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Autore: venusx    26/05/2018    0 recensioni
E se...?
Dopo anni dalla catastrofe del Titanic Rose si trova a dover fare i conti con i propri demoni: i suoi stessi ricordi.
"Sto camminando da un bel po', ma il paesaggio non varia. Tombe diafane si susseguono in uno schema ricorrente. L'ordine mi rende inquieta. Il prestabilito, le norme da seguire, mi fanno sentire in trappola. Sto sudando freddo. Ho paura.
Finalmente arrivo alla mia destinazione. E' la sua tomba. La foto ritrae il suo viso da giovane, proprio come lo ricordo io. Guardare mi fa male. Un male cane, i ricordi mi colpiscono come cento coltellate all'addome. E' un incubo ricorrente; quella notte."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rosalinda Dewitt Bukater | Coppie: Jack Dawson/Rosalinda Dewitt Bukater
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sono sempre stata una bambina un po' ansiosa. Sin da piccola, tutte le aspettative, le imposizioni, il dover seguire le regole, mi avevano tediato il cervello. E, per evitare di ascoltare poi le lamentele di mia madre se mi fossi “rovinata” le labbra ancora una volta, continuando a mordicchiarle; avevo escogitato un metodo tutto mio per lenire lo stress nelle situazioni in cui mi sentivo tesa.

Semplicemente, distraevo l'attenzione. Elencavo tutti i colori che vedevo intorno a me, in ordine cromatico, fino a quando non pensavo più a ciò che mi preoccupava.

 

Feci un bel respiro. Rilasciai fuori l'aria.

Bianco. Qui intorno ora è tutto bianco.

Sto camminando da un bel po', ma il paesaggio non varia. Tombe diafane si susseguono in uno schema ricorrente. L'ordine mi rende inquieta. Il prestabilito, le norme da seguire, mi fanno sentire in trappola. Sto sudando freddo. Ho paura.

Finalmente arrivo alla mia destinazione. E' la sua tomba. La foto ritrae il suo viso da giovane, proprio come lo ricordo io. Guardare mi fa male. Un male cane, i ricordi mi colpiscono come cento coltellate all'addome. E' un incubo ricorrente; quella notte.

Nero. Qui intorno ora è tutto nero.

E fa freddo. Tanto freddo. Non ricordo di aver mai provato una sensazione del genere. Non è la stessa sensazione di quando per esempio prendi il ghiaccio tra le mani dopo aver scordato i guanti. No, è diverso. E' come se questo gelo ti annientasse. Ti addormentasse le membra e la mente. Restare svegli è difficile, soprattutto quando la morte è così tentatrice. Dicono che il vero codardo non sia chi teme la morte, ma chi si abbandona ad essa e smette di cercare una via d'uscita. Nonostante il dolore mi divori piano a piano il cervello non sono disposta a mollare. Non finché Jack è qui con me. Continua a parlare, uno strenuo tentativo di riscaldarsi, mormora parole di conforto.

“Va tutto bene Rose, ce la caveremo. Torneranno indietro, lo faranno.”La sua speranza sembra sincera, autentica.

Blu. Qui sopra è tutto blu.

Continuo a fissare il cielo ed a cantilenare. Non metto più a fuoco: Fisso il nulla. Jack non parla più, da un bel po' ormai. E' la mia mente ora che si auto convince “Torneranno, presto torneranno” solo che, a differenza di Jack, non so se io ci creda davvero. In realtà ormai non penso più.

“Sto morendo” Mi dico poi. La mia mano è ancora stretta in quella di Jack. Buffo. Jack. Andrà proprio come ci eravamo promessi “Salti tu, salto io, giusto?” mormoro tra me e me. Sto singhiozzando. Non voglio lasciarti, Jack.

Lui mi sente, sa che sto mollando. Voglio che senta cosa provo. “Ti amo, jack” Voglio dirglielo, prima di morire.

“No Rose, no.” Mi interrompe lui. Sembra aver come d'un tratto recuperato le forze.

“Non puoi dire addio Rose. Non puoi, tu devi vivere. Devi continuare Rose. Non morirai qui, non ora. Ti sposerai... avrai tanti di quei figli... tu vivrai.” Lo fisso. Poggio la mia fronte sulla sua, e non posso far altro che rimanere così. Tremo, ansimo, Non riesco neanche a piangere. Non sono preoccupata per me. Non mi importa. Se vivrò, se mi sposerò, se morirò, non ne voglio sapere nulla. Jack non ha detto ce la faremo, stavolta. Ha detto ce la farai.

Viola. Le sue labbra sono viola.

Ora il suo viso è cereo. Le palpebre sono chiuse, scosse ogni tanto da qualche fremito. Le mie gambe due pezzi di ghiaccio, le sue non posso vederle, mi chiedo se se le senta ancora. Mi chiedo se sia ancora capace di provare qualcosa.

Ora guardo in alto. E' finita. Mi dico. Tra poco finirà. Non riuscirò mai a sapere nient'altro su Jack. Non vedrò come potremmo vivere, insieme, nel vastissimo mondo che fino a due ore prima ci appariva così a portata di mano. Non potrò invecchiare insieme a lui. Non lo amerò con l'amore di una donna che ha amato suo marito per sessanta lunghi anni. Come lo chiamano? Destino? Sventura? Fato? Non so perché le cose accadono. So solo che Jack mi ha insegnato a non arrendermi ad esse, ma mi appare quasi impossibile non farlo.

Giallo. E' tutto così luminoso qui.

Vedo una luce, si muove ad intermittenza, va veloce, sento delle voci. Mi giro verso Jack. Alzo il viso, il suo è immobile.

“Jack?” Chiamo.

Non risponde. Il mio cuore sprofonda. Si ferma, stenta a ripartire. Singhiozzi incontrollabili mi prendono tutto il corpo.

“Non puoi morire ora, Jack. Non ora. Siamo salvi, possiamo vivere. Ti prego, Jack, ti prego”

“Non puoi lasciarmi, non puoi!” Urlo. Non mi sentono. Non mi sente neanche lui.

Afferro la sua mano, è gelida. La stringo e la strofino nella mia.

“Jack...” mormoro.

“Rose...”

“Jack?” Mi esce un singulto strozzato. “Jack!” Lui farfuglia qualcos'altro. E' ancora vivo. E' ancora qui. Io gli ancoro la mano alla porta.

“Ti prego resta qui, tieniti.” Gli intimo.

Mi tuffo nell'acqua ghiacciata, nuoto ed arrivo al cadavere dell'ammiraglio morto. Gli stacco il fischietto dal collo ed inizio a soffiare, non smetto finché la scialuppa non mi si trova affianco. Gli indico Jack. Sta tremando, ma è ancora vivo.

Ci raccolgono entrambi dal mare gelido, avvolgendoci in coperte. Noi siamo immobili, non fiatiamo.

“Rose...” Mi chiama con un filo di voce Jack, affianco a me.

“Ti amo.”

E poi non sento più nulla.

 

Azzurro. Qui in alto è tutto azzurro.

Riabbasso la testa sulla tomba. E' ora che io faccia ciò che sono venuta a fare.

“Ciao Cal.” dico. “Sono passati ben cinque anni da quella notte. Tu moristi quel giorno. Ti buttasti giù da una scialuppa. Ricordo bene quando me lo dissero. Stetti lì lì per vomitare. Anche tu provavi rimorsi Cal, anche tu eri umano, dentro, da qualche parte, la tua bontà doveva solo essere tirata fuori da qualcuno. Mi dispiace non aver potuto essere quel qualcuno Cal. Ma come avrei potuto ritenermi in grado di salvare te, quando io stessa dovevo essere salvata? Mi dispiace anche non essere venuta prima. Ma... avevo paura questa visita mi avrebbe riportata sul Titanic, mi avrebbe ricordato l'agonia ed il dolore. E così è stato. Ma ho deciso di affrontarlo, e di guardarlo in faccia. Non tornerò più Cal, quindi... Addio. Mi dispiace.”

 

Verde. Blu. Rosso. Arancione. Rosa. Bianco. Giallo.

Qui fuori è così vivo.

Lui mi viene incontro. Ha i soliti occhi blu che brillano di quella luce maliziosa ed intraprendente che ti spinge a voler fare di più, ad aspirare ad un simile spirito.

Mi fermo e lo guardo circospetta. “Tu che ci fai qui, scusa?” chiedo, punzecchiandolo con una delle mie occhiatacce.

“Non eravamo rimasti d'accordo che sarei andata da sola? E nostra figlia? Dove l'hai abbandonata?”

“Che bella considerazione che hai di tuo marito!”

“E' viva e vegeta, con la zia Betty.”

“Uhm, meglio così, per te” asserisco io. Mio marito si avvicina, circospetto; ha paura io sia arrabbiata, non sa quanto in realtà mi faccia piacere averlo qua. Oppure lo sa, e si diverte a stuzzicarmi. Ma stavolta glielo lascerò fare.

Ormai è a meno di mezzo metro da me. Mi afferra il braccio e mi attira a sé.

“Non dovevi per forza venire...” farfuglio, con la testa sprofondata nel suo petto.

“Salti tu, salto io, giusto Rose?” Alzo lo sguardo, e sorrido.

“Giusto.”

 

 

  
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