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Autore: Reginafenice    06/05/2018    1 recensioni
Ho immaginato come, qualche mese dopo la morte di Elizabeth, Ross avrebbe potuto reagire ad un incontro non pianificato con il frutto della suo adulterio, Valentine, e quali sentimenti avrebbe suscitato in lui l’avere a che fare concretamente con quel figlio mai riconosciuto una volta messo finalmente di fronte alla realtà che, per quanto dolorosa, lui non è mai stato in grado di accettare.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ross trascorse l’ultima settimana lontano da casa spostandosi da Londra in Cornovaglia ma fermandosi prima a Flamouth, in qualità di ospite di Verity e della sua adorabile famiglia. Almeno aveva ottenuto qualcosa da George, una rassicurazione che gli bastava per credere che avrebbe mantenuto la sua parola, evitando di manifestare pubblicamente il sospetto che nutriva verso Valentine. Questo gli rese più leggero il pensare a quel bambino, senza provare un profondo disgusto per l’ingiustizia che suo padre avrebbe potuto commettere nei suoi confronti, ma evitò di addentrarsi troppo nei meandri della riflessione sull’attuale condizione di Valentine in quanto sentiva che era una cosa che non lo riguardava e che, in fondo, sarebbe stato meglio così.

Il giorno in cui Ross partì per tornare dalla sua famiglia a Nampara fu proprio quello in cui Velentine, Jeremy, Clowance e Demelza si allontanarono da lì per andare a Killewarren. Lungo il tragitto Clowance e Valentine, seduti sul retro del calesse, ebbero modo di conoscersi meglio e questo a Demelza non dispiacque per niente, al contrario ne fu molto lusingata. In questo modo sentiva che, in maniera del tutto naturale, si stavano già ponendo le basi per poter rispettare la promessa morale fatta ad Elizabeth, coinvolgendo Valentine nel loro piccolo mondo, caratterizzato in primo luogo dalla semplicità ma anche da tanti altri valori che lui non avrebbe mai potuto scoprire altrimenti.

Caroline riuscì ad avvistare da lontano quel gruppetto variegato di individui e, quando finalmente arrivarono tutti sani e salvi a destinazione, corse loro incontro, dimostrando quanto si fosse ripresa velocemente dal parto a solo poche settimane di distanza. La piccola che aveva in braccio rimase perfettamente immobile e tranquilla nella sua copertina leggera, nonostante il movimento della sua mamma e il chiasso provocato dai bambini che si divertivano a farsi i dispetti tra di loro mentre scendevano dal calesse.

“Sophie, hai visto che esiste qualcuno ancora più avventato di tua madre? Guarda, è proprio qui davanti ai tuoi occhi e porta in grembo il tuo cuginetto, che mi auguro aspetti giusto il ritorno del suo papà per nascere…”

Jeremy, sua sorella e Valentine accerchiarono Caroline per tentare di vedere la bambina, sollevandosi in punta di piedi, ma non riuscirono a concludere nulla fino a quando non toccò a Caroline abbassarsi per mostrare loro Sophie in tutta la sua sofisticata bellezza.

“Mi sa che ha ereditato il carattere di Dwight. Guarda come dorme serena!”

Demelza si avvicinò e ammirò la bambina con un sorriso di tenerezza, “Finalmente avete di nuovo una creatura da amare e questo vale tutta la sofferenza del lutto che purtroppo c’è stato. Per quanto mi riguarda, invece, posso già intuire da chi abbia preso questo piccolo pulcino che si agita in continuazione da…Ahi, credo mi abbia sentita!” Si toccò la pancia, cercando di respirare regolarmente per tollerare l’acuta fitta di dolore che stava provando in quel momento.

“Va tutto bene, Demelza?”

“Sì, non è niente. Mi sto riprendendo, non preoccuparti e non dirlo assolutamente a Dwight! Altrimenti mi obbligherebbe a passare la notte qui e questa volta non posso proprio permettermelo….” Posò una mano sulla spalla di Valentine.

 “Hai notato chi si è unito a noi per vedere la nuova arrivata?”

Caroline spostò il suo sguardo allarmato da Demelza al piccolo Warleggan, “A dire il vero, me ne sono accorta solo dopo un po’. D’altronde si confonde bene tra Jeremy e Clowance, tanto che potrebbe essere scambiato addirittura per un Poldark, con tutti quei riccioli neri! Comunque, penso che anche Sophie abbia apprezzato il tuo gesto, caro Valentine.”

Non aggiunse nient’altro, guardandosi bene dal commettere qualche altra gaffe di cui si sarebbe potuta pentire amaramente, quindi invitò tutti quanti a raggiungerla all’interno della villa dove Dwight la stava aspettando, accovacciato ai piedi di una libreria mastodontica sul punto di finire di impacchettare i regalini che aveva acquistato per i piccoli ospiti.

Nascose i due libri di favole appena incartati dietro la schiena, così che Jeremy e Clowance non li vedessero subito, ma una volta voltatosi verso la porta si rese conto della presenza di Valentine e decise di ritardare ulteriormente il momento della consegna per riflettere meglio su come procedere dal momento che non aveva un volume anche per lui.

Allora lasciò che scivolassero sulla superficie di un tavolino che gli si stava proprio accanto e successivamente andò a salutarli, “Chi di voi mi da un bacio sulla guancia per primo si becca una bella ricompensa!”

Ovviamente fu Clowance l’unica a crederci e quindi anche l’unica a fiondarsi senza esitazioni su di lui, lasciandosi alle spalle tutti gli altri poveri scettici che avevano voluto perdere la loro occasione di vittoria. Dwight la prese in braccio e piano piano si inserì nell’allegra brigata capitanata da sua moglie, “Beh, visto che Clowance ha vinto, mi pare sia giusto che riscuota il suo premio…” E ricambiò il suo bacio, deludendola visibilmente.

Demelza, dopo aver scherzato sul fatto che Clowance fosse già una bambina abbastanza viziata a causa della debolezza che suo padre nutriva per lei e sottolineato che provocarla in quel modo avrebbe soltanto gettato aria sul fuoco, trovò sollievo al dolore che continuava a percuoterla accomodandosi sul morbido sofà che arredava la stanza, seguita a ruota da Caroline, anche lei desiderosa di riposarsi un po’ e di cedere la bambina a qualcun altro.

Caroline approfittò della situazione per chiederle un favore, “Demelza, la terresti tu per un po’? Non sembra, ma questa signorina pesa davvero tanto per essere una neonata!” Si massaggiò i muscoli delle braccia doloranti e poi contemplò Sophie sorridere beatamente, presa da sogni che sperava potessero essere i più belli possibili.

Demelza accolse tra le sue braccia la piccola Sophie e la cullò dolcemente, pregustandosi il momento in cui avrebbe dondolato il suo bambino. Quel gesto così intimo e familiare risvegliò in lei vecchi ricordi di momenti unici condivisi con Ross e si meravigliò di quanto le mancasse avere suo marito al suo fianco, ma riconobbe anche che, se Ross non fosse stato lì dov’era, lei non avrebbe potuto essere seduta su quel divano a coccolare Sophie, i suoi bambini si sarebbero annoiati a morte e Valentine non avrebbe avuto modo di liberarsi, anche solo per un paio di ore, dalla sua solitudine quotidiana. Tutto sommato poteva dirsi soddisfatta di essere riuscita nella sua impresa senza problemi, sfatando i pregiudizi che sicuramente avrebbero portato Ross a pensare che sarebbe stato meglio che lei non fosse uscita di casa.

“Beh, cosa ne pensate di Sophie?” Chiese Dwight ai tre piccoli marmocchi di cui aveva magneticamente catturato l’attenzione con i suoi modi affabili e gentili, per quanto ancora lievemente impacciati.

“Io penso che sia dolce e succosa come le mele che ho raccolto per lei da Nampara.” Disse Clowance, convinta che sarebbe stata Sophie la prima ad addentare quelle delizie. Demelza fece fatica a non ridere dell’ingenua sicurezza di sua figlia.

“Io, invece, sono sicuro che sarà una bambina molto più silenziosa di Clowance. Mi ricordo ancora quando frignava ogni ora perché voleva mangiare, menomale che quei tempi sono passati!”

Caroline decise di intervenire, “Jeremy, preparati perché presto quell’inferno ricomincerà da capo e forse anche Clowance capirà come si nutrono i neonati. I bambini non sono poi tanto diversi dai vitellini a cui hai dato da mangiare quel giorno in cui vi ho fatto visita, tesoro.”

Infine Dwight si rivolse a Valentine, “E a te come è sembrata?”

Il piccolo Warleggan esitò un istante, forse intimidito dalla cordialità che si respirava in quella casa, tanto diversa dalla rigida disciplina a cui era abituato, secondo cui doveva avere il permesso prima di parlare con una persona più grande di lui, “Non lo so, i bambini appena nati sono molto fragili. Ursula, la mia sorellina, mi dava sempre l’impressione di essere troppo delicata, come se potesse rompersi anche solo sfiorandola. All’inizio, infatti, soltanto papà poteva avvicinarsi a lei…”

Gli adulti furono scossi dalle parole che avevano sentito pronunciare da un bimbo di quasi sei anni, già vittima del trauma provocato dalla morte della sua mamma e dalla nascita prematura di Ursula, per non parlare delle fobie che George aveva contribuito a trasmettergli. Per mitigare l’inquietudine che fortunatamente i bambini non erano riusciti a percepire, Dwight stabilì che era arrivato il momento dei regali.

“Ho per voi dei piccoli doni che Sophie ha pensato di farvi per ringraziarvi della vostra visita, ma devo essere onesto nel dirvi che non ne ho per tutti e che si tratta di due libri di favole…”

“Non importa. Io posso avere tutto quello che desidero ogni giorno.”

Stranamente fu Clowance ad opporsi in maniera categorica alla risposta di Valantine, “No, non è giusto. Noi possiamo leggerlo insieme, vero Jeremy? Tua sorella è ancora troppo piccola per farlo, quindi quando ci incontreremo di nuovo tu ci racconterai quale favola ti è piaciuta di più.” Suo fratello annuì, completamente in armonia con il suo pensiero. L’enorme generosità che entrambi avevano dimostrato verso un bambino notevolmente più privilegiato di loro riempì d’orgoglio il cuore materno di Demelza.

Restituita la bambina ai suoi legittimi proprietari, i quattro pellegrini presero congedo dalla famiglia per dirigersi nuovamente a casa. Demelza avrebbe dovuto lasciare i suoi figli a Nampara per poi riaccompagnare Valentine a Trenwith, ma la sosta da Dwight e Caroline si era rivelata più lunga di quanto immaginato e il cielo soleggiato del pomeriggio aveva ormai iniziato a scurirsi per cedere il posto alla sera. Le contrazioni che aveva avvertito all’andata si erano rivelate sopportabili e irregolari, con pause piuttosto lunghe l’una dall’altra e ciò le aveva fatto sperare che fosse inutile ricorrere all’aiuto di Dwight, distruggendo tutti i piani che si era fatta per perdere tempo ad essere monitorata da lui. 

Tuttavia, arrivata in prossimità di Nampara, iniziò a sospettare che la cosa fosse davvero più seria del previsto, dal momento che il dolore aumentava d’intensità ad un ritmo preoccupante e non aveva nessuno che potesse proseguire fino a Trenwith al posto suo, nemmeno quella matta di Prudie che la sera continuava a fingersi malata, nonostante fosse guarita da un pezzo, insistendo nel credere che con le tenebre le sue povere ossa non sarebbero mai riuscite a reggerla in piedi. Perciò, con tutto il coraggio che aveva in corpo, Demelza esortò Jeremy e Clowance a scendere giù e filare dritti a casa in attesa che lei tornasse da loro.

Jeremy si voltò verso di lei e, nell’oscurità di quella sera, riuscì a leggere correttamente l’espressione di sofferenza celata dal suo solito sorriso rassicurante, “Ti sei stancata troppo, mamma. Non andare a Trenwith, Valentine può rimanere con noi per questa notte.”

“L’ho promesso alla sua governante. Cosa succederebbe se suo padre venisse a sapere di questo cambio di programma? Vai, Jeremy, e non temere per me.” Così, una volta assicuratasi che i due fossero entrati dentro, riprese le redini del calesse e guidò il suo cavallo nella direzione prestabilita, pregando affinché si trattasse, nella migliore delle ipotesi, di un falso allarme o se non altro di una gestibilissima e innocua fase di pre-travaglio.

La luce delle candele che filtrava attraverso le tende delle finestre raggiunse Ross, il quale non ci mise molto a convincere Darkie a galoppare più veloce per arrivare subito a casa. Erano passati meno di dieci minuti da quando Demelza e Valentine erano partiti, ma Jeremy ancora non si rassegnava ad accettare le promesse di sua madre e aspettò di vederla tornare il più presto possibile.

Per un momento credette di aver sentito il suo cavallo, ma quando ricordò di non aver udito il rumore delle ruote del calesse perse ogni speranza, “Clowance, secondo te cosa dovremmo fare? Smettila di leggere quel libro e cerchiamo di ragionare insieme!” La bambina chiuse il volume e si alzò da terra, leggermente assonnata e con la testa per niente occupata da quello che sarebbe potuto succedere alla sua mamma, ma obbedì comunque all’ordine del fratello.

Nel frattempo, sistemata Darkie nella stalla, Ross si accorse della mancanza dell’altro cavallo e del calesse, di cui rimaneva soltanto un telo che generalmente veniva usato per proteggerlo dalla polvere o dalla pioggia. Eppure doveva esserci per forza qualcuno dentro casa…

Bussò alla porta cercando di mantenere la calma, ma i bambini, evidentemente spaventati, rimasero fermi con le mani strette l’una nell’altra senza proferire parola. A quel punto Ross fu costretto ad alzare la voce per farsi sentire, “Prudie? Mi puoi aprire, per favore? Demelza, cosa diavolo è successo? Dove siete finiti tutti quanti?”

Lentamente la porta si aprì, svelando le faccine tese dei due bambini, “Papà, scusaci ma voi ci dite sempre di non aprire a nessuno se non siete in casa. Siamo contentissimi che tu sia tornato!” Jeremy lo abbracciò così forte che Ross faticò parecchio a tranquillizzarlo e dovette contemporaneamente accarezzare la testolina di Clowance che, pur non avendo capito la portata della preoccupazione di suo fratello, incominciò a piangere come una fontana, stringendosi all’altra gamba di Ross.

“Dov’è la mamma, Jeremy? Ti prego, non dirmi che ha preso il calesse…” Il piccolo diede un’occhiata a sua sorella, incerto su come procedere. Ross capì da quel tentennamento che aveva indovinato e che quella pazza di sua moglie era finita nuovamente nei guai.

“E’ da sola o c’è Prudie con lei?”

“Non è da sola, ma non penso che la persona che sta con lei possa aiutarla. La mamma non stava bene quando ci ha lasciati, anzi respirava in maniera strana e a volte si lamentava. Lo so che ti arrabbierai se ti dico cosa abbiamo fatto questo pomeriggio…” Ross scosse la testa, in attesa di ulteriori dettagli.

Jeremy proseguì, “Beh, siamo andati a trovare la piccola Sophie con il calesse. Abbiamo tardato a partire perché c’è stato un incontro inaspettato che ci ha fatto molto piacere, forse se ti dicessi di chi sto parlando tu non la penseresti allo stesso modo.”

“Chi è?”

Clowance sentì il dovere di raccontare personalmente quella parte della storia che l’aveva vista protagonista più di tutti gli altri, “E’ Valentine. Mentre io andavo a raccogliere un po’ di frutta da portare agli zii, lui si era nascosto dietro un albero di mele. E’ stata la mamma a chiedergli se voleva venire con noi e io penso che abbia fatto bene!”

“E adesso, che fine hanno fatto?” Si tenne per sé le considerazioni in merito al fatto che Demelza avesse sbagliato clamorosamente ad incoraggiare Valentine a seguirli.

“Lo ha riportato a casa sua, perché ha detto che se no suo padre si sarebbe preoccupato per lui.”

Ross pensò a rimanere lucido e a non lasciarsi prendere dal panico, “Vado a riprendermela. Voi siete due bambini coraggiosi e molto più saggi di vostra madre, quindi non abbiate paura e rimanete nella stanza di Prudie con Garrick. Torneremo insieme, ve lo prometto.”

I bambini gli dimostrarono di aver capito perfettamente e, dopo aver dato loro un bacio sulla fronte, Ross uscì di nuovo per prendere Darkie e andare alla ricerca di Demelza, fiducioso che Jeremy avesse ingigantito la cosa. Si diresse verso Trenwith con una sensazione mista di paura e rabbia, per una serie di motivi che non avrebbe mancato sicuramente di rimarcare a Demelza sulla strada di ritorno per Nampara.

   
 
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