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Autore: pattydcm    26/05/2018    6 recensioni
Un ragazzo è stato trovato morto nella Spa di un hotel super lusso e il direttore ha chiamato Sherlock e John ad indagare sul caso. Le indagini, però, prenderanno una piega imprevista che porterà John a dover lottare per salvare Sherlock.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Sherlock Holmes
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao a tutti :-)
Questa settimana ho sentito il bisogno di prendermi una pausa dalla fan fiction alla quale sto lavorando, ‘Hasta la verdad, siempre!’ e, approfittando di una chiacchierata fatta con un mio amico maestro di sauna, ho deciso di cimentarmi in una one shot che spero potrà essere di vostro gradimento.
Ovviamente questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Sir Arthur Conan Doyle e la BBC nella trasposizione realizzata da Steven Moffat e Mark Gatiss. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma per il puro piacere di scrivere e di raccontare. Mi farà piacere leggere le vostre recensioni e spero la storia vi piaccia
Buona lettura
Patty
 
 
Aufguss
 
Lividi sul bicipite sinistro. Segni netti di quattro falangi. La vittima è stata strattonata per il braccio. No. Qualcuno l’ha trattenuta. Ha opposto resistenza e l’assassino ha stretto il bicipite con forza maggiore. Un segno scuro sul volto, all’altezza della bocca. Copre la guancia sinistra. Con l’altra mano l’assassino ha tenuto la testa della vittima premuta contro una superficie. È presente una lacerazione all’attaccatura dei capelli sopra la tempia destra.
<< John, dammi un parere >>.
Sherlock si alza in piedi e ripone la lente nell’astuccio. Toglie la giacca e la getta a Lestrade che l’afferra al volo, colto alla sprovvista.
<< Perchè fa così caldo qua dentro? >> ringhia il consulente sbottonando i primi tre bottoni della camicia viola.
<< Siamo in una sauna, Sherlock >>.
<< Sarebbe il caso la spegnessero, data la presenza di un corpo. Il calore eccessivo altera le condizioni del cadavere, non lo hanno insegnato ai tuoi uomini? >> dice gettando un’occhiata di disprezzo ad Anderson appoggiato allo stipite della porta della sauna.
<< E’ spenta, genio. Solo che il calore ci mette un po’ ad andarsene. Non te lo hanno insegnato a scuola? >>.
<< Philipp taci >> lo incenerisce Lestrade. Anderson risentito del richiamo si allontana dalla porta. << Sherlock dimmi quello che sai, non ho tutto il giorno e sto morendo di caldo >>.
<< Anche io >> sbotta Sherlock tergendo la fronte col dorso della mano. << John? >>.
<< Arresto cardiaco >> risponde il dottore tornando in piedi. << Potremmo esserne certi solo dopo l’autopsia, ovviamente, ma posso dirmi sicuro sia morto a seguito di un arresto cardiaco >>.
<< Oh, quindi non ha retto al calore >> ribatte Greg grattandosi una tempia.
<< Per tua fortuna, no, Gavin, altrimenti dovresti fare i conti con l’avermi fatto venire fin qui a sudare per un banale infarto? >> ruggisce Sherlock strappando la sua giacca dalle mani di Lestrade.
<< Ehi, ehi, sta calmo! Non ti ho chiamato io, è stato il direttore della Spa a chiedere di te >>.
<< Oh, ma davvero! >> esclama teatralmente. << Cos’è una Spa? >> chiede a John sotto voce uscendo dal locale afoso.
<< Il posto in cui ci troviamo >>.
<< E perchè chiamarla Spa se è una sauna? >>.
<< Ma no! >> sospira John portano la mano a coprire gli occhi. << Una Spa è un centro benessere, un posto dove le persone vanno a rilassarsi, fare massaggi, la sauna, bagno turco e tante altre cose di questo tipo >>.
<< Un posto dove si perde tempo, insomma >>.
<< Dal tuo punto di vista sì, Sherlock >>.
<< Perché tu da che punto di vista la vedi, questa roba? >>.
<< Da un punto di vista interessante. Farebbe bene anche a te rilassarti ogni tanto. Non è male come sembra >>.
<< Non posso credere che tu… >>.
<< Ok, ok, ragazzi rimandate a più tardi le vostre discussioni >> li interrompe Lestrade seguendoli fuori dalla sauna. << Hai detto che non è morto per un colpo di calore, Sherlock >>.
<< Ma certo, è evidente >>.
<< Non per noi >> sospira John.
<< Oddio, come siete ciechi >> ribatte scuotendo il capo con fare teatrale. Afferra John per un braccio e lo porta al muro. << La vittima presenta dei lividi ben evidenti sul bicipite sinistro >>, dice afferrandogli il bicipite con la mano, << segno che è stata trattenuta con forza da una mano che deduco essere maschile. Ha anche un livido meno marcato ma comunque visibile sulla guancia sinistra, cosa che ci dice che l’assassino deve averlo tenuto in questo modo >> dice posando la mano sinistra contro la guancia di John, colto alla sprovvista. << E un altro sulla clavicola destra dove appoggiava il gomito >> dice addossandosi a John. << Da qui è possibile dedurre che premesse su di lui con una notevole forza. Devo andare avanti o è abbastanza chiaro? >> dice guardando prima Greg alle sue spalle poi John dinanzi a lui.
<< L’arresto cardiaco è stato quindi causato da una lite avuta con un altro individuo? >> ipotizza Greg. Sherlock sospira e dopo aver alzato gli occhi al cielo li posa su John.
<< Dammi qualche soddisfazione almeno tu >> gli dice continuando a tenerlo al muro.
<< Più che una lite a me sembra un’aggressione >>.
<< Molto bravo >> dice picchiettandogli la guancia con la mano sinistra.
<< Un tentativo di furto, quindi? >>.
<< Oddio, Lestrade, ma non ci arrivi? >> sbotta Sherlock allontanandosi da John. << Contro il muro, un braccio bloccato, il volto schiacciato contro la parete al punto da creare una lacerazione alla tempia destra e, soprattutto, il gomito dell’assassino premuto contro la clavicola della vittima per un tempo sufficientemente lungo da lasciare un altro segno! No, non si tratta di furto >> grida e solo dopo un attimo di confusione vede il volto di Greg aprirsi in una comica espressione di stupore. << Meglio tardi che mai, Scotland Yard! >> esclama facendosi aria con la mano. << Quello che non capiremo mai è se il nostro giovane Howard Byron è stato consenziente o meno. Fai raccogliere dai tuoi uomini tutti i vestiti e gli asciugamani. Ci troverete sicuramente fluidi corporei inequivocabili. Anche sul corpo, ovviamente. L’arresto cardiaco lo ha colto prima che potesse entrare nella doccia, per nostra fortuna >>. Sherlock si affretta ad uscire da quell’ambiente caldo e snervante.
<< Aspetta! >> dice Greg bloccandolo per il braccio. << Come puoi essere sicuro che sia un’aggressione e da parte di un uomo? >>.
<< Perché secondo te cosa potrebbero essere? >>.
<< I segni lasciati da una donna durante un normale incontro occasionale >>.
Sherlock lo fulmina con gli occhi e si allontana a grandi passi.
<< Ehi, dove vai? >> grida Greg.
<< Nel luogo in cui si è svolto il fatto >>.
Greg e John si scambiano un’occhiata e rassegnati lo seguono tenendo il passo.
<< Questo posto è pieno di telecamere >> dice Sherlock che ha tirato su le maniche e sbottonato altri due bottoni della camicia. << Ce n’è una ad ogni ingresso >> le indica col dito. << Ma può esserci solo un posto in cui non ci sono >>.
<< Gli spogliatoi >> annuisce John strappandogli un sorriso soddisfatto.
<< Esatto >> dice dirigendosi allo spogliatoio degli uomini. << Restate lì fermi e non toccate nulla! >> intima loro entrando. Prende la lente dall’astuccio e questa volta è il turno di John di prendere al volo la sua giacca. Inizia a scandagliare tutte le pareti e solo quando giunge a quella più lontana dalla porta d’ingresso si ferma vittorioso.
<< Eccolo qui! >> esclama indicando un piccolo segno sulla parete immacolata.
<< E sarebbe? >> chiede Greg .
<< Questo, mio caro detective, è il luogo in cui è avvenuto il fatto e questo >>, indica la macchiolina, << è il sangue della tua vittima infartuata. Manda qualcuno per i rilievi, almeno questo penso siano capaci di farlo i tuoi uomini >> dice riprendendo la giacca dalle mani di John. << Come potete vedere questo è l’angolo più appartato dello spogliatoio. Non si è subito sorpresi da eventuali altri avventori ed è abbastanza lontano dalla porta per rendere inudibile qualsiasi tipo di rumore. Piacevoli o spiacevoli che siano >> aggiunge facendosi aria con la mano. << Il fatto che si trattasse di un uomo e non di una donna è chiarito non solo dalla dinamica che emerge dalla posizione dei lividi. Non sono un esperto, ma penso che l’azione più naturale sia quella di spingere la donna contro il muro e non il contrario e anche si volessero fare acrobazie credo che una donna non posizionerebbe le mani a quel modo sull’uomo che la sorregge. Se questo non basta a convincervi, come potete vedere sono presenti due tipi di impronte >>, continua additando il pavimento subito sotto il segno rosso lasciato sulla parete, << entrambe molto grandi e anche volessimo ipotizzare la presenza di una donna, beh, penso avremmo dovuto trovare una sola impronta anziché entrambe e non posizionate in questo modo >>.
<< Ok, ok, Sherlock mi hai convinto. Howard Byron si trovava qui con un uomo. Vai a capire se aggressore o amante occasionale >>.
<< Felice tu ci sia arrivato >> sbotta passando una mano a togliere il sudore dal viso prima di farsi nuovamente aria.
<< Sicuro di stare bene? >> gli chiede John preoccupato.
<< Ti risponderò quando saremo fuori da qui a temperature più umane! >> ribatte acido.               << Scandagliate i filmati delle telecamere, soprattutto di quella posta qua fuori, e troverete il vostro altro uomo. Dovreste essere capaci di interrogarlo e capire se avete a che fare con uno stupratore o con un amante occasionale talmente focoso da fare infartare il suo compagno >>.
Esce dallo spogliatoio intenzionato a levare le tende da lì, ma trova la strada bloccata da un ometto piccolo con una notevole pancia e una pelata lucente. Lo guarda con occhi enormi visibilmente scosso.
<< Ehm, signor Holmes? >> gli chiede con voce incerta.
<< Oh, ecco il mio cliente! Fa decisamente troppo caldo qui, sa? >> lo aggredisce.
<< Beh, signore, siamo in una Spa >>.
<< Ancora con questa storia! >> grida levando le mani al cielo.
<< Sherlock, datti una calmata >> giunge al suo fianco John. << Lo scusi, il caldo gli da alla    testa >> dice porgendo la mano al direttore presentandosi.
<< Oh, dottor Watson, i miei complimenti per il suo blog. Ho chiesto all’ispettore Lestrade di contattarvi perché voglio solo i migliori per risolvere questo fatto increscioso >>.
<< Il fatto increscioso è stato appena risolto >> lo interrompe Sherlock. L’ometto si apre in un sorriso luminoso.
<< Oh, davvero? Signor Holmes, sapevo di aver fatto la scelta giusta chiamandola. Posso, quindi, rassicurare i soci fondatori del fatto che si è trattato di un incidente? >>.
<< Non so se è stato un incidente >> ammette togliendo la camicia. John porta la mano sugli occhi: ci mancava solo lo striptease sulla scena del crimine.
<< Sherlock, non ti sembra di esagerare? >> gli sussurra dandogli di gomito.
<< John, ho caldo! Mi si stanno fondendo i neuroni >>.
<< Ehm, forse è meglio continuare la nostra conversazione nel mio ufficio >>  suggerisce il direttore.
<< Non ho altro da dirle. Dovrà aspettare i risultati dell’analisi dei video delle telecamere interne e quelli potrà averli direttamente da Scotland Yard >>.
<< Mi permetto di insistere, signor Holmes >>.
<< La seguiremo volentieri nel suo ufficio direttore >> si intromette John, impedendo a Sherlock di dire la sua. Il consulente gli scocca un’occhiata furiosa che il dottore sostiene senza problemi.
<< Oh, benissimo! Seguitemi >> dice allegro l’ometto facendo loro strada.
John invita con un gesto della mano il suo collega a seguire il loro cliente. Il suo sguardo non lascia spazio a repliche e, per quanto il consulente tenti di puntare i piedi, quando la mano che invita si trasforma nell’indice che ordina alza gli occhi al cielo e si decide a muoversi.
Entrano nell’ascensore e il direttore estrae una chiavetta dalla tasca dei pantaloni e la inserisce nella serratura presente sulla pulsantiera. L’ascensore si muove lento fino all’ultimo del palazzo di sei piani in cui si trova questo hotel super lusso di ultima generazione. Il corridoio in cui si aprono le porte è illuminato da tante applique a ventaglio che gettano fasci di luce gialla sulle pareti bianche, creando un contrasto con la moquette bordeaux che poco piace al consulente. La temperatura, però, è decisamente più fresca.
<< Direi che puoi pure rivestirti >> gli sussurra John ottenendo in risposta uno sbuffo e l’assoluta intenzione di non seguire il suo consiglio.
Con un’altra chiave nascosta in un mazzo considerevolmente numeroso, il direttore apre la porta imponente del suo ufficio e fa strada all’interno. Le pareti bianche sono cariche di librerie che ospitano però pochi libri. Un grosso quadro, che sicuramente nasconde una cassaforte, troneggia alle spalle della scrivania in legno pregiato dietro la quale si accomoda l’ometto. Invita loro a prendere posto alle due sedie.
<< Signor Holmes, poc’anzi mi ha detto di non sapere se il ragazzo ritrovato dall’addetta alle pulizie stamattina sia o meno morto di morte naturale, ho capito bene? >>.
<< Sì, ha capito bene. Howard Byron presenta dei lividi che potrebbero indicare un’aggressione come essere la conseguenza di un rapporto occasionale consumato negli spogliatoi la sera prima. Una volta visionati i filmati, trovato l’uomo che si è intrattenuto con la vittima e averlo sottoposto a interrogatorio, l’ispettore Lestrade la metterà al corrente di come sono andati i fatti  >>.
Il direttore umetta le labbra e in un inequivocabile gesto d’ansia passa il fazzoletto a tergere la fronte ampia.
<< Troppo tempo! Signor Holmes, devo chiederle di continuare le indagini e darmi quanto prima una risposta certa >>.
<< Non si fida di Scotland Yard? >> domanda John sorpreso da tanto nervosismo.
<< Non è questo il punto, John >> risponde Sherlock << A dire il vero è abbastanza elementare. Basta guardarsi attorno >> dice con un gesto plateale. << Pochi libri, nessun effetto personale sulla scrivania, per non parlare della notevole quantità di tempo che ha impiegato per trovare la chiave di questa stanza. Tutto ci racconta che il suo insediamento è avvenuto da poco tempo e che non tutti i soci erano d’accordo con la sua nomina. Questo increscioso incidente, come lei lo ha definito, potrebbe porre fine alla sua breve carriera, ecco perché ha tanta fretta >>.
<< Ha ragione. E’ proprio vero quello che dicono di lei, allora? >> ridacchia tergendo nuovamente la pelata. << Che due uomini decidano di dare sfogo alla passione negli spogliatoi, per quanto non sia una cosa adeguata, ci può anche stare. Ci troviamo in una Spa: ci si rilassa, si gira mezzi nudi e episodi simili capitano, i soci lo sanno e chiudono un occhio. Se ci fosse, però, un male intenzionato a piede libero… >>.
<< I soci reclamerebbero la sua testa, come fosse stato lei l’artefice del delitto >>.
<< Esattamente >> sospira l’ometto divenendo piccolo piccolo. << Per questo ho bisogno di dati certi e al più presto e lei è un fulmine nello scoprire le cose. Le sono bastati pochi minuti per capire la dinamica dell’incidente >>.
<< Cosa che ha giocato a suo sfavore >> gli fa notare. << Se avesse lasciato fare a Scotland Yard avrebbero archiviato il caso come morte naturale e lei avrebbe già la sua risposta >>.
<< Sì, ma non sarei a posto con la mia coscienza, signor Holmes. Non voglio sapermi direttore di un hotel dove si commettono stupri e aggressioni >>.
 Sherlock osserva il direttore e questi sostiene il suo sguardo. È sincero e la decisione che ha preso è encomiabile.
<< Accetto il caso >> dice e i lineamenti del direttore si rilassano.
<< La ringrazio, signor Holmes. Questo è un anticipo sul suo compenso >> dice staccando un assegno che gli porge. John lo intercetta e il fiato gli si mozza appena legge la cifra. << E vi riserverò una suite qui in hotel >>.
<< E perché? Non ho bisogno di pernottare qui per lavorare al caso >>.
<< Ah, no? >> domanda stupito il direttore. << Pensavo dovesse mescolarsi agli avventori, osservarli, indagare sul campo, insomma >>.
<< Infatti è quello che faremo >> si intromette John. Sherlock gli scocca un’occhiataccia.
<< Fa troppo caldo qui, John >>.
<< Le camere sono dotate di aria condizionata e di tutti i comfort e chiederò al maestro di sauna di tenere la temperatura degli ambienti comuni della Spa più bassa >> ribatte il direttore.
John sottolinea quanto appena detto dall’ometto con un gesto del capo e indicandolo con la mano nella quale tiene stretto l’assegno da capogiro. Sherlock capisce che le premure del dottore sono legate alla cifra esorbitante che deve aver letto in quel foglietto. Questa sua mania di fare da scendiletto ai clienti danarosi, sentendosi in dovere di essere gentile con loro, proprio non la sopporta.
<< Va bene. Che non si facciano, però, i nostri nomi. Saremo sotto copertura e non si stupisca se ci vedrà diversi da come siamo >> sorride voltandosi verso John che lo guarda stupito. Accetterà pure il suo voler fare da scendiletto, ma questo non vuol dire che non abbia intenzione di fargliela pagare.
<< Oh, certamente. Nessuno al di fuori di questo ufficio saprà della vostra presenza tra queste mura. Vi basterà dire in reception che avete prenotato la suite Ocean Blu >>.
Si congedano da lui che li riaccompagna all’ascensore sorridendo cordialmente finchè le porte non si chiudono.
<< Hai intenzione di uscire dall’hotel mezzo nudo? >> torna all’attacco John guardandolo appena.
<< Non sarei il primo a girare poco vestito per l’hotel, John. Anzi, dal momento che hai voluto così tanto restare qui toccherà anche a te mettere in mostra un po’ di carne >> o stuzzica, indossando però la camicia. << Non capisco perché hai voluto accettare quella suite >>.
<< Sherlock, quando mi ricapiterà la possibilità di pernottare in un hotel super lusso? >>.
<< Quindi è questo il motivo? >> lo guarda esterrefatto mentre abbottona la camicia. << Ti ricordo che potrebbe esserci un maniaco in questo hotel super lusso >> dice slacciando la cintura.
<< Ehi, che fai? >> gli chiede vedendolo sbottonare i pantaloni.
<< Quello che mi hai più volte chiesto: metto la camicia >>.
Le porte dell’ascensore si aprono sulla hall dell’hotel. Due ragazze pronte a entrarvi dentro si fermano osservando la strana scena che si trovano davanti.
<< Io so farlo così, vuoi forse insegnarmi un modo diverso? >> dice Sherlock rincalzando la camicia nei pantaloni. Le ragazze arrossiscono .
<< Dio, ti prego smettila! >> borbotta John accennando un sorriso imbarazzato alle due donne.
<< Perché, che ho fatto? >> gli chiede tirando su la cerniera. John si affretta a uscire dall’ascensore seguito da lui che ancora allaccia la cintura. Le due ragazze ridacchiano parlottando tra loro e Sherlock si volta a guardarle senza però capire cosa sia successo.
<< Ah, siete qui >> va loro incontro Lestrade, impedendogli di chiedere ulteriori spiegazioni a John. << La scientifica si è messa al lavoro e il corpo è in obitorio. Appena avrò i risultati ve li comunico. Voi avete novità? >>.
<< Abbiamo vinto un soggiorno qui >> risponde John.
<< Il direttore ha fretta e non può aspettare i tempi biblici di Scotland Yard >> aggiunge Sherlock. << Saremo sotto copertura, quindi tieni la cosa per te Gavin >>.
<< Greg! >> esclama Lestrade. << Cercate di non farvi ammazzare. Mi dispiacerebbe vedervi caricare su un sacco nero diretti all’obitorio del Bart’s >> dice tornando dai suoi uomini.
<< Che pensiero gentile >> borbotta Sherlock mentre escono dall’hotel nella fredda mattinata autunnale.
Tornano a Baker Street per fare le valigie e preparare i loro avatar. Sherlock si chiude in camera e John lo sente passare dalla stanza al bagno. Con la velocità e la metodicità tipica del soldato, ha preparato la valigia in pochi minuti e ora la posa ai piedi della sua poltrona. Quando finalmente la porta della camera si apre John resta a bocca aperta dinanzi all’individuo che vede uscirne.
<< Ti presento Scott Sigerson[1] >> dice Sherlock con una tonalità di voce lontana dalla sua.          << Violinista di origini canadesi venuto a Londra per un provino >>. Sherlock abbozza un inchino e un ciuffetto di capelli biondo platino si stacca appena dall’impalcatura perfetta creata col gel. John non riesce a credere che dentro quei jeans strappati in più punti e quella camicia a quadrettoni aperta su una t-shirt grigia ci sia il suo coinquilino. Ha tinto non solo i capelli con quella insolita tonalità di biondo, ma anche sopracciglia e ciglia, conferendo al suo volto già pallido una aura eterea, spezzata appena dalla barba finta che gli copre guance e mento. Con lenti a contatto colorate di verde ha cambiato persino il colore particolare dei suoi occhi.
<< Fantastico! >> esclama John che fin’ora aveva solo sentito parlare della sua bravura nel travestirsi cambiando del tutto fisionomia. Deglutisce più volte, imbarazzato dalla mezza erezione che sente premere contro la patta dei pantaloni.
<< Ho già comunicato i nostri nomi al direttore dell’hotel. Tu sarai il mio agente: Charlie   Rogers >>.
<< E che razza di nome sarebbe? >>.
<< Beh, sei un ex soldato, mi è sembrato il minimo onorare i tuoi trascorsi in questa tua prima esperienza sotto copertura >> dice per poi portare una mano ad accarezzare la finta barba mentre lo studia attentamente. << Vieni con me, avanti >>. Lo afferra per la mano conducendolo in camera sua. John, del tutto in balia di lui, si lascia trascinare come una bambola di pezza in mano a un bambino entusiasta.
<< Ho della tinta nera, rossa e una lozione per ingrigire i capelli >> indica per poi tornare a studiarlo.
<< Scordati che li ingrigisca >>.
<< E perché? L’uomo sale e pepe è molto sexy, non lo sai? >>.
Il tono e il modo in cui gli da questa notizia acuiscono il senso di imbarazzo dell’ex soldato.
<< Permetti che sia io a scegliere? >>.
<< Sei il mio agente, mi spetta dare un parere a riguardo >>.
<< Scordatelo >> dice afferrando le due boccette colorate.
<< Va usato come uno shampoo, ma devi tenerlo in posa per almeno venti minuti. Ti prego non fare pasticci >>.
<< Per tua informazione ho vinto il premio ‘Miglior maschera di Halloween’ per tutti gli anni delle scuole superiori >>.
<< Me ne compiaccio, John, peccato che non stiamo preparandoci per la notte delle streghe >>.
<< Ah, no? A me sembra già di essere al cospetto di un elfo silvano >> sbotta entrando in bagno chiudendo la porta alle sue spalle.
Sherlock resta qualche istante a fissare il vetro opaco chiedendosi cosa diavolo sia un elfo silvano. Fa poi spallucce e recupera dal suo armadio uno dei suoi completi. Si siede nel letto e armato di ago e filo si appresta ad accomodarlo per John.
Ha appena finito di accorciare le maniche della giacca quando il dottore torna nella stanza. Sherlock resta sorpreso del lavoro che ha fatto. Una capigliatura scura con riflessi rossi molto naturali acconciata in modo giovanile.
<< Ammettilo, sei sorpreso >> dice trionfale.
<< Non male >> annuisce il consulente assaporando con lo sguardo la bellezza di questo insolito John Watson, che arrossisce in modo evidente. Una risata nervosa sfugge dalle labbra del dottore che porta una mano ad accarezzare il collo.
<< Ti ho preparato gli abiti >> dice porgendogli giacca e pantaloni.
<< E cosa ti fa credere che io possa entrare nei tuoi vestiti? >> .
<< Li ho aggiustati adattandoli alla tua taglia. Certo se tra le tue cianfrusaglie avessi anche un completo mi sarei risparmiato la fatica. Per fortuna almeno una camicia bianca decente ce l’hai >> gli dice porgendogli anche quella. << La cosa buona è che dovrai indossarlo solo per inscenare il nostro arrivo >>.
<< Non sapevo sapessi cucire >>.
<< Dovrei farti un elenco delle cose che non sai di me, John >> dice e il dottore coglie nella sua voce uno strano tono che potrebbe definire malizioso. << Cosa aspetti, spogliati >> aggiunge Sherlock e il suo imbarazzo arriva a picchi finora mai raggiunti. << Passeremo i prossimi giorni a girare mezzi nudi tra estranei e ti fai problemi a cambiarti davanti a me? >>.
John deve ammettere che non ha tutti i torti. Inoltre da soldato non ha mai avuto problemi a girare in mutande per la camerata. Allora, però, aveva qualche chilo in meno ed era molto più tonico e giovane. Nonostante gli dia fastidio si rende conto che è proprio questo a impedirgli di mostrarsi nudo davanti a lui, magro e in forma smagliante.
<< Dal momento che sei il migliore nonché unico consulente investigativo, mi aspetto di trascorrervi ore non giorni. E poi, proprio date le prossime ore che ci aspettano, preferisco conservare questi ultimi momenti di intimità >> ribatte entrando nuovamente in bagno.
Sherlock sbuffa e prende a camminare avanti e indietro nervoso.
<< Cosa si fa di preciso in una Spa? >>.
<< Ci si rilassa, Sherlock >> gli risponde al di là della porta.
<< Ne parli come se le conoscessi bene >>.
<< Non posso dire di aver frequentato molte Spa, ma saune e bagno turco sì. Hanno notevoli benefici sulla salute >>.
<< Ed è davvero così frequente che le persone si incontrino lì anche per altro genere di benefici sulla salute? >> .
<< Penso possa succedere lì come in altri posti in cui ci si permette di perdere il controllo, Sherlock. Forse la nudità aiuta >> esce dal bagno e ruota lentamente su se stesso. << Allora, come sto? >>.
<< Finalmente vestito in modo decente >> annuisce Sherlock. John gli lancia un’occhiataccia.      << Direi che con questi sei perfetto >> aggiunge passandogli un paio di occhiali dalla montatura grande, spessa e nera.
<< Perché? >> chiede John inforcandoli. Si specchia poco convinto.
<< Perchè non possiamo mettere la barba in due, darebbe troppo nell’occhio e hai bisogno di qualcosa che ti copra il viso. Metti anche queste >> gli passa un paio di lenti colorate di nero.
<< Non sopporto le lenti, Sherlock >>.
<< Direi che è arrivato il momento di imparare, John >>. Il dottore sbuffa e indossa le lenti a contatto con difficoltà.
<< Qual è il piano? >>.
<< Andiamo lì, diamo un’occhiata e vediamo che succede >>.
<< Questo non è un piano, Sherlock >>.
<< John, sono quasi certo che non esista nessun aggressore e che quel tipo sia morto per aver sottoposto il suo corpo a uno stress eccessivo. Faceva troppo caldo in quel luogo >>.
<< Spero che tu abbia ragione. Gli stupratori sono una categoria che proprio non sopporto >> dice tra i denti  uscendo dalla camera.
<< Direi che possiamo andare >> dice Sherlock afferrando la custodia del suo violino. Escono dal palazzo e il consulente ferma al volo un taxi.
 
Varcano il portone d’ingresso dell’hotel camminando lentamente, John a fare strada e Sherlock subito dietro.
<< Abbiamo riservato la suite Ocean Blu >> comunica John alla receptionist. << Sigerson – Rogers >> aggiunge trovando così ridicoli quei nomi affiancati. La receptionist gli consegna le chiavi, da loro il depliant con i servizi offerti dalla Spa e quello con il menu previsto per la giornata e gli orari di colazione, pranzo e cena.
Prendono l’ascensore diretti al quarto piano, quello riservato alle suite. La Ocean Blu ha le pareti, neanche a dirlo, blu e il soffitto bianco. L’arredamento richiama l’interno di una nave d’altri tempi e sparse qua e là ci sono molte suppellettili a tema marinaresco.
<< E questo sarebbe lussuoso? >> si domanda Sherlock guardandosi attorno disgustato.
<< Più che lussuoso lo trovo pacchiano >> ribatte John, gettando un’occhiata al bagno dalle pareti azzurre lucide e quasi del tutto occupato da una grandissima vasca idromassaggio. Resta poi immobile davanti alla porta della camera da letto.
Sherlock si accomoda sul divano del salottino e studia il volantino dei servizi offerti dalla Spa.
<< Te ne sei reso conto, vero? >> gli domanda John distogliendolo dalla lettura.
<< Di cosa? >>.
<< Di questo >> dice indicando il letto matrimoniale al centro dell’altra stanza.
<< Che problema c’è? Lo sai che quando indago non dormo. E comunque c’è il divano >> ribatte tornando alla lettura.
<< No, Sherlock, aspetta, parliamone >>.
<< Di cosa? >> dice senza distogliere lo sguardo dall’opuscolo. John stropiccia il viso e prende un profondo respiro.
<< Ti rendi conto che il direttore ci ha dato questa suite, questa e non altre? Ci ha dato una stanza matrimoniale, Sherlock, ti rendi conto di cosa voglia dire? >>.
<< Ribadisco che non vedo quale sia il problema dal momento che io… >>.
<< Il problema, Sherlock, è che le persone continuano a prenderci per una coppia >>.
<< Oh. È questo il problema? >> gli chiede degnandolo finalmente di uno sguardo.
<< Sì che lo è e io mi chiedo come mai questo accada ovunque! Non mi pare ci siano atteggiamenti tra noi tali da indurre l’altro a pensare che siamo… >>.
<< Cosa? >> chiede sostenendo il suo sguardo. John lo abbassa per primo. Umetta le labbra e muove qualche passo nella stanza.
<< Quindi per te non è un problema? >> gli chiede.
<< Che la gente pensi che stiamo insieme, John? No, non lo è. Non me ne frega niente di quello che pensa la gente, credevo lo avessi capito ormai >>.
<< Certo che l’ho capito. A me, invece, importa, Sherlock, ho una reputazione da mantenere >>.
<< Oh, e così io metterei a repentaglio la tua reputazione? >> esclama indignato alzandosi in piedi.
<< No, cristo, non sei tu >>.
<< Allora chi? Ci siamo solo io e te qui. Se non sono io chi? >> lo incalza andandogli in contro.
Il telefono di Sherlock suona e interrompe il diverbio. Il consulente, infastidito, lo prende dalla tasca e risponde acido.
John lo guarda parlare senza ascoltare cosa stia dicendo. Non capisce cosa gli sia preso. Ha visto quel talamo inaspettato e tutti i mesi di doppi sensi, allusioni e battute gli sono piovuti sulla testa.
<< Molly conferma il decesso per arresto cardiaco >> lo informa Sherlock. << Non ci sono segni di violenza sessuale, ma sono state trovate tracce di sperma sul corpo della vittima e sull’accappatoio che indossava. Ovviamente non appartenenti alla vittima stessa. Dalle telecamere non risulta che Byron sia entrato nello spogliatoio. Lo si vede solo uscire e nessun’altro entra o esce da lì prima o dopo di lui. >>. Il cellulare lo avverte di aver ricevuto un messaggio. Sherlock lo apre e osserva attentamente il video che Lestrade gli ha inviato << Cosa ne pensi? >> gli chiede passandogli il telefono senza però guardarlo in viso.
John lo prende titubante e ci mette un po’ a capire cosa stia guardando. Il video è uno spezzone delle riprese fatte dalla telecamera posta davanti allo spogliatoio. Ritrae Howard Byron mentre esce dallo spogliatoio. Cammina con passo incerto, una mano premuta sulla bocca e lo sguardo perso davanti a sé.
<< Potrebbe essere di tutto. Sia sconvolto per un’aggressione, che ancora preso dal turbine della passione appena consumata >>.
<< Già >> sussurra Sherlock riprendendo il cellulare. << Ho bisogno di un consulto da un    esperto >>.
<< Un esperto? In cosa? >>.
<< Microespressioni facciali >> risponde facendo partire la telefonata dopo aver inviato il video.
John lo sente parlare in spagnolo e la cosa lo stupisce. Conosce la lingua ma non si sofferma troppo ad ascoltare cosa stanno dicendosi lui e l’esperto. Il discorso lasciato in sospeso gli gira ancora nella pancia. La risposta alla sua domanda… fa fatica a trovarla, a metterla a parole, a mentalizzarla. È qualcosa di importante, però. Qualcosa che ha già creato una distanza tra loro, lo sente. E forse è per questo che non ha mai affrontato l’argomento.
<< Fox[2] studierà il video con calma e in serata mi farà sapere >>.
<< Fox? E chi è? >>.
<< Uno al quale non creo problemi >> ribatte prendendo la sua valigia.
<< Sherlock, aspetta, chiariamo… >>.
<< No! Siamo qui per lavoro. Il resto è solo una distrazione dal caso >> dice prendendo il cambio d’abito.
<< Il caso? Fino a poco fa dicevi che neppure c’era un caso >>.
<< A quanto pare mi sbagliavo. Può succedere. Me ne sono reso conto due volte nel giro di pochi minuti >>.
Senza degnarlo di uno sguardo si chiude in bagno lasciandolo lì con le sue paranoie e quella risposta così difficile da trovare. John non ha però alcuna intenzione di passare per il guasta feste di turno. Per lui quello è davvero un problema. Non riesce a vivere serenamente nonostante i giudizi della gente. È un suo limite, forse, ma è una situazione alla quale deve trovare una soluzione e al più presto, anche. Se solo non fosse così difficile.
Sherlock esce dal bagno con indosso l’accappatoio allacciato in vita.
<< Dove vai? >>.
<< Secondo te? >>.
<< Dovremmo restare uniti >>.
<< Non sia mai che metta a rischio la tua reputazione. È un caso banale, posso fare da solo. Goditi l’hotel >> esce dalla stanza sbattendo la porta.
<< Maledetto idiota! >> grida John lanciando contro la porta una maglietta a caso pescata dalla sua valigia. Prende la testa tra le mani e si chiede perché si stia sentendo così. Neppure nel peggiore dei litigi con una delle sue tante donne si è sentito colpevole come adesso. Colpevole di cosa, poi? Di aver voluto affrontare un argomento?
“Forse non lo hai affrontato nel modo più appropriato” gli dice la voce di Ella. John sospira. Gli da fastidio doverle dare ragione. Si siede sul divano e fissa distrattamente l’oggetto che ha scatenato il litigio. Quante volte, infondo, si è trovato a dividere un letto con un amico da ragazzo? Quando si chiede una doppia in un hotel può capitare che ci si ritrovi a occupare una stanza con due letti vicini. E cosa ci sarebbe di male, poi a dormire entrambi in un letto. Soprattutto partendo dal presupposto che Sherlock, in effetti, quanto lavora a un caso non dorme.
No. Così non va. Gli sta dando ragione e si sta caricando di tutte le colpe e questa volta non vuole dargliela vinta. Vuole fare i capricci? Vuole comportarsi da prima donna? E sia!
Si cambia velocemente a sua volta e decide di portare con sè il necessario per la doccia per fare prima un giro dell’hotel. Con indosso abiti più comodi si sente a suo agio e si ritrova a gironzolare per il bar. Ordina il pranzo e una bibita e si siede a studiare cosa offre la Spa. C’è una nutrita scelta di tipologie diverse di massaggio, il percorso benessere con aromaterapia, le piscine termali di diverse temperature e ovviamente sauna e bagno turco. Un’attività proposta da poco, a detta del volantino, presso la Spa dell’hotel cattura la sua attenzione.
<< Aufguss >> pronuncia dubbioso leggendo di cosa si tratta.
<< Oh, è davvero bellissimo. Ti consiglio di provarlo >>.
John alza la testa dal volantino e si volta verso la bella voce che si è appena rivolta a lui. Appartiene ad una donna che lo guarda sorridente dal tavolo alle sue spalle.
<< Scusa, non volevo disturbarti. Solo ti ho visto leggere dell’Aufguss e non posso che tesserne le lodi >> dice sporgendosi verso di lui. << Sono Clarissa >>.
John osserva quella bella mano tesa. Eccola lì la dimostrazione di quanto stava cercando di spiegare a quel cocciuto del suo amico. Quando sono separati nessuno lo scambia per il compagno di Sherlock Holmes. Quando sono lontani accadono questo genere di cose piacevoli e inaspettate.
<< Charles >> dice ricordando di essere sotto copertura. << In cosa consiste questo… Aufguss? >>.
<< E’ tedesco. Il maestro di sauna versa acqua mescolata ad essenze aromatiche o balsamiche sulle pietre della stufa producendo molto vapore caldo e poi aumenta lo stimolo termico con colpi di asciugamano rivolti alle persone a intervalli regolari >>.
<< Sembra interessante >>.
<< Io l’ho trovato affascinante. Si è come avvolti da un vento caldo e profumato che libera dai pensieri >>.
<< Allora non mancherò di provarlo >>.
<< Lo fanno ogni pomeriggio sera alle 4, prima del thè >>.
<< Sei una cliente abituale >>.
<< Sì, soprattutto da quando Gustav, il maestro di sauna, ha portato l’Aufguss. Possiamo andarci insieme se vuoi >>.
<< Volentieri >> risponde e mette subito a tacere la voce che gli ricorda del perché si trovi lì. “Mi ha detto di godermi l’hotel e io me lo godo!” pensa chiacchierando amabilmente con Clarissa, che non gli piace neppure troppo ma in questo momento la sua compagnia è più che gradita.
 
Sherlock ha fatto un giro della Spa e ora si sdraia su una delle lunghe panche in legno nel locale ristoro a osservare la fauna locale. Ancora non riesce a capire cosa ci sia di bello in un posto simile. Lo trova caldo, umido, il luogo ideale in cui batteri di ogni tipo prolificano allegramente e non sopporta l’odore pungente di oli essenziali e chissà quali altre diavolerie.
Lestrade gli ha fatto un resoconto sommario degli interrogatori fatti al personale e agli avventori presenti nell’ora in cui Howard Byron è morto. Pare che nessuno abbia visto né sentito nulla.
<< Il maestro di sauna, però, non mi convince >> ha detto Lestrade, che per quanto faccia parte degli idioti deve riconoscergli un intuito particolare. Il maestre di sauna avrà modo di incontrarlo durante questo Aufguss, che pare essere la bella novità del momento.
Manca più di un’ora all’evento e si concede di appoggiare il capo alla panchina e chiudere gli occhi.
<< Il problema, Sherlock, è che le persone continuano a prenderci per una coppia >> le parole di John gli tornano alla mente. Pensava, riservato com’è, che John non avrebbe mai affrontato quell’argomento. Che avrebbe continuato a lasciarlo lì, sospeso. Un modo come un altro per poter sognare una qualche possibilità, che le sue parole hanno invece sgretolato ributtandolo nella realtà. Dura. Triste. Solitaria. Questo caso banale ha sollevato un polverone catastrofico. Il fatto è che non sa come ne usciranno. Si è comportato come il solito bambino capriccioso, giusto per nascondere la tristezza che ha sentito salire dal cuore.
Il telefono vibra nella tasca dell’accappatoio e interrompe i suoi sospiri.
<< Holà Fox >> risponde beandosi della voce del suo giornalista investigativo.
<< Ehi, Billy. Che ti succede? >> gli chiede. Strepitoso Fox, capace di cogliere nella sua voce la nota malinconica che ha cercato di camuffare.
<< Nulla >> .
<< C’entra John? >> gli chiede e di nuovo fa centro. Gli ha raccontato di lui nelle e-mail che periodicamente si scambiano da quando, anni prima, ha collaborato con lui e con i suoi colleghi a Madrid.
<< Come sempre, Fox. Ma penso tu abbia qualcosa di più urgente da dirmi >> taglia corto e il giornalista non si dilunga oltre con domande e curiosità.
<< Sì, Billy, ho una brutta notizia. Ho visionato il filmato e per sicurezza mi sono confrontato con Juan e siamo giunti alla stessa conclusione: quell’uomo è sotto shock >>.
<< L’arresto cardiaco, quindi, è avvenuto a seguito di un’aggressione >>.
<< Esatto. Mi hai scritto prima che il coroner non ha riscontrato alcuna violenza sessuale. Questo vuol dire che l’uomo che stai cercando potrebbe preferire la molestia al rapporto completo. Non sottovalutarlo, però, potrebbe essere un ripiego che nasce da mille motivazioni e nulla può dare la sicurezza che non sarebbe capace di agire un rapporto completo >>.
<< Ok, vi ringrazio per il consulto >>.
<< Sherlock, non stai agendo da solo vero? >> gli chiede Fox e il suo tentennare gli vale come risposta. << Perché John non è con te? >>.
<< E’… lungo da spiegare e non ho molto tempo >>.
<< Va bene, non insisto. Per favore, però, fai attenzione. L’uomo del filmato è rimasto sconvolto da quanto gli è stato fatto al punto da andare in arresto cardiaco. Cerca di non fare la stessa fine >>.
<< Fonti certe mi dicono io non abbia un cuore, Fox >>.
<< Smettila con queste cazzate! Ce l’hai e hai già anche chi si è prefissato di bruciartelo. Quindi smettila di fare il melodrammatico e stai attento >>.
La conversazione con Fox gli lascia l’amaro in bocca. Lui e John non si sarebbero dovuti dividere e ora che Fox e Juan hanno confermato che dietro la morte della vittima c’è un’aggressione a sfondo sessuale quella sua uscita teatrale la vede ancora più stupida e inutile di quanto non gli fosse già sembrata.
Torna a sedere e un capogiro lo coglie impreparato. Stringe forte gli occhi e morde la lingua per non perdere i sensi. Tutto questo calore gli sta mandando la pressione sotto i tacchi. Si dirige al bar e ordina la cosa più dolce che hanno. La glicemia schizza alle stelle e sente nuovamente di essere nel pieno delle sue potenzialità.
<< Signori, tra dieci minuti avrà inizio la nostra sessione di Aufguss serale. Se volete potete iniziare a prendere posto >> annuncia una ragazza dello staff.
Sherlock si unisce alla fiumana di persone che si dirige verso la sauna più grande, quella a base ottogonale con la stufa posta al centro. Tra questi intravede John in compagnia di una donna.
“Non hai perso tempo, eh?” pensa infastidito. Distoglie lo sguardo e accelera il passo, intenzionato a stare il più lontano possibile da loro. Prende posto in alto, in modo da avere una visuale dei presenti. Controlla che la barba non si stia staccando a causa del calore e del sudore e finalmente conosce il maestro di sauna. Saluta i presenti spiegando cosa sta per fare e quali sono le regole e, una volta ottenuta la conferma che quanto ha detto è stato da tutti recepito, versa acqua sulla stufa e una densa nuvola di vapore aromatizzato invade l’ambiente. A Sherlock bruciano gli occhi e la gola inizia a prudere. Tossisce alcune volte maledicendosi per aver indossato le lenti. Le toglie stropicciando gli occhi, badando di non essere visto, e torna a studiare il maestro di sauna. Muscoloso e nervoso ma anche stranamente flessuoso nel modo di agitare l’asciugamano. Non è molto alto, né troppo imponente eppure ha una presenza scenica che gli permette di tenere in pugno tutti i presenti.
Un vento caldo, prodotto dall’asciugamano sapientemente agitato dal maestro si propaga per la sauna. Sherlock se ne sente avvolgere, gli scompiglia i capelli, gli entra dentro ad ogni respiro pungendogli narici e gola con quelle essenze nauseanti. La testa inizia a girargli e cerca di fermarla portando una mano alla tempia.
<< Non si sente bene? >> sente appena la voce di un uomo inaspettatamente troppo vicina a lui. Sherlock non riesce a tenere gli occhi aperti, tanto gli gira la testa. Da quei pochi flash che capta ogni volta che prova ad aprirli coglie parte della maglia bianca indossata dai componenti dello staff.
<< Solo un capogiro >> risponde abbozzando un sorriso.
<< Vuole che l’accompagni fuori? >> gli chiede posandogli una mano sul polso. Sherlock tenta nuovamente di aprire gli occhi a quel contatto indesiderato e nota una macchia grande e scura che il ragazzo ha sul polso sinistro. Quella mano la sente troppo insistente, fastidiosa.
<< Io… >> balbetta e la nausea gli chiude la gola.
<< Venga con me >> insiste il ragazzo e Sherlock, preda del malessere, lo segue obbediente. Fatica a tenere gli occhi aperti. Tutto vortica troppo attorno a lui. Si aggrappa di peso al ragazzo che continua a dirgli che va tutto bene, mentre lui sente che invece sta andando tutto male. Il suo Mind Palace impazzisce rimandandogli ricordi legati al periodo di disintossicazione, alle crisi di astinenza, a quei momenti in cui era preda delle vertigini e della nausea proprio come adesso.
<< Dove mi stai portando >> biascica sentendo le mani del ragazzo stringerlo troppo forte.
<< Ora stai fermo e fai il bravo >> gli sussurra quella voce calma, così vicina all’orecchio da sfiorarlo con le labbra. Sherlock si divincola. Sente quel corpo premere sopra il suo. Una mano gli blocca la testa contro il muro e l’altra gli stritola il braccio. Non riesce a gridare. Solo deboli versi e i pugni che porta con il braccio libero li sente lui stesso inefficaci.
“Sono stato drogato” realizza sentendo il corpo di lui sfregarsi sempre più velocemente contro il suo. Ansima contro il suo orecchio finchè i suoi versi non si trasformano in un grido soffocato contro il suo collo. Qualcosa di caldo gli si riversa sull’addome, mentre il suo assalitore rallenta sempre più fino a fermarsi.
<< E’ stato un piacere aiutarti >> gli sussurra all’orecchio. Sposta la mano dalla guancia per afferrargli il viso e schiaccia le labbra contro le sue. Le morde per obbligarlo a schiuderle e la lingua che entra prepotente in lui aumenta la nausea fino a portarlo a un conato. Il ragazzo si allontana tanto bruscamente quanto gli si era gettato addosso. Libero dal peso di quel corpo Sherlock cade lungo la parete ritrovandosi seduto.
L’odore dello sperma dell’aggressore raggiunge le sue narici e il conato di vomito trova finalmente il suo sfogo.
<< John >> sussurra portando una mano tremante alla bocca. Sente gli occhi bruciare di lacrime e il corpo tremare.
“Sono sotto shock” realizza cercando rifugio nel suo Mind Palace. Questo, però, continua a mandargli immagini sconnesse di un passato ormai lontano.
“Devo andare via da qui!” pensa rimettendosi in piedi a fatica. Recupera l’accappatoio e lo indossa e questo abbraccio di spugna lo conforta. Le vertigini stanno passando. Ora riesce a tenere gli occhi aperti per qualche istante. Lentamente si rimette in piedi. Si rende conto di essere nello spogliatoio ma non capisce come ci sia finito. Barcollando va verso la porta ed esce. Raggiunge l’uscita dalla Spa mentre alle sue spalle i partecipanti all’Aufguss lasciano la sauna.
Lentamente si dirige all’ascensore e sale in camera. Apre la porta con la tessera magnetica e si lascia cadere sul divano. Strappa via la barba finta sentendo la pelle bruciare e cerca di rimettere ordine nella sua testa.
“Devo recuperare le prove” dice razionalmente, sentendo sulla pelle del ventre la presenza ormai secca di quanto l’aggressore gli ha lasciato addosso. Un nuovo conato di vomito gli sale alla gola. Lo reprime.
La porta si apre e Sherlock scatta in piedi spaventato, barcolla e cade a terra.
<< Lo sapevo! >> .
John si fionda al suo fianco e gli posa una mano sulla spalla.
<< Lasciami! >> grida Sherlock scacciandolo. Si allontana di qualche passo. Ansima. Il cuore a mille. Eccolo il panico che si manifesta. Inizia ad iperventilare e per quanto provi un profondo imbarazzo nel farsi vedere in quelle condizioni alza gli occhi a cercare l’aiuto del suo dottore.
<< Respira con me, Sherlock >>. John sostiene il suo sguardo e restando in ginocchio a un passo da lui lo aiuta a respirare. Inspiro. Espiro. Inspiro. Espiro. Lentamente. Poco per volta recupera il controllo.
John non può credere che questo attacco di panico sia stato causato da lui. Potrebbe essere il risultato di un crollo della pressione ma anche quello non gli torna. L’accappatoio che Sherlock indossa si è aperto e mette in evidenza il torace e il braccio sinistro col quale si sostiene. L’attenzione viene catturata dai lividi. Non ancora violacei ma già ben presenti.
<< Cosa è successo, Sherlock >> gli chiede sentendo il sangue gelargli nelle vene.
<< Il caldo. Mi ha buttato giù la pressione >>.
<< Non mentirmi! >> grida afferrandolo per le spalle. << Eri seduto lassù e all’improvviso non ti ho più visto. Lo hai incontrato? Cosa ti ha fatto? Dimmelo! >> lo scuote con violenza.
<< Smettila >> sussurra lui e John si interrompe colpito al cuore da quella voce flebile.
<< Scusami >> sussurra a sua volta liberandolo della stretta delle sue mani. << Quei lividi. Prima non li avevi e sono gli stessi… >>.
<< Sono stato drogato. Prima di entrare nella sauna. Non può che essere così, non è stato solo un calo di pressione. Mi ha portato via. Non so da dove siamo usciti ma in qualche modo mi ha portato nello spogliatoio. Certo. Non c’era nessuno in quel momento, erano tutti all’Aufguss. Se l’è studiata bene >>.
<< Lui… cosa… ti ha…? >>.  
<< No. Si è solo strofinato >>.
<< Solo? >>.
<< Poteva andare peggio, no? >>.
<< Non sarebbe dovuto succedere affatto, Sherlock. Non li risolviamo così i casi. Non divenendo vittime >>.
<< Beh, questa volta è andata così. Devo raccogliere dei campioni da analizzare >>.
<< Ma come puoi pensare ai campioni in un momento simile? >>.
<< E a cosa dovrei pensare, eh? >> grida. << Alle sue mani addosso? Al suo fiato sul collo? Allo schizzo che mi ha bagnato la pelle? Alla sua lingua nella mia bocca? Dovrei pensare a questo? >>.
John porta le mani a coprire il volto. Le lascia scendere fino alla bocca e scuote forte il capo. Sherlock si accorge per caso di stare piangendo. Scaccia via le lacrime infastidito.
<< Non dovevo lasciarti solo >> sussurra John.
<< Non puoi starmi sempre accanto >>.
<< E’ quello il mio posto, invece >>.
<< E’ così che si alimentano le voci di corridoio >>.
<< Me ne frego di quelle voci >>.
<< Non la pensavi allo stesso modo qualche ora fa’ >>.
<< Basta! >> grida picchiando la mano sul pavimento. Sherlock lo guarda stupito. Quell’espressione dura, tesa non gliel’ha mai vista in viso. << Io non dovevo lasciarti solo e lui non doveva osare toccarti >>.
<< Io non… io non dovevo reagire in quel modo. Non dovevo darti addosso e andare via come una prima donna >>.
<< Esatto >> annuisce serio John. << Ora che abbiamo ristabilito le responsabilità vediamo di prendere quello stronzo >> si alza in piedi e gli porge la mano per aiutarlo. Sherlock vi si aggrappa con tutte le sue forze e si lascia tirare su. Un ennesimo capogiro lo coglie e John fa per sostenerlo.
<< No, non toccarmi >>.
<< Ma perché… >>.
<< Sono sporco e non voglio sporcare anche te >> sussurra portando una mano alla testa per tenerla ferma. Il bruciore delle lacrime torna prepotente agli occhi, ma lui lo scaccia con altrettanta tenacia. Apre gli occhi e incontra lo sguardo di John. Infinitamente tristi gli appaiono i suoi occhi.
<< Smettila di darti colpe che non hai >> gli dice. Avrebbe voluto metterci la sua solita acidità in quelle parole che invece sono uscite flebili e rotte dall’emozione.
John annuisce senza riuscire a dire alcunché.
<< Devo prendere dei campioni di urina. Voglio esaminarli e vedere se davvero mi hanno drogato. Se trovo qualcosa Molly potrà confrontare i risultati con quanto trovato nel corpo della vittima e otterremmo un’aggravante >>.
<< Pensi sia stato lui a drogarti? >>.
<< Non ne ho idea, John. Forse lo scopriremo nelle prossime ore. Io resto qui, tu porta le prove in laboratorio >>.
<< Io non ti lascio >>.
<< Oh, smettila! Me ne resterò qui e attenderò da bravo il tuo ritorno, contento? Questi campioni sono estremamente importanti e altrettanto importante è che a nessuno venga il sospetto riguardo a chi siamo e a cosa è successo >>.
John non se la sente di lasciarlo solo, non in queste condizioni, ma si rende conto di quanto siano davvero importanti quelle prove.
<< Non potremmo chiedere a Molly di venire a recuperarle qui? >>.
<< No! >> esclama Sherlock. << Non voglio che sappia cosa è successo! Nessuno deve saperlo, chiaro? >> grida e nuove lacrime scendono ribelli dagli occhi e non si fermano nonostante i suoi tentativi.
<< Chiaro >> ripete John passandogli un fazzoletto. << Non le dirò da dove arrivano i campioni. Nè a lei, nè a Lestrade >>.
<< Soprattutto a Lestrade >> dice tentando di fermare il pianto. << Se dovessero venirlo a sapere Anderson e Donovan sarebbe la fine >> un singhiozzo gli sfugge cogliendolo alla sprovvista. Porta la mano sulla bocca e tenta di respirare piano per calmarsi. John gli afferra la mano nella quale tiene il fazzoletto e la stringe forte.
<< Nessuno saprà nulla, Sherlock, hai la mia parola >> promette e Sherlock annuisce sapendo di potersi fidare del suo dottore.
John attende fuori dal bagno mentre Sherlock deposita le urine nei contenitori sterili che si è saggiamente portato dietro. Una morsa gli tiene stretti i visceri. Non riesce a sopportare l’idea di quanto è successo e continua imperterrito a darsene la colpa. È irritato da quella donna e dal suo continuo ciarlare e da se stesso per esserle stato dietro per tutta la gioranta ed essere stato dietro anche al broncio di Sherlock, anziché agire da adulto e cercare di chiarire il loro diverbio.
<< Ecco >> gli dice questi consegnando i campioni. << Resta lì finchè non ha il risultato e mettimi subito al corrente. Ho bisogno di sapere subito se mi hanno dato qualche schifezza >>.
<< Promettimi che non farai nulla finchè non sarò tornato >>.
<< Fatico ancora a stare in piedi, come puoi pensare che riesca a muovermi da qui? >>.
<< Mi permetti di prenderti i battiti prima di andare via? >>.
Sherlock acconsente. John lo invita a sedere sul divano e si accomoda al suo fianco. Gli prende il polso sinistro e, trovato il punto giusto, inizia a contare.
Sherlock lo osserva mentre concentrato conta mentalmente. Il calore della sua mano attorno al polso è piacevole e deve sforzarsi per impedirsi di avvicinarsi a lui e posare la fronte contro la sua tempia nella spasmodica ricerca di un contatto fisico rassicurante.
<< 60 battiti >> dice scuotendo il capo. << Hai mangiato oggi? >>.
<< Sì. La torta di mele della signora Hudson >>.
<< La torta di mele? Sherlock, quella l’hai mangiata ieri mattina per festeggiare la chiusura del caso precedente a questo >>.
<< Oh >> dice stupito.
<< Ti rendi conto di avere un problema alimentare? >>.
<< Io non ho un problema, John. Non mangio durante un caso perché la digestione mi rallenta >>.
<< Certo, raccontalo a qualcun altro. In questo caso la tua inappetenza non ti è stata d’aiuto >>. Si alza in piedi e si avvicina al comodino per sollevare la cornetta del telefono.
<< Che stai facendo? >> .
<< Ti faccio portare su qualcosa da mangiare >>.
<< Non ho fame >>.
<< Non mi importa >> ribatte scoccandogli un’occhiata severa. Ordina il pasto, scegliendo dal menu riportato nel volantino che ha dato loro la receptionist, dei piatti che possano essere di suo gusto. << Andrò via solo dopo che l’avranno portata >>.
<< Rischi di non trovare più Molly al Bart’s >>.
<< Preferisco sincerarmi che chi verrà a portare l’ordinazione non tenti di saltarti nuovamente    addosso >>.
Sherlock distoglie lo sguardo. Non riesce a sostenere i suoi occhi severi e direttivi in questo momento. Si limita ad annuire e si alza in piedi.
<< Ho bisogno di una doccia >> dice e un ennesimo capogiro lo fa vacillare. Si ritrova sorretto dalle forti mani di John e resta stupito di come sia giunto velocemente dal telefono a lui. Si è perso un passaggio. Decisamente non sta bene.
<< Doccia fredda, mi raccomando, altrimenti peggiori la situazione >> gli dice accompagnandolo un passo alla volta verso il bagno.
<< Ok, penso proprio tu possa lasciarmi andare adesso >>.
<< Ne sei sicuro? >>.
<< Vuoi assistere? >>.
<< Sherlock, ti prego, non è il momento di battibeccare questo. Sono un medico e la cosa che mi preme di più in questo momento è la tua salute >>.
<< Grazie, ma posso farcela da solo >> insiste raggiungendo da sè la doccia posta vicino alla grande vasca idromassaggio. John sospira e lo lascia da solo. Resta però appoggiato alla porta chiusa, lo sguardo fisso su quella d’ingresso. Due colpi secchi annunciano l’arrivo del servizio in camera. John apre circospetto e si tranquillizza nel vedere una ragazza dietro al carrello. La lascia entrare, controlla che abbia portato quanto richiesto e la congeda con una mancia.
Sherlock è sempre stato eterno nelle sue docce, quindi non dovrebbe preoccuparsi, eppure sentire lo scroscio dell’acqua ancora aperto non lo fa stare tranquillo. È anche normale che la vittima di un’aggressione sessuale indugi sotto l’acqua più a lungo del necessario e forse è questo che lo innervosisce, più del timore che possa essere svenuto.
Inizia a percorrere a grandi passi il salotto cercando di sedare la voglia di chiedergli se vada tutto bene ed entrare nel bagno. Si calma un po’ solo quando, trascorsi diversi minuti, sente il getto chiudersi. Si blocca tendendo le orecchie, il cuore accelerato che trova pace solo quando sente la porta aprirsi. Con un asciugamano avvolto in vita Sherlock esce dal bagno, i capelli umidi dal biondo meno scintillante che lascia intravedere tracce del suo colore naturale.
<< Sei ancora qui? >> gli domanda arrestando i suoi passi. John nota come la pelle dell’addome sia rossa, segno che deve averla sfregata con forza.
<< Sì >>.
<< Stai perdendo un mucchio di tempo! >>.
<< Sto sincerandomi tu stia bene, non è tempo perso >> ribatte piccato. Gli indica i vassoi con la cena. << Mangia >> gli ordina.
Sherlock non ribatte, cosa già di per sè insolita. Raggiunge i vassoi e solleva il primo coperchio. Annusa l’aria e arriccia il naso.
<< Non metto in dubbio sia ottimo, ma solo l’odore mi da la nausea >>.
<< Provaci, per favore >> gli dice indossando la giacca. << Ti avviserò il prima possibile >> va alla porta e prima di uscire si volta a guardarlo un’ultima volta. Il viso ha preso un po’ di colore, cosa che lo rincuora. Quella pelle arrossata, però, gli attorciglia gli intestini facendo ribollire la rabbia.
La porta si chiude e Sherlock sospira. La testa non gli gira più ma lo stomaco è in subbuglio. Solleva di nuovo il coperchio e tenta di mandare giù qualcosa ma dopo due bocconi deve smettere. Prende la custodia del violino e la fa scattare. Posiziona lo strumento sotto il mento, controlla l’accordatura e inizia a suonare.
 
John consegna a Molly l’accappatoio che Sherlock ha accuratamente chiuso in un sacchetto di plastica sterile.
<< Una prova del caso della vittima della Spa >> dice alla ragazza. << Puoi verificare che le tracce organiche presenti qui corrispondono con quelle ritrovate sulla vittima? >>.
<< Certo. C’è stata un’altra aggressione? >>.
<< Non posso dirti altro, mi spiace, sai com’è Sherlock a riguardo >> risponde in tono troppo rude, deve ammettere. La ragazza lo guarda stupita e si limita ad annuire. << Ti spiace se analizzo da me un altro campione? >> le chiede ricevendo un’occhiata ancora più sorpresa. Molly però ha la buona creanza di non fare domande. Deve essere il risultato di troppo tempo trascorso con Sherlock.
John analizza le urine alla ricerca di una qualche droga che possa aver stordito il consulente al punto da metterlo fuori gioco e permettere a quel bastardo di fare i suoi comodi. Non trova nulla, però. Nessun oppiaceo o ipnotico.
<< Non hai trovato alcuna droga nel sangue della vittima? >> chiede a Molly intenta a lavorare sull’accappatoio.
<< No, era pulito >> risponde la ragazza. << Ti confermo che lo sperma su questo accappatoio appartiene all’aggressore. John che sta succedendo? Non ti ho mai visto così teso >> gli chiede.
<< Non sopporto gli stupratori. Ne ho visti troppi in guerra >> risponde con una mezza bugia e una mezza verità.
<< Oh >> si limita a dire la ragazza. << Pensavi avesse drogato la vittima? >>.
<< E’ l’unica cosa che mi spiega il perché questa non abbia opposto resistenza >>.
<< E’ possibile che stesse male già da prima. Ho trovato un’anomalia della valvola mitralica. Quel ragazzo non avrebbe mai dovuto mettere piede in una sauna con un cuore in quelle    condizioni >>.
<< Si è approfittato del suo malessere, quindi >> dice John disgustato.
<< Poveretto. Avrebbe avuto bisogno di aiuto e invece è stato vittima di un abuso >>.
<< Se quell’aiuto glielo si fosse dato sarebbe sopravvissuto. Questo è un aggravante per quel bastardo >> dice dando un pugno al tavolo. Si avvicina a Molly e le posa un bacio sulla fronte.       << Sei eccezionale, come sempre >> corre via lasciandola senza parole.
 
Lo squillo del telefono interrompe la sonata in do minore che sta eseguendo. Il nome di John lampeggia sullo schermo rimandandogli una sensazione di urgenza.
<< Non sei stato drogato! >> esclama il dottore ancor prima che lui possa dire ‘pronto’. Resta di sale a quella notizia.
<< Come è possibile? >>.
<< Molly mi ha detto che la vittima presentava un’anomalia cardiaca a causa della quale non avrebbe neppure dovuto mettere piede in una sauna. Quel bastardo deve essersi avvicinato a lui come ha fatto con te, approfittandosi del suo malessere. Se anziché abusare di lui lo avesse aiutato davvero forse a quest’ora non avremmo un corpo nel congelatore del Bart’s >>.
Sherlock resta senza parole. Fissa attonito un punto. Sente la voce di John lontana e non riesce a cogliere il significato di quanto gli sta dicendo. Una droga era l’unica spiegazione possibile al suo essere intontito e privo di forze. Gli succedeva così quando si faceva di cocaina. Non riesce a credere che il suo corpo lo abbia tradito, che sia stato un malessere causato dal calore eccessivo a renderlo una vittima inerme nelle mani dell’aggressore. Non c’è stata alcuna causa esterna di origini chimiche. L’unica causa esterna può attribuirla al suo intestardirsi nel non prendersi cura di sé. Forse John non ha tutti i torti e il suo è davvero un problema alimentare. È sempre stato inappetente, fin da bambino e già allora diceva che la digestione lo rallentava. Il pediatra lo aveva definito anoressico ma le sue parole erano rimaste inascoltate.
<< Sherlock mi stai ascoltando? >> il tono autoritario di John lo desta dai suoi pensieri.
<< Sì, sono qui >>.
<< E vedi di restarci! Non fare niente, mi hai capito? Niente prima del mio arrivo >>.
Sherlock, però, non lo sente. Interrompe la comunicazione e continua a fissare il vuoto. Quel bastardo si è approfittato della condizione di malessere della vittima e anche della sua. È così che agisce. Dovrebbe essere lì per aiutare chi non reagisce bene all’Aufguss e invece se ne approfitta, per poi lasciarli storditi e sconvolti nello spogliatoio.
<< Non possiamo essere stati gli unici >> sussurra a se stesso. << Il direttore non mi avrebbe pregato di indagare, altrimenti >>. Cerca di mettere a fuoco il volto del suo aggressore ma proprio non ci riesce. Gli occhi gli bruciavano a causa delle lenti e poi non riusciva a tenerli aperti per le vertigini e la nausea. La sua voce la riconoscerebbe tra mille, così come anche il suo odore ma del volto non ricorda nulla. Potrebbe chiedere di interrogare tutti i ragazzi dello staff presenti all’Aufguss solo per sentirli parlare, ma svelerebbe la sua identità e per non farlo dovrebbe mettere di mezzo Lestrade, farli convocare in centrale, posizionarsi dietro il vetro unidirezionale e quanto gli è successo verrebbe irrimediabilmente a galla.
<< No! >> esclama convinto scuotendo il capo. È una reazione stupida, lo sa bene, ma è già tanto che John ne sia venuto a conoscenza. Avrebbe voluto tenere anche lui all’oscuro di quanto accaduto ma non gli è stato possibile. Purtroppo.
Prende il portafogli e cerca il biglietto da visita lasciatogli dal direttore dell’albergo. Lo chiama e, nonostante l’ora tarda, l’ometto risponde al secondo squillo.
<< Novità, signor Holmes? >> gli chiede.
<< Qualcosa, direttore. Ho bisogno di chiarire un punto e lei può aiutarmi. E’ possibile passare direttamente dalla sauna ottogonale, quella dove si svolge l’Aufguss, agli spogliatoi maschili? >>.
<< Non direttamente >> risponde lui lasciandolo senza parole. << Nella sauna c’è una porta di servizio che conduce alla sala massaggi. Per arrivare agli spogliatoio bisognerebbe passare da lì, uscire sul corridoio e poi accedere agli spogliatoi >>.
<< E se si volesse eludere la telecamera posta all’ingresso? >>.
<< Si dovrebbe passare dagli spogliatoi del personale. Questi sono connessi allo spogliatoio maschile per permettere ai ragazzi di usare le docce >>.
<< Ed è possibile, quindi, passare dalla sala massaggi agli spogliatoi del personale senza essere ripresi dalla telecamera? >>.
<< Certo, si passa dalla porta il cui ingresso è riservato agli addetti >>.
<< Ora mi è tutto chiaro! Ho bisogno dell’elenco dei componenti lo staff della Spa e del loro planning settimanale, subito! >>.
<< Quindi… Byron non è morto a seguito di un infarto >>.
<< No. Ma le spiegherò tutto quando avrò concluso l’indagine. Attendo quanto le ho richiesto al più presto! >>.
Mette giù la chiamata e trasale nel sentire aprire la porta.
<< Sei qui! >> esclama John. Percorre a grandi passi la distanza dalla porta al letto sul quale è seduto Sherlock e si ferma a pochi passi da lui.
<< Certo, dove credevi che fossi? >> risponde acido.
<< Mi hai chiuso il telefono in faccia, temevo fossi andato a cercarlo da solo >>.
<< Mi hai detto di aspettarti e ti ho aspettato >>.
<< Non lo fai mai >>.
<< Questa volta l’ho fatto. Non va bene? >> sbotta nervoso.
<< Certo che va bene! >> ribatte John a tono. Sospira e alza la mano aperta davanti a lui. << Ok. Basta. Stiamo decisamente esagerando. No! >> esclama impedendogli di ribattere. << Sono felice tu sia rimasto qui. Va bene tu lo abbia fatto e ti chiedo scusa per aver pensato non lo facessi >> dice tutto d’un fiato.
Sherlock annuisce e stropiccia il viso stanco con la mano.
<< In effetti hai ragione, non ti ascolto mai. È plausibile tu l’abbia pensato perché l’ho pensato anche io. Se non l’ho fatto è perché… perché faccio ancora fatica a stare in piedi. E poi… >> aggiunge prendendo un altro respiro. << Hai ragione anche sulla reputazione. Te ne ho dette tante eppure anche io sto facendo di tutto affinchè quanto mi è successo non venga fuori. Prima non sopportavo l’idea potessero darmi dello stupido per non essermi accorto di essere stato drogato ed essermi fatto condurre in trappola senza reagire. Ora… sono stato male solo a seguito delle crisi d’astinenza. Non ho mai avuto neppure un raffreddore e questo calo continuo di pressione lo prendo come un tradimento da parte del mio corpo. Non so cosa mi stia succedendo, John >> sussurra preoccupato.
John sospira e il suo volto si distende. Sulle labbra si disegna un sorriso, uno di quelli che gli fanno battere il cuore. Si siede al suo fianco sul letto.
<< Da medico mi sento di consigliarti di effettuare una serie di esami di controllo. Semplici esami di routine che però immagino tu non abbia mai fatto. È possibile che tutto sia iniziato con un calo di pressione causato dal calore eccessivo presente nella sauna, già quando abbiamo fatto i rilievi sul cadavere. La situazione è peggiorata e ora fatichi a riprenderti e credo che c’entri anche il trauma di quanto ti è successo. Sei un essere umano, Sherlock, ma sottoponi il tuo corpo a uno stress continuo fatto di privazione di sonno e di cibo. Non esiste solo la testa, sai? Il mezzo di trasporto, come lo chiami tu, è importante, altrimenti la testa non gira >>.
<< Forse ne ho fatte un po’ troppe al mio mezzo di trasporto >>.
<< Temo di sì, Sherlock. Per quanto riguarda la reputazione… anche io al tuo posto preferirei nessuno lo sapesse. È imbarazzante, e credo che questo bastardo continui ad agire indisturbato proprio perché nessun altro ha denunciato l’accaduto. Forse si sono detti la stessa cosa che ti sei detta tu: si è solo strusciato. Purtroppo, però, l’idea di essere stati usati, e in più in un momento di malessere e debolezza fisica, fa male comunque >>.
<< Hai ragione. Per questo lo denuncerò. Appena avrò concluso il caso e avrò preso quel bastardo renderò noto cosa mi ha fatto e cercherò di convincere anche le altre vittime a fare altrettanto. Farei un favore al criminale stando in silenzio e verrei meno a quella che è la mia missione: fare in modo che sia fatta giustizia >>.
John annuisce orgoglioso della sua decisione e dentro di sé qualcosa di altrettanto coraggioso scatta. Avvicina la mano ai capelli scarmigliati di Sherlock e lascia che le dita vi affondino. Il suo gesto lo coglie di sorpresa il consulente che, però, non gli dice nulla. Si rilassa un po’ al tocco leggero della sua mano che gli accarezza i ricci.
<< Stai meglio con il tuo colore naturale, sai? >> gli dice scostandogli il ciuffo dagli occhi.
<< Anche tu >> sussurra lui e la sua mano sale piano ad accarezzargli i capelli resi scuri dalla tinta. La sua mano è fredda e leggera, come una presenza lontana ma rassicurante. Il tocco gli accappona la pelle e si rende conto troppo tardi di aver umettato le labbra con la lingua. Sherlock ne disegna il contorno con le dita e il brivido che nasce da questo leggero sfioramento lo porta ad avvicinarsi a lui, lo sguardo fisso sulle sue labbra dischiuse.
Bussano alla porta e entrambi sono colti di sorpresa. John va ad aprire e una ragazza sorridente gli consegna una busta dicendogli che è per il signor Sigerson. Ci mette un attimo a ricordarsi che è lo pseudonimo scelto da Sherlock.
<< Sono i documenti che ho richiesto al direttore >> gli dice Sherlock quando torna verso di lui dopo aver congedato la ragazza. << I nomi dello staff della Spa e il loro planning >>.
Apre la busta e ne estrae il contenuto. Siede a gambe incrociate sul letto e John lo imita togliendo prima le scarpe.
<< Nell’orario dell’Aufguss erano presenti oltre il maestro di sauna altre sette persone: quattro ragazze e tre ragazzi. Christian Robinson, Martin McNeel e Robert O’Hara >>.
John cerca tra le schede dello staff questi tre nomi e li sistema uno vicino all’altro.
<< Lo riconosci? >> gli chiede. Sherlock li osserva attentamente. Chiude gli occhi e tenta di richiamare alla memoria quei pochi flash che ha visto. Scuote il capo nervoso.
<< Non l’ho visto in faccia. Non riuscivo a tener egli occhi aperti, tanto mi girava la testa. Ricordo solo la sua mano sul mio polso. La sinistra. Ha una macchia proprio qui, sul radio >>.
<< Domani sono tutti e tre in turno al mattino. Solo uno di loro, però, sarà presente alla sessione di Aufguss, proprio come oggi, e non è detto sarà lui >>,
<< Sono però ancora di turno. Fino a mezzanotte. Non sapevo la Spa fosse aperta fino a tardi >>.
John si sporge a prendere il volantino abbandonato sul tavolino.
<< Sì, c’è una cosa che chiamano ‘Relax della sera: un magnifico bagno di onde sonore prodotto dalle nostre splendide campane tibetane in grado di donare relax e alleggerire lo spirito’. Inizia alle 10 >>.
<< E noi abbiamo giusto bisogno di alleggerirci lo spirito >> dice scendendo dal letto.
<< Ehi, ma non avevi detto di non reggerti in piedi? >>.
<< Sto meglio e poi non ce la farei ad attendere domani. Passerei la notte in bianco comunque, mi conosci, e poi così posso sfruttare l’effetto sorpresa >>.
<< L’effetto sorpresa? >>.
<< Ovvio, no? >>.
<< Non è ovvio per me >>.
Sherlock lascia cadere le braccia lungo i fianchi guardandolo stupito. Alza poi gli occhi al cielo e sospira.
<< Se tu fossi un simile maniaco e vedessi la tua ultima vittima ritornare nel luogo in cui ha subito una tua aggressione cosa penseresti? >>.
<< Cos’hai in mente? >> .
<< Non mi hai risposto, John >>. John sbuffa già contrariato.
<< Devo essere il maniaco? >>.
<< Sì >> annuisce Sherlock.
<< Beh, se sono il maniaco penserei che non ne ha avuto abbastanza e… >>.
<< E…? >>.
<< E che probabilmente vuole di più. Dimmi, ti prego, che non hai in mente di fare ciò che penso, Sherlock >> .
<< Non so cosa tu stia pensando. Io ho intenzione di chiudere questa storia questa notte e di tendere una trappola al mio aggressore >>.
<< Questo piano non mi piace per nulla! Non ti rendi conto che così ti metti in pericolo? >>.
<< No, perché questa volta ci sarai tu a guardarmi le spalle >> sorride soddisfatto. << A meno che tu non abbia preso impegni più importanti con quella tizia con cui sei entrato nella sauna >> aggiunge sventolando la mano in modo teatrale. John ride di gusto scuotendo il capo dinanzi a una tale messa in scena.
<< Me ne sono del tutto dimenticato, Sherlock. Non ricordo nemmeno più come si chiami >>.
<< Lasciami dire, John che sei un pessimo cavaliere >> gli dice serio scuotendo il capo.
<< E tu un pessimo commediante >> ribatte inarcando un sopracciglio. Ridono di gusto come due ragazzini che si perdono in chiacchiere al posto di fare i compiti. Si guardano poi a lungo tornando seri.
<< Mi prometti che non farai di testa tua lasciandomi indietro? >> gli chiede John scendendo a sua volta dal letto.
<< John, è vero, non ho trattato bene il mio mezzo di trasporto negli ultimi… diciamo vent’anni. Questo però non vuol dire che abbia voglia di farmi mettere forzatamente a novanta da un perfetto sconosciuto. Preferisco avere te alle mie spalle >> conclude facendo l’occhiolino.
John sente il volto avvampare ed è felice del fatto che lui si sia subito diretto alla porta perdendosi quell’esplosione rossa sul suo viso. Lo segue silenzioso e nel silenzio restano per tutto il tragitto.
Quando arrivano alla Spa chiedono alla ragazza dell’accoglienza di poter partecipare al rito di mezzanotte e questa consegna loro gli accappatoi. I due si guardano attorno alla ricerca dei tre ragazzi, ma sembra proprio che di nessuno di loro vi sia traccia. Si dirigono agli spogliatoi affollati e pieni di chiacchiere e indossano gli accappatoi. Il calore è meno intenso, stemperato dalla temperatura fredda della sera d’autunno. Così agghindati si dirigono all’area relax a sua volta affollata e si seggono sul davanzale di una delle grandi finestre aperte sul bellissimo panorama di una Londra notturna dal cielo stranamente sgombro di nuvole e carico di stelle.
Un ragazzo alto, imponente, dalle spalle larghe e la muscolatura di braccia e spalle possente sbuca da una porta a scomparsa che si confonde con la parete. Scambia qualche battuta con la collega e solo per caso incontra lo sguardo. Lo guarda stupito e nervoso passa la mano sinistra tra i capelli e Sherlock vede la macchia sul polso. Il ragazzo gli sorride, un sorriso cattivo carico di malizia e bassi istinti che si illumina ulteriormente quando Sherlock ricambia le attenzioni. Il ragazzo viene chiamato dal maestro di sauna e il contatto si interrompe.
<< E’ lui, Martin McNeel >> dice a John che si volta subito nella direzione verso la quale sta guardando. << L’ho agganciato >>.
<< Hai fatto cosa? >>.
<< Gli ho lasciato intendere che mi piacerebbe incontrarlo in privato >>.
<< E come hai fatto? >>.
<< Me lo stai chiedendo davvero? >> gli domanda stupito. << Gioco di sguardi, scambio di sorrisi, hai presente? Pensavo fossi un maestro di seduzione, con tutte le donne con le quali ti     accompagni >>.
<< Mi stai dicendo che hai appena sedotto il tuo aggressore? >>.
<< Chiamala pure sindrome di Stoccolma, se vuoi. Non è nemmeno il mio tipo, devo essere davvero tanto traumatizzato >> sdrammatizza ridacchiando.
<< Sei sicuro di stare bene? >>.
<< Questa stessa domanda rifammela tra qualche ora, quando avremo consegnato quello stronzo a Lestrade >>. John sembra rasserenarsi alle sue parole.
<< Come ci muoviamo? >>.
<< Conto di sgattaiolare dal momento magico che stiamo per vivere per recarmi nello   spogliatoio >>.
<< Perché nello spogliatoio? >>.
<< Per prima cosa perché è l’unico posto privo di telecamere e poi perchè è avvenuto lì l’incontro che mi ha sconvolto al punto da cercarlo nuovamente. Ovviamente questo è il film che sono sicuro si stia facendo lui >>.
<< Mi adopererò affinchè i suoi sogni vengano infranti >> ringhia John.
<< Non farti prendere la mano. Se mi stai troppo dietro rischi di farti scoprire e non credo che uno come lui ami le cose a tre >>.
<< Un vero peccato >> sospira John strappando una risata a Sherlock.
Una campanella suona annunciando l’inizio di questo magico momento della sera. Prima di entrare insieme agli altri nella piscina, Sherlock scorge da lontano Martin sorridergli beato. Sorride a sua volta azzardando un occhiolino al quale il ragazzo risponde soffiandogli un bacio.
Il maestro di sauna invita tutti a sedere attorno alla piscina. Al centro di questa, su tre piattaforme salvagente, sono state posizionale le campane di diversa dimensione e su altrettanti piattaforme sono sedute a gambe incrociate tre figure avvolte in lunghe tonache. Quando il concerto ha inizio Sherlock, strategicamente seduto accanto alla porta d’ingresso, silenzioso come un gatto abbandona il gruppo. Con passo svelto e guardandosi attorno si dirige ai camerini del personale, quelli che il direttore gli ha detto essere collegati allo spogliatoio dei visitatori. Guarda svelto i tanti armadietti e si sofferma a scassinarne uno, per togliersi un dubbio che dall’inizio di questo caso gli gira per la testa. Rovista tra gli effetti personali del proprietario dell’armadietto e nella tasca interna di una zainetto trova una lettera. La apre, la legge velocemente e un sorriso soddisfatto gli compare sul viso. Mette la lettera nella tasca dell’accappatoio e, allarmato da un rumore al di là della porta, raggiunge lo spogliatoio dei visitatori attraverso la porta a scomparsa che a questo lo collega.
Come si aspettava  è deserto. Osserva la parete contro la quale l’aggressore lo ha premuto solo poche ore prima e lo stomaco gli si chiude rimandandogli su un fastidioso senso di nausea. Cerca di scacciarlo scuotendo la testa e uno scricchiolio lo coglie di sorpresa. La parete bianca si apre e dalla porta a scomparsa fa il suo ingresso Martin McNeel. Sherlock deve ammettere che non gli piace per niente ritrovarsi da solo al cospetto di questo ragazzotto grande e grosso di poco più giovane di lui. Lo guarda con un brutto sorriso carico di desiderio.
<< Questa giuro che è la prima volta che mi capita una cosa simile >> dice con quella voce bassa che Sherlock ben ricorda.
<< Cosa? >> gli chiede sforzandosi di rispondere al suo desiderio con malizia.
<< Di solito scappano via e non mettono più piede nella Spa. Uno è persino morto d’infarto >> ride di una risata capace di far accapponare la pelle. << Tu, invece… cosa sei, una specie di sadomasochista? >>.
<< Una specie, sì >> risponde pensando che masochista lo è di sicuro, dal momento che ha ideato un simile piano.
<< Che ne dici, allora, di approfondire la conoscenza? >> gli chiede e senza attendere risposta gli si avventa contro. Sherlock gli da una ginocchiata al basso ventre.
<< Ehi, ma che cazzo ti prende? >> ringhia Martin.
<< E’ un gioco sadomaso >> risponde assestandogli un pugno sul viso. Il ragazzo indietreggia di qualche passo. Porta una mano al volto e scuote la testa. La vista del suo stesso sangue ha il potere di farlo esplodere. Risponde al pugno con un pugno che colpisce Sherlock in pieno viso.
<< Se è così che ti piace te ne darò tante da farti svenire >> ruggisce il ragazzo portando un altro pungo che questa volta Sherlock schiva. Si allontana pronto a rispondere con un calcio ma agendo con un’agilità inaspettata Martin lo afferra per i capelli e gli sbatte violentemente la guancia sana contro la parete.
<< Non ho capito se hai provato a vendicarti o se tutto questo ti piace davvero >> ruggisce al suo orecchio mentre gli trattiene la testa contro il muro. << Ti dirò, però, che non me ne frega niente  >> ride iniziando a spogliarlo.
Sherlock tenta di divincolarsi. Sente la testa girare, questa volta a causa dei pugni prima e dello scontro col muro poi. Vorrebbe gridare e invocare l’aiuto di John, ma quella mano nuovamente lo blocca impedendogli di dire alcunché.
Di colpo la pressione del corpo di Martin scompare e si ritrova accasciato nuovamente sul pavimento, questa volta con lo sguardo rivolto alla parete. Un fischio lungo e persistente gli invade la testa che scuote più volte per tentare di riavviare il sistema. Quando finalmente sente di avere il controllo di sé, i rumori tipici di una scazzottata gli giungono alle orecchie. Si volta e deve sbattere le palpebre più volte per mettere a fuoco quel che vede. Il volto di John è una maschera di rabbia spaventosa. Sovrasta Martin riverso a terra e ne colpisce il volto divenuto ormai una maschera di sangue con una forza che non gli avrebbe mai attribuito.
<< John! John, basta! Così lo ammazzi, basta! >> si getta su di lui e lo stringe forte tra le braccia per fermare la sua furia. << Sto bene. Non mi ha fatto nulla, calmati >>.
Martin ansima, un cenno di vita che rincuora Sherlock, che sente John tra le sue braccia teso e pronto a tornare alla carica.
<< Si è approfittato di te, di un tuo momento di debolezza, per fare i suoi porci comodi e questo non lo tollero! >> dice colpendo col tallone con violenza i genitali del ragazzo. Questo grida portando istintivamente le mani all’inguine. Si rigira sul fianco mugolando per il dolore.
<< Ora basta, John! Abbiamo abbastanza prove per incriminarlo e fargli passare il resto dei suoi giorni in galera. Non ti permetto di sporcarti ulteriormente le mani con lui >> grida stringendolo con maggior forza. << Calmati, ti prego. Non posso sopportare l’idea di vederti finire nei guai a causa mia >>.
John sembra calmarsi. Si volta verso di lui e non lo aiuta vedere lo zigomo spaccato dal pugno e il sopracciglio ammaccato dallo scontro contro il muro.
<< Va bene, lo lascerò vivere. Permettimi solo di fargli entrare in testa un concetto >>.
<< Solo se farlo non comporta spaccargliela a suon di pugni >>.
<< No, anche se ne sarei tentato >>.
Sherlock lo lascia andare cauto e John si avvicina al ragazzo ancora riverso sul fianco e lo afferra per il bavero della maglietta.
<< Mi senti stronzetto? >>. Martin borbotta un sì affaticato. << Ora chiameremo la polizia e ti consegneremo a loro e tu da bravo bambino confesserai i tuoi crimini. Promettimelo, altrimenti te lo stringerò talmente forte da rompertelo e renderti impotente. Sono un medico, so come farlo e fossi in te non mi sfiderei >>.
<< Ok, ok, lo prometto. Prometto tutto quello che vuoi >>.
<< Bravo bambino e non provare a ritrattare, sai? Ti verrei a riprendere ovunque per completare l’opera e se sei furbo anche solo la metà di quanto hai dimostrato di essere avrai capito che sono tipo da fare una cosa simile. Ti è chiaro il concetto? >>.
<< Chiarissimo >> borbotta il ragazzo. John lascia la presa e questo cade come un sacco di patate.
<< Chiama Lestrade e facciamola finita >> dice a Sherlock guardando disgustato le sue mani scorticate dai pugni inferti.
Sherlock annuisce, ancora intontito dalle botte e da quella versione furiosa di John. Chiama Lestrade e gli comunica di aver risolto il caso e acchiappato l’assassino. Greg, nonostante l’ora tarda, risponde con un entusiasta ‘arrivo’. La telefonata successiva Sherlock la fa al direttore dell’hotel che tempo dieci minuti si catapulta nello spogliatoio dove consulente, dottore e aggressore sono ancora seduti sul pavimento, mentre dalla piscina grande giungono le note acute e profonde delle campane tibetane. L’ometto guarda inorridito la maschera di sangue che è diventata il volto di un non meglio conosciuto componente dello staff.
<< Mi ha aggredito e il dottor Watson lo ha messo a posto >> risponde Sherlock alla sua muta domanda.
<< Capisco >> borbotta il direttore tergendo la pelata col fazzoletto.
<< Dovrebbe scegliere meglio i suoi dipendenti, direttore >> gli dice John alzandosi in piedi. Gli  scocca un’occhiata capace di farlo rabbrividire. Lo sguardo del direttore viaggia dalle sue nocche insanguinate al volto del ragazzo e deglutisce visibilmente dicendosi che è meglio non far arrabbiare il tranquillo collega del famoso consulente.
<< I dipendenti della Spa, in realtà, sono assunti dal maestro di sauna >> tenta di scaricare le responsabilità.
<< Allora dovremo fare una bella chiacchierata con questo maestro >> dice Sherlock alzandosi in piedi. Un capogiro lo fa barcollare e John lo afferra giusto in tempo.
<< Oddio, ma lei non sta bene! Chiamo subito un’ambulanza >> strilla l’ometto. << Anche per lui, direi >> aggiunge volgendo lo sguardo preoccupato al ragazzo ansante sul pavimento.
<< Non ce n’è bisogno, direttore. Nè per me, né per lui >>.
<< Soprattutto per lui >> sottolinea John fulminando Martin con lo sguardo. << Un’occhiata, però, sarebbe meglio te la facessi dare, Sherlock >> dice volgendo a lui uno sguardo clinico e preoccupato.
<< Ce ne sarà tutto il tempo dopo. Voglio aspettare Lestrade e parlare con questo maestro,    prima >>. John è visibilmente contrario, ma tiene per sè i suoi pensieri.
Greg arriva con il suo seguito, proprio mentre la fiumana di persone lascia la piscina. La sessione non deve essere stata poi così rilassante, dato il modo poco civile con cui parecchi degli uomini presenti reagiscono al non poter accedere allo spogliatoio.
<< Dio santo, ma che è successo qui? >> domanda Greg guardando prima il ragazzo poi Sherlock e John.
<< Abbiamo risolto il caso >> risponde Sherlock.
<< Lo avete risolto a botte, a quanto vedo >>.
<< Diciamo che il signorino, lì, si è comportato in modo molto poco civile >> ringhia John e Greg guarda serio prima lui, poi il volto di Sherlock e infine le sue mani insanguinate.
<< State bene? >>.
<< Ora decisamente meglio, grazie >> risponde John.
Richiamato dal vociare degli uomini fuori dallo spogliatoio il maestro di sauna entra dalla porta a scomparsa e si trova puntati contro gli occhi dei presenti.
<< Oh, ci ha risparmiato la fatica di mandarla a chiamare >> gli dice Sherlock. L’uomo si irrigidisce preoccupato. Guarda la sagoma riversa sul pavimento che, con l’aiuto di due agenti, ora sta tentando di rimettersi in piedi.
<< Martin McNeel. Uno dei suoi assistenti che per hobby approfitta sessualmente degli uomini che accusano malessere durante le sue sessioni di Aufguss >>.
<< Che cosa? >>.
<< Non faccia il finto tonto, aveva capito da tempo che qualcosa non andava >>.
Il maestro si sente messo alle strette. Vede uno dei suoi assistenti condotto fuori da due agenti e nervoso passa la mano tra i folti capelli neri.
<< Io lo vedevo fare il suo dovere, cioè accompagnare fuori coloro che erano visibilmente provati dall’esperienza dell’Aufguss. Sono solito, quando le incontro in giro per l’hotel, chiedere a queste  persone come stiano e uno di questi una sera reagì in un modo che mi stupì. Divenne pallido e si allontanò con una scusa. Successe altre volte, con altri uomini, e avevo notato che accadeva sempre a coloro accompagnati fuori da Martin. Quando mi sono accorto che il ragazzo morto d’infarto era stato condotto fuori da lui allora l’ho affrontato >>.
<< Perché non mi ha riferito quanto sapeva quando l’ho interrogata? >> gli domanda Greg.
<< Perché il maestro di sauna è responsabile di tutto ciò che accade all’interno della struttura, Anche del comportamento del suo staff. Gli ho ordinato di costituirsi e l’ho licenziato su due piedi. Ho preparato la lettera, ve l’avrei inoltrata domani, direttore >>.
Sherlock gli si avvicina con passo lento, gli occhi chiari fissi sul volto teso dell’uomo.
<< Lei sta mentendo >> gli dice calmo.
<< Lei si sbaglia >> ribatte il maestro sostenendo il suo sguardo.
<< Una persona che sa di rischiare di essere coinvolta in una serie di aggressioni ai danni di persone sofferenti non ordina allo scoperto aggressore di costituirsi, ma lo denuncia e porta subito il direttore della struttura a conoscenza del licenziamento. Lei vorrebbe davvero farmi credere di aver lasciato la sua reputazione nelle mani di un ragazzo che è solito approfittarsi dell’altrui debolezza? Io non le credo, maestro >> dice trai denti, ponendo enfasi sull’ultima parola.
<< Può anche non credermi se vuole. Non ha prove >>.
<< Questo è da vedere >>.
<< Sarà la sua parola contro la mia >>.
Sherlock ridacchia scuotendo il capo. Lo guarda poi con disgusto allontanandosi di un passo da lui, come se fosse infastidito dal suo odore.
<< Gli stupratori non li sopporto. Ancora meno tollero chi resta in silenzio permettendo loro di perpetrare il loro crimine e soprattutto chi tenta di ricavare da questo un proprio profitto >> dice prendendo dalla tasca dell’accappatoio la lettera trovata negli spogliatoi del personale. Gliela sventola sotto il naso facendolo impallidire.
<< Troverò le vittime di McNeel una per una e sono sicuro che mi diranno di aver ricevuto una lettera simile a questa. Era per Howard Byron, al quale però non è stato possibile consegnarla. La cosa che più mi disgusta è che si è sentito talmente sicuro di sé da non liberarsene. Contiene una richiesta di soldi in cambio del silenzio. Martin è stato assunto tre mesi fa e da quando ha scoperto il suo hobby, diciamo così, lei anziché denunciarlo e cacciarlo, ha fatto leva sull’imbarazzo che un uomo può provare all’idea che si sappia in giro di essere stato oggetto delle attenzioni sgradite da parte di un altro uomo. I miei complimenti. È quasi peggio di lui >>.
<< Immagino che tali attenzioni siano state di suo gradimento, invece >> sussurra con un ghigno cinico. Sherlock ridacchia altrettanto cinicamente e l’occhiata che gli lancia non annuncia nulla di buono.
<< No, non ho gradito le attenzioni di McNeel e sarà per me un piacere denunciarlo pubblicamente affinchè subisca una pena ancor più dura per quello che mi ha fatto. Per quanto riguarda lei, maestro, non sa contro chi si è messo >> gli sussurra. << Scaverò nel suo passato, troverò ogni scheletro che tiene nascosto nel suo armadietto e la distruggerò >>.
Il maestro si irrigidisce sinceramente spaventato dalla sua minaccia e ha la buona creanza di restare in silenzio.
<< Portatelo via >> ordina Greg a due dei suoi che si avvicinano all’uomo tenuto ancora sotto tiro dallo sguardo severo di Sherlock.
<< Che è successo, Sherlock, che ti ha fatto quel bastardo? >> gli chiede Greg avvicinandosi a lui.
<< La stessa cosa che ha fatto a Byron e a chissà quanti altri. Si è approfittato del malessere causato dal calore eccessivo di quella sauna per condurmi qui e… beh, il resto te lo lascio      dedurre >>.
Greg visibilmente scosso passa la mano tra i capelli grigi per farla poi scendere ad accarezzare la barba ispida. Intercetta lo sguardo di John, come a chiedergli conferma di quanto detto dal consulente, e il dottore annuisce.
<< Dammi un paio di giorni di tempo e ti farò avere tutte le prove a carico di quei due bastardi. Ora ho bisogno di riposare >>.
È la prima volta che Greg lo sente parlare di riposo e la cosa non gli piace per nulla. Volge lo sguardo preoccupato a John che con un cenno del capo gli lascia intendere di avere la situazione sotto controllo. Greg annuisce e richiamati i suoi abbandona lo spogliatoio.
<< Mi dispiace che le cose siano andate così, signor Holmes >> dice il direttore, visibilmente provato da quanto ha sentito.
<< Può succedere di ferirsi durante un’indagine, direttore. Sono gli imprevisti del mestiere >> ribatte Sherlock abbozzando un sorriso. Il direttore annuisce e sembra dare l’idea di voler aggiungere qualcosa. Decide, però, di lasciar perdere.
<< Se c’è qualcosa che posso fare per voi, signori >> borbotta.
<< Come diceva il mio collega abbiamo bisogno di riposare >> risponde John.
<< Vi lascio allora raggiungere la vostra stanza >> dice facendo loro strada fuori dallo spogliatoio. John prende per mano Sherlock, ora visibilmente stanco, e segue il direttore. L’orda di uomini fermi ad aspettare inveisce contro di loro e qualcuno lancia qualche insulto alle loro mani strette l’una nell’altra. Le loro mani che restano unite per tutto il silenzioso rientro nella stanza e si dividono solo quando John impone a Sherlock di sedersi sul letto e va a prendere il kit di pronto soccorso nella sua borsa.
Con mano sicura si occupa delle sue ferite. Sherlock fissa un punto non precisato dinanzi a lui ed è troppo silenzioso.
<< Come ti senti? Hai la nausea? >> gli chiede preoccupato.
<< No. Non sento niente >> risponde lui scuotendosi dal torpore. Abbozza un sorriso guardandolo appena.
<< Voglio tu faccia una lastra il prima possibile. Queste ferite non mi piacciono per niente, dovremmo andare all’ospedale, Sherlock >>.
<< No. Non adesso, sono stanco >>.
<< E’ questo che mi preoccupa. Non vorrei avessi una commozione cerebrale >>.
<< Sto bene, John. Sono solo stanco >> sospira affaticato. John decide di non insistere oltre. Passerà la notte a monitorarlo e al primo dubbio chiamerà un’ambulanza e faccia pure tutte le storie che vuole.
<< Ho rovinato la tua reputazione >> sussurra Sherlock e John.
<< Cosa? >>.
<< Quegli uomini. Hai sentito cos’hanno detto? >>.
<< Non sono certo le battute di trogloditi omofobi a preoccuparmi in questo momento >> dice ultimando le medicazioni. << Così dovrebbe andare. È una soluzione d’emergenza, però. Domani in ospedale faremo di meglio >> dice carezzandogli il mento. Sherlock sembra destarsi al suo tocco. Volge a lui lo sguardo.
<< Grazie, John >> gli dice abbozzando uno dei suoi sorrisi sinceri e rari, che a lui però dedica così spesso.
Sherlock intercetta la sua mano e ne esamina le ferite. Prende anche l’altra e le studia per qualche istante. Ha le mani fredde, segno di una circolazione sanguigna che non funziona come dovrebbe. John sta per farglielo notare, ma la frase gli muore sulle labbra quando lo vede afferrare il disinfettante. Ne versa un po’ su un batuffolo di cotone e con delicatezza tampona le ferite che il pestaggio di McNeel gli ha lasciato sulle nocche.
<< Lo hai quasi ucciso per salvarmi >> sussurra tenendo lo sguardo basso sulle sue mani.
<< Beh, non sarebbe la prima volta >>.
<< Questa volta, però, sarebbe stato più difficile non farti incriminare. Non voglio tu finisca in galera a causa mia, John >> gli dice prendendosi cura dell’altra mano, la sinistra, dove le escoriazioni sono maggiori.
<< Quando te l’ho visto addosso ho perso la testa >> ammette e sente la sua mano stringere appena. Risponde alla stretta e Sherlock lentamente alza gli occhi a incontrare i suoi. << Nessuno può farti del male e sperare di passarla liscia >>.
Libera una mano dalla stretta delle sue e la porta ad accarezzargli la guancia pallida. Gli occhi di Sherlock si fanno grandi di stupore.  Poi si chiudono per ascoltare quella carezza. Vi preme contro la guancia e, commosso, John si rende conto che si sta rilassando al tocco delle sue dita. Sherlock posa la mano sulla sua e piano volta appena il viso per posare un bacio sul suo palmo e poi accomodarvi meglio la guancia.
<< Le tue mani non mi farebbero mai del male >> sussurra assonnato e un sorriso dolce da bambino gli si disegna sulle labbra.
John ripensa a tutte le volte in cui avrebbe voluto prenderlo a pugni. Per le parti di cadavere nel frigo, per il continuo lasciarlo indietro, per i suoi silenzi e le intere giornate trascorse sul divano a mettere il broncio, per il violino suonato alle ore più assurde e tutte le volte in cui ha interrotto i suoi appuntamenti. Si sente in colpa per quei pensieri, per le imprecazioni, per l’odio, a volte, che ha provato nei suoi confronti, mentre lui, ora, gli sta mostrando con quanta dolcezza si fidi delle sue mani e si affidi ad esse.
<< Perdonami per la storia della reputazione >> sussurra carezzandogli il naso con il pollice.
<< Ho la mia parte di responsabilità, John >>.
<< No. Tu sei te stesso. Non hai mai fatto nulla che possa aver portato gli altri a pensare che stiamo insieme >>.
<< Neppure tu >> precisa lui che vuole sempre, maledizione, l’ultima parola.
<< E’ qualcosa che facciamo senza rendercene conto, Sherlock. Forse il nostro modo di intenderci alla perfezione senza il bisogno di parlare. Forse perchè ti richiamo e tu a modo tuo mi ascolti. Forse perché vedono qualcosa che noi non siamo ancora in grado di vedere >>.
<< Cosa? >> gli chiede. Quegli occhi chiari e limpidi sono così innocenti e allo stesso tempo consapevoli della risposta. Gli sorride e si rende conto di non sapere come rispondere alla sua domanda. Sherlock ha deciso di essere coraggioso e denunciare quanto quel bastardo gli ha fatto, affrontando quelli che saranno i giudizi della gente. Questo caso ha fatto capire a John ancora di più, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto forte sia ciò che prova per quest’uomo brillante e coraggioso. Tocca a lui, adesso, essere coraggioso. Si avvicina alle sue labbra e vi posa un bacio leggero.
<< Hai capito cosa? >> gli domanda rendendosi conto di come il suo tono di voce sia  cambiato, cosa che ha notato anche Sherlock.
<< Non ne sono sicuro >> dice gettandogli le braccia al collo. << Temo ci tocchi riprovare >> sussurra. Posa le labbra sulle sue e lo coinvolge in un bacio appassionato capace di togliergli il fiato. Percorre con le mani il suo corpo magro che sempre di più preme contro di lui. Ad ogni tocco lo sente sussultare, mordergli le labbra e quando anche Sherlock inizia ad accarezzargli la schiena con quelle mani grandi e forti si vede costretto a riprendere fiato.
<< Altro che Aufguss >> sussurra sulle sue labbra facendolo ridere, una risata libera che risuona in tutta la stanza e che mai gli aveva sentito. << Ora sono io che mi sento svenire >> ridacchia a sua volta posando la fronte nell’incavo della sua spalla nuda.
<< Non approfitterò di te, sta tranquillo >> dice bacandogli il collo lentamente. << Non so nemmeno se questo ti va bene >>.
<< Non mi sarei lasciato coinvolgere se così non fosse  >>.
<< Già >> sospira posando la guancia contro la sua. << Non possiamo andare oltre >> sussurra.
<< Perché? >> gli chiede sollevando la testa per guardarlo negli occhi.
<< E’ pericoloso >>.
<< Ed eccomi qua >> dice facendolo ridere di nuovo e, dio, ora sa che farà di tutto per continuare a sentirlo ridere così.
<< Dico davvero >> aggiunge serio Sherlock carezzandogli il viso.
<< Anche io >> ribatte altrettanto serio John. << Qualunque pericolo ci sia non mi importa >>.
<< Fosse anche Moriarty? >> .
<< Ero pronto a saltare in aria con te in quella piscina per eliminarlo. La risposta dovresti dedurla da te, caro il mio consulente investigativo >> risponde posando un altro bacio su quelle belle labbra che lo rapiscono per un altro attimo intenso da capogiro.
<< Ne sei sicuro? >> gli chiede mentre morde il suo bel collo pallido.
<< Oddio, smettila di chiedermelo >> risponde tirandolo giù. Sherlock ride del suo essere impetuoso e sospirando dei suoi baci che gli arrossano il collo si avventura sotto l’accappatoio, ad accarezzare la pelle nuda della schiena sulla quale disegna piccoli cerchi capaci di far rabbrividire il suo dottore.
<< Ne conosci di trucchi per farmi impazzire >> gli sussurra all’orecchio.
<< Oh, neppure immagini quanti >> ridacchia mentre le sue mani vanno sempre più giù lungo la sua schiena.
<< Sono pericolosi? >> gli chiede guardandolo negli occhi resi ancor più belli dalla passione.
<< Pericolosissimi >> scandisce e il suono di quelle esse gli fa accapponare la pelle.
<< Come tuo dottore dovrei farti desistere, date le tue condizioni, dall’intraprendere qualunque tipo di attività fisica >> dice distanziandosi da lui.
<< Ora, però, non sei il mio dottore >> gli dice percorrendo con il dito il torace dalla clavicola all’ombelico.
<< No? E chi sono? >> gli domanda sentendo l’erezione premere contro i boxer.
<< Il mio capitano sprezzante del pericolo >>. John ride mordendo il labbro inferiore mentre lui con quel lungo dito disegna cerchi attorno al suo ombelico.
<< Un capitano non mette in pericolo i suoi uomini, li protegge >>.
<< Lo so. So che avrai cura di me, mio capitano >> dice percorrendo col dito la sua erezione.
<< Sempre, te lo prometto >> gli dice prendendogli la mano. La stringe tra le sue. << Non solo per questo. Per me non è solo questo, Sherlock >>.
<< Neanche per me, John. E’… tutto. Sei tutto per me, John >> ammette stringendogli la mano.
A John manca il respiro. Confessare quanto provi per lui è nulla dinanzi alle sue parole.
<< Non volevo spaventarti >>.
<< Non mi spaventi >> sussurra posando un bacio su quella mano solitamente fredda.
<< Eh… la tua reputazione? >> gli chiede Sherlock accarezzandogli il viso.
<< Quale reputazione? >> domanda a sua volta. Ridono come due bambini ora liberi di dare inizio a un bellissimo nuovo gioco.
 

[1] Uno dei nomi fittizi di Sherlock Holmes. Questo è quello che assume alla fine del libro ‘Soluzione sette per cento’ di Nycholas Meyer
[2] Il giornalista investigativo che fa parte del team ‘Los Errores’, presente nella mia fan fiction ‘Hasta la verdad, siempre!’
   
 
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