice."
L'espressione della loro manager si scioglie in un sorriso gentile, lo sguardo fisso sulla strada, e lui non può fare a meno di replicare il gesto, ormai rassegnato al fatto che lei e gli Idolish7 siano sempre stati e sempre saranno il suo più grande punto debole.
"A proposito di questo—", lo sguardo di lei si illumina all'improvviso mentre frena di botto a un semaforo rosso e si volta verso di lui, cercando inutilmente di nascondere l'entusiasmo.
Yamato la guarda, stremato, passandosi una mano fra i capelli, "...Non era lui l'altra volta a casa mia, manager, te l'ho già detto."
"Eh?! Allora era davvero Yamamura san?!"
"Sì...ma in ogni caso non è come pensi, ti prego, smettila di sorridere così."
"Certo, certo. Capisco", sospira stranamente euforica, ma Yamato ha l'impressione non abbia capito affatto.
"Tsumugi san, guarda che vendere soba è una nobile arte, di certo non ha tempo per queste cose."
Nonostante questo lei continua a canticchiare sottovoce Koi no Kakera per tutto il viaggio, le dita che battono il ritmo sul volante e l'anello sull'anulare che brilla nella penombra.
*
 
La pioggia li sorprende inaspettata in tarda mattinata durante una giornata di riprese all'aperto.
Non si sa se andrà per le lunghe quindi il direttore decide di sospendere il lavoro per qualche ora e lasciando il cast libero, sperando la situazione si sistemi da sé.
Yamato va a comprarsi qualcosa di caldo da bere alle macchinette, intirizzito fino alla punta dei piedi, quando nota Gaku seduto poco distante sui gradini sotto una tettoia, intento a guardare la pioggia.
Non è certo del perché finisca per comprare una bevanda del distributore pure a lui.
"Tieni", mormora premendogli la lattina calda contro la guancia, sorprendendolo di spalle.
"N-Nikaido-! Che diamine-!"
"Ahah, scusa, ti sei spaventato?"
Lo vede pronto a ribattere, piccato, ma poi sospira e scrolla le spalle accettando la bevanda mentre lo ringrazia sottovoce.
Restano così qualche secondo prima che Yamato decida di sedersi vicino a lui – non proprio vicino, più sullo stesso scalino, ecco. A qualche metro di distanza. Sarebbe imbarazzante, altrimenti, anche se lui e Yamamura san sono stati seduti assieme sullo stesso stretto divano a poca distanza. Ma lui non é Yamamura san, ora.
Ah, è stranamente frustrante.
"Pensi che riusciremo a finire le riprese entro la giornata?"
"Mh...non saprei. Non sembra smetterà di piovere tanto presto."
"Già."
Il silenzio cala nuovamente, ma non è spiacevole. Con lo scrosciare di pioggia così forte è difficile anche solo sentirsi a quella distanza – Yamato si domanda se forse non dovrebbe avvicinarsi un po'.
"Certo che Hitoshi...è davvero sfigato."
"Oi, che vorresti dire?"
"Niente, niente."
Gaku lo guarda contrito e lui a malapena riesce a trattenersi dal ridere. "Non solo ha perso la donna che amava, ma anche oggi che dovevamo girare le scene incentrate su di lui, piove."
Yaotome non risponde, forse lo sente stringere appena la presa sulla lattina, ma Yamato finge di non notarlo intento com'è a soffiare sulla bevanda ancora troppo calda della propria.
"...Ho pensato ti avrebbe fatto male."
"...Cosa?"
"Questo argomento...in questo periodo."
Sa di non aver bisogno di precisare a cosa si riferisca, né è sicuro di esserne capace.
"...Non essere stupido, sono un uomo maturo ormai."
"Ahah, davvero?"
"Nikaido, stai forse cercando di litigare?!", esclama l'altro esasperato voltandosi di scatto verso di lui.
Yamato ci pensa qualche secondo, concentrato sul modo in cui le gocce d'acqua colpiscono il suolo, esplodendo in una moltitudine di tanti minuscoli cristalli.
"...No, ero solo preoccupato", ammette infine ed è completamente sincero per una volta.
Restano in silenzio, di nuovo, per qualche secondo e alla mancanza di risposta da parte di Gaku finisce per voltarsi perplesso, trovando l'altro a fissarlo con un'espressione che non saprebbe davvero come interpretare: ha gli occhi sgranati e lo sguardo incredulo, il naso arricciato e le labbra strette. Sembra un vero idiota.
"Ah...ah", lo fissa voltarsi piano coprendosi il viso con una mano e se non fosse per la mancanza di luce data dall'atmosfera plumbea giurerebbe Yaotome Gaku sia appena arrossito. Yamato non è certo del motivo, ma questo manda a fuoco anche le sue guance e all'improvviso non ha più così freddo nonostante il clima rigido di novembre inoltrato.
Decide quindi di tornare a concentrarsi sul suo tè, ancora troppo caldo, decisamente imbevibile per qualcuno con la lingua sensibile come lui.
Rimangono entrambi un silenzio finché la pioggia non si placa.
*
 
 “Ho sentito prenderai un permesso per partecipare al funerale.”
“Non mi pare di avere molta scelta…”, Hitoshi reclina stancamente il capo, massaggiandosi le tempie. “La famiglia ha voluto celebrarlo nella loro cittadina natia. Partecipare è…un mio dovere, e il minimo io possa fare.”
Satoru non commenta, che sia per rispetto o perché troppo assorbito dal lavoro non è possibile dirlo. “La famiglia? Intendi suo fratello maggiore?”
“Sì…i loro genitori purtroppo sono venuti a mancare dieci anni fa, lui era l’unico parente rimastole.”
“Che destino amaro…davvero una famiglia sfortunata.”
Il rumore delle dita che scorrono sulla tastiera del computer riempie l’ufficio, nonostante sia ormai passato da un pezzo l’orario di chiusura, eppure le scartoffie sul tavolo di Hitoshi non paiono diminuire.
“…Non devi sforzarti troppo, posso pensarci io al lavoro.”
“Non è necessario. Il tuo solo offrirti di accompagnarmi è stato abbastanza per me. Non ho intenzione di scaricarti addosso tutte queste responsabilità.”
Per un momento, il rumore della tastiera cessa e la voce di Satoru è solo un sussurro.
“È il minimo che posso fare anche io, in fondo non ho potuto fare nulla per nessuno di voi due.”
*
 
La volta successiva che Yamamura san gli porta la soba succede qualcosa di strano.
Gli consegna il cibo, lui paga, scambiano qualche parola all'uscio di casa come sempre.
Poi Yamamura san – ...ma in fondo è sempre Yaotome, no? – gli sorride e lo ringrazia gentilmente, Yamato non è certo del perché.
Quando l'altro se ne va la stretta allo stomaco che sente continua a non passare, neanche cinque, dieci, venti minuti dopo.
Non fa male, ma è strano e lui non è più così certo di avere fame. Yamato si chiede se per caso non si stia prendendo una qualche forma di influenza.
*
 
Nonostante gli impegni di lavoro e quelli personali ognuno di loro, quando può, cerca di ritagliare un po' di tempo per gli altri. È confortante sapere che nonostante il tempo passato e il fatto tutti loro ora abbiano la propria vita gli Idolish7 siano ancora qualcosa di così importante, una sorta di luogo sicuro.
Yamato poggia la tazzina di caffè sul tavolo, poggiandosi sopra esso con i gomiti e reggendosi il mento con il palmo della mano mentre osserva Mitsuki e Sougo parlare animatamente, entrambi seduti sulla panca di fronte a lui.
"Onestamente, questa cosa non può andare avanti, devo insegnargli a stirare."
"Sougo...tu dici così, ma mi pare sia proprio tu il primo a proporti per farlo al posto suo."
"Certo che lo faccio, ogni volta i vestiti sono più stropicciati di prima!"
"Sou ha sempre avuto un po' lo spirito da massaia."
"Yamato san!"
"È proprio vero."
"M-Mitsuki san—!"
Lui e Mitsuki ridono, sporgendogli a punzecchiare le guance all'altro affettuosamente e Sougo si schiarisce la voce riprendendo a sorseggiare la sua cioccolata calda – espressamente con il peperoncino – chiedendo loro di smetterla, per piacere.
"Ah, però dovresti essere meno pedante, sai. Tama mi ha inviato dei messaggi a ore improponibili chiedendomi aiuto perché tu eri attaccato al vetro della sua veranda chiedendogli se aveva lavato i piatti."
"È successo solo due volte—! Tamaki kun a volte non lava le stoviglie per giorni!"
"Eh...essere vicini di casa deve essere divertente", commenta Mitsuki sornione "È bello vedere i Mezzo siano affiatati come sempre."
L'altro non risponde, cercando di mantenere la calma puntando lo sguardo fuori dalla vetrata del cafè, sulla moltitudine di persone che passa stretta in sciarpe e cappotti intenta alla corsa per l'acquisto dei regali di Natale.
"Tamaki kun è molto più maturo di quanto non sembri...penso sia rassicurante a suo modo vivere vicini. Per entrambi."
Yamato si scioglie in un sorriso e nota Mitsuki fare lo stesso.
"Ah, come ti invidio. Iori invece ha preso il volo dal nido. Insomma, come fratello maggiore sono molto orgoglioso, ma mi mancano i tempi in cui vivevamo assieme."
"Mitsu, hai il cuore troppo tenero."
"Beh, scusa se sono nostalgico", commenta e si scambiano qualche pedata sotto il tavolo. "E comunque Yamato san, lo sappiamo perfettamente tutti che tu non sei molto diverso."
"In effetti, mi manca avere qualcuno che riordini casa."
L'altro gliene tira un'altra e, ah, questo fa male, davvero un calcio degno dell'uomo in sesta posizione nell'attuale classifica degli uomini più desiderati.
"A proposito di questo, avete impegni per le feste?", li interrompe Sougo sporgendosi. "Sarebbe bello trovare un giorno libero per tutti e fare una rimpatriata, anche con i membri degli altri gruppi."
"Già...è da un sacco che non riusciamo a incontrarci come si deve."
"Oh, potremmo organizzare una chat comune per organizzarci e preparare un cenone!"
"Anche i ragazzi degli Zool?"
"Sì, Sou, anche loro."
Mentre Yamato soffia sulla tazzina, ascoltandoli distrattamente parlare e mettersi d'accordo, si perde a fissare gli addobbi natalizi della strada e cerca di riportare alla mente da quant'è che non celebrano un Natale tutti assieme. È pronto a giurare siano ormai almeno tre anni.
"Yaotome san ci pensi tu a invitarlo, giusto?"
Sussulta all'affermazione improvvisa di Mitsuki, rischiando di rovesciare il caffè e fissandoli stralunato, "C-Cosa...?"
"...Per...il cenone? Lavorate assieme in questo periodo, no? Sei quello che ha più occasioni di parlargli."
"Ah. Sì, giusto."
Loro lo guardano perplessi e Yamato non ha idea del perché si senta così in colpa dato che non ha nessun motivo effettivo per farlo – é colpa della loro manager, che si mette in testa idee strane influenzando anche lui, e di Yaotome, che ha reazioni idiote ad azioni stupide.
"L'alcol lo compriamo in ogni caso, vero?"
"Che domande sono. Ovviamente sì."
*
 
L’incenso si sparge a terra rompendosi in tanti piccoli pezzi, spargendosi nell’aria come ceneri, profumi sacrali ormai inutilizzabili per onorare la memoria di qualsiasi defunto.
Hitoshi si tiene il fianco, crollando sul tatami e Mamoru è su di lui in un attimo.
“Chiudi quella bocca—non ti voglio ascoltare!”, lo strattona per il colletto, urlando. “Se davvero l’avessi amata, se davvero ti fosse importato di lei non l’avresti lasciata compiere quella scelta—! Se mia sorella è morta, è solo colpa tua—!”
Hitoshi prende fiato e lo ribalta, spingendolo indietro e facendo in modo di bloccargli le mani.
“Tu non fai altro che criticare me, ma—non sei forse tu quello che si sente più in colpa di tutti, qua? Non sei forse tu che cerchi di addossarmi ogni responsabilità per non vedere quali sono i tuoi torti?! Alla fine non sei migliore di me, ma non vuoi riconoscerlo perché sai che al contrario di me non ti è rimasto nessuno—!”
Entrambi tacciono e Hitoshi lascia andare i suoi polsi, fissando l’altro senza commentare la moltitudine di lacrime che ormai gli inzuppa il viso.
Sa che non ce n’è bisogno.
“In fin dei conti non hai protetto nessuno, se non te stesso.”
*
 
"Oh, siete arrivati! Avete portato da bere? Bravi, bravi, entrate! Tsunashi san sapevo di poter contare su di te."
"Ah, avete intenzione di darvi alla pazza gioia stasera?"
"Tenn, dai! Bere una volta ogni tanto non è un problema, no?"
"Una volta ogni tanto..."
Tenn si toglie il cappotto con un'espressione rassegnata, come se li stesse giudicando – e probabilmente ha ragione a farlo.
Tsumugi si precipita subito ad accoglierli, prendendo i pacchi e ringraziandoli per il disturbo di portare qualcosa da mangiare mentre Iori tenta di trattenere Tamaki dal rubare i sacchetti dalle mani della loro manager.
"Yaotome san non è con voi?"
"Ah...no, Gaku aveva un servizio fotografico da concludere. Dovrebbe comunque arrivare a breve accompagnato da Kaoru san."
"Capisco! Anesagi san è davvero una persona affidabile!"
Al solo sentire le voci dei Trigger i Re:vale appaiono da non si sa bene dove – non stavano dando una mano a Banri a sistemare gli addobbi? – pronti come sempre a molestare i loro adorati kouhai.
Yamato non è certo di poter sopportare tante emozioni tutte assieme, quindi si getta in mezzo a Tsumugi e Tamaki e ruba i sacchetti con una certa falsa premura, annunciando si occuperá lui di andare a preparare il cibo e che lei non deve preoccuparsi - goditi la festa!
Tamaki ovviamente lo segue come una paperella segue la propria mamma, felice, e Iori dietro continua a trattenerlo per la collottola come se avesse a che fare con un gattino.
All'arrivo in cucina trovano Nagi e Riku impegnati in qualche sorta di rituale non ben chiaro, intenti a impilare fragole su uno stecco.
"Che state facendo...?"
Iori lo anticipa interdetto, senza però lasciare andare la presa dal cappuccio di Tamaki.
"Ah, Iori! Vieni, vieni, guarda!"
Riku pare entusiasta mentre agita le mani per fare segno loro di avvicinarsi. "Abbiamo fatto delle statuine con la frutta!"
"Oh, un Usamimi—! Rikkun dici che posso farci un King Pudding!?"
"Assolutamente, proviamoci! Iori vieni anche tu!", esclama mentre entrambi prendono il ragazzo per mano trascinandolo contro la propria volontà – o forse no? Ichi pare parecchio felice.
"Riku san—! Tamaki—! Smettetela—E perché c'è una scultura di Kujo san fatta con i mandarini—!?"
Le cucine dell'agenzia sono decisamente troppo piccole per tutto questo.
"E la tua sarebbe...?", Yamato muove lo sguardo sulla creazione di Nagi, perplesso.
"È Kokona, non è ovvio!?"
"Onestamente, no...", commenta guardando l'altro accartocciarsi con le mani al petto, apparentemente ferito. "Evitate di giocare con il cibo, okay?"
"Non stiamo giocando, sono tutti dei piccoli regali per gli altri!"
"A proposito di questo, Tenten è arrivato."
"Tenn nii? È già qua?", esclama Riku saltando in piedi e nel giro di pochi secondi è già fuori dalla stanza.
Nonostante tutto, Riku non cambierà mai.
Yamato intanto si mette a svuotare i sacchetti, sistemando il cibo nei piatti con l'aiuto di Iori – dopo che quest'ultimo ha creato un meraviglioso coniglietto di mele. Quando Tamaki gli chiede di unirsi a loro lui non ha nemmeno il coraggio di farli notare che non hanno più a disposizione nulla per guarnire i dolci.
Ed è mentre sono intenti nel loro lavoro – e se li vedesse Mitsuki sarebbero nei casini – che suona il campanello. Yamato sente un nuovo vociare in lontananza ed è quasi certo siano arrivati finalmente Yaotome e Anesagi san. La sua teoria viene poi confermata quando una decina di minuti dopo l'ex leader dei Trigger fa capolino in cucina per salutarli.
È bello come sempre – nel suo diamine di cappotto costoso, maglione a collo alto costoso e sciarpa costosa –, anzi, forse più del solito se Yamato può concedersi di pensarlo, ma non è sicuro se sia perché l'altro è appena uscito da un servizio fotografico o sia la sua mente a giocargli brutti scherzi.
"Cosa state facendo?", commenta palesemente divertito nel guardare un gruppo di adulti tanto intento a tagliare ed assemblare frutta.
"Gakkun, buon Natale!"
"Yaotomeshi! Sei arrivato al momento giusto!"
Nagi e Tamaki si sporgono in contemporanea, probabilmente fieri del loro operato e l'altro non può fare a meno di trattenersi dal ridere – ed è carino, anche così è estremamente carino, ma che diamine, Yaotome, che diamine.
"Ah, sculture? Di frutta? Sono...originali."
"Lo sono, vero!? Anche Yama san ne ha fatta una!"
"Tama, stai zitto."
"Ci si è anche impegnato un sacco!"
"Nagi, dannazione—"
"Oh, ma davvero? Posso vederla?"
Yamato sente l'impellente bisogno di seppellirsi mille metri sotto terra e non riemergere mai più, onestamente. E di soffocare tutti e tre con il canovaccio da cucina.
"Un gattino...fatto con le fragole..."
Nonostante l'apparente serietà del suo tono può vedere chiaramente il suo labbro tremare nel tentativo malriuscito di trattenersi nuovamente dal ridere – ed è carino anche stavolta, mentre lo prende in giro. Yamato vuole mettersi le mani in faccia e urlare.
"È adorabile."
"Yaotome, se stai cercando di essere gentile per cortesia puoi anche evitare."
L'altro si riscuote e lo guarda, facendo poi qualche passo avanti per diminuire la distanza. "No, davvero. È adorabile. Hai fatto un ottimo lavoro."
Lo afferma con tono sincero, un sorriso gentile in volto e la mano – calda, leggera – che va a scompigliargli i capelli in maniera affettuosa.
Nessuno fiata per qualche secondo – Iori probabilmente si è impietrito a qualche passo da loro – e Yamato è quasi certo il cuore finirà per esplodergli nel petto.
"Non—Non è giusto! Gakkun! Perché a noi niente?! Cosa sono queste preferenze per Yama san!?"
Tamaki si getta in mezzo a loro, scuotendo Gaku per il braccio mentre Nagi prende il viso del suo ex leader fra le mani, agitato.
"Yamato!? Posso farlo anche io!? Iori, anche a te?!"
Ha gli occhi che brillano e lui non è certo di come metabolizzare tutta quella situazione.
Quando Mitsuki poi torna in cucina cinque minuti dopo li trova intenti a scompigliarsi i capelli a vicenda, secondo un ordine non ben chiaro, ma è solo quando si accorge del disastro che hanno combinato con la frutta che tutti sanno è il momento di darsela a gambe.
*
 
Yamato non è mai certo di cosa passi per la testa di Minami: dietro la sua espressione gentile, dietro al bel visino si nasconde il demonio in persona e questa non è decisamente una consapevolezza che incoraggia i rapporti personali.
Quello che però Yamato apprezza di Minami è che lui non finge di essere gentile, affatto. Se può dirti una cattiveria, te la dirà. A maggior ragione, se è una cattiveria giustificata non potrai far nulla per impedire di vedertela crollare addosso. Nemmeno lui riesce quindi a prevederla quel giorno, sul set.
“Yamato san, la tua interpretazione di Mamoru è inguardabile.”
Yamato resta qualche secondo a fissare il vuoto, ponderando le proprie scelte di vita e solo dopo qualche minuto, ormai rimasto solo, si lascia sfuggire una flebile lamentela indignata.
“Questo non è stato assolutamente carino.”
*
 
Yamato ormai non é più sicuro di cosa doversi aspettare dalla vita: una parte di lui non è certa di cosa stia accadendo attorno a lui, mentre l'altra sembra lottare disperatamente per mollare la presa e lasciarsi andare con la corrente.
Certe cose vengono naturali, quasi spontanee. Quando quel venerdì sera invita Yamamura – Yaotome...? Yaotome Gaku – a cenare con lui a fine turno non è la prima volta che capita, ma stranamente si ritrova ad essere più nervoso di quanto non lo sia stato in mesi – una parte di lui vorrebbe davvero rinunciare a tentare di capirsi.
Cenano seduti in cucina uno di fronte all'altro come hanno fatto ormai svariate volte, condividendo la porzione di soba e alcuni degli avanzi rimasti nel frigo – Yamato invero potrebbe essere andato a fare la spesa, per l'occasione. Ma questo lui non ha bisogno di saperlo.
"Ho saputo che stai girando un drama ultimamente."
"Mh...? Ah, sì."
"Ho visto il trailer e letto la trama. Sembra interessante."
"Lo sembra...è vero."
Restano qualche secondo in silenzio, poi la voce dell'altro lo richiama mentre è intento a giocare con gli spaghetti nel piatto.
"Non sembri molto convinto."
"Ahah, non fraintendermi, davvero. È un lavoro che apprezzo e sia staff che cast sono eccellenti, ma non sono sicuro di stare riuscendo a immedesimarmi nella parte per bene."
"Come mai?"
"...Ho l'impressione stia diventando qualcosa di troppo personale, al momento", si poggia con la guancia contro il palmo della mano per sorreggersi. "Non amo troppo questo genere di sensazione."
"...Capisco."
L'altro si zittisce, continuano a mangiare in silenzio per quella che pare un'eternità prima di decidersi a riaprire bocca.
"Sai, tempo fa c'era una ragazza che mi piaceva."
Yamato si irrigidisce di colpo, smettendo per un attimo di respirare. Non è certo della ragione, ma al momento non vuole andare a toccare anche quell'argomento – gli dà fastidio, come un macigno in fondo allo stomaco, qualcosa che preferirebbe non sentir dire ad alta voce, soprattutto da Yaotome.
"Una brava ragazza, davvero. Una persona estremamente ammirevole e che dà il massimo in tutto quello che fa", lo sente giocherellare con le bacchette, troppo intento a fissare il brodo nella propria ciotola come se fosse appena diventato la cosa più interessante sulla faccia della Terra. "Purtroppo non è andata bene", ride "Lei mi ha rifiutato...ah, non so nemmeno quante volte?"
"Doveva essere una ragazza davvero paziente..."
"Lo è, assolutamente", commenta con un certo orgoglio. "Sai, presto si sposerà."
Certo che lo sa. Tutti lo sanno, nell'agenzia Takanashi non si è parlato di altro per settimane tra il fervore dei preparativi della festa e la scelta dei regali, soprattutto dato che si tratta di un matrimonio fra membri della stessa agenzia – comunque una magra consolazione per il loro presidente.
"In un certo senso penso di poter capire Hitoshi. Anche se la nostra situazione non è la stessa, rinunciare a qualcuno di importante non è mai facile...ma in fondo penso di essere fortunato."
Yamato alza lo sguardo verso di lui perplesso e il sorriso tenue dell'altro lo coglie decisamente di sorpresa. "Io al contrario di Hitoshi posso vederla realizzare la propria felicità. Anche se non sono io a renderla felice, va bene lo stesso. In tutta onestà sono davvero felice per lei."
Yaotome è davvero una persona gentile e onesta, troppo per essere sua amica e sicuramente troppo per stare lì a parlare con lui seduto al tavolo della sua cucina.
"E poi il primo amore non deve essere per forza l'ultimo. In qualche modo lo sto provando anche io sulla mia pelle", ride grattandosi la guancia. "Io sono andato avanti. Vorrei Hitoshi facesse lo stesso."
Yamato lascia affondare il significato delle sue parole nella propria mente, in maniera lenta, come sassolini che sprofondano in un lago danzando in modo disordinato.
Ha così tanti pensieri per la testa in quel momento che non è sicuro di quale sia la risposta più appropriata da dare in una situazione del genere, né se sarebbe in grado di formularla.
"Io...", comincia incerto stringendo le bacchette fra le dita nervosamente. "Io vorrei dare…un lieto fine…a tutti loro. Anche se non credo davvero nel lieto fine, anche se probabilmente mi comporterei in maniera terribile in una situazione simile. Ma è difficile. Anche se le parole sono già scritte e io so cosa devo dire, continuo a non capire cosa devo provare.”
"Non è naturale che sia difficile?"
"Uhm?"
"È normale tu volessi proteggerla, se ci pensi, e non è perché era tua sorella", Gaku china il capo, poggiandosi con la guancia al palmo della mano e tendendo l’altro braccio lungo il tavolo, picchiettandogli la fronte con la punta della bacchetta. " È perché avevi bisogno di lei. È perché le volevi bene."
E in quelle parole tutto acquista un senso: é come un'illuminazione, come una nebbia che si dissolve mentre le cose attorno a lui si mostrano nella loro vera forma.
E quella forma per Yamato ha i contorni di sei persone, altezze diverse ed età diverse, ognuna delle quali brilla di luce propria.
È qualcosa che Yamato ha sempre saputo ma non ha mai osato pronunciare ad alta voce, la consapevolezza che forse non era solo preoccupato per loro, ma era lui in verità ad aver paura di essere lasciato indietro.
"Va tutto bene?"
La voce calda dell'altro lo riscuote e si trova a fare contatto visivo con lui, sperso. "...Sì, credo...che ora lo sia."
Gaku lo osserva per qualche altro secondo, poi gli punzecchia nuovamente la fronte, più forte di prima, ma la sua espressione è gentile, rilassata.
Per quella sera soltanto lascia l'ultimo onigiri a Yamato senza giocarselo a morra cinese.
*
 
“Forse, in fondo, abbiamo sempre tutti cercato la stessa cosa. Nonostante non ce ne siamo mai resi conto, non siamo poi così diversi: siamo delle persone terribili, ma tutte ugualmente desiderose della felicità. Tu pensi ce la meritiamo, questa felicità? Pensi ci sia un modo per renderci delle persone migliori l’un l’altro? Se esiste un modo di farlo, voglio conoscerlo. Per tutto questo tempo, in fondo, non ho fatto che vivere della felicità riflessa degli altri. Vorrei imparare a essere io la persona che mi renderà felice, un giorno.”
*
 
Qualche giorno dopo durante le riprese sul set Yuki gli si avvicina con un'espressione indecifrabile in volto e lo squadra da cima e fondo. "Sembra che tu abbia superato il tuo problema. Bene."
"Uhm, grazie."
"Hai trovato un nome per la sorellina, quindi?"
"Suppongo di sì, ma non penso sia importante. A prescindere dal nome voglio che abbia un lieto fine, che sappia gli altri potranno andare avanti anche senza di lei, senza comunque dimenticarla."
Yuki sorride e i capelli gli scivolano giù dalla spalla con un movimento fluido. "È un buon punto di partenza direi."
"Sì, lo penso anche io."
*
 
“Te ne vai già?”
“Purtroppo il mio periodo di affitto alla locanda è finito.”
“…Puoi restare da me qualche giorno, se ti va.”
“…Non penso sia una buona idea, purtroppo ho del lavoro da sbrigare a casa”, commenta Sho, sistemando le ultime cose nella valigia. “Ma ti ringrazio del pensiero. Mi ha fatto piacere.”
Mamoru annuisce, poggiato al muro e scrutando il paesaggio fuori dalla finestra, “Pensi tornerai a casa ogni tanto?”
“Non saprei…il concetto di casa è molto labile nel mio caso…mio padre mi ha diseredato e non ho praticamente alcuna conoscenza al di fuori della mia famiglia. Cosa intendi, quindi, con questo termine?”
“…Non ne sono certo, ma non mi dispiacerebbe essere per te un posto a cui tornare. Non pretendo di essere una casa o una famiglia, mi va bene anche solo essere qualcuno che sai ti aspetterà, se lo vorrai.”
“…Capisco. Sembra qualcosa di confortevole…ci penserò su.”
Mentre si dirigono in stazione nessuno dei due parla, sulla corriera Mamoru guarda fuori dal proprio finestrino mentre Sho sonnecchia. C’è una calma placida a quell’ora del mattino ed è fresco: si sta bene.
“E tu, che programmi hai? Ora come ora non capisco perché continui a mantenere in piedi la casa di famiglia. Non penso ti servirà a molto, così com’è.”
“…In effetti, avevo pensato di andarmene.”
“Oh.”
“Vorrei trasferirmi in città, cambiare aria e creare da capo qualcosa di nuovo che sia solo mio”, ammette grattandosi la guancia. “Mi è stata fatta un’offerta di lavoro piuttosto buona, in vero, da uno dei partecipanti al funerale che...Ah, non importa. Non so ancora se l’accetterò, comunque.”
“Sembra un’ottima possibilità, dovresti provare. Anche se sarai lontano da casa.”
“Non sono più certo di avere una casa, ad ogni modo.”
Rimangono in silenzio mentre il treno alla banchina fischia, segnale che è ora di salutarsi.
“Qualunque cosa deciderai, fammi avere tue notizie.”
“Lo farò, sicuramente.”
Sho sale sul treno, le porte si chiudono. Alle prime luci dell’alba separarsi porta con sé una sensazione dolce, quasi di quiete.
Al ritorno se la prende con calma: aspetta la corriera, passeggia lungo la stradina e passa nel konbini vicino a casa a comprare qualcosa per colazione.
Rincasato offre i suoi omaggi all’altare della sorella per poi tornare in cucina. Il biglietto da visita lasciato sul tavolo continua ad attirare la sua attenzione, come un diamante grezzo in un cumulo di pietre.
Alla fine cede, prende la cornetta e compone il numero, in nervosa attesa. Solo quando una voce familiare gli risponde dall’altro lato si tranquillizza.
“Pronto, sì, sono Mamoru.”
Può darsi che questa volta riuscirà davvero a trovare il suo posto nel mondo.
*
 
L'amore viene in tante forme e a volte nemmeno ce ne accorgiamo.
A volte è come un ruscello placido che erode la roccia pian piano, altre è come un fiume in piena che spazza via ogni cosa.
A volte è un abbraccio dato d'impeto, una moltitudine di mani che ti toccano e braccia che ti stringono. Un calore placido e costante nel petto che ti riscalda come un fuoco del camino in inverno.
Yamato si immobilizza in mezzo al corridoio, sommerso dal peso dei suoi kouhai che gli si avvinghiano addosso, in un mare di singhiozzi.
"Yama san...Yama san non piangere—ci prenderemo noi cura di te!"
Tamaki singhiozza mentre Nagi annuisce con fervore attaccato al suo fianco. "Non ti abbandoneremo mai—!"
"Quindi non piangere, okay—!?", conclude Riku incollato alla sua schiena, mentre Mitsuki gli tira dei leggeri pugni sul fianco e Sougo e Iori gli accarezzano la testa gentilmente.
"Ragazzi...era solo un drama. Io sto bene."
Nonostante questo, non può fare a meno di crogiolarsi nel loro affetto ancora un po', accarezzando piano i loro capelli, ridendo piano.
"Sì, sì, anche io vi voglio bene. Ora smettetela di piangere, dai, offro il ramen per cena a tutti, promesso."
*
 
Quel venerdì sera trova Gaku seduto davanti alla sua porta di casa.
Di certo Yamato non se lo aspettava: è stata una giornata frenetica dall'inizio alla fine, gli hanno spostato l'orario di più di un impegno per disguidi tecnici ed è finito a staccare dal lavoro solo da poco, stremato, cercando disperatamente di trascinarsi a casa con le poche forza rimaste.
L'uomo lo fissa con una naturalezza quasi disarmante, alzando la mano con un saluto casuale come se fosse del tutto normale per lui trovarsi lì, ma Yamato è certo qualcosa non quadri.
Controlla sia l'orologio da polso che quello del cellulare e se è vero che ha ancora qualche diottria funzionante giurerebbe di leggere segnato su entrambi un orario che ben sorpassa quello di chiusura del negozio degli Yamamura.
"Manca un quarto all'una", afferma leggermente basito. "Cosa ci fai qui?"
Subito dopo un'altra paura lo assale e non può fare a meno di scorrere il registro delle telefonate in uscita dal suo cellulare, cercando prove di un suo apparente ritardo mentale.
"Ehi—va tutto bene! Non hai ordinato per sbaglio, davvero."
L'altro lo tranquillizza subito, sporgendosi in avanti agitando le mani mentre lo guarda con una nota velata di compassione.
"...Allora come mai sei qui?", ribatte confuso. "E da quanto tempo sei qui!?"
Hai preso freddo? Sei idiota? Si gela qua fuori! Che ti è saltato in mente?!
"Ero solo in pensiero...solitamente hai sempre chiamato ogni venerdì negli ultimi mesi. Ho pensato fosse successo qualcosa", ride grattandosi la nuca. "Ma apparentemente mi sono sbagliato e avevi solo da lavorare. Piuttosto, hai cenato?"
"...Sei serio?"
Yamato non sa davvero cosa fare con lui. Vorrebbe tirargli addosso la borsa delle consegne e allo stesso tempo afferrargli le mani per assicurarsi siano calde.
Gaku continua a guardarlo aspettandosi una risposta, totalmente serio nella sua domanda.
"...No. Non ho cenato."
"Beh, allora non ho fatto il viaggio a vuoto, no? Ah...anche se credo la soba non sia più tanto calda ormai."
Davvero, tu "...Sei un idiota."
"Uhm? Perchè?"
Yaotome pare così sinceramente confuso che non ha nemmeno la forza di replicare. lui semplicemente lo sorpassa e si dirige verso la porta cercando a tastoni la serratura nel buio.
L'altro gli si sistema accanto e Yamato non è mai stato tanto conscio di quei loro sei centimetri di differenza di altezza. O del suo calore.
Quando riesce ad aprire cerca a tastoni l'interruttore della luce, troppo su di giri per concentrarsi sulla temperatura decisamente più mite dell'appartamento, che invece Gaku pare gradire.
“Se non hai il portafoglio sottomano o non hai spiccioli, non preoccuparti. Quest'ordinazione la offre la casa", esclama porgendogli il classico pacchetto con l'aggiunta di qualche birra. "In fondo è stata una mia iniziativa e ad essere sincero non farei mai pagare a un cliente per della soba fredda."
Lui lo osserva in silenzio consegnargli l’ordine e sistemarsi il borsone sulla spalla prima di poggiarsi sulla testa il casco. "In ogni caso ora ti saluto. È davvero tardi e non voglio arrecarti ulteriori problemi."
Davvero, davvero un idiota.
Yamato gli afferra un lembo del grembiule prima di rendersene conto, ma anche nel momento in cui se ne rende conto pensa che non riesce a pentirsi di quel gesto.
Sente lo sguardo dell'altro addosso, troppo intento a fissare il proprio pugno stretto sulla sua divisa per contraccambiare l'attenzione – troppo intento a pensare che non vuole lasciare la presa anche se la mano gli sta tremando, anche se ha il palmo sudato e il cuore in gola.
"Non andare."
Sente il battito rimbombargli nelle orecchie come una sinfonia di note basse scribacchiate disordinatamente su uno spartito, che fuggono in tutta fretta dalle mani del loro compositore.
"Posso prepararti dell'ochazuke, se vuoi. Non sarebbe un disturbo per me."
Vorrebbe fare in modo suoni in maniera onesta quell’affermazione, fare in modo lui capisca è sincero nel pronunciare quelle parole e che non si tratta di semplice cortesia.
Osserva la mano di Gaku entrargli nel campo visivo e sovrapporsi delicatamente alla sua: un tocco leggero, freddo che però lo fa andare a fuoco. Prova l'impulso immediato di scostare la mano, ma lo trattiene nel vedere quella dell'altro sciogliere la sua presa sul tessuto, sorreggendo il suo palmo.
"Va bene", replica appena e il suo tono sembra neutro alle sue orecchie. "Posso restare se è quello che vuoi."
Yamato annuisce in silenzio lasciando scivolare la propria mano nuovamente lungo il fianco e non sa esattamente cos'altro dire, ma va bene così.
Yaotome scalda la soba in una pentola mentre lui mette tavola. Mette il servizio di piatti che usano solitamente per cenare, posiziona al suo posto il bicchiere che sa essere il suo preferito e abbonda nel mettere nell'ochazuke gli ingredienti che l'altro adora.
Non è certo di quando o come abbia acquisito queste conoscenze, perché non era sua intenzione imparare tutto ciò, eppure ora che le sa gli paiono nozioni estremamente preziose, qualcosa di cui solo lui è a conoscenza.
Gaku poi si ferma a dormire lì – un po' perché è troppo tardi, fa troppo freddo e un po' perché sembra uno svolgimento degli eventi naturale a fine di quella serata.
Yamato gli presta uno dei suoi pigiami, si scusa perché probabilmente gli starà un po' corto, forse leggermente stretto, ma lui non pare farci particolarmente caso.
Si stringono in quel letto singolo, decisamente troppo piccolo per due uomini adulti, premuti schiena contro schiena nel buio della stanza e Yamato si raggomitola nella sua metà, si gode il calore dell'altro laddove i loro corpi si toccano e lascia le palpebre chiudersi.
"Buonanotte, Yaotome."
Mentre sprofonda nel sonno, fra i rumori indistinti in sottofondo che sente provenire dalla strada, la voce di Gaku suona particolarmente nitida e calda, come una ninna nanna che ti culla dolcemente.
"Buonanotte, Nikaido."
*
 
La prima cosa che Yamato realizza quando si sveglia la mattina seguente è che il viso di Gaku è vicino, troppo vicino.
Può quasi sentire i suoi capelli solleticargli la fronte e il respiro lambirgli il viso.
La seconda cosa che realizza è che, chissà quando, nel sonno, l'altro ha allungato un braccio cingendogli maldestramente un fianco.
La terza cosa che realizza è che questo non dovrebbe essere normale, per così tanti di quei motivi che potrebbe stilare una lista chilometrica a riguardo, forse lunga abbastanza da essere usata come fune e permettergli di scappare giù dalla finestra.
Ma la cosa che lo colpisce di più, come una doccia fredda, è che Yamato potrebbe addirittura volere tutto ciò ed è questa la cosa più terrificante.
Si tira a sedere di scatto, con il battito del cuore a mille nel petto e la temperatura corporea che cala a picco – probabilmente in preparazione di una morte imminente.
Guarda l'altro mugugnare nel sonno con una smorfia adorabile e no, non è questo il momento per distrarsi. Tutto quello che deve fare al momento è sgattaiolare via dalla stanza, chiudersi in bagno e cercare di calmarsi, perché in fondo Yaotome non ha idea di cosa stia succedendo, no? Finché lui dorme non c'è problema—finché lui dorme non—
Il dolore che prova all'impatto della sua fronte con il pavimento è indicibile, davvero, fa terribilmente male.
"...Stai bene?"
La vergogna che lo assale in quel momento, però, non è nemmeno paragonabile al dolore: forse sarebbe stato meglio morire così, per una facciata al pavimento, invece di rimanere bloccato a metà nel tentativo di scavalcare il corpo di uno Yaotome addormentato.
Yamato non risponde e spera che l'altro si arrenda all'evidenza del suo decesso, lasciandolo lì e tornando a consegnare soba per il bene dell'umanità.
"Ehi, davvero, stai bene?"
Sente le braccia dell'altro tirarlo su per il busto, trascinandolo nuovamente sul letto e in tutta onestà Yamato vuole sperare questo sia solo un incubo.
"Sai, per essere un attore così dotato fai davvero schifo a fingere in questo momento."
E a questo finalmente schiude un occhio, piccato, perché wow, questo commento è stato decisamente indelicato.
"Sono morto, lasciami stare."
"...Se dovevi andare in bagno potevi semplicemente svegliarmi, lo sai?"
"Okay, allora lasciami passare."
Gaku rimane in silenzio, non particolarmente impressionato mentre studia la sua espressione. Yamato non è certo di come il suo viso appaia al momento ma considerando il calore che percepisce sulle gote e la palese smorfia che gli irrigidisce i connotati, immagina non sia nulla di troppo gratificante.
"Forse dovremmo parlare, non credi?"
"Parlare di cosa."
Non è nemmeno una domanda, lui non vuole davvero saperlo.
"Mh, non lo so, forse di questo?", commenta allargando le braccia come a indicare tutta quella assurda situazione.
"Non so di cosa parli."
"Ti sei davvero arrabbiato tanto per il braccio sul fianco?!", sbotta incredulo e vagamente offeso. "Dopo che poi sei stato tu a rannicchiarti contro il mio petto durante la notte!?"
Ah, okay. Okay. Questo non è un incubo, questo è l'inferno e questa conversazione è apparentemente una punizione divina assegnatagli da Tamaki per tutte le volte che gli ha rubato un King Pudding.
"Io non ho—ti prego—smettila...", mormora infine rassegnato affondando il viso in fiamme nelle mani, sperando di sparire.
Si zittiscono entrambi e dopo un silenzio interminabile Gaku sospira – e forse si starà tirando i capelli indietro, con fare stressato. Cosa non così terribile dato che Yamato adora quando lo fa.
"Senti, ma sei—davvero sicuro che io non ti piaccia!? Insomma, non è che ti giudicherei—!"
"Yamamura san, ti prego non essere così audace, il mio cuore non può sopportarlo!"
L'ex leader dei Trigger abbassa le mani di scatto, con una foga tale che Yamato si chiede se non stia per caso tentando di strapparsi la faccia. "Sono Yaotome Gaku!"
Ah, dio. Se non fosse tutto mortalmente imbarazzante sarebbe quasi divertente, ma al momento non è certo di chi dei due sia il più patetico.
Alla fine Yamato cede e lascia scivolare leggermente le mani dal volto, scoprendo gli occhi quel tanto che basta da spiare l'espressione dell'altro: Gaku è rosso fino alla punta delle orecchie, il viso contratto in una smorfia decisamente frustrata.
"Sei davvero Yaotome Gaku? Quello originale? Sei abbastanza affascinante?"
"Lo sai perfettamente, smettila di fare il finto tonto solo perché ora ti torna comodo, dannazione."
"E tu piantala di usare la tua posizione di uomo più desiderato per importi sugli altri!?"
"Non sto facendo questo!?"
"Ah no, Yaotome Non È Che Ti Giudicherei Se Io Ti Piacessi Gaku?"
"Non era quello che—quello che volevo dire era—Ah, dannazione!", conclude gettandosi in avanti e affondando la faccia nel materasso, stremato.
Cala il silenzio di nuovo e Yamato ne approfitta per lasciarsi cadere pure lui di peso di fianco, ormai rassegnato alla possibilità di fuggire o avere una conversazione sensata.
L'altro si gira in modo che si trovino viso a viso, solo pochi centimetri a separarli.
"Senti, mi spiace se ho fatto qualcosa che ti ha messo a disagio...forse tu non eri nemmeno conscio di quello che hai fatto...ah, dannazione. Ho fatto una cazzata vero", si strofina la mano sulla fronte nervosamente cercando arduamente di trovare le parole. "È che credevo...sì, insomma credevo che io ti piacessi. Insomma, dopo quello che è successo ho pensato che...ah, forse ho interpretato male i segni. Anche se questo non toglie il fatto che penso tu mi piaccia. Però, dannazione. Davvero sono solo io che ho immaginato tutto o—e ora perchè stai nascondendo la faccia nel materasso—!?"
Ah, questo è un incubo, davvero. Un incubo. Neanche sprofondare fino all'Inferno basterebbe per scappare da una situazione del genere.
Sente le mani dell'altro strattonarlo, cercare di voltarlo e per quanto cerchi di resistere – al punto di appallottolarsi, aggrappandosi al lenzuolo come meglio riesce – alla fine deve gettare la spugna, finendo sdraiato di schiena e con Gaku seduto sullo stomaco.
Il loro scambio di smorfie dura vari secondi, rasentando il livello di maturità di una coppia di bambini dell'asilo.
"Non dire così facilmente cose che potrebbero venire fraintese."
"Credo che tu mi piaccia, cosa c'è da fraintendere."
Poi Yaotome china il capo in quella maniera che gli fa scivolare le ciocche sulla guancia – ed è sleale, visto dal basso è ancora più bello. Yamato vorrebbe toccare così tanto i suoi capelli per vedere se sono morbidi come sembrano che potrebbe morire.
"Davvero è un'idea così terribile?"
Davvero, come fai a negargli qualsiasi cosa se ti guarda così?
"...Guarda che io non sono una ragazza carina."
"Lo so", replica. "Nonostante io ti trovi ugualmente carino a tuo modo."
"...Sei serio?", domanda quasi esasperato, riuscendo a liberare finalmente le mani dalla sua presa per premersele in volto. "Anzi, no. Non rispondere. Saresti capace di dire qualcosa che non potrei sopportare."
"Okay...okay."
Lo sente mormorare sottovoce prima di spostarsi e ricadere di nuovo di fianco a lui. Passa qualche secondo prima che continui. "Posso baciarti?"
Lui schiude gli occhi e finiscono a fissarsi silenziosamente, con il respiro trattenuto e il battito accelerato, prima di sporgersi di comune accordo.
È solo un breve sfiorarsi di labbra, talmente delicato da risultare quasi impercettibile – eppure basta così poco per mandargli a fuoco il petto e, ah, Yamato è sicuro morirà di autocombustione di questo passo, alla soglia dei trent'anni per un bacio da ragazzini delle medie.
Si scostano, rossi fino alle orecchie e nessuno dei due riesce a formulare un pensiero coerente evidentemente, dato che finiscono entrambi per premersi nuovamente le mani in faccia in un moto di vergogna.
"È stato...piacevole", mormora Gaku schiarendosi la voce. "Più morbido di quanto mi aspettassi."
"Yaotome, ti prego, stai zitto."
"Uhm. Scusa", ma nonostante le scuse Yamato lo sente allungare una mano verso la sua, sfiorare le dita e intrecciarle timidamente. Ora più che mai, vedendolo così non può fare a meno di chiedersi chi lo abbia eletto al vertice di quella classifica.
"Nikaido, penso tu mi piaccia."
"Sì, questo lo hai già detto."
"Lo so, ma volevo essere certo lo avessi capito."
"Mi hai baciato, dannazione, che dovrei pensare?"
"...Giusto", commenta. "A questo proposito, forse ho fatto le cose nell'ordine sbagliato. Avrei dovuto chiederti di uscire assieme prima."
Ora come ora Yamato non è nemmeno certo se stia scherzando o sia serio, ma è troppo stanco per pensarci o per litigare con lui. "D'accordo, se vuoi possiamo uscire assieme."
La mano di Yaotome stringe più forte la sua ed è piacevole, così stranamente piacevole che gli viene voglia di urlare.
"...Okay, perfetto", stringe le labbra. "Posso...baciarti ancora una volta?"
E lui chi è per rifiutare? Chiude gli occhi e si sporge, agitato, ma il telefono squilla e per lo spavento finiscono per darsi una testata. Yamato si ritrova a massaggiarsi la fronte sdraiato supino sul letto, ascoltando la voce adirata di Anesagi che rifila all'altro una qualche ramanzina.
In tutta onestà non riesce nemmeno a prendersela: socchiude gli occhi e si abbandona a un sospiro rilassato, pensando in fondo non sia così male.
La mano di Gaku è sudaticcia, lui può percepire il battito accelerato dell’altro attraverso il suo polso e oltre la cornetta riuscire a vedergli la punta delle orecchie andare in fiamme.
Non è così male, per qualcosa che sembra uscito da una commedia romantica. Stranamente potrebbe addirittura finire per apprezzare tutto ciò.
A Yamato non spiacerebbe se diventassero una lunga serie di abitudini condivise anche quelle.
 
 



 
  
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