Ross
trascorse l’ultima settimana lontano da
casa spostandosi da Londra in Cornovaglia ma fermandosi prima a
Flamouth, in qualità di
ospite di Verity e della sua adorabile famiglia. Almeno aveva ottenuto
qualcosa
da George, una rassicurazione che gli bastava per credere che avrebbe
mantenuto
la sua parola, evitando di manifestare pubblicamente il sospetto che
nutriva
verso Valentine. Questo gli rese più leggero il pensare a
quel bambino, senza
provare un profondo disgusto per l’ingiustizia che suo padre
avrebbe potuto
commettere nei suoi confronti, ma evitò di addentrarsi
troppo nei meandri della
riflessione sull’attuale condizione di Valentine in quanto
sentiva che era una
cosa che non lo riguardava e che, in fondo, sarebbe stato meglio
così.
Il
giorno in cui Ross partì per tornare
dalla sua famiglia a Nampara fu proprio quello in cui Velentine,
Jeremy,
Clowance e Demelza si allontanarono da lì per andare a
Killewarren. Lungo il
tragitto Clowance e Valentine, seduti sul retro del calesse, ebbero
modo di
conoscersi meglio e questo a Demelza non dispiacque per niente, al
contrario ne
fu molto lusingata. In questo modo sentiva che, in maniera del tutto
naturale, si
stavano già ponendo le basi per poter rispettare la promessa
morale fatta ad
Elizabeth, coinvolgendo Valentine nel loro piccolo mondo,
caratterizzato in
primo luogo dalla semplicità ma anche da tanti altri valori
che lui non avrebbe
mai potuto scoprire altrimenti.
Caroline
riuscì ad avvistare da lontano
quel gruppetto variegato di individui e, quando finalmente arrivarono
tutti
sani e salvi a destinazione, corse loro incontro, dimostrando quanto si
fosse
ripresa velocemente dal parto a solo poche settimane di distanza. La
piccola
che aveva in braccio rimase perfettamente immobile e tranquilla nella
sua
copertina leggera, nonostante il movimento della sua mamma e il chiasso
provocato dai bambini che si divertivano a farsi i dispetti tra di loro
mentre
scendevano dal calesse.
“Sophie,
hai visto che esiste qualcuno
ancora più avventato di tua madre? Guarda, è
proprio qui davanti ai tuoi occhi
e porta in grembo il tuo cuginetto, che mi auguro aspetti giusto il
ritorno del
suo papà per nascere…”
Jeremy,
sua sorella e Valentine
accerchiarono Caroline per tentare di vedere la bambina, sollevandosi
in punta
di piedi, ma non riuscirono a concludere nulla fino a quando non
toccò a
Caroline abbassarsi per mostrare loro Sophie in tutta la sua
sofisticata
bellezza.
“Mi
sa che ha ereditato il carattere di
Dwight. Guarda come dorme serena!”
Demelza
si avvicinò e ammirò la bambina
con un sorriso di tenerezza, “Finalmente avete di nuovo una
creatura
da amare e questo vale tutta la sofferenza del lutto che purtroppo
c’è stato. Per
quanto mi riguarda, invece, posso già intuire da chi abbia
preso questo piccolo
pulcino che si agita in continuazione da…Ahi, credo mi abbia
sentita!” Si toccò
la pancia, cercando di respirare regolarmente per tollerare
l’acuta fitta di
dolore che stava provando in quel momento.
“Va
tutto bene, Demelza?”
“Sì,
non è niente. Mi sto riprendendo,
non preoccuparti e non dirlo assolutamente a Dwight! Altrimenti mi
obbligherebbe a passare la notte qui e questa volta non posso proprio
permettermelo….” Posò una mano sulla
spalla di Valentine.
Caroline
spostò il suo sguardo allarmato
da Demelza al piccolo Warleggan, “A dire il vero, me ne sono
accorta solo dopo un
po’. D’altronde si confonde bene tra Jeremy e
Clowance, tanto che potrebbe essere
scambiato addirittura per un Poldark, con tutti quei riccioli neri!
Comunque,
penso che anche Sophie abbia apprezzato il tuo gesto, caro
Valentine.”
Non
aggiunse nient’altro, guardandosi
bene dal commettere qualche altra gaffe di cui si sarebbe potuta
pentire amaramente,
quindi invitò tutti quanti a raggiungerla
all’interno della villa dove Dwight
la stava aspettando, accovacciato ai piedi di una libreria mastodontica
sul punto
di finire di impacchettare i regalini che aveva acquistato per i
piccoli
ospiti.
Nascose
i due libri di favole appena
incartati dietro la schiena, così che Jeremy e Clowance non
li vedessero
subito, ma una volta voltatosi verso la porta si rese conto della
presenza di
Valentine e decise di ritardare ulteriormente il momento della consegna
per
riflettere meglio su come procedere dal momento che non aveva un volume
anche
per lui.
Allora
lasciò che scivolassero sulla
superficie di un tavolino che gli si stava proprio accanto e
successivamente andò a salutarli, “Chi
di voi mi da un bacio sulla guancia per primo si becca una bella
ricompensa!”
Ovviamente
fu Clowance l’unica a crederci
e quindi anche l’unica a fiondarsi senza esitazioni su di
lui, lasciandosi alle
spalle tutti gli altri poveri scettici che avevano voluto perdere la
loro
occasione di vittoria. Dwight la prese in braccio e piano piano si
inserì nell’allegra
brigata capitanata da sua moglie, “Beh, visto che Clowance ha
vinto, mi pare
sia giusto che riscuota il suo premio…” E
ricambiò il suo bacio, deludendola visibilmente.
Demelza,
dopo aver scherzato sul fatto
che Clowance fosse già una bambina abbastanza viziata a
causa della debolezza
che suo padre nutriva per lei e sottolineato che provocarla in quel
modo
avrebbe soltanto gettato aria sul fuoco, trovò sollievo al
dolore che
continuava a percuoterla accomodandosi sul morbido sofà che
arredava la stanza,
seguita a ruota da Caroline, anche lei desiderosa di riposarsi un
po’ e di cedere
la bambina a qualcun altro.
Caroline
approfittò della situazione per
chiederle un favore, “Demelza, la terresti tu per un
po’? Non sembra, ma questa
signorina pesa davvero tanto per essere una neonata!” Si
massaggiò i muscoli
delle braccia doloranti e poi contemplò Sophie sorridere
beatamente, presa da sogni
che sperava potessero essere i più belli possibili.
Demelza
accolse tra le sue braccia la
piccola Sophie e la cullò dolcemente, pregustandosi il
momento in cui avrebbe
dondolato il suo bambino. Quel gesto così intimo e familiare
risvegliò in lei vecchi
ricordi di momenti unici condivisi con Ross e si meravigliò
di quanto le
mancasse avere suo marito al suo fianco, ma riconobbe anche che, se
Ross non
fosse stato lì dov’era, lei non avrebbe potuto
essere seduta su quel divano a
coccolare Sophie, i suoi bambini si sarebbero annoiati a morte e
Valentine non
avrebbe avuto modo di liberarsi, anche solo per un paio di ore, dalla
sua solitudine
quotidiana. Tutto sommato poteva dirsi soddisfatta di essere riuscita
nella sua
impresa senza problemi, sfatando i pregiudizi che sicuramente avrebbero
portato
Ross a pensare che sarebbe stato meglio che lei non fosse uscita di
casa.
“Io
penso che sia dolce e succosa come le
mele che ho raccolto per lei da Nampara.” Disse Clowance,
convinta che sarebbe
stata Sophie la prima ad addentare quelle delizie. Demelza fece fatica
a non ridere
dell’ingenua sicurezza di sua figlia.
“Io,
invece, sono sicuro che sarà una
bambina molto più silenziosa di Clowance. Mi ricordo ancora
quando frignava
ogni ora perché voleva mangiare, menomale che quei tempi
sono passati!”
Caroline
decise di intervenire, “Jeremy,
preparati perché presto quell’inferno
ricomincerà da capo e forse anche Clowance
capirà come si nutrono i neonati. I bambini non sono poi
tanto diversi dai
vitellini a cui hai dato da mangiare quel giorno in cui vi ho fatto
visita,
tesoro.”
Infine
Dwight si rivolse a Valentine, “E
a te come è sembrata?”
Il
piccolo Warleggan esitò un istante,
forse intimidito dalla cordialità che si respirava in quella
casa, tanto
diversa dalla rigida disciplina a cui era abituato, secondo cui doveva
avere il
permesso prima di parlare con una persona più grande di lui,
“Non lo so, i
bambini appena nati sono molto fragili. Ursula, la mia sorellina, mi
dava
sempre l’impressione di essere troppo delicata, come se
potesse rompersi
anche solo sfiorandola. All’inizio, infatti, soltanto
papà poteva
avvicinarsi a lei…”
Gli
adulti furono scossi
dalle parole che avevano sentito pronunciare da un bimbo di quasi sei
anni, già
vittima del trauma provocato dalla morte della sua mamma e dalla
nascita
prematura di Ursula, per non parlare delle fobie che George aveva
contribuito a
trasmettergli. Per mitigare l’inquietudine che fortunatamente
i bambini non erano
riusciti a percepire, Dwight stabilì che era arrivato il
momento dei regali.
“Ho
per voi dei piccoli doni che Sophie
ha pensato di farvi per ringraziarvi della vostra visita, ma devo
essere onesto
nel dirvi che non ne ho per tutti e che si tratta di due libri di
favole…”
“Non
importa. Io posso avere tutto quello
che desidero ogni giorno.”
Stranamente
fu Clowance ad opporsi in
maniera categorica alla risposta di Valantine, “No, non
è giusto. Noi possiamo
leggerlo insieme, vero Jeremy? Tua sorella è ancora troppo
piccola per farlo,
quindi quando ci incontreremo di nuovo tu ci racconterai quale favola
ti è
piaciuta di più.” Suo fratello annuì,
completamente in armonia con il suo
pensiero. L’enorme generosità che entrambi avevano
dimostrato verso un bambino
notevolmente più privilegiato di loro riempì
d’orgoglio il cuore materno di Demelza.
Restituita la bambina ai suoi legittimi proprietari, i quattro pellegrini presero congedo dalla famiglia per dirigersi nuovamente a casa. Demelza avrebbe dovuto lasciare i suoi figli a Nampara per poi riaccompagnare Valentine a Trenwith, ma la sosta da Dwight e Caroline si era rivelata più lunga di quanto immaginato e il cielo soleggiato del pomeriggio aveva ormai iniziato a scurirsi per cedere il posto alla sera. Le contrazioni che aveva avvertito all’andata si erano rivelate sopportabili e irregolari, con pause piuttosto lunghe l’una dall’altra e ciò le aveva fatto sperare che fosse inutile ricorrere all’aiuto di Dwight, distruggendo tutti i piani che si era fatta per perdere tempo ad essere monitorata da lui.
Tuttavia,
arrivata in
prossimità di Nampara, iniziò a sospettare che la
cosa fosse davvero più seria
del previsto, dal momento che il dolore aumentava
d’intensità ad un ritmo
preoccupante e non aveva nessuno che potesse proseguire fino a Trenwith
al
posto suo, nemmeno quella matta di Prudie che la sera continuava a
fingersi
malata, nonostante fosse guarita da un pezzo, insistendo nel credere
che con le
tenebre le sue povere ossa non sarebbero mai riuscite a reggerla in
piedi. Perciò,
con tutto il coraggio che aveva in corpo, Demelza esortò
Jeremy e Clowance a
scendere giù e filare dritti a casa in attesa che lei
tornasse da loro.
Jeremy
si voltò verso di lei e,
nell’oscurità di quella sera, riuscì a
leggere correttamente l’espressione di
sofferenza celata dal suo solito sorriso rassicurante, “Ti
sei stancata troppo,
mamma. Non andare a Trenwith, Valentine può rimanere con noi
per questa notte.”
“L’ho
promesso alla sua governante. Cosa succederebbe
se suo padre venisse a sapere di questo cambio di programma? Vai,
Jeremy, e non
temere per me.” Così, una volta assicuratasi che i
due fossero entrati dentro,
riprese le redini del calesse e guidò il suo cavallo nella
direzione
prestabilita, pregando affinché si trattasse, nella migliore
delle ipotesi, di
un falso allarme o se non altro di una gestibilissima e innocua fase di
pre-travaglio.
La
luce delle candele che filtrava
attraverso le tende delle finestre raggiunse Ross, il quale non ci mise
molto a
convincere Darkie a galoppare più veloce per arrivare subito
a casa. Erano
passati meno di dieci minuti da quando Demelza e Valentine erano
partiti, ma
Jeremy ancora non si rassegnava ad accettare le promesse di sua madre e
aspettò
di vederla tornare il più presto possibile.
Per
un momento credette di aver sentito
il suo cavallo, ma quando ricordò di non aver udito il rumore
delle ruote del
calesse perse ogni speranza, “Clowance, secondo te cosa
dovremmo fare?
Smettila di leggere quel libro e cerchiamo di ragionare
insieme!” La bambina
chiuse il volume e si alzò da terra, leggermente assonnata e
con la testa per
niente occupata da quello che sarebbe potuto succedere alla sua mamma,
ma
obbedì comunque all’ordine del fratello.
Nel
frattempo, sistemata Darkie nella
stalla, Ross si accorse della mancanza dell’altro cavallo e
del calesse, di cui
rimaneva soltanto un telo che generalmente veniva usato per proteggerlo
dalla
polvere o dalla pioggia. Eppure doveva esserci per forza qualcuno
dentro casa…
Bussò
alla porta cercando di mantenere la
calma, ma i bambini, evidentemente spaventati, rimasero fermi con le
mani
strette l’una nell’altra senza proferire parola. A
quel punto Ross fu costretto
ad alzare la voce per farsi sentire, “Prudie? Mi puoi aprire,
per favore?
Demelza, cosa diavolo è successo? Dove siete finiti tutti
quanti?”
Lentamente
la porta si aprì, svelando le
faccine tese dei due bambini, “Papà, scusaci ma
voi ci dite sempre di non
aprire a nessuno se non siete in casa. Siamo contentissimi che tu sia
tornato!”
Jeremy lo abbracciò così forte che Ross
faticò parecchio a tranquillizzarlo e
dovette contemporaneamente accarezzare la testolina di Clowance che,
pur non
avendo capito la portata della preoccupazione di suo fratello,
incominciò a
piangere come una fontana, stringendosi all’altra gamba di
Ross.
“Dov’è
la mamma, Jeremy? Ti prego, non
dirmi che ha preso il calesse…” Il piccolo diede
un’occhiata a sua sorella,
incerto su come procedere. Ross capì da quel tentennamento
che aveva indovinato
e che quella pazza di sua moglie era finita nuovamente nei guai.
“E’
da sola o c’è Prudie con lei?”
“Non
è da sola, ma non penso che la
persona che sta con lei possa aiutarla. La mamma non stava bene quando
ci ha
lasciati, anzi respirava in maniera strana e a volte si lamentava. Lo
so che ti
arrabbierai se ti dico cosa abbiamo fatto questo
pomeriggio…” Ross scosse la
testa, in attesa di ulteriori dettagli.
Jeremy
proseguì, “Beh, siamo andati a
trovare la piccola Sophie con il calesse. Abbiamo tardato a partire
perché c’è
stato un incontro inaspettato che ci ha fatto molto piacere, forse
se ti
dicessi di chi sto parlando tu non la penseresti allo stesso
modo.”
“Chi
è?”
Clowance
sentì il dovere di raccontare personalmente
quella parte della storia che l’aveva vista protagonista
più di tutti gli
altri, “E’ Valentine. Mentre io andavo a
raccogliere un po’ di frutta da portare
agli zii, lui si era nascosto dietro un albero di mele. E’
stata la mamma a
chiedergli se voleva venire con noi e io penso che abbia fatto
bene!”
“E
adesso, che fine hanno fatto?” Si
tenne per sé le considerazioni in merito al fatto che
Demelza avesse sbagliato clamorosamente
ad incoraggiare Valentine a seguirli.
“Lo
ha riportato a casa sua, perché ha
detto che se no suo padre si sarebbe preoccupato per lui.”
Ross
pensò a rimanere lucido e a non
lasciarsi prendere dal panico, “Vado a riprendermela. Voi
siete due bambini
coraggiosi e molto più saggi di vostra madre, quindi non
abbiate paura e
rimanete nella stanza di Prudie con Garrick. Torneremo insieme, ve lo
prometto.”
I
bambini gli dimostrarono di aver capito
perfettamente e, dopo aver dato loro un bacio sulla fronte, Ross
uscì di nuovo
per prendere Darkie e andare alla ricerca di Demelza, fiducioso che
Jeremy
avesse ingigantito la cosa. Si diresse verso Trenwith con una
sensazione
mista di paura e rabbia, per una serie di motivi che non avrebbe
mancato
sicuramente di rimarcare a Demelza sulla strada di ritorno per Nampara.