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Autore: Theironlady    28/05/2018    2 recensioni
Cosa accadrebbe se qualcuno promettesse a Fujiko miliardi di rubini in cambio della testa di Jigen?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fujiko Mine, Jigen Daisuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I due si erano ritrovati da soli, seduti sulla sabbia bagnata con le mani bloccate da un paio di corde e legati ad un palo, schiena contro schiena.
C’era freddo, umidità, e l’acqua aveva già cominciato a insinuarsi all’interno della grotta, ma ancora, fortunatamente, non aveva raggiunto i due prigionieri.
Fujiko sospirò; non voleva parlare, non voleva fare nulla che portasse Jigen a gridarle contro, a odiarla ancora più di prima. Eppure la colpa era sua, e lei lo sapeva bene. Si era fatta ingannare da quell’uomo, accecata dalla brama delle ricchezze che avrebbe potuto avere, e aveva condannato a morte se stessa e il pistolero, che avrebbe preferito morire in qualunque altro modo piuttosto che a causa dell’imprudenza di lei.
Si sarebbero potuti salvare, se lei lo avesse ascoltato quando le diceva di lasciar perdere, di tornare indietro per la loro strada; ma lei non l’aveva ascoltato e perfino senza il suo aiuto era testardamente decisa a trovare quel giacimento, a rubare quei gioielli.
E invece di una caverna di tesori, Fujiko aveva trovato una trappola, dove un paio di uomini del Boss la attendevano per darle una calorosa accoglienza.
Era stata talmente stupida e incosciente da essersi impigliata da sola nella tela del ragno, e per questo si detestava al punto che non avrebbe neppure reagito agli insulti di Jigen, all’odio che avrebbe potuto sputarle contro. Come avrebbe potuto dargli torto?
Lui però non parlava, non si muoveva. Lo vedeva fermo, impegnato a fissare il vuoto, immerso in una dimensione di pensieri unicamente suoi dai quali avrebbe voluto trascinarlo fuori.
Sembrava non gli importasse, dell’acqua che saliva sui loro corpi, che li avvolgeva in una stretta gelida. Il suo corpo sembrava non ci fosse affatto.
Tuttavia lei voleva tentare. Si rifiutava di accettare quella situazione, e meno che mai avrebbe accettato di vedere Jigen incapace di reagire, perché sapeva per certo che in quel momento, lui si sarebbe arrendevolmente lasciato morire.
<< Mi dispiace tantissimo. >>
La voce di Fujiko era flebile, come un pensiero detto troppo forte.
<< So che non è abbastanza, lo capisco. Però, sappi che non ti avrei mai trascinato in questa storia, se avessi saputo la verità. So anche che per te, le mie parole non valgono nulla. Forse non le ascolti nemmeno, senti solo un brusio fastidioso, ma io devo dirtele comunque. Non ti chiedo di perdonarmi, solo, mi dispiace…  >> concluse, senza neppure volgere lo sguardo verso di lui in attesa di una risposta, o anche soltanto un cenno del volto. Non ci sperava.
<< No, non basta. >> le rispose con voce roca e lenta, dopo un paio di minuti di interminabile silenzio. << Non basta per niente, ma non mi importa. >>
Fujiko tremava, un po’ per il freddo, un po’ perché anche lei, per quanto forte e indipendente, in quel momento aveva davvero paura.
E non si piaceva affatto, in quella circostanza. Sovrastata dalle emozioni, messa a nudo, lei che era sempre capace di comandare le emozioni degli altri e di giocarci con tanta facilità, si sentiva completamente confusa, presa dall’angoscia e quasi le sembrava di non essere più la stessa Fujiko, o forse, in realtà, era soltanto la parte di lei che teneva nascosta, che reprimeva da sempre.
<< Non ti importa!? come può non importarti, Jigen!? >> gridò con tutta la voce che aveva in corpo. << Non vuoi vendicarti? Non vuoi uccidere quell’uomo!? >> continuò, sperando con tutta se stessa che dentro di lui, dentro quello che restava della sua anima, potesse accendersi una luce.
<< E cosa cambierebbe? Niente di niente. Sarebbe tutto quanto inutile, ormai. >> rispose, con un tono afflitto e arrendevole che in lui nessuno aveva mai sentito.
<< Fujiko, io non ricordavo nulla della mia famiglia. Come avrei potuto riconoscere il volto di mio padre e di mia sorella?  Eppure dentro di me, qualcosa la avvertivo. Come un’angoscia pressante, qualcosa che mi gridava di scappare via anche se questo avesse voluto dire disobbedire al Boss, diventare suo nemico. Non che la situazione adesso sia diversa. E forse loro sarebbero ancora vivi.  Sappi che l’unica ragione per cui non ti strangolo con le mie mani è perché non lo sapevi neanche tu. >>
Lo guardò, tentando di avvicinarsi a lui, come se sentisse il bisogno di abbracciarlo, di confortarlo.
O forse, in realtà, quella che doveva confortare era soprattutto se stessa.
<< Senti Jigen, io non ho intenzione di restare in questo postaccio un secondo di più, dobbiamo andarcene in fretta. >> disse, recuperando il suo carattere combattivo e determinato.
<< Se solo quei maledetti mi avessero lasciato la mia pistola! >>
<< Non importa. >> rispose la ladra. << una donna ha sempre un asso nella manica. >> e dicendo ciò, si sforzò disperatamente per allungare le mani quanto bastava per tirare fuori un piccolo coltellino d’emergenza che teneva nascosto in una tasca interna del reggiseno, e con un lavoro estremamente lento e faticoso riuscì ad allentare le corde che tenevano entrambi stretti.
Esalò un sospiro di sollievo quando ci riuscì, ed era tanto soddisfatta che quasi non le parve vero.
<< Fujiko, sei stata bravissima! >> Jigen, euforico, la ringraziava mentre lei gli sorrideva con aria compiaciuta.
<< Adesso dobbiamo solo capire come fare per andarcene da qui… >>
<< Dobbiamo, anzi, mi correggo, devi eliminare le guardie. >>
<< Cosa? si può sapere perché il lavoro sporco devo farlo proprio io? >>
<< Ma perché sei un uomo mio caro. Non vorrai lasciare che una donna fragile come me si occupi di certi compiti! >>
Sospirò. << Sei sempre la solita, Fujiko! >>
<< Ma come ti--
Non riuscì neppure a terminare la frase, che si videro davanti uno dei tirapiedi di Morello, intento a puntare contro di loro una pistola.
Non si mossero, mentre l’uomo gli si avvicinava sogghignando.
<< Avete voglia di chiacchierare, non è vero? Forse dovremmo risolvere il problema! >>  esclamò, mentre, ridacchiando, infilava l’arma nella bocca di Fujiko, con tanta forza che ne lei ne Jigen capivano se avesse intenzione di premere il grilletto o di soffocarla facendogliela ingoiare, fatto sta che il pistolero, furibondo, cominciò a stuzzicarlo per attirare l’attenzione su se stesso e distoglierla, momentaneamente, dall’amica.
Quando il tirapiedi, convinto della sua superiorità, fu tanto incauto da accogliere la provocazione di Jigen, liberò finalmente la bocca della ladra dall’arma e si avvicinò a lui, per puntargliela direttamente alla fronte. L’ex sicario però, facendo appello alla prontezza dei suoi riflessi riuscì a tirare una fortissima ginocchiata alle parti basse della guardia, facendogli cacciare un urlo insolitamente acuto, approfittando poi della sua momentanea confusione per sferrargli anche un calcio e proiettarlo all’indietro, dove sbatté sulla parete di roccia.
Allora, afferrata la pistola, entrambi si liberarono prontamente della corda che già era stata allentata quasi del tutto, e corsero verso l’entrata della grotta.
Lì, naturalmente, stavano ad aspettarli altri scagnozzi e con loro una lotta disperata e caotica che Jigen cercò di evitare sparandogli dei rapidi colpi alle gambe, in modo che non fossero capaci di inseguirli.
Alcuni di loro tuttavia, furono talmente abili da lanciare loro tutte pallottole che avevano, e continuarono a sparare anche mentre i due fuggitivi salivano sul motoscafo.
<< Jigen, come diavolo si mette in moto questa cosa!? >>
<< Spostati, lascia fare a me! >>
Mentre Jigen azzardava dei tentativi a vuoto, Fujiko restituiva gli spari cercando allo stesso tempo di evitare di riceverne, l’adrenalina le scorreva nelle vene. In momenti come quello, quando veniva calata, volente o nolente, in quel genere di pericolose avventure, la ladra riusciva ad entrare in una strana modalità. I suoi sensi si acuivano, i suoi riflessi venivano enfatizzati e la sua agilità aumentava anche se presa dalla stanchezza.
Le si illuminarono gli occhi al suono del rombo del motore, e finalmente partirono, schizzando a velocità verso il mare aperto.
   
 
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