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Autore: Phoenix93    21/05/2018    1 recensioni
La tranquilla e bella Grecia arcaica sembra essere scossa dal profondo. Meteore squarciano i cieli e vortici sfregiano i mari. Un evento di portata epica sta per accadere: La rinascita dei Titani. La terra era ormai in lotta con sé stessa, i mostri dimostravano una ferocia inaudita e gli dei dovettero reagire. Fu così che la vita di un giovane contadino dell’Arcadia venne stravolta completamente.
Genere: Azione, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo VIII: Un patto con le stelle
 
Damos si studiò nuovamente il braccio che, dopo qualche minuto di apparente normalità, ora era completamente nero e raggrinzito.
- Andiamo è solo un incubo, un incubo incredibilmente reale ma è un sogno! - cercò di rassicurarsi il ragazzo che ormai aveva il volto sfigurato dal terrore e dalle lacrime che scendevano copiose.
Ahmed si limitava a ridere e ad armeggiare con la lancia.
- Tranquillo, troveremo una soluzione per il tuo... problema! - tentò di rasserenarlo Alex.
- Già, un braccio senz'anima non è poi così grave! - gli fece eco Amir, Damos scelse di ignorarli. Non comprendevano il valore della sua perdita, nessuno lo capiva.
Lui, che non aveva mai avuto alcuna grandissima pretesa, si era ritrovato ad essere il prescelto di Demetra e questo era anche riuscito a digerirlo, ora però si trovava costretto a rinunciare al suo passato. Non avrebbe mai più lavorato i campi, tutto per colpa di quel ragazzo che ora rideva placido come un bambino dopo uno scherzo ben architettato.
Lo odiava. Odiava quella lama che aveva reciso non soltanto la sua anima, ma anche il suo passato. Era fremente di rabbia, voleva ucciderlo, ma tutto d'un tratto il suo corpo si rifiutava di muoversi.
- Lo giuro sull'Olimpo: ti spedirò nel Tartaro! - ringhiò il ragazzo al culmine dell'ira. Ahmed sorrise, quindi rispose pacatamente.
- Il Tartaro dici? Ho già solcato quelle vie! Non mi spaventi, sei solo un cucciolo ferito che abbaia e ringhia ma che in realtà trema di paura. -  
A queste parole Alex preparò la spada. Un’enorme lama rosso cremisi di energia che sormontava il giovane comparve in pugno al braccio destro, con uno scatto poderoso si gettò sul nemico.
- Vediamo chi è il cucciolo impaurito ora! - urlò mentre la lama si abbassava e si incrociò con la lancia doppia di Ahmed sprizzando una pioggia di scintille; in quello stesso istante uno sciacallo avvolto in bende di lino e riccamente adornato si materializzò dall'ombra e si avventò sul ragazzo che, concentrato sul duello con Alex non poté fare nulla per impedire all'animale di squarciargli la veste e aprirgli un orrendo taglio sul torace.
Per un attimo il nemico sembrò prostrarsi a terra dolorante.
- Fratello e quel maledetto cagnaccio di Anubi, vi odio entrambi! E sia, basta con i giochetti: vi mostrerò il VERO potere di un tatuaggio titanico! - urlò dolorante e fuori di sé, come pervaso da una follia che non gli si addiceva.
- Un... tatuaggio titanico?! Non avrai...? - Amir era sconvolto, non sapendo se provare rabbia verso il fratello maggiore o compassione.
- Sarebbe carino se spiegassi queste cose anche ad un umile contadino. - era la prima volta che Damos si rivolgeva al suo maestro con quel tono, ma era convinto che se stava per morire la cosa non avrebbe avuto molta importanza.
Amir non si curò del tono del suo allievo e rispose con tono forzatamente calmo, - I tatuaggi dei titani sono i sigilli più antichi, il loro potere deriva dai titani ed è... -Amir si bloccò prima di finire il discorso come bloccato nel tempo, così come ogni altra cosa nella stanza, perfino le fiamme del camino che illuminavano la stanza erano immobili, perfettamente ferme, mentre guizzavano avvolgendo i ceppi di legno che ardevano. L'unico in grado di muoversi era Ahmed, il cui occhio sinistro brillava come un rubino.
Da lui si estendeva una cupola d'oro che aveva avvolto l'intera stanza, - Allora, cosa ne pensate del mio potere? - il ragazzo ridacchiò ricordandosi che i presenti non potevano rispondere.
Prese quindi a misurare la stanza a passi leggeri, quasi insicuro sul da farsi. Fu in quella situazione che Damos, ancora bloccato nel tempo come se fosse trattenuto da enormi catene, avvertì un'eco nella sua mente: era un flebile sussurro, una voce antica che aveva già sentito tempo addietro: il giorno in cui gli uccelli dello Stinfalo1 attaccarono il villaggio, anche se allora era stato solamente un sogno con uno strano simbolo, invece ora era la prima volta che la udiva da sveglio e Damos non era intenzionato a lasciarsi sfuggire l'occasione di capire chi, o che cosa, lo aveva messo in guardia salvandogli la vita. L'unico problema stava nel fatto che era bloccato nel tempo e che nel giro di qualche secondo sarebbe morto. "Che altre opzioni ho? mal che mi vada morirò ", cercò di isolare la sua mente da tutto il resto concentrandosi solo sulla voce che continuava a chiamarlo; più si isolava dalla realtà, più il mondo intorno a lui si faceva buio e confuso. In un primo momento il ragazzo riuscì ancora a scorgere le ombre di ciò che accadeva dentro quella misera casa: i suoi amici alla mercé di Ahmed che si aggirava inquieto per la stanza erano ombre sfumate e tremolanti come se fossero le fiammelle di una candela, poi tutto divenne buio e la voce che lo chiamava quasi assordante.
- Fantastico, tanta concentrazione per nulla! - era indignato, si era perso nella propria mente o c'era qualcosa di più? Quel viaggio gli sembrava così reale: avvertiva il freddo pungente sul suo viso e la solitudine di quel luogo.
Incapace di tornare indietro, Damos si accorse che il suo corpo non era più sotto il potere del tatuaggio titanico, quindi si incamminò verso quello che credeva essere l'occidente. "Se non posso tornare in Egitto proverò a tornare in Grecia" si disse, camminò per delle ore o almeno a lui sembrarono tali, fino a quando non si ritrovò dinanzi ad un magnifico palazzo di marmo bianco ed argento.
Il ragazzo si avvicinò con circospezione alle porte finemente lavorate che ritraevano scene di placide notti, pastori che pascevano le greggi al chiaro delle stelle, una nave greca che solcava le acque guidata dalla stella polare e l'immagine più bizzarra che Damos avesse mai visto, era come se l'immagine incisa sull'argento si muovesse: una grande sfera era fissa mentre altre nove più piccole le gravitavano intorno.
Il ragazzo stava ancora ammirando quello spettacolo quando un vecchio dalla lunga barba bianca curata e i capelli ancora folti e del medesimo colore, vestito di una semplice toga bianca, aprì le porte.
-Oh Damos sei qui finalmente- disse in tono gentile mentre i suoi occhi di un blu così intenso da poter essere scambiati per zaffiri cercavano cosa incuriosisse il giovane ed esclamò divertito
- Eh sì, il sole. La mia creazione più bella: lui fermo e gli altri pianeti vi girano intorno come in una perfetta danza per omaggiare il loro signore. –
- Il sole?! Si sbaglia signore! È la terra ferma e gli altri pianeti, compreso il sole, vi girano attorno! - rispose incredulo.
Il vecchio rise, fu come se la fresca brezza notturna lo avvolgesse ritemprandolo.
- Bah! Quello stolto di Tolomeo si sbaglia ragazzo! Credimi l'ho creato io l'universo e ne capirò più di un mortale, non credi? –
Damos rimase interdetto da quella rivelazione. “L'ho creato io l'universo", non poteva essere possibile! Secondo quello che aveva letto al tempio fu Urano a creare l'universo ma era morto, ne era certo.
- Cosa ti succede ragazzo? Sembra che tu abbia visto un’ombra2! - sorrise il vecchio.
- Beh... sì ehm... no volevo dire: ma se lei è Urano dovrebbe essere morto...- fu solo questo ciò che riuscì a farfugliare. Il vecchio lo studiò con occhi giocosi, quindi rise a crepapelle.
- Bene, ti do un più per l'intuito ma ti do uno zero spaccato per la stupidità! Andiamo ragazzo, come si può uccidere il cielo? Sì, devo dire che quel bastardo di mio figlio mi ha fatto male sminuzzando il mio corpo fisico ma come vedi sono qui! –
Damos era disorientato, quello che stava succedendo era reale o stava solo sognando a occhi aperti? Ma soprattutto, un dio gli aveva dato uno zero?! Ma i suoi pensieri furono frenati dal titano che lo invitò ad entrare.
- Abbiamo perso fin troppo tempo, è giusto che ti spieghi il perché di questa convocazione. - gli disse conducendolo per i corridoi fino ad un immenso salone tappezzato con un tappeto blu scuro, ma avvicinandosi il ragazzo capì di cosa si trattava: era l'intera volta celeste, con tanto di costellazioni ed astri. Era uno spettacolo mozzafiato. Al centro di quel salone maestoso, che era riscaldato da diversi bracieri nei quali sfarfallavano fiamme azzurre, vi era un elegante tavolo candido. Urano gli fece segno di accomodarsi su un guanciale già preparato per loro, uno di fronte all'altro.
- Gradisci qualcosa? - Damos non ci aveva fatto molto caso ma era da quasi un giorno che non mangiava
- Volentieri, grazie! - il titano chiamò qualcuno, – Kathlina, servi il nostro ospite se non ti spiace! - il tono gentile fece sentire il giovane a casa. Avvertì un calore che non provava da mesi, dal giorno in cui il suo villaggio venne raso al suolo. Una ragazza dalla pelle candida, forse un po’ troppo: la ragazza era pallida quanto la luna e i suoi capelli biondo platino lo erano quasi di più, portava con sé un vassoio d'argento con sopra un piatto ed una brocca. Kathlina servì al ragazzo una coppa di vino e uno strano piatto: una schiacciata di pane di farro lievitato cotta su delle braci e quindi condita con formaggio di capra, erba cipollina ed olio; il ragazzo assaggiò quel nuovo piatto con titubanza ma non appena ne ebbe assaggiato un pezzo si rese conto che era la cosa più buona che avesse mai assaggiato.
- Per gli astri! L'appetito non ti manca di certo! - il vecchio titano rise di cuore.
- Non certo con cibo così buono! - rise il contadino.
-è un piatto inventato in Egitto ma perfezionato dai discendenti di Enea3, la chiamano Pitta e significa schiacciata. – Spiegò la ninfa celeste4
- Torniamo a noi: ovviamente sai che i titani si stanno risvegliando ma ti avverto, forze ben più antiche di noi titani stanno tornando! - annunciò con sorprendente serietà, tanto che Damos dubitò che quello fosse lo stesso Urano di pochi istanti prima.
- Forze più antiche? Quali? Di cosa sta parlando? - gli chiese il ragazzo, ma il titano si lasciò sfuggire un sospiro sconfortato
- Ci sono cose che né io né le Moire5 possono rivelare. - Damos era confuso e disorientato, aveva sempre pensato ai titani come ad una forza insormontabile, - quindi ogni speranza è persa? –
Urano scosse la testa, -il futuro è insondabile ma oggi voglio darti una nuova speranza: hai sentito Ahmed parlare di tatuaggi titanici ma sai che cosa sono? -
Damos non rispose, non ne aveva bisogno. Urano sorrise cortesemente. - Lo immaginavo, devi sapere che è il sigillo divino più potente, ma anche più pericoloso, esistente. Il titano e il suo protetto stringono un patto e se una delle due parti trasgredisce la morte sarà ben misera cosa in confronto a ciò che lo aspetta. Se il tatuaggio viene distrutto il protetto muore ed il suo ricordo verrà cancellato dalla storia. –
Damos cominciava a capire dove voleva andare a parare, voleva stringere un patto.
- ...ma per far ciò bisogna che il protetto abbia subito una perdita permanente. Cosa ne pensi, Damos? Vuoi fare un patto con le stelle? –
- Non lo so, perché proprio io? Sembra che nessuno lo voglia capire ma sono solamente un contadino, non ho mai chiesto tutto ciò! –
Urano annuì comprensivo. - Lo so umano, tu volevi solo la tua vita ma sei tu la chiave per vincere la guerra che avrà luogo. In te si cela l'armonia! La terra e il cielo di nuovo uniti dopo che Gea ordinò la mia morte.
La mia non è una proposta, è la tua unica via di scampo da Ahmed. Ragazzo, se tu fai sì che questa crisi passi io ti ridarò più o meno la tua vita passata, che ne pensi? –
Il giovane rifletté a lungo sulla proposta, quindi rispose. -E sia. Ma come mai più o meno? Sei un titano i tuoi poteri sono illimitati. - Rispose scosso.
- Te ne renderai presto conto del perché. - la sua voce tremava e Damos giurò di aver visto lacrime solcare il suo viso.
- Molto bene! Il nostro commiato è agli sgoccioli! – il titano prese il braccio privo di anima del giovane e pronunciò qualche parola, infine disse: - per te il cielo sarà una dimora sicura. Sacro a Demetra in te ripongo la mia fiducia. Ricorda: il tatuaggio si nutrirà sempre della tua concentrazione, non solo quando lo userai. -  gli diede una forte pacca sulle spalle.
- Avresti dovuto dirmelo prima, non credi vecchio?! -urlò il contadino ma il mondo intorno a lui sbiadì sostituita dalla consueta casetta egiziana con Ahmed chino su di lui che lo studiava con rinnovato interesse, i suoi amici ancora paralizzati nella stasi temporale e la sua mano destra sembravano andate a fuoco come pure la sua anima sembrava venisse legata da una possente catena. Sul dorso della sua mano scintillava l’emblema di Urano.
 
Glossario:
1Uccelli dello Stinfalo: Mostruosi uccelli dalle piume di bronzo e artigli in acciaio che abitavano la regione paludosa dello Stinfalo, la loro uccisione era una delle dodici fatiche di Eracle.
2Ombra: Secondo la credenza classica le anime dei morti nell'Ade diventavano ombre: esseri incorporei e quindi condannati per i loro crimini, sono il corrispondente dei nostri fantasmi.
3Enea: Figlio di Afrodite e di Anchise, fu uno dei troiani che sopravvisse alla guerra di Troia, dopo una serie di avventure raccontate ne "L'Eneide" giunse in Lazio e qui fondò Roma, quindi Kathlina si riferisce ai latini.
4Ninfa Celeste: Le ninfe erano dee minori della natura, avevano l'aspetto di ragazze sempre giovani, le ninfe celesti è la famiglia delle ninfe del cielo.
5Moire: Le moire sono le tre dee del destino, si occupavano di creare misurare e tagliare il filo della vita di ogni mortale.
 
   
 
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