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Autore: TheSlavicShadow    15/05/2018    0 recensioni
Giugno 2001.
Il loro primo incontro.
I loro mesi felici.
I had all and then most of you
Some and now none of you
Take me back to the night we met
I don't know what I'm supposed to do
Haunted by the ghost of you
Take me back to the night we met
{The Night We Met - Lord Huron}
{Earth 3490; Steve/Natasha; prequel}
{{Visto che sono vecchia e mi piacciono le tabelle di prompt, prendo in prestito questa tabella https://mezza-tabella.livejournal.com/profile }}
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Too Much to Ask'
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Giugno 2001

 

“Mi hai portato dei fiori?” Era stata la prima cosa che Natasha Stark aveva pronunciato quando aveva aperto la porta di casa. Era stata stranamente più veloce del loro maggiordomo e per fortuna i suoi genitori non erano in casa. Non era pronta a rispondere a nessuna delle loro domande. Non quando loro ancora la credevano impegnata con un altro. Anche se in realtà forse erano rimasti a diversi ragazzi fa.

“Sono un ragazzo all’antica.” Steve Rogers le aveva sorriso e le aveva porto un mazzo di fiori. Erano semplici ed erano stupendi. Poteva notare anche la cura che aveva avuto Steve nello sceglierli ed abbinare i colori. Un mazzo colorato, ma non troppo. Con colori vibranti che sembravano uscire da una tela.

“Signorina Stark, rispondere alla porta è il mio lavoro.”

Avrebbe dovuto essere più veloce. Doveva solo aprire la porta e uscire. O doveva dargli appuntamento da un’altra parte e non farsi venire a prendere a casa. Ma Steve aveva insistito. E quando aveva visto i fiori il suo cervello aveva avuto un piccolo blackout.

Si erano sentiti quasi ogni giorno nell’ultima settimana. E alla fine Steve le aveva chiesto di uscire. Era abbastanza sicura che era stato Barnes a convincerlo, ma non glielo avrebbe rinfacciato. Anzi, forse avrebbe anche ringraziato l’altro ragazzo se quella serata fosse andata bene.

“Sta uscendo?” Edwin Jarvis le si era avvicinato e stupito aveva guardato Steve. Pantaloni scuri e camicia non erano l’abbigliamento usuale dei ragazzi con cui Jarvis l’aveva vista uscire di solito. I fiori erano una prima volta assoluta per un appuntamento. “Non credo di aver avuto l’occasione di fare la sua conoscenza, signore. Edwin Jarvis, il maggiordomo di casa Stark.”

“Oh, io… Piacere, signore. Steve. Steve Rogers.” Aveva nascosto il viso dietro ai fiori per nascondere il sorriso che non riusciva a trattenere di fronte al comportamento imbarazzato di Steve. Il ragazzo aveva allungato il braccio per stringere la mano che Jarvis gli porgeva, e lei conosceva Jarvis troppo bene da sapere che lo stava studiando con attenzione. Una volta rientrata le avrebbe fatto il terzo grado. Non avrebbe detto una sola parola ai suoi genitori, non ancora, ma a lei avrebbe fatto molte domande.  

Voleva ridere. Il modo in cui Steve aveva cercato con gli occhi il suo aiuto le aveva fatto venire voglia di ridere. Jarvis poteva anche essere più alto, ma era decisamente più vecchio e molto meno muscoloso. E sapeva come mettere in soggezione qualcuno.

“J, se continui a guardarlo così lo farai scappare e per ora non lo voglio.” Aveva porto i fiori al maggiordomo che aveva subito preso il mazzo. Li avrebbe messi in camera sua anche senza che lei glielo dicesse. Avrebbe trovato posto su uno degli scatoloni che non voleva aprire e che ingombravano la sua stanza.

“Mi sono solo presentato, signorina. Non l’ho ancora minacciato.” L’aveva guardata e poi si era voltato verso Steve ancora una volta. Lo aveva guardato seriamente e Steve aveva deglutito. “Figliolo, conosco ogni poliziotto della città, quindi non fare scherzi.”

“Steve, andiamo.” Aveva alzato gli occhi al cielo mentre si infilava il giubbotto di pelle e usciva di casa. Steve era in moto ancora una volta e lei stava amando quel veicolo. Lo aveva preso per mano e lo aveva sentito bofonchiare un saluto a Jarvis prima di seguirla. Sì, Jarvis avrebbe decisamente fatto diverse domande quando fosse rientrata.

 

❀❀❀

 

Osservava il ragazzo che le stava seduto di fronte e leggeva il menù. Vedeva le sue labbra muoversi impercettibilmente mentre osservava tutto con le sopracciglia corrugate.

Il menù era in francese. L’aveva portata in un ristorante francese e sapeva benissimo cosa stesse cercando di fare. Non era la prima volta. Non sarebbe stata probabilmente neppure l’ultima.

Cerchiamo di stupire Natasha Stark portandola a cena in un locale elegante.

Aveva appoggiato il viso sul palmo di una mano e lo guardava. Era interessante guardarlo. Aveva le spalle larghe, sembrava potesse sopportare la potenza di un uragano su di esse. E ora sembrava minuscolo mentre cercava di capire come pronunciare determinate parole. Le metteva tenerezza, tutto sommato. Poteva aver storto il naso in un primo momento quando aveva visto il posto in cui l’aveva portata. Ma stava sinceramente apprezzando il suo sforzo ora.

“Steve, è la prima volta in un ristorante francese?”

“Si nota?” Aveva alzato lo sguardo verso di lei e sembrava ancora più imbarazzato.

“No, per nulla. Stai solo leggendo quel menù come se contenesse la formula per una bomba nucleare.” Si era sporta verso di lui e aveva sorriso quando lo aveva visto arrossire. No, Steve non era come quelli che normalmente cercavano di conquistarla. Nessuno era mai arrossito per una sciocchezza simile. Nessuno era mai arrossito in generale.

“Non credevo che il francese fosse così difficile.”

“Posso insegnarti. Giusto qualcosa che potrebbe tornarti utile se mai andrai in Francia. O tornerai in un ristorante francese.” Aveva sorriso ancora. Lei parlava francese in modo fluente. Francese e diverse altre lingue. “E ora, che ne diresti se ce ne andassimo da qui e andassimo a mangiare in un altro posto? So che hanno aperto un ristorante indiano vicino a Central Park ma non ho ancora avuto occasione di andarci. Ma Rhodey, un giorno te lo presenterò, ha detto che si mangia divinamente. Quindi, se non ti dispiace la cucina etnica si potrebbe andare lì, e la cucina francese la lasciamo per un’altra volta. Anche se, in tutta onestà, non sono una grandissima amante della cucina francese. Di solito mangio cose molto più schifose e queste cose le lascio solo per quando devo accompagnare i miei genitori a qualche cena. Però devo ammettere che Jarvis prepara una bouillabaisse così buona che quella che ho mangiato a Marsiglia non può reggere al confronto.” Aveva parlato di nuovo troppo. Lo aveva notato dal modo in cui Steve l’aveva guardata. Quella era una cosa che le avevano fatto notare spesso, etichettandola come un difetto e finendo a volte anche per rinfacciarglielo.

“Sei stata a Marsiglia?”

Era stupita. Steve l’aveva ascoltata tutto il tempo. Non aveva solo fatto finta di ascoltarla.

“Sì, una decina d’anni fa con i miei. E con Jarvis e Ana.” Aveva spostato lo sguardo da Steve. Non le era mai capitato di parlare con qualcuno di quello che faceva nella vita di tutti i giorni. Solo con James Rhodes. Ma Rhodes era speciale. Rhodes era il fratello maggiore che non aveva mai avuto e lei era la sua sorellina pestifera. Glielo diceva sempre. “Siamo stati anche a Nizza e Parigi. Tre settimane.”

“Sembra bello. Con mia madre al massimo siamo stati a vedere le cascate del Niagara per il mio decimo compleanno.”

“Oh, ma sono belle anche quelle. Non sono da sottovalutare solo perché sono dietro l’angolo.” Gli aveva sorriso e si era alzata da tavola porgendogli la mano. Desiderava davvero che quella serata fosse speciale. E voleva soprattutto vedere Steve a suo agio. “Rogers, andiamo in un posto dove ti senti a tuo agio.”

“Nel pub dell’altra volta?”

Aveva sorriso di più e aveva annuito quando Steve le aveva stretto la mano.

“Se mi fanno entrare, vada per il pub.”

 

❀❀❀

 

“Oh no, il mio vestito stona con questo posto.” Si era seduta nel tavolino più nascosto che aveva trovato.

“Trovo però che ti stia molto bene.” Steve si era seduto accanto a lei, appoggiando i loro bicchieri sul tavolo. L’avevano fatta entrare solo perché aveva promesso che non avrebbe toccato alcool e perché Steve garantiva per lei. E anche perché lei aveva fatto gli occhi dolci al proprietario.

Aveva osservato per un attimo il vestito di pizzo bianco che aveva deciso di indossare. Era uno di quelli che sua madre l’aveva costretta a comprare. E che lei non aveva mai indossato prima di quel momento.

“Diciamo che è un’occasione speciale e allora ho voluto strafare. Credo ne sia valsa la pena.” Gli aveva sorriso e Steve aveva ricambiato. “Onestamente, non mi capita spesso che qualcuno mi inviti a cena. Di solito mi portano alle feste, in discoteca. E nessuno deve garantire per me sul fatto che non toccherò alcool.”

“Conosco il proprietario da anni. Per qualche tempo ho lavorato qui, anche se ero ancora minorenne. Aiutavo a sistemare il magazzino.” Steve aveva sorriso ancora, portandosi il boccale di birra alle labbra. Lei aveva dovuto accontentarsi di una Coca-Cola.

“E ora cosa fai?”

“Mh, ho una borsa di studio alla New York Academy of Art e ho appena finito il primo anno. E un debito enorme per pagare tutto il resto.” Steve le aveva sorriso, ed era un sorriso davvero puro, sincero. “E’ un sogno che ho da sempre però, e quindi non pesa neanche la pressione del debito studentesco. E la scuola è davvero ottima. Sono riuscito a trovare lavoro in una galleria d'arte per il momento.”

“Dovevo immaginare che fossi un artista dalla scelta dei fiori.” Aveva sorriso anche lei. Era intrigata da questo ragazzo. Era uscita con tantissime persone soprattutto nell’ultimo anno. Ragazzi conosciuti per lo più all’università, con cui molto spesso neppure parlava. Era solo sesso. Le sue relazioni erano state solo sesso. “Mia madre è una vera appassionata di arte. In soggiorno abbiamo un Monet originale. Magari un giorno in soggiorno appenderà qualcosa col tuo nome.”

“Sei sempre così affabile?”

“Ci provo almeno. Mia madre dice che essere una donna affabile ti apre tutte le porte del mondo. Secondo mio padre bisogna essere di ferro e spaccarle le porte se necessario.”

“Quando appare in televisione sembra affabile anche tuo padre.”

“Sembra. Hai detto la parola giusta.” Gli aveva sorriso e doveva cambiare discorso. Non voleva parlare di suo padre. Howard non era mai un buon argomento di conversazione. Ogni volta che qualcuno nominava suo padre era per chiederle un qualche tipo di favore. “Probabilmente ho preso da lui questa lingua dolciastra che sa quando fare i complimenti a qualcuno per entrare nelle sue grazie.”

“Non credo tu abbia bisogno di queste cose. I miei amici li hai conquistati con un boccale di birra?”

“E te?” Non sapeva se avesse posto la domanda giusta o meno. Forse avrebbe dovuto semplicemente stare zitta e ascoltarlo senza dover per forza dare fiato alla bocca. Solo che non sapeva come interpretare Steve. Non era stranamente per nulla facile. Sembrava nuovamente imbarazzato.

“Credo sia stato il modo in cui mi hai guardato la prima volta. Oppure il tuo sorriso mentre parlavi con il proprietario. Non sono sicuro quale dei due esattamente, ad essere sincero.”

“Grazie per quella sera. Non sono mai stata molto brava nello scegliermi i ragazzi con cui uscire.” Avrebbe osato. Doveva osare. Aveva allungato una mano e aveva sfiorato quella di Steve. E lui l’aveva girata per poter stringere la sua.

“Hai solo 17 anni.”

“Questo rende tutto molto peggiore.”

“No, questo spiega le tue scelte sbagliate.” Le aveva sorriso di nuovo. E questa volta lei aveva agito.

Si era sporta completamente verso Steve Rogers e coglionendolo di sorpresa lo aveva baciato, sperando con tutta sé stessa che non fosse anche questa una scelta sbagliata.

 
   
 
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