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Autore: _Cthylla_    06/05/2018    3 recensioni
Dopo la conclusione del Torneo del Potere, i momenti di pace dei nostri eroi vengono turbati dall’arrivo di una nuova, terribile minaccia e-
Ah, no.
Non è quel tipo di storia, a meno di considerare una minaccia Deathstar e Mintaka, due donne con la tendenza a perdersi -e a causare senza volerlo guai più o meno assurdi- e la loro amica Stylequeen, ossia la donna più rosa che abbiate mai visto… o “Colei Dinanzi Alla Quale Enzo Miccio S’Inchina”.
Vi domanderete: cosa ci fanno in Dragonball delle persone così?
Cos’è il PDBDC?
Armatevi di coraggio, leggete e scopritelo!
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lord Bills, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Whis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Deviant Team: Madness is Everywhere!'
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Prima che iniziate a leggere vi lascio il <<< link >>> a quella che secondo me è la OST perfetta per Deathstar e Mintaka.
Buona lettura :)







Capitolo 3
 
(Ovvero: di carrozze rubate e tuffi imprevisti)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Voglio essere onesto, Lord Beerus: non avrei mai creduto che potesse conformarsi ai terrestri fino a questo punto».
 
«Cosa intendi dire?!»
 
«Intendo dire che, da più o meno una settimana a questa parte, lei porta con sé il cellulare anche in bagno».
 

In bagno, in camera da letto, perfino a tavola: ovunque Lord Beerus andasse faceva in modo di avere il cellulare sempre a portata di mano, e quella mattina in cui finalmente era riuscito a svegliarsi abbastanza presto da poter andare a fare colazione al Quasar non faceva eccezione.

Fino a quel momento l’angelo si era astenuto dal fare domande e commenti limitandosi a catalogarla come una temporanea stranezza del suo Hakaishin, però vedere quest’ultimo mangiare più lentamente per colpa del cellulare era stato troppo.

Per Whis era un’assurdità, non ne capiva il motivo. Agire così avrebbe avuto un minimo di senso solo se fosse stato un fissato dei cosiddetti “social network” o avesse aspettato una chiamata o un messaggio importante, però Beerus non si era iscritto ad alcun social, e le persone che conoscevano il suo numero telefonico erano ben poche, anche contando Deathstar e Mintaka.
 
«È per colpa di Dragon City» disse il gatto «Sto iniziando a prendere in considerazione l’idea di disinstallare questo gioco, fanno un evento dietro l’altro e una Gara Eroica ogni due settimane, la cosa inizia a diventare stressante».
 
«Dunque è per il gioco. Capisco» annuì Whis, bevendo del succo di frutta.
 
Lord Beerus sollevò un sopracciglio. «Per cos’altro se no?»
 
«Oh, non ne ho idea. Ammetto che per un attimo ho pensato che stesse aspettando una telefonata o un messaggio da parte di qualcuno, però non mi risulta che sia così ansioso di parlare col signor Goku, il signor Vegeta o Lady Bulma».
 
«Infatti non lo sono» ribatté il dio «È solo per il gioco, per nient’altro».
 
“Anche perché se chicchessia avesse voluto chiamarmi l’avrebbe già fatto, o quantomeno si sarebbe fatta trovare nel posto in cui in teoria viene a fare colazione tutte le mattine” pensò “Non che mi importi, naturalmente. Al momento la mia priorità è vincere la Gara Eroica e avere quel drago!”
 
«Meglio così anche perché, a ben pensarci, se per qualche bizzarro motivo avesse atteso la chiamata di quelle due ragazze non sarebbe mai potuta arrivare. Nel dettar loro il numero temo di aver sbagliato l’ultima cifra: era un cinque, non un due. O beh, nulla di grave, no?» sorrise Whis.
 
«TU HAI FATTO COSA?!» urlò Beerus «Come sarebbe a dire che ti sei sbagliato a dettare il numero?!»
 
«So che è difficile da credere ma purtroppo neppure io sono perfetto. Una défaillance capita a tutti, Lord Beerus… e comunque non si tratta di un errore su una questione importante. Perché se la prende tanto?»
 
«Me la prendo perché io pretendo completa efficienza al mio attendente, cosa trovi di strano in questo?! È il tuo compito, quindi svolgilo come si deve!» ribatté il Dio della Distruzione.
 
«Se si fosse almeno sforzato di imparare a memoria il suo numero telefonico questo problema non si sarebbe posto» replicò Whis, con la massima calma «In alternativa, se ci teneva tanto poteva chiedere alle ragazze il loro numero ed essere lei a telefonare».
 
«Il problema qui non sono io, siete tu e le tue “défaillance”! Quando mai ho detto che ci tengo?! Cosa vuoi che mi importi se chicchessia chiama oppure no? Ma per piacere» disse Beerus, con un’occhiataccia «Dopo centinaia di milioni di anni credevo che mi conoscessi».
 
«Di nuovo, meglio così! Probabilmente quelle ragazze nei sei giorni che sono passati sono già volate giù da, che so, un palazzo. O da una gru. Oppure sono finite in un fiume a bordo di una zattera e al momento sono disperse in mare» fece spallucce «Visti i precedenti non mi stupirei».
 
«Si può sapere perché devi fare il menagramo in questo modo?! Dai per scontato che si infilino ogni giorno in qualche guaio più o meno assurdo ma chi ti dice che sia così? Stanno sicuramente benissimo! E se anche mi sbagliassi, pace! Non mi importa niente! Sono stato chiaro o no?!»
 
«Assolutamente sì, Lord Beerus».
 
«Bene» concluse il gatto «Se abbiamo finito di mangiare direi-»
 
Potenti nitriti, una versione metal del Can-Can e il galoppo infernale di due cavalli, tanto furioso da far tremare la terra, interruppero a metà la frase di Lord Beerus.
 
«In carrozza mai più! Mai! PIÙÙÙÙÙÙ!»
 
Deathstar e Mintaka urlanti, alla “guida” di una carrozza tutta rosa, erano appena passate davanti a un Dio della Distruzione alquanto attonito.
 
Com’era potuta accadere una cosa del genere?
 
 
 
 
*** Relativamente poco tempo prima… ***
 
 
 
 
«Mintaka, tu a vai a destra, sezione giorno: prendi tutti gli abiti rosa che trovi, lunghi al ginocchio, sopra il ginocchio o fino ai piedi. Niente lunghezze “di mezzo” e, possibilmente, scegli abiti con fantasie floreali, perché in questo periodo vanno di moda. Tu, Deathstar, vai a sinistra e agguanta tutti i sandali e le scarpe chiuse che vedi, numero trentasette e sempre sui torni del rosa! Bada che abbiano tutte almeno un tacco di dieci centimetri o superiore: una scarpa con un tacco inferiore ai dieci centimetri non è neppure considerabile “scarpa”, per l’amor del cielo. Avete capito?»
 
«Sì, ‘Queen» risposero in coro le due donne.
 
«Bene. Allora preparatevi, perché quella di stamattina è una missione di vitale importanza» dichiarò Stylequeen, gettando dietro alle spalle i suoi lunghi capelli rosa «Non dovete avere pietà! Usate tutti i mezzi a vostra disposizione, strappate gli articoli dalle mani delle vostre avversarie! Siate pronte a tirare calci, a tirare pugni, a morderle a sangue, se dovete; non usciremo da quel negozio senza aver comprato tutto quel che di buono e di rosa ha da offrire, perché questi! Sono! I SALDI!»
 
«Va bene… però ti rendi conto che davanti a questo negozio, oltre a noi, ci sono solo quattro gatti?» le fece notare Deathstar.
 
«Letteralmente» aggiunse Mintaka, vedendone quattro attraversare la strada in fila indiana lungo le strisce pedonali come se fossero stati reincarnazioni dei Beatles.
 
«Non importa! Ci impegneremo comunque al massimo, è per questa ragione che vi ho portate con me» ribatté Stylequeen, girando sui tacchi delle sue alte decolleté rosa pastello «Necessito di abiti nuovi».
 
«E il fatto che tu ieri sera abbia visto il video che Mintaka ha girato di nascosto a Uomo Blu non c’entra niente, immagino» commentò Deathstar.
 
«Certo che c’entra! Checché se ne dica, l’abito fa il monaco» replicò l’aliena, con uno sguardo deciso nei grandi occhi azzurri «Lui ha uno stile estremamente eccentrico che, tuttavia, sa portare in modo eccelso…»
 
«Devo ancora capire come tu sia riuscita a intuirlo da un video di otto secondi» disse Mintaka, aggrottando leggermente la fronte «E se la tua speranza è quella di incontrarli al Quasar all’ora di colazione resterai delusa, secondo me. In questi giorni non c’erano mai».
 
«Lo stile è una cosa che si possiede o non si possiede, e lui lo possiede: due secondi di video mi sarebbero stati sufficienti per capirlo. Se dovessimo incontrarci, indipendentemente dal fatto che non sia ancora successo, non intendo essere da meno» continuò Stylequeen, sollevando gli occhiali da sole dalle lenti rosate fino a utilizzarli a mo’di cerchietto «Quindi appena il negozio apre entriamo lì dentro e facciamoci valere! Tre… due… uno… Muoversi, muoversi!» esclamò, artigliando un braccio a Deathstar e Mintaka trascinandole con sé nel negozio senza lasciar loro alcuna speranza di fuga.
 
Sebbene Stylequeen apparisse con una “semplice” bella donna troppo rosa -trucco, vestiti, capelli e accessori- dal fisico paragonabile a quello di una qualunque Cindy Crawford nei meravigliosi anni novanta, non era tipo da prendere sottogamba. Non disponeva di alcun potere particolare ma, spesso e volentieri, il suo atteggiamento frutto di una metaforica fusione tra Enzo Miccio, Liam Neeson e una diva del cinema era più che sufficiente.
 
«Io comunque avrei preferito restare a dormire» sospirò Deathstar, che dopo aver afferrato tutte le paia di scarpe rosa con i tacchi che aveva trovato si era immediatamente ricongiunta a Mintaka.
 
«Figurati io. Una cosa: hai poi riprovato a chiamare?...»
 
Deathstar scosse la testa. «Nah. Se il telefono dice che il numero di Micione Divino è inesistente vuol dire che è inesistente, credo che non sia un problema nelle comunicazioni. E va beh» fece spallucce «Certo che invece di darci un numero falso poteva limitarsi a non darcelo affatto».
 
Dal loro ultimo incontro, circa sei giorni prima, aveva provato a chiamare Lord Beerus un paio di volte -tanto per fare una chiacchierata- senza ottenere alcun risultato se non una voce meccanica che si scusava dicendo “il numero da lei chiamato è inesistente”.
 
«Effettivamente hai ragione» concordò Mintaka «Forse non voleva sembrare maleducato o qualcosa del genere…»
 
«Io con accessori e biancheria intima ho finito, voi a che punto siete?... solo sei paia di scarpe?! Ma come?» si lamentò Stylequeen.
 
«Il resto erano tutte basse o tutte da ginnastica, ‘Queen, non è colpa mia».
 
«Questo negozio è una delusione, ci sono pochissimi abiti, calzature e accessori rosa… fino a quattro giorni fa ce ne erano molti di più! Accidenti a me che non ho voluto compare tutto a prezzo pieno, avrei dovuto immaginare che essendo periodo di saldi avrebbero esposto in negozio cose che oltre a costare meno valgono anche meno! I terrestri sono degli infami, questo è quanto» concluse la donna in rosa.
 
Se non altro la delusione di Stylequeen fu utile perché riuscissero a essere fuori dal negozio dopo appena un’ora di prove nei camerini durante le quali l’aliena aveva creato oltre venticinque outfit.
 
«La tecnologia di questo mondo comunque è proprio comoda: molto meglio mettere buste e pacchi in una capsula piuttosto che tenerle in mano, non ho ragione? Certo che ho ragione!» si rispose Stylequeen, facendo sparire in una capsula le quindici buste con cui lei e le altre erano uscite dal negozio «E ora direi di andare a fare colazione al Quasar. Andremo a piedi, una bella camminata fa bene e aiuta a tenersi in forma».
 
Essendo abituate a camminare -se non a fare corse sfrenate- Deathstar e Mintaka non si opposero, limitandosi a seguire docilmente l’amica, il cui senso dell’orientamento era migliore del loro.
 
A un certo punto, mentre camminavano lungo una delle vie principali del quartiere, tutte e tre  sentirono suonare delle campane nelle vicinanze.
 
Deathstar sollevò le sopracciglia. «Che diavlo è?»
 
«Credo che si tratti del suono di oggetti chiamati “campane”. Solitamente si trovano in costruzioni che i terrestri denominano “campanili”, i quali spesso sono vicini a edifici il cui nome è “chiese”. In questi posti i terrestri appartenenti a determinati gruppi religiosi svolgono i loro riti sacri» le spiegò Mintaka «L’ho letto su Internet. Se facessimo una piccola svolta dalla strada che stiamo seguendo probabilmente vedremmo la chiesa. Dicono che i terrestri abbiano speso e spendano tuttora molto per rendere questi edifici belli da guardare».
 
«Ma sì, una piccola svolta si può fare. Prima o poi dovremo fare come te e informarci su qualcosa in più rispetto a quel che abbiamo già fatto» disse Stylequeen «So cosa sono uno scrub e la laminazione delle ciglia, ma non sapevo che le chiese fossero paragonabili ai nostri templi… dedicati a… Primus…»
 
Svoltato l’angolo si erano trovate davanti una chiesa non troppo grande e dall’architettura moderna, ma non era stata quella a colpire Stylequeen; a farlo era stata la carrozza rosa -incustodita- che era parcheggiata davanti al portone d’ingresso, alla quale erano attaccati due cavalli bianchi dalle criniere lunghe e folte. Sicuramente era lì per un matrimonio. 
 
«Io DEVO salire lì sopra» affermò l’aliena dagli occhi azzurri per poi fiondarsi accanto alla carrozza con uno scatto degno di un centometrista «Ma quanto è bella? Quanto è bella?!»
 
«Questa reazione non mi stupisce» commentò Deathstar, dopo averla raggiunta assieme a Mintaka «Come si guida questa cosa? Quegli animali non hanno il volante! Si chiamano cavalli, vero?»
 
«Già. Mi sa che si guida con questa specie di corde» disse Mintaka, indicando le redini «Dopo essere salite lì» aggiunse, indicando il posto del cocchiere.
 
«È tutta rosa anche dentro!» esclamò Stylequeen, che nel frattempo era salita all’interno della carrozza e aveva chiuso lo sportello «Chi l’ha scelta ha ottimi gusti! Quasi quasi ne vorrei una anche io!»
 
«Quindi se volessimo guidare questa cosa dovremmo metterci così» disse Deathstar, una volta salita a cassetta «con queste corde in mano».
 
Mintaka salì accanto a lei. «Già. Solo che non… non saprei…»
 
«’Taka, che ti piglia?» le domandò Deathstar, vedendole sul viso un’espressione allibita.
 
La donna indicò qualcosa con un cenno del capo: per la precisione una mosca che si era da poco posata sul manto candido di uno dei due cavalli.
 
«Alieno del pianeta Mosca!» strillò Deathstar «MUORI!»
 
Il tentativo di uccidere una mosca con un colpo delle redini fu prevedibilmente inutile, ma il colpo ricevuto fece nitrire e impennare entrambi i cavalli, i quali partirono a tutta velocità e praticamente senza alcun controllo, perché le due aliene non avevano idea di come si guidasse una carrozza.
 
«SI PUÒ SAPERE COSA AVETE COMBINATO?!» urlò Stylequeen, affacciandosi dal finestrino.
 
«C’era un alieno del pianeta Mosca! Uno di quelli! Anche qui!» gridò Mintaka.
 
In realtà trattavasi di una semplice mosca ma -a causa dei viaggi che in passato avevano fatto assieme al resto del loro gruppo- le tre donne erano reduci da molteplici esperienze con suddetti alieni, pericolosi mutaforma in grado di trasformarsi sia in insettucci identici a una normale mosca, sia in mostri vagamente antropomorfi alti fino a quindici metri; esperienze che non erano intenzionate a rischiare di ripetere.
 
«Che?! Sul serio? Allora continuiamo a fuggire, per l’amor del cielo! Non deporrà le sue uova dentro di meEEEEEE!» strillò Stylequeen, finendo gambe all’aria per colpa di una curva presa troppo violentemente «E cercate di controllare questo affare, se dobbiamo scappare allora cerchiamo di farlo come si conviene, va bene?!»
 
«Non so come dirtelo, ‘Queen, ma mi sa che le “corde guida cavalli” ci sono appena sfuggite di mano!» esclamò Deathstar, aggrappandosi con forza alla carrozza «Siamo totalmente fuori controllo e questi animali continuano a correre come matti!»
 
«Vi state scherzando, vero?! Perché se invece non state scherzando e usciamo vive da questa cosa io vi uccido! Vi uccido!» sbraitò Stylequeen «VI-»
 
«CURVA!» urlò Mintaka, aggrappandosi a Deathstar appena prima che la carrozza superasse una curva pericolosissima senza schiantarsi.
 
Il cellulare dell’aliena, per colpa dell’urto, iniziò a emettere una versione metal del Can-Can a tutto volume, quasi a voler sottolineare che -come al solito- erano perse e in balia del destino.
 
Deathstar incrociò le dita di entrambe le mani. «Potere Della Botta Di Culo, aiutaci!...»
 
 
 
 
*** Ora ***
 
 
 
 
«Ho appena visto?...»
 
«Sì, Lord Beerus. Lupus in fabula, come dicono i terrestri! Sembrano avere qualche problema con quei cavalli» osservò Whis «Che potrebbe peggiorare, tenendo conto che hanno imboccato una strada chiusa. Se non erro alla fine della strada c’è uno stabilimento in cui ci sono delle piscine aperte e, stando ai miei calcoli, credo che le ragazze stiano per schiantarsi».
 
«E allora ferma quella carrozza e quei cavalli! Che diavolo stai aspettando, un invito scritto?!» sbraitò Beerus.
 
L'angelo fece comparire il bastone. «Come vuole, signore!»
 
Un bagliore verde/azzurro avvolse la carrozza e i cavalli, bloccando tutto a meno di un metro dalla recinzione dello stabilimento.
Peccato che non bloccò anche Deathstar e Mintaka le quali, a causa della brusca frenata, vennero sbalzate violentemente in aria…
 
«MORIREMOOOOOOO!»
 
Per poi finire a fare un bel tuffo in una delle piscine.
Riemersero pochi secondi dopo, sputacchiando acqua, ovviamente vive e del tutto in salute.
 
«’Taka… forse non moriamo» fu la prima cosa che disse Deathstar.
 
«Forse no, dai» concordò Mintaka, mentre raggiungevano il bordo della piscina cercando di uscirne rapidamente.
 
«Si può sapere cosa ti è saltato in testa?!» urlò Lord Beerus, all’indirizzo di Whis «Io ti avevo detto di fermarle!»
 
Whis fece spallucce. «Io ho fermato la carrozza e i cavalli proprio come mi ha ordinato, o così mi pare».
 
«Non so perché tu abbia tentato di ucciderle, però non rifarlo! Va bene?!»
 
«Io non ho tentato di uccidere nessuno, anzi, ho evitato loro di schiantarsi» gli ricordò Whis «E comunque sembra che stiano benissimo!»
 
Lo sportello della carrozza si aprì di botto.
 
«IO VI UCCIDO!» strillò Stylequeen, scendendo dalla carrozza per poi dirigersi a grandi passi verso la recinzione «Le cose si fanno per bene o non si fanno! Potevate almeno tentare di prendere il controllo della carrozza! Non si può rubare una carrozza con dei cavalli e poi e lasciar cadere le briglie! Ma ci rendiamo conto?! Una cosa del genere non si può sentire! Ed è inutile che nascondi la testa sott’acqua per non sentirmi, Deathstar!»
 
«Io un po’la capisco» commentò Beerus.
 
«Ma cosa vuoi? Ma chi ti ha interpellato?!» sbottò la donna, ancor prima di voltarsi e capire chi aveva parlato «Stavo parlando con loro, non con te -chiunque tu sia- quindi non ti intrometter… oh».
 
Lo sguardo di Lord Beerus, che mal sopportava mancanze di rispetto decisamente più leggere, era diventato quello di chi è prossimo a commettere un omicidio. «Sappi che ho distrutto pianeti interi per molto men-»
 
«Oh, ma lei non può essere altri se non il signor Whis!» lo ignorò Stylequeen, avvicinandosi all’angelo con camminata ancheggiante e sorriso smagliante dopo essersi gettata i capelli dietro le spalle «Le mie amiche Deathstar e Mintaka mi hanno parlato tanto di lei e avevo proprio il desiderio di conoscerla. Io sono Stylequeen» tese la mano destra «Ossia la sola persona normale nel trio».
 
Whis si esibì in un perfetto baciamano. «Il piacere è tutto mio, Lady Stylequeen».
 
«Sul fatto che tu sia l’unica persona normale nel trio non sono affatto d’accordo» disse Beerus, molto innervosito «Io sono una divinità generosa, disposta a chiudere un occhio su tante cose, ma non tollero assolutamente che mi si manchi di rispetto. Io sono il Dio della Distruzione, e al momento mi sto chiedendo se sia il caso di lasciarti vivere!»
 
«Sa una cosa? Se le mie amiche non mi avessero parlato anche di lei e vi avessi visti assieme senza sapere chi è chi, avrei pensato che a essere il dio fosse il signor Whis» disse Stylequeen, senza scomporsi minimamente per la minaccia «Il signor Whis sembra molto più “divino” di lei».
 
«Come sarebbe?!» sbottò Lord Beerus.
 
«Guardi lui e guardi se stesso: il signor Whis ha un portamento molto elegante e uno stile particolare che sa indossare con molta classe e disinvoltura, di lei invece non su può dire lo stesso: voglio dire, che razza di divinità è quella che va in giro con la bocca sporca di cioccolato? E sono briciole, quelle che vedo attaccate ai suoi pantaloni? Ih! Quella è una macchia di succo di frutta! Succo di frutta! Ma si può?! Sono molto più “a posto” io che sono reduce da una corsa in una carrozza trainata da cavalli imbizzarriti! Ma che sciatteria! Ma per carità!»
 
«Ma che rottura di-»
 
Whis tossicchiò. «La prego di contenersi con il linguaggio, Lord Beerus».
 
«O mi contengo con il linguaggio o la distruggo sul posto!»
 
«Però i suoi vestiti resteranno comunque macchiati e pieni di briciole…» sospirò l’attendente.
 
«Le dai anche ragione?!» allibì il dio.
 
«Mi dà ragione perché ce l’ho: io, per inciso, ho sempre ragione!... ma dove va?» si domandò Stylequeen, perplessa, vedendo Beerus volare accanto alla piscina.
 
Whis sollevò un sopracciglio. «Direi che si stia dirigendo verso il bordo per… oh cielo».
 
Lord Beerus, compreso che la chiacchiera di Chiacchiera non si sarebbe arrestata e vedendosi “contro” il suo stesso assistente, aveva deciso di seguire l’esempio di Deathstar: nascondere la testa sotto la sabbia. O meglio, sotto l’acqua.
 
«Io a volte rimango senza parole» commentò Stylequeen, dopo un sospiro «Mintaka, non dici niente?»
 
«Sarebbe inutile, avendo la testa sott’acqua non mi sentirebbero» replicò la donna, che nel frattempo aveva comprato una bottiglietta di tè freddo al limone.
 
«Lord Beerus dev’essersi dimenticato che siamo attesi a casa di Lady Bulma per un cosiddetto “brunch”. Lady Stylequeen, le andrebbe di unirsi a noi, assieme alle sue amiche?» propose Whis «Sono sicuro che Lady Bulma non avrà problemi ad accogliere qualche persona in più. La sua casa ormai è… com’è che dicono i terrestri… ah, sì: “un porto di mare”. Per non parlare del fatto che conosce già Lady Deathstar e Lady Mintaka».
 
«Se è sicuro al cento per cento che la nostra ospite non avrà problemi ad accogliere tre persone in più allora credo di poter accettare. Così magari io e lei avremo modo di parlare e conoscerci un po’ meglio in un contesto più normale!» aggiunse la donna, con uno dei suoi sorrisi da diva.
 
«Se poi glielo dai la fai anche più contenta» disse Deathstar, riemersa giusto in tempo per sentire l’ultima frase.
 
Whis aggrottò leggermente la fronte. «“Glielo dai”?»
 
«Modo di conoscerci. Parlava di quello» disse Stylequeen, lanciando un’occhiataccia all’amica «Ovviamente».
 
«Io credo che invece si riferisse a qualcos’altro!» esclamò Beerus, riemerso quando aveva sentito parlare Deathstar «Qualcosa di più fisico!»
 
«Lord Beerus, la prego di non fare riferimenti a sconcezze, sono estremamente inopportuni» lo riproverò Whis «Il mio mestiere non è solo rose e fiori, ma in momenti come questo mi sembra più che altro una strada cupa e piena di spine!»
 
Il Dio della Distruzione alzò gli occhi al cielo. «Loro sono volate in una piscina eppure non hanno fatto così tante scene, quindi non fare tanto il drammatico! Già: mi spiegate come siete finite in quella situazione? Sembra che siate sempre in mezzo a qualche guaio!»
 
«Dopo aver riflettuto un po’ credo di poter dire che sia stata tutta colpa delle campane» disse Mintaka «Anche se l’alieno del pianeta Mosca ha fatto la sua parte!»
 
«L’alieno di che? Guardate che da queste parti non esiste nessun pianeta Mosca, o almeno non che io sappia! Whis?»
 
L’angelo scosse la testa. «Non mi risulta».
 
«Ce lo avevano detto anche un’altra volta» disse Deathstar «“No, non esiste un pianeta Mosca”! Seeeh! Peccato che poi ci siamo ritrovate un alieno del pianeta Mosca tra capo e collo e per fortuna c’era con noi chi lo ha ucciso col fuoco!»
 
«In questo Universo non esiste il pianeta Mosca, sono assolutamente certo di questo» le rassicurò Whis, pensando che però non gli risultava un “pianeta Mosca” neppure negli altri undici universi -o almeno, non in quelli rimasti dopo che Zeno ne aveva distrutti sei.
 
«Ma-»
 
«Se il signor Whis ha detto che non c’è, allora non c’è!» concluse Stylequeen «Io mi fido della sua parola».
 
«E se anche ci fosse stato, sarei andato oggi stesso a distruggerlo! Trovo le mosche fastidiose quasi quanto i messaggi di Goku» sbuffò Beerus.
 
«Eh, a proposito, darci un numero inesistente non è stato carino, Micione Divino» disse Deathstar «Potevi semplicemente dirci di no, non ce la saremmo mica presa».
 
«Non è stata colpa mia, è stata colpa di Whis: mi ha confessato di aver sbagliato a dettarlo poco prima che arrivaste. L’ultima cifra è un cinque, non un due» le spiegò il dio.
 
«Ah, quindi è per quello che quando ho provato a chiamarti non ci sono riuscita. Quando torno a casa allora devo ricordarmi di cambiare il due con il cinque!»
 
«Perché tu ovviamente pur avendo il cellulare vai in giro senza, mi sembra giusto» la rimproverò Beerus, vagamente ironico.
 
«Facciamo così: lo cambio io sul mio telefono e te lo mando tramite messaggio» disse Mintaka, tirando fuori dalla tasca il cellulare «Anche se è finito in acqua sembra funzionare ancora, ha anche smesso di riprodurre la canzone!»
 
Stylequeen, con aria sconsolata, prese Whis a braccetto. «Il Can-Can le perseguita, perseguitando di riflesso anche me. Meglio non pensarci».
 
«Il brunch servirà sicuramente a tirarle su il morale, Lady Stylequeen, pregando che Lord Beerus per una volta torni a usare le buone maniere a tavola. L’influenza del signor Goku -che lei non conosce, ne sono consapevole- non gli è stata d’aiuto in questo senso».
 
«Se lo dice lei mi fido. Una cosa: è stato forse lei a fermare la carrozza e i cavalli? Me lo stavo domandando da prima. Se fosse così la ringrazio, è stato talmente gentile!...»
 
«Non c’è di che» sorrise Whis, sorvolando sul fatto che senza l’ordine di Beerus probabilmente non si sarebbe mosso.
 
«No aspetta: quindi portiamo al brunch anche questa qua?!» allibì il gatto, dopo aver raggiunto Whis assieme a Deathstar e Mintaka, ancora bagnate «Dovrei sopportare lei e Bulma contemporaneamente senza distruggere il pianeta?!»
 
«“Questa qua” ha un nome, e quel nome è Stylequeen!» protestò la donna.
 
«Quando imparerai a conoscerla vedrai che non è male» bisbigliò Mintaka a Beerus «A volte è un tesoro».
 
«Allora chiudiamola in una cassa di metallo e seppelliamola in qualche grotta» borbottò il dio «Comincio quasi a credere davvero alla storia dei quarantadue rapimenti con annessa restituzione!»
 
«Credici, Micione, è vera quant’è vero il PDBDC».
 
Mentre si stringevano tutti attorno a Whis per recarsi rapidamente a casa di Bulma, Beerus non poté fare a meno di pensare a quanto quella verità fosse poco rassicurante. Non conoscendole bene per lui era impossibile pensare che un giorno il tanto nominato PDBDC un giorno non avrebbe smesso di funzionare, lasciandole in qualche guaio potenzialmente letale.
 
In ogni caso, se anche fosse stato così, a lui non importava affatto. Erano delle semi sconosciute, due delle quali incontrate appena tre volte: irrilevanti. Non gli importava della loro sorte, a lui importava di Dragon City e del cibo.
 
“E mi auguro che Bulma abbia messo in tavola anche il budino!” pensò.
 
 
   
 
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