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Autore: PathosforaBeast    09/05/2018    3 recensioni
Infili la mano nella tasca destra del cappotto e tiri fuori il cellulare.
L’indirizzo è ancora sullo schermo.
Non ti resta che camminare e ricordarti di respirare.
[Questa storia partecipa alla challenge del gruppo: "Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart".]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lights.

 
Maybe I’m looking for someone I can’t help.



Timida, la luce del tramonto entra nei finestrini ed illumina la ragazza accanto a te.
Le lacrime le illuminano il volto sotto i riflessi ambrati del tramonto.
Mycroft incrocia la gambe e fa finta di non ascoltarla per non imbarazzarla ulteriormente. Disturbo evitante di personalità. Si volta e una coppia si sta baciando. Peccato che solo uno dei due senta lo schermo del cellulare vibrare ed illuminarsi continuamente per poi staccarsi con un sorriso nervoso senza guardarlo negli occhi. Traditore seriale.

Nessun luogo al mondo per te è tremendo tanto quanto una metropolitana.

Ti trascini via, aggrappandoti alla prima ringhiera. Le gambe sono troppo molli per sostenerti, la testa è sovraccarica di informazioni. Hai 23 anni, in condizioni normali hai imparato a gestire questo tipo di situazioni. Eppure c’è sempre qualcosa che è pronto a volerti abbattere.
Infili la mano nella tasca destra del cappotto e tiri fuori il cellulare.
L’indirizzo è ancora sullo schermo.
Non ti resta che camminare e ricordarti di respirare.

Gli edifici si affollano gli uni sugli altri. Grigi, logori e degradanti.
E, prima di realizzarlo, ti ritrovi ad affannare. Sì, corri. Stai correndo. Come non potresti farlo ora? È umiliante ritrovarti in questi posti con ancora indosso l’ uniforme scolastica, entrare in quell’edificio e sopprimere i conati di vomito perché il tanfo è così forte che il tuo stesso corpo vuole costringerti a scappare via. Non vorresti essere qui, eppure l’unica cosa che ti restano sono scale e stanze da percorrere il più in fretta possibile.
 «Sherlock, dove diamine sei finito? »
Corri, corri con tutte le tue forze nonostante le gambe ti stiamo implorando pietà finché non lo trovi.
E quella vista ti spezza il cuore.
Sherlock è seduto in un angolo, la luce gli mette paurosamente in risalto la clavicola e i capelli gli coprono le guance. È un accumulo di nero: i capelli, la felpa molto più grande di lui e i pantaloni sporchi. Con passo felpato, ti avvicini a lui prendendogli il viso tra le mani. Sta tremendo, non respira bene, gli occhi si sono ridotti a due spilli…
«Sherlock, quanta eroina hai preso? » la tua voce non fa effetto su di lui che si limita a poggiare mollemente la testa sulla tua spalla. «H-hey, Sherlock prova a rispondermi… dimmi qualcosa… ti prego, non perdere i sensi…»
Lo stringi forte a te, non riesci a smettere di tremare e ti senti travolgere da un turbinio di emozioni. Sherlock è il mare che ti colpisce e tu sei lo scoglio. Ti sbatte in faccia ciò che vive e tu non puoi far altro che star lì ad accettare e cercare di riparare qualsiasi cosa ti dia. Ma sta diventando troppo.
Lo stai per perdere.
No, non puoi lasciarglielo fare. Sherlock è sempre stato il tuo fratellino minore. Quello che d’estate correva verso di te, con gli occhi che splendevano di una luce tutta loro e ti pregavano di allontanarti dalla quercia di papà per giocare con lui tra le tombe della vostra casa a Musgrave.
Non può andare così. Non può scegliere di abbandonarti in questo modo.

C’è ancora un materasso, non il più pulito da poter usare.
Continui a tenertelo stretto addosso. Ora è lì, siete insieme ed è tutto ciò che conta. Sai che può farcela. Hai disperatamente bisogno di crederlo.

I minuti scorrono lentamente. Sembrano decadi quelle che ti stanno scorrendo sulla pelle. Ma quando la stretta istintiva di Sherlock sui tuoi avambracci diventa reale e non più una speranza remota, perdi un respiro.
«Ma cos- » è ancora confuso, cerca di allontanarsi da te ma ora le tue mani sulle sue spalle sono troppo forti per farlo muovere. È così inverosimile se si pensa che sei stato sempre tu quello debole nei combattimenti corpo a corpo.
«Sherlock, che cosa ti sei fatto? » 
Senti il suo corpo irrigidirsi, ti spinge via per poi sdraiarsi sul fianco sinistro. « E-eroina, Mycroft. Non ti sembra ovvio?»
Stringi il pugno sulla tua stessa gamba. È così fatto che non riesce a capire neanche cosa tu gli abbia cercato di dire e svia il discorso. Potevi aspettarti altro? No. Eppure sei sempre lì a fare lo stupido.
Ti resteranno i lividi per giorni.
« Quanta. Dimmi quanta.»
Sherlock si volta verso la siringa gettata vicino alla porta.
« 20-25 mg. Non ricordo.»
« Che significa ‘non ricordi’? Ti è forse dato di volta il cervello?» 
Alzarti in quel momento ha il sapore di uno strappo e ti fa male vederlo abbandonato sul quel materasso, anche se si tratta solo di una manciata di secondi. Ma devi farlo perché ormai è palese: lui non riesce più a badare a se stesso.
Prendi la siringa. Un solo uso, 15 mg., nessun’aggiunta di cocaina o benzodiazepine.
« Ti rendi conto che mi hai detto una dose completamente sbagliata? Sherlock, questi sono 15 mg. Basta poco, così poco e tu potresti essere morto. Riesci a capirlo? »
Ti ride in faccia. « Come se l’avessi fatto per quello». Ti guarda dritto negli occhi. Ti vuole sfidare.
Vuole vincere.
Eccolo
« A che cosa stai lavorando?»
« Al caso della piscina. È fastidioso. C’è qualcosa che continua a sfuggirmi e non riesco a capire. Tutto è troppo lento e non c’è tempo. » inizia a disegnare dei cerchi strani sul materasso, continuando ad osservare il muro davanti a sé. 
Ritorni a sederti accanto a lui. Le sue spalle stanno ricominciando ad alzarsi ad intervalli regolari. «Tempo per cosa?»
« Per salvarlo». Si blocca.
« Il ragazzo è già morto.»
«No. Barbarossa è ancora vivo.»
Ti volti verso di lui. N-no, non può essere che ora ricordi… « Chi vive nei nostri ricordi non è mai morto, mh? Soprat-...» ma i suoi respiri si affievoliscono, abbandonandosi completamente al sonno. 
Per quanto tempo potrai ancora mentire?
Dovrai aspettare domani, guardarlo negli occhi e cercare di capire quanto la droga possa essere stata l’elemento scatenante di quei ricordi. Dovrai aspettare domani per sentire i suoi occhi su di te, le sue parole che ferirti come spine e provano un piacere perverso nel vederti con le spalle al muro.
Dovrai aspettare domani e…. e… e ora puoi permetterti solo di piangere mentre gli ultimi raggi del sole ti muoiono sul viso.
Sì, saprai aspettare.




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prompt 2/26 

di·pen·dèn·za : incapacità di fare a meno di una persona ( d. psicologica ) oppure il bisogno incoercibile di un farmaco o di una sostanza: d. farmacologica; part., la condizione del tossicomane.

   
 
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