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Autore: edoardo811    08/05/2018    0 recensioni
Un lungo viaggio da fare, un ignoto passato completamente da scoprire, un intero mondo da salvare.
La vita di Rachel è caduta a pezzi di fronte ai suoi stessi occhi, prima che lei potesse anche solo rendersene conto. Ma dietro ad una ragazza abbandonata, tradita, distrutta, si cela in realtà ciò che probabilmente è l’unica speranza di salvezza dell’intero genere umano. Perché lei non è una ragazza come le altre: lei è una conduit. Un demone, agli occhi dei più, un’eroina agli occhi dei meno.
In compagnia dei suoi nuovi amici, la giovane sarà costretta a dover agire al più presto, in una vera e propria corsa contro il tempo, prima che tutto ciò che con tanta fatica e sacrifici è riuscita a riconquistare venga spazzato via ancora una volta.
Ma essere dei conduit non è facile e lei, nonostante abbia raggiunto una consapevolezza del tutto nuova di sé, presto sarà costretta a scoprirlo.
Perché per raggiungere il controllo ci vuole tempo, tenacia, dedizione.
Per perderlo, invece, basta un attimo.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Sorpresa
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 14: I DIVORATORI

 

 

Rachel aveva quasi scordato che al di fuori dei grigi palazzi e le strade affollate di Jump City ci fossero tutti quei terreni così paludosi. Non ne era molto sicura, ma era comunque abbastanza convinta che la California non avrebbe dovuto essere così. Che le esplosioni avessero avuto addirittura un impatto tale da trasformare l’ambiente?

«Dov’è che staremmo andando?» domandò Amalia, spostando lo sguardo dal finestrino ai due soldati seduti davanti.

«Quaranta chilometri a sud della comunità» rispose Marianne, gli occhi concentrati sulla strada di fronte a lei. «I nostri radar hanno rilevato una gigantesca fonte di calore in quel settore.»

«Quaranta chilometri?» domandò Allen, voltandosi sorpreso.

«Così lontano?» fece eco Amalia, sollevandosi gli occhiali da sole, perplessa.

«Così vicino, vorrai dire» la corresse l’uomo, per poi sospirare, appoggiandosi al sedile. «L’ultima volta erano a più di novanta chilometri da qui… che diamine sta succedendo, Mary?»

«Primo, non chiamarmi Mary. Secondo, sei stato fuori dai giochi per un po’, Jones. Francamente, non so nemmeno perché ti ho lasciato venire con me oggi, visto che sei appena uscito dall’ospedale.»

«Questo non risponde alla mia domanda.»

«Ci stavo arrivando» mugugnò Marianne. «Più passa il tempo, più le fonti di calore si avvicinano.»

Rachel cominciò a non capirci più nulla. «Fonti di calore? Che cosa intendete?»

«Enormi gruppi di Corrotti. Centinaia e centinaia di unità, per l’esattezza» spiegò Marianne.

«Stiamo andando a combattere centinaia di mutanti incazzati neri?» interrogò ancora Amalia, atterrita.

L’ufficiale piegò il capo. «Tecnicamente, questa è solo una missione di ricognizione. Ma se le cose dovessero mettersi male, e pregate che non succeda, allora sì, potremmo doverli respingere. Tanto, prima o poi, dovremo comunque farlo, non possiamo restarcene qui a guardare come invece vorrebbe quell’idiota che se ne sta sempre seduto nel suo ufficio…» borbottò.

Corvina sollevò un sopracciglio. Parla del sindaco?

«Calmati Marianne» suggerì Allen, posandole una mano sulla spalla. «Quei mostri non arriveranno a casa nostra. Non glielo permetteremo.»

La donna spostò brevemente lo sguardo su di lui. Sembrava esausta, anche più di Roy ed Artemis. Sospirò, poi annuì. «Lo spero.»

Rachel si mordicchiò il labbro inferiore, poi abbassò lo sguardo. Accanto a lei, scorse Komi stringersi nelle spalle. «Cosa sono?» mormorò la mora. «I Corrotti, intendo. Che cosa sono? Da dove saltano fuori?»

«Crediamo fossero umani, prima delle esplosioni» rispose Allen. «Ma non sappiamo se sono state le esplosioni a renderli così, o se si tratta di un effetto collaterale delle radiazioni.»

«O peggio» aggiunse Mary, cupa in volto. «Se si tratta di un conduit che ha giocato a fare dio con loro, trasformandoli in bestie senza ragione. Io ritengo che sia andata così.»

Quelle parole fecero sgranare gli occhi di Rachel. Ripenso a Sasha, e a ciò che aveva fatto ai Mietitori. La cosa era quasi analoga. Per quanto lugubre ed inquietante, la teoria di Mary sembrava quella con più fondamento.

«Devi smetterla di parlare così, spaventi le persone, lo sai?» brontolò Allen, scoccando un’occhiata a Mary.

«Oh, scusami tanto. Ho dimenticato che non dobbiamo dire alle persone che non vivono in un mondo fatato e che le strade non sono fatte di zucchero filato e sogni. Chiedo scusa, la prossima volta mi metterò a dire a tutti quanti che Babbo Natale e le pentole con l’oro alla fine degli arcobaleni esistono davvero. Contento?»

Allen roterò gli occhi e sospirò. Non rispose, intuendo che oramai la donna era entrata nell’umore sbagliato per poter discutere con lei.

«Questa è peggio di me» sussurrò Amalia a Rachel, strappandole un sorrisetto, alleggerendo, almeno per il momento, la pesantezza allo stomaco che la corvina stava provando.

 

***

 

Proseguirono a lungo, fino a quando non uscirono dalla strada principale per inserirsi in una sterrata che conduceva nei meandri di una fitta boscaglia. La jeep rimbalzò a lungo sopra la strada dissestata fino a quando, finalmente, non giunsero a destinazione, un piccolo spiazzo in cui la strada veniva interrotta, divorata dalla paludosa vegetazione. Ormai era impossibile raggiungere qualsiasi fosse il luogo a cui portava in macchina.

«Ci siamo, tutti fuori» ordinò Marianne, spegnendo il motore e saltando giù dal veicolo, seguita immediatamente dagli altri tre passeggeri. Altri quattro soldati, capitanati da Simon, scesero dalla seconda jeep, raggiungendoli.

Rachel si guardò attorno, stringendosi senza volerlo nelle spalle. Una strana nebbia si era sollevata, una nebbia che nell’autostrada non era affatto presente. Era diventata sempre più fitta man mano che erano proseguiti nella vegetazione e il sole, dapprima alto nel cielo, ora faticava a penetrarla con i propri raggi.

L’umidità era percepibile nell’aria, diventata notevolmente più fredda. Molteplici versi provenivano dalla boscaglia, chiaramente degli anfibi che dovevano abitare quel luogo paludoso. Di nuovo, Rachel non era molto sicura che quella fosse davvero la fauna tipica californiana. Accanto a lei, i soldati si guardavano attorno, imitandola, bracciando le armi. Allen era immobile, a braccia conserte, mentre Amalia era l’unica che girovagava con cautela, probabilmente troppo nervosa per potersene stare ferma come gli altri.

«Simon, rilevi qualcosa?» domandò Marianne, osservando il giovane capitano, che posò lo sguardo su un marchingegno che teneva tra le mani, probabilmente un radar.

«Sì. Una grossa macchia di calore ad un miglio e mezzo a nord-ovest da qui. Probabilmente un largo gruppo di Corrotti.»

«O qualcosa di largo e basta» brontolò l’ufficiale, che proseguì con il suo ormai classico tono scontroso: «Diamoci una mossa. Odio questo posto.»

«Decisamente peggio di me…» sussurrò Amalia, accanto a Rachel. Non voleva mentire, la corvina era felice che almeno Komi fosse con lei. Anche se nemmeno Lucas le sarebbe spiaciuto…

Ripensare al partner, fece sorgere una domanda dentro di lei. Dubitava che Mary le avrebbe risposto, e comunque sembrava indaffarata con Simon. Fortunatamente, Allen sembrava molto più disponibile.

«Dove sono Roy e la sua squadra?» domandò al capitano, a bassa voce. «Credevo sarebbero venuti con noi.»

«A quanto pare un gruppo di Corrotti ha attaccato di nuovo uno dei nostri depositi, a cinquanta chilometri dalla comunità» spiegò Allen. «Roy è stato incaricato di occuparsene con la sua squadra.»

«Oh» mormorò Rachel, delusa. Anche se, da un lato, era felice di ciò. Se lei, una conduit, era stata scelta per partecipare a quella missione, e non all’altra, significava che quella era potenzialmente più pericolosa, pertanto era felice di sapere che anche Rosso non fosse presente. Sapeva benissimo che poteva badare a sé stesso, ma prevenire era meglio che curare.

«Sta tranquilla, rivedrai presto il tuo ragazzo» la punzecchiò Amalia, dandole una gomitata.

Rachel sentì le guance pizzicare, soprattutto perché Allen aveva sentito e aveva sorriso, e distolse lo sguardo da lei. Non appena la sentì ridacchiare, la corvina fece una smorfia. Un’idea folle le attraversò la mente all’improvviso, donandole un sorrisetto malefico. Si voltò di nuovo verso la mora, per poi osservarla con sufficienza. «Hai salutato Tara prima di partire per la missione?»

«C-Cosa?!» L’espressione di Amalia mutò radicalmente e la pelle del suo volto si tinse di un rosso acceso. «Che cavolo dici?!»

«Scommetto che ti si è gettata addosso implorandoti di non farlo, e che in questo momento è seduta da qualche parte, stringendo forte tra le mani l’oggetto che le hai regalato prima di partire, preoccupata a morte per te e cercando di ricacciare indietro le lacrim…»

«Ok, ok, basta, basta!» la frenò Amalia, accigliandosi. «Per prima cosa, non le ho regalato un bel niente. Sì, l’ho salutata, ma non è stato nulla di melodrammatico, lei sa benissimo che so badare a me stessa!»

«Peccato. Sarebbe stato il momento perfetto per farti avanti…»

«Roth!» Komi spalancò la bocca. «Ma si può sapere che ti prende?!»

«Siete davvero carine insieme, lo sai?»

«Va bene, va bene, ho capito, non ti stuzzicherò con la storia di Rosso. Dacci un taglio ora» mugugnò Komi, distogliendo lo sguardo da lei come una bambina offesa.

«Brava ragazza» replicò Rachel, con un sorrisetto spavaldo, accorgendosi solo allora di come per tutto il tempo Allen le avesse osservate con un sopracciglio alzato. Corvina gli rivolse una scrollata di spalle, strappandogli una risatina.

Perdendosi in quelle chiacchiere, Rachel non si era nemmeno resa conto che la nebbia stava diventando ancora più fitta. Poteva ancora vedere molto bene la strada di fronte a lei e lo spazio che la circondava, ma tra gli alti alberi era impossibile scorgere qualcosa. Il silenzio calò tra i soldati, rimpiazzato unicamente dal rumore dei loro passi sul suolo. Nonostante la conduit avesse i sensi acuiti al massimo, i suoi poteri sembravano ancora assopiti. La ragazza sapeva che se si fosse trovata in pericolo, loro l’avrebbero avvertita, ma in quel momento questi non le stavano dando il minimo cenno. Forse non c’era nulla di pericoloso attorno a lei. Non per loro, almeno. Da una parte, la cosa la rincuorò, dall’altra, i suoi poteri avevano concetti particolari di pericolosità. Ciò che per loro non era nulla di grave, per lei avrebbe potuto essere mortale.

Non poté nemmeno finire di pensarlo, che la terra tremò, colpita da un forte scossone. I soldati si fermarono di scatto, sollevando le armi e guardandosi attorno, sorpresi.

«Ma cosa…» La domanda di Amalia fu stroncata di netto da Marianne, che sollevò una mano per zittirla.

L’ufficiale fece vagare lo sguardo tra la vegetazione, per poi grugnire infastidita. «Non fate rumore» ordinò, con voce moderata, per poi proseguire, seguita da Simon, il quale ora osservava il radar parecchio più assorto, e il resto del gruppo.

Mentre proseguivano, altri scossoni si susseguirono, insieme ai rumori di qualcosa che si rompeva e che cadeva, molto probabilmente alberi. Rachel cominciò a farsi un’idea di cosa stesse accadendo, ma prima che potesse accertarsene, la terra esplose, esattamente di fronte al gruppo di uomini. Marianne e Simon, in cima al gruppo, arretrarono di scatto, mentre davanti a loro una gigantesca figura sbucava fuori dal suolo.

Non appena Rachel la vide, inorridì. Era un essere su quattro zampe, grosso quanto un furgoncino, ricoperto da scaglie marroni, simili a quelle di uno scarabeo. Gli arti erano piegati in maniera anormale, quelli anteriori avevano le zampe, simili a grossi artigli, rivolte verso l’interno del corpo, mentre quelli anteriori si piegavano per ben due volte prima di arrivare agli artigli, sempre rivolti verso l’interno. Due lunghe protuberanze di estendevano dagli arti anteriori, arrivando all’altezza di una grossa escrescenza appuntita che si trovava su quella che doveva essere la sua schiena.

E per finire… il suo muso. Il suo muso era una delle cose più raccapriccianti che Rachel ebbe mai la sfortuna di guardare. La pelle era biancastra, come quella dei Corrotti che aveva già incontrato, ma le somiglianze finivano lì. Due protuberanze si estendevano dalla sua mascella, prendendo la forma di una specie di tenaglia, un’altra, invece, si sollevava da esattamente in mezzo ai minuscoli occhietti gialli, a malapena distinguibili a causa di tutte le macchie che ricoprivano quella particolare parte del suo corpo. Denti affilati come rasoi, di un giallo disgustoso, spuntavano dalla sua mandibola.

Qualunque fosse quella cosa, era orribile. E, sicuramente, in passato non doveva essere stato un umano come gli altri Corrotti. A giudicare da come fosse sbucato fuori dal terreno, avrebbe potuto essere stato un animale, od un insetto.

«Un Devastatore…» sussurrò Allen, afferrando il proprio fucile, ben presto imitato dagli altri soldati, anche Komi e Rachel si prepararono al combattimento. Notando tutte quelle armi puntate su di lei, la creatura si innervosì ancora di più, perché emise un ruggito di frustrazione, come quello di un animale in trappola, e nel giro di pochissimi istanti dalla vegetazione saltarono fuori una mezza dozzina di Corrotti, sbattendo le membrane e ruggendo a loro volta contro di loro.

«Cazzo…» rantolò Marianne, mentre i mutanti si avvicinavano lentamente a loro, muovendo gli arti freneticamente e studiandoli. «Mantenete la posizione!» ordinò la donna, puntando a sua volta il fucile contro di loro. Nel frattempo, altri Corrotti continuavano a sbucare fuori dalla palude, crescendo sempre più di numero, fino quasi a superarli per almeno due ad uno.

E quando Rachel credette che le cose non potessero peggiorare, il terreno tremò ancora, e ancora, e ancora. Tutti quanti poterono sentire senza troppe difficoltà gli alberi continuare a crollare accanto a loro e gli scossoni farsi sempre più forti, come se l’origine di essi si stesse avvicinando sempre di più. Rachel scorse Simon abbassare di nuovo la testa sul radar, per poi imprecare: «Oh, merda…»

Nessuno poté chiedergli cosa gli fosse preso. Un ruggito dieci volte più potente di quello del Devastatore si sollevò in aria, costringendo tutti quanti, perfino gli stessi mutanti, a distogliere l’attenzione dai reciproci avversari. In mezzo alla vegetazione, attraverso la nebbia, poterono scorgere una figura gigantesca, grossa almeno il triplo rispetto a quella della creatura sbucata fuori dal terreno.

«Non… non può essere…» sussurrò Allen, con un filo di voce, osservandola.

La creatura avanzò, sbucando fuori dalla nebbia e prostrandosi in un altro terrificante ruggito, che fece tremare il suolo. Anche se i timpani che rischiavano di scoppiare, non erano la preoccupazione maggiore di Rachel. Non dopo che ebbe visto quella creatura dal vivo.

Un mostro corazzato alto minimo sei metri, l’essere più grosso che Rachel ebbe mai incontrato, che faceva sembrare il Devastatore un piccoletto. I pochissimi lembi di pelle scoperti, solamente quelli per permettere agli arti posteriori ed anteriori di compiere i loro gradi di movimento, erano di colore violaceo. Il muso, se così poteva essere definito, era composto semplicemente dalla sola, gigantesca bocca, le cui fauci erano formate da grossi denti aguzzi. Non c’era traccia di occhi o naso, e se c’erano, allora erano coperti dalla corazza che percorreva anche tutto il resto della schiena.

«C-Che diavolo è quel coso?!» domandò Amalia, inorridita.

«Un… un Divoratore…» rispose Allen, come ipnotizzato dalla bestia. «Lo abbiamo visto solo una volta, mesi e mesi fa’, a più di cento chilometri da qui…»

«Era lui da solo la fonte di calore…» osservò Simon, con ancora il radar in mano. «Non un gruppo di Corrotti…»

Rachel si guardò attorno, sconvolta. C’erano almeno dodici Corrotti, un Devastatore, che malgrado tutto rimaneva una minaccia da non sottovalutare, e ora perfino un Divoratore, probabilmente la creatura più grossa, orripilante e minacciosa che avesse mai visto. Questa li scrutò per un breve istante, anche se la conduit avrebbe voluto sapere come facesse a scrutare, visto che non aveva gli occhi, ma non poté rimuginarci su più di tanto perché questa ruggì un’altra volta, eruttando dalle proprie fauci una schifosissima sostanza verdognola, che precipitò sul gruppo di soldati.

«VIA!» urlò Mary, mentre gli uomini si sparpagliavano per non farsi colpire. Qualunque cosa fosse quella roba, lasciò dei crateri non indifferenti sul suolo. Nello stesso momento, anche il Devastatore ed il resto dei mutanti partirono all’attacco, generando il caos.

«Roth!» gridò ancora Marianne, mentre i boati dei fucili dei soldati che si difendevano iniziavano a risuonare tra la vegetazione. «Noi pensiamo ai Corrotti e al Devastatore, tu occupati del Divoratore!»

Corvina annuì, anche se quell’idea non le piaceva per niente. Non che avesse molta scelta, però. Si sollevò in cielo, trasformata, mentre sotto di lei una battaglia cruenta infuriava. Poté scorgere Amalia riuscire a far fuori un paio di mutanti, mentre altri soldati si concentravano sul Devastatore, il quale si rintanò di nuovo nel terreno, con una velocità tale che sembrava quasi che per lui quella fosse acqua. Poco dopo, spuntò di nuovo fuori, ad una decina di metri di distanza da dove si era trovato poco prima, aggredendo a sua volta i soldati con la propria bava verdastra.

La giovane avrebbe voluto poter essere d’aiuto anche per loro, ma in quel momento, di fronte a lei, c’era una minaccia più grossa di cui occuparsi. Mentre fluttuava nell’aria di fronte al Divoratore, non riuscì a credere al fatto che i suoi poteri non l’avessero avvertita di quell’essere. Davvero per loro un abominio simile non scaturiva una minaccia? Quanto avrebbe voluto avere lo stesso sangue freddo che avevano loro. Non voleva mentire, quella bestia la terrorizzava. E quando questa ruggì di nuovo, questa volta verso di lei in particolare, non ebbe idea di come riuscì a mantenere il controllo. Ancora una volta, il Divoratore rigettò contro di lei quella sostanza non meglio identificata, e Rachel fu costretta a scansarsi per evitarla. Non aveva idea di cosa fosse con esattezza quella roba, ma non si sarebbe stupita se fosse stata incredibilmente corrosiva.

Osservando poi la creatura, in particolare le sue fauci spalancate, la ragazza pensò di aver appena trovato il suo punto debole. La sua gola rosa, infatti, per ovvie ragioni non era coperta dalle placche protettive. Senza perdere altro tempo, scagliò un raggio di luce dritto tra i suoi denti. L’impatto fece ruggire di dolore la bestia, che pestò le zampe a terra con forza, facendola scuotere, per la frustrazione. Ovviamente, sarebbe servito molto di più che quel semplice colpo per abbatterla, ma se non altro ora la giovane sapeva cosa fare.

Il Divoratore la bombardò con una pioggia di quella disgustosa melma, costringendola a volargli intorno per rimanere al sicuro. Continuò a rispondere al fuoco, facendogli ingoiare i suoi proiettili di luce nera, ma man mano che connetteva, il Divoratore iniziò ad aprire la bocca sempre in maniera più sporadica. Si stava adattando. La ragazza serrò la mascella. Sperare che quel bestione si lasciasse colpire come un sacco da boxe forse senza realizzare cosa stesse succedendo era troppo.

Qualcosa la colpì alla caviglia mentre aveva quel pensiero. La ragazza sgranò gli occhi, mentre sentiva il proprio pantalone inumidirsi all’improvviso all’altezza del punto colpito. Abbassò lo sguardo, per poi realizzare che qualcosa di rosa e viscido le si era attorcigliata attorno. Prima che potesse pensare qualsiasi altra cosa, fu trascinata con uno strattone verso il Divoratore. Osservando le sue fauci spalancate farsi sempre più vicine, mentre quella roba rosa si ritraeva lentamente nella sua gola, l’orribile verità si fece chiara agli occhi di Rachel. La ragazza urlò a pieni polmoni, per poi puntare entrambe le ali verso la lingua del divoratore. Sferrò un altro dei suoi attacchi, centrandola, e costringendo la creatura a lasciarla andare mentre ruggiva per il dolore ancora una volta.

La ragazza si allontanò in volo alla svelta, per recuperare fiato, non tanto per la fatica, ma per via della disgustosa prospettiva di essere quasi diventata lo spuntino di quella bestia. Il Divoratore, nel frattempo, rimase a scuotere il capo freneticamente, con la lunga lingua rosa e sottile che si ritraeva tra i suoi denti. Rachel serrò la mascella, poi gridò nuovamente, questa volta di rabbia, e lo tempestò con tutto ciò che aveva, incurante del fatto che molti dei suoi attacchi andarono a cozzare contro la sua corazza.

Lo scontro proseguì. I raggi neri si abbattevano sulla creatura come pioggia, mentre questa, dal canto suo, rispondeva ruggendo e vomitandole quella robaccia verde addosso. Sotto di lei, spari e urla continuavano a riecheggiare, così come i versi degli altri Corrotti. Rachel avrebbe voluto abbassare lo sguardo per controllare la situazione, ma non poteva permettersi di distrarsi. Non le restava altro che augurarsi che stessero tutti bene, Komi in particolare. E comunque, oramai era troppo concentrata sul Divoratore.

Senza nemmeno rendersene conto, diverse nuvole di fumo nero avevano cominciato a sollevarsi da terra, mentre lei attaccava sempre con più forza la gigantesca creatura. Ogni secondo passato ad osservarla non faceva altro che accrescere il desiderio della conduit di abbatterla, specialmente dopo che aveva appena cercato di divorarla in un sol boccone. Anche se erano ancora piuttosto lontani, non poteva permettere che quella creatura si avvicinasse ulteriormente alla comunità. L’idea che quel Divoratore potesse avvicinarsi a qualcuno come Hester, Angela, o perfino Zoey, la ripugnava. Lei era l’ultimo ostacolo che rimaneva tra quella bestia, e la città. E lo avrebbe fermato, ad ogni costo.

Congiunse le ali, urlò a pieni polmoni un’altra volta, dopodiché un raggio di luce molto più grosso ed intenso dei precedenti si diresse verso le fauci del Divoratore. Questo chiuse la bocca un attimo prima di essere colpito, ma fu tutto vano: il raggio centrò in pieno uno dei suoi enormi denti, facendoglielo saltare di netto dalla bocca. L’incisivo lungo almeno un metro cadde a terra con un boato, mentre l’essere ruggiva di nuovo, dimenandosi per il dolore.

Rachel sgranò gli occhi: quella era la sua occasione.

ORA!

Urlò nuovamente con quanto fiato aveva in corpo, pronta per l’attacco finale. Mentre puntava le ali contro la bestia, una sensazione del tutto nuova le attraversò il corpo. Non l’aveva mai provata prima, non era nemmeno sicura di poterla davvero descrivere. Si sentì come se un’incredibile ondata di energia l’avesse appena investita, rinvigorendola interamente, per poi riversarsi fuori dalle sue braccia immediatamente dopo. Solamente in quel momento, Rachel notò le nuvole di fumo nero che oramai avevano circondato sia lei che il Divoratore, impedendole perfino di scorgere cosa stesse accadendo ai soldati e al Devastatore, e, con enorme sorpresa, realizzò che erano opera sua. Decine e decine di rampicanti di energia nera fuoriuscirono da esse, avvolgendosi attorno al Divoratore lungo tutto il suo corpo, immobilizzandogli tutti e quattro gli arti, mentre altri due puntarono alle sue fauci. Si attorcigliarono attorno a due dei suoi denti, per poi spalancargli la bocca con una semplicità quasi disarmante. Il mostro ruggì di protesta e cercò di dimenarsi, ma i lacci di luce non lo lasciarono nemmeno per un istante. La sua gola rimase esposta, priva di difese, mentre lei infliggeva l’ultimo attacco.

Un boato devastante si susseguì dopo l’impatto. Il proiettile di energia copi il punto debole, facendo, questa volta, emettere dal Divoratore uno strillo di dolore vero e proprio, che probabilmente fu udito perfino alla comunità.

I rampicanti cominciarono a ritrarsi poco per volta, permettendo al Divoratore di muoversi di nuovo, o perlopiù, barcollare. Una cascata di liquame verdastro cominciò a fuoriuscire dalla sua bocca ancora spalancata, prima che il mostro crollasse a terra, con un boato che fece tremare il suolo. Il fumo nero cominciò lentamente a svanire, il tutto sotto gli occhi di Rachel, che ancora si trovava in cielo, ad osservare la scena con il fiato pesante. Non aveva la più pallida idea di cosa fosse appena successo, ma era successo: aveva abbattuto quel bestione. Non appena aveva pensato alle persone in pericolo nella comunità, a quelle che conosceva in particolare… era quasi come se avesse smesso di vederci. Aveva piegato il Divoratore al suo volere quasi come se fosse stato un animaletto qualsiasi e lo aveva abbattuto come una mosca.

Era davvero stata lei a farlo? O erano stati i suoi poteri?

Cominciò lentamente a scendere di quota, fino a quando non toccò terra, dove tornò in forma umana. A quel punto, si osservò le mani, pensierosa. Era stato il pensiero di quelle persone in pericolo ad infonderle quella forza improvvisa?

«Roth» la voce di Komi, proveniente alle sue spalle, la fece voltare. Non appena si ritrovò di fronte la mora, piuttosto malconcia, certo, ma viva e vegeta, la corvina si sentì tremendamente sollevata. «Tutto bene?»

«Sì» annuì Rachel. «Voi invece?» Si guardò attorno, approfittando anche del fatto che le nuvole nere erano scomparse. Non appena vide il corpo del Devastatore sdraiato a terra, crivellato di proiettili e ricoperto di sangue marroncino, la conduit rimase a bocca aperta.

«Ehi, che ti aspettavi?» domandò Amalia, con un ghigno. «Non siamo mica gli ultimi dei fessi. Il bastardo era un osso duro, certo, ma nulla che una buona dose di piombo non potesse sistemare.»

Rachel osservò sorpresa prima la giovane, poi il gruppo di Corrotti privi di vita, poi il resto dei soldati. Sembravano tutti quanti stare bene. Tutti quanti malridotti, certo, ma vivi. La giovane sorrise. «Bel lavoro.»

«Stai scherzando?» Komand’r le diede una pacca sul braccio. «Tu hai fatto un ottimo lavoro! Hai steso quel… quel… coso.» Ed indicò il Divoratore, per poi sorriderle. «Esiste qualcosa che possa fermarti?»

Era una palese domanda retorica, eppure, per un istante, Rachel avrebbe quasi voluto risponderle di sì. Ma, fortunatamente, l’arrivo di Allen e Mary le impedirono di aprire bocca. I due osservarono il Divoratore. Allen incrociò le braccia, visibilmente impressionato, mentre Mary storse la bocca in un’espressione indecifrabile. Sembrò rimuginare per un breve momento, prima di annuire. «Sapevo di potermi fidare di te, Roth.» Spostò lo sguardo su di lei, per poi abbozzare un sorriso, il primo che la corvina le vide rivolgere a qualcuno. «Benvenuta in squadra»  

Anche Rachel si ritrovò a sorridere. A quando pareva, aveva passato la prova di fiducia a pieni voti. In quel momento, si sentì privata di un altro fardello non indifferente.

«E anche tu, Anderson. Per essere una novellina, te la sei cavata piuttosto bene.»

Komi sogghignò. «Far fuori stronzi è la mia specialità.»

«Cerca di sfruttarla bene anche in futuro allora, perché sicuramen…»

Un altro ruggito che fece tremare il terreno costrinse l’ufficiale ad interrompersi e distrusse in un solo istante quel momento di serenità che si era creato. Tutti i presenti alzarono lo sguardo sorpresi. Tutti eccetto Simon, il quale corse incontro al suo superiore. «Marianne!» esclamò, porgendole il radar. «Guarda…»

Mary afferrò lo strumento senza perdere un solo istante. Non appena posò gli occhi sullo schermo, sbiancò. Il ruggito, nel frattempo, si fece di nuovo sentire, ma questa volta non era da solo. Quello che all’inizio Rachel scambiò per un eco, altro non era che un secondo ruggito, accompagnato da un terzo. Questi segnali, uniti allo sguardo di Marianne, non erano per niente qualcosa di buono. La terra ricominciò a tremare, ora con molta più frequenza. Prima che chiunque potesse chiedere all’ufficiale, o a Simon, cosa avessero visto, dal terreno spuntarono fuori altri due Devastatori, spalancando le fauci, ostili verso di loro, mentre dalle acque paludose cominciarono ad uscire altre decine e decine di Corrotti.

Rachel sgranò gli occhi, osservando quella nuova ondata di nemici, molto più massiccia della precedente. E quando scorse, tra la nebbia, ben tre figure gigantesche avvicinarsi sempre di più, sentì le gambe trasformarsi in gelatina.

«Mio Dio…» sussurrò Allen, facendo cadere le proprie braccia a peso morto lungo i fianchi, lasciando che la punta del fucile che stringeva sfiorasse il suolo.

«RITIRATA!» urlò Mary, un istante prima che i Corrotti e i Devastatori partissero alla carica. Nessuno dei soldati se lo fece ripetere due volte.

Mentre fuggivano da quel luogo infestato dai mutanti, un altro numero spropositato di Corrotti continuò a fuoriuscire dagli stagni, cercando di rallentarli e di tagliare loro la strada. Lo stesso valeva per i Devastatori, Rachel ne vide sbucare fuori dal terreno almeno altri sei, il tutto mentre i tre Divoratori, ancora lontani, marciavano lentamente verso di loro, continuando a ruggire e a far tremare il terreno.

Corvina e i soldati scacciarono i Corrotti che si avvicinavano troppo a loro, mentre erano costretti ad evitare direttamente i Devastatori. Rachel, dall’alto, cercò di coprire i propri compagni come meglio poteva, soprattutto sbarrando la strada ai conduit più grossi, tenendoli lontani con del fuoco di soppressione e intralciandoli con dei rampicanti, ma erano troppi, anche per lei, ed inoltre stava cominciando ad accusare la stanchezza.  Del resto, aveva appena abbattuto un Divoratore, e non era stato facile, inoltre non si era nemmeno ripresa del tutto dallo scontro della sera precedente.

Finalmente riuscirono a raggiungere di nuovo le macchine. Mentre i soldati si affrettavano a salire sulle vetture, Rachel rimase in cielo, a fare da capro espiatorio, attirando l’attenzione dei Corrotti su di sé. Non appena i veicoli si allontanarono a tutta velocità, la ragazza si affrettò a raggiungerli, mentre sotto di lei continuavano le urla disumane di quegli esseri, i ruggiti e la pioggia di melma verde che cercavano di scaraventarle addosso.

 

***

 

«No, Jones, non capisci nulla, come al solito!» stava urlando Mary, mentre Rachel atterrava nella piazzola di sosta dell’autostrada, dove i veicoli dei militari si erano fermati.

Amalia era distante da loro due, chiaramente scossa da ciò che era accaduto poco prima, a giudicare da come continuasse a guardarsi attorno, con i sensi affinati al massimo. Simon, invece, era in silenzio, appoggiato al suo fuoristrada, a braccia conserte.

«Marianne, ascoltami…» cercò di dire ancora Allen, l’unico che a quanto pareva sembrava avere il coraggio di discutere con lei.

«No, razza di idiota, ascoltami tu!» lo interruppe l’ufficiale, ricordando a tutti quanti il perché con lei era meglio non avere a che fare, per poi puntare l’indice verso la palude da cui erano arrivati. «Si stanno avvicinando sempre di più, lo capisci o no?! Non possiamo affrontarli!»

«E pensi davvero che evacuare sia la cosa migliore?!»

Mary si avvicinò all’uomo, puntando ora l’indice verso il suo collo. «Ci sono mia sorella e mia nipote, a Jump City» disse, con un sussurro, quasi come se quella non fosse un’affermazione, ma una minaccia di morte rivolta verso di lui. «Io non permetterò a quelle bestie di avvicinarsi a loro!»

«Non accadrà» proseguì Allen, sollevando le mani, cercando di farla ragionare. «Possiamo sconfiggerli.»

«Certo, possiamo sconfiggere i Corrotti. Ma i Devastatori? E i Divoratori?! Credi davvero che quelli che abbiamo incontrato erano gli unici?! Dimmi, Jones, cosa pensi che accadrà quando venti di quei cosi arriveranno alla città? Eh?!»

Per tutta risposta, Allen protese un braccio verso di Rachel. «Abbiamo anche noi la nostra arma.»

Corvina, realizzando di essere al centro dell’attenzione, sussultò. Nel frattempo, Mary la scrutò sollevando un sopracciglio, scettica, nessuna traccia dell’ufficiale gentile e cordiale che aveva conosciuto poco prima rimasta dentro di lei.

Fece schioccare la lingua, in segno di disappunto. «Ma se quell’incapace a stento si regge in piedi! Guardala, è ridicola!»

Rachel sgranò gli occhi, sentendosi perfino offesa da quelle parole. Era vero, era esausta, ma essere definita "incapace" e "ridicola" in rapida successione non era gradevole, per niente, soprattutto considerando ciò che aveva appena fatto per tutti loro. Anche se comunque la conduit non se la sentiva di biasimare la donna. Sapeva che l’ufficiale non pensava davvero quelle cose, giusto mezz’ora prima le aveva detto di essere felice di averla dalla sua parte, semplicemente, la tensione del momento la stava facendo andare fuori dai gangheri. Sembrava quasi sull’orlo di un esaurimento nervoso.

Ma quello che Rachel comprendeva, spesso, non era compreso dalle persone che la circondavano. «L’incapace che però ha appena salvato quel bel culo che ti ritrovi!» si intromise a tal proposito Amalia, puntando l’indice a sua volta verso l’ufficiale. «Dovresti esserle grata anziché vomitarle addosso stronzate!»

«Komi, no» cercò di placarla Rachel, ma ormai Mary si era già voltata verso di lei.

«Prego?!» domandò, spostando l’attenzione sulla ragazza. Osservandole, Rachel deglutì. La corvina apprezzò il gesto di Amalia, che si era fatta avanti per proteggere l’onore della sua amica, ma sapeva anche che si era trattato di un gesto assolutamente inopportuno, considerando i caratteri esplosivi di entrambe le soldatesse.

«Calmatevi, per favore» decise di farsi avanti, frapponendosi tra le due donne, venendo ben presto aiutata da Allen e Simon, che trascinarono via quasi di peso l’ufficiale dalla novellina, prima che la situazione degenerasse del tutto.

Mary si liberò dalla presa dei due soldati con uno strattone, per poi osservare con sguardo incendiario sia loro che Amalia. Dal canto suo, Komand’r si tranquillizzò, lasciando che Rachel la allontanasse a sua volta dalla donna.

«Ma come fai, Roth?» borbottò la mora, una volta distante dal resto dei soldati, incrociando le braccia.

Rachel sollevò un sopracciglio. «A fare cosa?»

«A lasciare che certe persone parlino male di te nonostante tu possa far pentire loro di essere nate» rispose, indicando le sue mani, o meglio, ciò che le sue mani potevano fare. Una domanda che la stessa conduit si era anche posta, in passato, anche se alla fine la risposta giusta era sempre giunta in suo aiuto.

«Perché se lo facessi non sarei più dalla parte della ragione» spiegò, con calma.

«Beh... la parte della ragione sembra parecchio triste.»

«Infatti lo è… ma è l’unica scelta che ho.»

«Anche questo è parecchio triste.»

«Lo so.»

«Faremo rapporto al sindaco, sono certo che lui saprà cosa fare» stava dicendo nel frattempo Allen a Mary, sperando di essere in grado di placarla.

La donna fece un verso di assenso, per nulla convinto, poi sospirò. «D’accordo, ripartiamo. Salite in macchina, forza.»

Sembrò perfino dimenticare il diverbio appena accaduto, visto che non disse nulla quando sia Amalia che Rachel salirono in auto con lei. Corvina si appoggiò allo schienale, sospirando profondamente. Mary non era certo l’unica preoccupata per quella situazione. Come se non bastasse, i soldati credevano davvero che lei avrebbe potuto essere d’aiuto. Certo, poteva affrontare un Divoratore da sola, ma tre? Cinque? Dieci? La giovane rabbrividì al solo pensiero. Si domandò se il Soggetto Zero, invece, sarebbe stato in grado di abbatterne così tanti. Il pensiero che anche lui potesse fallire magari avrebbe potuto rincuorarla, far cadere questo alone di immortalità che si aggirava attorno a quell’uomo, ma più ci pensava, più sentiva che, sì, sarebbe riuscito a vincere. E così le sue considerazioni ebbero l’effetto opposto su di lei.

Corvina si prese il volto tra le mani. L’epidemia, il Soggetto Zero, Richard posseduto, Jack, e ora anche i Corrotti. Le sembrava di trovarsi in un labirinto.

Spostò lo sguardo verso il finestrino. Per il resto del viaggio, rimase ad osservare i terreni paludosi che sfrecciavano accanto a lei, immersa nei propri pensieri.

 

 

 

 

 

Devastatori (fun fact, in inglese si chiamano "Ravagers". Manchi a quasi tutti noi Rose):

Risultati immagini per infamous 2 ravagers

Divoratori:

Questi sono i corrotti invece, non credo di aver ancora postato una loro immagine:

Risultati immagini per infamous 2 corrupted

Grazie per aver letto, troppo buoni davvero. *Depressione intensifies*

   
 
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