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Autore: Nao Yoshikawa    28/05/2018    6 recensioni
Nell'estate dei suoi sedici anni, quando Kuga crede che niente possa sorprenderlo, conoscerà Tsukasa Eishi, un ragazzo esattamente come lui. Sarà l'inizio di qualcosa di molto più grande di ciò che può sembrare.
DAL TESTO:
“E se...”
“E se? Ascolta, Tsukasa Eishi. Il mio non è un ordine, è solo un consiglio. C’è una cosa di cui sono consapevole. Se il vostro è vero amore, come tanto dite, allora sarete destinati a trovarvi. Fra cinque, dieci, quindici anni, questo non lo so. E non so neanche se credi a cose come il destino. Quello che voglio farti capire è che… forse questo non è il momento per voi, ma arriverà un giorno in cui, incontrandolo nuovamente, capirai. E magari sarà anche il momento più sbagliato, per altri versi. Ma sarà anche quello giusto, quello perfetto. Capisci cosa voglio dire?”.
Tsukasa annuì lentamente, mentre le lacrime gli rigavano il viso.
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Questa storia partecipa a "Ripopoliamo i fandom - four seasons challenge", indetta da Il Giardino di EFP
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kuga Terunori, Tsukasa Eishi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Pacchetto Maggioranza C
(Malinconico/Angst – Estate)
Chiamami col tuo nome
Trama: X e Y si sono innamorati un’estate di tanti anni addietro. Ostacolati dai genitori di X, i due perdono i contatti fino al giorno del matrimonio di Y.
(Il titolo della storia è un verso di una canzone di Phil Collins del film "Koda fratello Orso).

 
Ritrovarsi vuol dire non perdersi mai


Quella busta era stata lasciata sul tavolo, dopo che Kuga ne aveva letto il contenuto per ben due volte. 
In preda ad una serie di sensazioni ed emozioni contrastanti, aveva sentito il bisogno di allontanarsi un attimo.
E respirare.
Dieci anni!
Erano passati dieci anni, dieci maledettissimi anni dall’ultima volta in cui si erano visti. Adesso, dal nulla, gli arrivava quella lettera.
Anzi, un invito ad un matrimonio.
Il suo.
Kuga sospirò avvilito. Era incredibile come le cose potessero cambiare in un attimo: fino a pochi istanti prima stava vivendo la sua tranquilla vita, un secondo dopo ecco che si trovava in uno stato pietoso.
Com’era venuto in mente a quel pazzo di invitarlo al suo matrimonio?
Va bene, sono passati anni, è vero. Eravamo ragazzi ai tempi. Ma da allora non ci siamo più visti né sentiti. Come potrei mai andare?
Oh, Dio. Ecco che mi faccio problemi inutili.
Dopo tutto quel tempo, non ci sarebbe stato motivo di farsi tutti quei problemi. 
Tsukasa Eishi era stato il suo amore giovanile di un’estate. O almeno questo era quello di cui aveva sempre cercato di convincersi.
Prese la lettera, alzando gli occhi al cielo. Non accettare l’invito avrebbe significato ammettere che forse provava ancora qualcosa.
Provare qualcosa? Ridicolo! Ormai non sono più un sedicenne dalle idee confuse. Sono un uomo.
Contavo sul fatto che mi avesse dimenticato…

La sua espressione dura divenne ad un tratto triste, malinconica. Era sempre stato bravo a tenere nascosto un passato di cui non voleva ricordare.
Un passato dolce amaro, che lo faceva sorridere e versare lacrime.
Dopo tutto questo tempo, eh Tsukassan?
Un sorriso amaro dipinse le sue labbra. 
E poi fece una cosa che faceva oramai da tanto: chiuse gli occhi e si lasciò andare ai suoi ricordi.
Ai ricordi dell’estate di dieci anni prima.

 
* * *
A Terunori il mare era sempre piaciuto ma, ironia della sorte, non aveva mai imparato a nuotare. Il sole splendeva nel cielo e le onde si infrangevano sulla spiaggia. Aveva percorso circa trenta metri sul bagnasciuga, raccogliendo le conchiglie che riusciva a scovare.  La sensazione dell’acqua alle caviglie era piacevole, ma il pensiero di immergersi del tutto… lo innervosiva non poco.
Sollevò lo sguardo verso l’alto, sbuffando. Faceva effettivamente caldo, forse addentrarsi un po’ lì nell’acqua bassa non sarebbe stata poi una cattiva idea. Cosa sarebbe potuto accadere?
Infilò in tasca le conchiglie che aveva trovato poco prima: una a forma di ventaglio, marroncina. L’altra dalla forma più appuntita, bianca.
Dovrò fare attenzione a non farle cadere.
E si immerse fino alla vita, sospirando per il sollievo. Il mare non era particolarmente agitato: lo specchio d’acqua brillava sotto il sole e i pesci gli passavano vicino alle caviglie, solleticandole. 
Era da quando aveva cinque anni che veniva lì: stessa spiaggia, stesso cielo, ma mai gli stessi amici. 
Le amicizie e gli amori estivi erano così intensi quanto brevi. Kuga lo sapeva e ciò non gli aveva mai causato problemi.
Perché era sempre stato abituato.
Mosse qualche passo in avanti, completamente immerso nei suoi pensieri, al punto che doveva anche essersi dimenticato della paura.
Ma chi è stato quello stupido che ha detto che le estati sono magiche?
Le mie sono sempre tutte uguali. Belle, ma nulla di speciale.
Cosa potrebbe succede, qui, adesso?

Finì di formulare il pensiero e spalancò gli occhi. Non si era reso conto di essersi allontanato più di quanto avesse voluto. Ma non fu tanto questo a sconvolgerlo, tanto più l’onda improvvisa e nata dal nulla che, in seguito, gli venne addosso.
Ecco, appunto. Le ultime parole famose.
Acqua salata nella gola.
Ben mi sta. Se solo avessi imparato a nuotare…
Si dimenò con forza, tentando di cacciare la testa fuori dall’acqua per prendere aria, senza però riuscirci.
Fu una forza sconosciuta ad afferrarlo e a permettergli di respirare ancora.
Due braccia forte, la pelle pallida. Kuga strabuzzò gli occhi, sentendo poi un cuore battere con forza.
Cosa stava accadendo?
Stordito, fu trascinato fino al bagnasciuga.
Lì aprì gli occhi. Ma i raggi del sole offuscavano la vita, impedendogli di vedere quello che doveva essere un angelo.
Ma sono già morto?
“H-Hey! Stai bene? Vuoi che chiami un ambulanza?”.
Quella voce così vicina e rotta dall’ansia, gli fece ben presto intendere che no, non era morto. Al contrario.
Subito si mise seduto, quasi di scatto, guardando per la prima volta il suo salvatore: doveva avere non più di vent’anni e la sua pelle era tanto pallida che probabilmente si sarebbe scottato. Gli occhi lo fissavano con curiosità e apprensione.
Kuga tossì.
“No, no! Sto bene! Grazie per avermi tirato fuori dall’acqua”
“Prego, non c’è di che ma… cosa ci facevi lì? Immagino che tu non sappia nuotare”.
Assottigliò lo sguardo.
Ma vedi un po’ tu questo….
“Cosa credi, che stessi tentando il suicidio? Ero solo immerso neri miei pensieri e non mi sono accorto dell’onda, tutto qui”.
Strinse le gambe al petto, sentendosi imbarazzato. Effettivamente doveva aver fatto la figura dello stupido.
“Capisco… io comunque sono Tsukasa Eishi. Tu come ti chiami?”
“Sono Teunori Kuga”, affermò con diffidenza. “Non ti ho mai visto qui. Ed è strano, perché vengo in questo posto ogni estate da quando sono nato”
“Effettivamente è la prima volta per me”, affermò sorridendo. “Ero venuto in spiaggia perché volevo fare un bagno, anche se in solitudine non è divertente. Poi ti ho visto in difficoltà e mi sono fiondato ad aiutarti”, si guardò intorno. “Sei solo anche tu?”.
Gonfiò le guance. Ma quante domande inopportune?
“Sì, beh, è solo questione di poco. Probabilmente fra qualche giorno mi farò degli amici che, dopo l’estate, mi avranno già dimenticato. Ma va bene, è così che funziona, una specie di regola non scritta”.
Tsukasa sorrise nel sentirlo parlare così. Kuga sembrava un piccolo leoncino spelacchiato, la sua espressione imbronciata gli provocò un moto di tenerezza.
“Una regola non scritta piuttosto triste. E io che ero venuto qui proprio con la speranza di poter conoscere qualcuno di interessante”, affermò facendo vagare lo sguardo sulla sua figura. Terunori si schiarì la voce, imbarazzato.
“E… temo dovrai accontentarti. Qui ci sono solo io”.
Il leggero venticello si era adesso calmato. Eishi si era lasciato sedere accanto a lui, guardando l’orizzonte. Senza che neanche se ne rendessero conto, presero a parlare, così dal nulla.
“Così ti piace il mare ma non hai mai imparato a nuotare? Come mai?”.
Kuga fece spallucce.
“Non ho mai avuto abbastanza coraggio. E poi, oramai, credo di essere troppo grande per certe cose”
“Non è mai troppo tardi. Se vuoi io posso insegnarti. Sono abbastanza bravo”.
Il più giovane si ritrovò ad arrossire. Era un qualcosa che sfuggiva completamente al suo controllo. Forse era a causa di quegli occhi gentili, del suo corpo… per niente male in realtà. Tsukasa stava proprio bene con quel costume rosso addosso.
Era senza ombra di dubbio bello. Esattamente come un angelo.
“Amh… sì… penso che sarebbe una buona idea. Ma non mi lascerai annegare, vero?”
“Oh, non credo proprio”, lo rassicurò. A quel punto Kuga si portò una mano in tasca, ricordandosi improvvisamente delle sue conchiglie. Fortunatamente erano entrambe lì.
“Ah, meno male”, sospirò. “Temevo di averle perse, sarebbe stato un peccato”
“Cosa sono? Conchiglie?”
“Già”, gli mostrò quella bianca. “Sono come tesori preziosi tra la sabbia. Ah, forse è un pensiero troppo sdolcinato”
“Io non lo penso affatto...”, Eishi sorrise, avvicinandosi. Kuga allora strabuzzò gli occhi, sollevandosi di scatto. Forse sarebbe stato meglio tornare a casa.
“Eh… io adesso vado, altrimenti mia madre si preoccupa. Ti troverò qui domani?”
“Certo che sì”
“Bene! Umh… ?”, timidamente gli porse la conchiglia. “Tienila tu”
“I-io? Vuoi che la tenga io?”.
Terunori fece spallucce.
“Sì… mi ricorda te. Adesso vado, a domani!”.
Immediatamente gli votò le spalle, in modo da nascondere il suo imbarazzo. 
Sono stupido. Mi basta un nonnulla per non capire più niente, ma che figura…!
Ciò che non poteva sapere era che Tsukasa lo stava guardando senza riuscire a smettere di sorridere. Strinse la conchiglia in mano.
Un tesoro prezioso, già….


Se ne tornò a casa. La sua casa estiva affacciava proprio sul mare. Era stato il luogo di tante estate felici. Terunori era figlio unico. E ciò aveva portato i suoi genitori ad essere… un pochino troppo protettivi. Ma questa cosa non sembrava pesargli o, almeno, non sempre.
“Terunori, sei tornato! Non dirmi che hai fatto il bagno! Eppure sai benissimo che non sai nuotare!”.
Sua madre, Chiyo, donna dai capelli biondi e dall’espressione costantemente preoccupata, lo accolse con quella bella strigliata.
“Ah, sto bene”, seccato, il ragazzo si tolse la maglietta e la gettò in un angolo. “Vado a farmi una doccia!”
“Terunori Kuga, raccogli immediatamente quello che hai buttato sul pavimento! Oh, cielo. Quel ragazzo è incorreggibile!”.
Nel dire ciò si era rivolta al marito, Jin, praticamente la versione di Terunori solo un po’ più matura.
“E’ l’adolescenza. Sai com’è”
“Sì, lo so com’è. Ma ti ricordo che stiamo parlando di tuo figlio. Quando c’è lui in mezzo, si fatica il doppio”, commentò la donna alzando gli occhi al cielo.
Circa mezz’ora dopo, seduti tutti e tre intorno ad un tavolo per cenare, Kuga raccontò ai genitori della sua disavventura e del nuovo amico che aveva avuto l’occasione di conoscere.
“Non posso crederci, hai rischiato di affogare! Dovevi farti portare in ospedale!”, commentò Chiyo con fare agitato.
“Oh, mamma, sto bene! E poi quel ragazzo mi ha aiutato. E’ stato gentile con me. Mi ha detto che, se voglio, posso prendere delle lezioni di nuoto da lui. E’ in gamba, penso che diventeremo amici”.
Certo che diventeremo amici. Ora che ci penso, non ho mai avuto un amico così bello. Forse però questo è meglio che lo tengo per me.
Sì, lo terrò per m
e. 
Perché i segreti più belli e importanti sono quelli che non vengono rivelati.
Kuga non avrebbe parlato di ciò che stava iniziando a sentire. E non avrebbe interrotto quella magia che si era venuta a creare lì, in quella spiaggia, quel tardo pomeriggio.

Il giorno dopo, alle tre, Kuga tornò in spiaggia. Eishi gli aveva assicurato che lo avrebbe trovato lì, chissà se aveva mantenuto la parola. Intorno era stranamente deserto. Era quello il bello di quel luogo: non era mai troppo affollato, anzi, era addirittura intimo. A Kuga bastò camminare qualche metro prima di scorgere la figura di Tsukasa in piedi sulla riva. Con fare attonito fissava l’orizzonte, quel leggero venticello accarezzava i suoi capelli.
Si fermò a guardarlo per qualche istante, sorridendo.
Cavolo se è bello…
Probabilmente Eishi doveva essersi reso conto di essere osservato, poiché si voltò subito.
“Oh, ciao! Vedo che sei venuto alla fine”.
Tutto impettito a causa dell’imbarazzo, Terunori si avvicinò.
“E già… mi aspettavi?”
“Certo”
“Eh? Ma… come facevi a essere certo che io…?”
“Non lo sapevo, è questo il fatto”, affermò porgendogli una mano. “Allora… vuoi che ti insegni a nuotare sì o no?”.
Kuga inarcò un sopracciglio, guardandolo con curiosità. Gli piaceva quel ragazzo. In genere, la gente era tutta uguale, così noiosa. Ma lui, lui era senza ombra di dubbio diverso.
Gli strinse la mano, facendosi guidare fin dentro l’acqua. Si fermarono in un punto dove quest’ultima arrivava a coprirli fino alla vita. 
Tsukasa intrecciò subito le dita alle sue, guidandolo gentilmente con le parole.
“Guarda, è facilissimo”, gli spiegò. “Devi soltanto muovere le gambe”
“Amh… come dire… e se cado con la faccia dritta dentro l’acqua?”
“Ma non puoi cadere”, Eishi aveva preso a ridere. “Ti tengo io, sta tranquillo”.
Kuga strinse gli occhi a fessura, mentre il cuore prendeva a battere forte.
E’ per la paura o per la troppa vicinanza?
Fece come il suo nuovo insegnante gli aveva detto prendendo man mano confidenza. Nel frattempo Tsukasa aveva preso a muoversi all’indietro, senza mai staccarsi da lui.
“H-hey, fermo! Niente scherzi! Guai a te se mi lasci!”
“Mi sembra di averti già detto che non ho intenzione di lasciarti. Su, adesso prova a stare a galla da solo. Non puoi affogare, il corpo è sempre portato a salire verso l’alto. E’ tutta una questione di controllo della paura”.
Terunori strabuzzò gli occhi.
Bell’insegnante dei miei stivali
Lentamente il più grande lo lasciò andare. Kuga iniziò, più che a nuotare, a dimenarsi come un imbranato.
“AH, AIUTAMI!”
“Va bene, va bene! Eccomi! Però, sei bravo!”, divertito, Tsukasa lo afferrò saldamente.
“Ah, vaffanculo! Lo hai fatto a posta! Che razza di insegnante sei?”.
Non se n’era reso conto, ma aveva assunto un’espressione degna di un tenero bambino di due anni, con i capelli bagnati e le guance arrossate.
Gli occhi di Eishi si illuminarono per un breve istante, mentre continuava a ridere.
“E non prendermi in giro!”, l’altro gli diede un leggero colpetto sul petto.
Oh… la sua pelle è liscia. E questo… deve essere il suo cuore. Perché mi sorprendo tanto? Siamo fatti allo stesso modo!
Tsukasa lo attirò a sé per tranquillizzarlo. Adesso era calato il silenzio intorno a loro.
La sensazione delle nostre pelli bagnate così vicine… la adoro.
Mi sento così piccolo fra le sue braccia. E lui è così forte che mi da un senso di protezione mai sentito.
I tuoi occhi nei miei. I miei occhi nei tuoi.
Si sta proprio bene qui

Le mani di Eishi stavano poggiate sui suoi fianchi. Poteva sentire la pelle drizzata a causa del freddo.
Adorabile.
“Va meglio… adesso?”
Va meglio, sì. 
Kuga annuì piano.
“S-sì. Va meglio. Ma non farmi più un altro scherzo del genere, chiaro?”.
Non sorridermi così o rischio seriamente di innamorarmi. E non posso permettermelo.
“Chiaro”.
Sta sorridendo.
Cavolo, sono fregato
.
Ne seguì un piacevolissimo pomeriggio fatto di schizzi e risate. Sicuramente Kuga non avrebbe imparato a nuotare tutto in una volta, però… la sua appena nata amicizia con Tsukasa ne avrebbe positivamente risentito.
Perché fu così che cominciò tutto. Per caso. Kuga non aveva avuto in mente niente di speciale per quell’anno. Le solite cose, solite passeggiate in spiaggia, soliti giorni infiniti passati a crogiolarsi nel torpore estivo.
Le cose però adesso erano inaspettatamente cambiate. Perché c’era Tsukasa, che era bello come il sole, gentile come pochi e che, con tutta la semplicità del mondo, stava lentamente entrando nel suo cuore.
I giorni iniziarono a passare incredibilmente veloci. Questo non era mai successo, ma forse era quello che capitava quando finivi quando stavi bene con una persona.
La felicità, sì, la felicità quella vera doveva essere quella. Stare seduti sulla spiaggia a parlare degli argomenti più vari, a conoscersi, a ridere e a bisticciare per poi dimenticarsene un attimo dopo.
Era il batticuore che Kuga si ritrovava ad avere ogni volta.
Ogni maledettissima volta!
Non era stranito dal fatto che provasse certe cose per un ragazzo. Era stupito soltanto dall’intensità di ciò che stava provando, un’onda anomala che lo aveva preso e trascinato in un piacevolissimo abisso.
Non aveva mai provato niente di così forte. Poteva quello essere considerato il primo dolce amore estivo?
Probabilmente sì, ma sarebbe stato meglio tacere e anche ricacciare certe sensazioni.
E la felicità era poter parlare di Eishi come se fosse un vero e proprio angelo sceso sulla terra per lui.
“Giuro, è il ragazzo più intelligente che io abbia mai conosciuto”, Kuga ne parlava con occhi sognanti mentre sua madre serviva il pranzo. “E ha soltanto vent’anni. Ma è così maturo, anche se a volte mi fa proprio arrabbiare. Inoltre con lui sto facendo degli enormi progressi, sicuramente entro la fine dell’estate imparerò a nuotare”.
Suo padre lo osservò, facendo caso al suo tanto entusiasmo.
“Questo tipo sembra essere in gamba, da come ne parli”
“Certo che sì! Non è che parlo così bene di tutti”, affermò.
Sua madre sospirò.
“Spero che non ci rimarrai troppo male quando andremo via. Sai come finisce ogni volta, no? Finisci con il perdere i contatti con i tuoi amici. Le amicizie e gli amori estivi sono intensi quanto brevi”.
Per poco il ragazzo non si strozzò. Sua madre aveva ragione, ma era più che certo che questo non sarebbe successo con Eishi. Era quasi certo che non sarebbe successo.
Anzi, ne era sicuro e basta.
“Ah, non succederà”, borbottò mentre divorava ciò che aveva nel piatto. “Ecco, finito. Adesso vado!”.
“Ma… ma come? Hai appena finito di mangiare e...”
“Starò bene, tranquilla. Ci vediamo!”, senza aggiungere altro imboccò l’uscita, mentre Chiyo sospirava. Non aveva potuto ignorare quello strano luccichio negli occhi di suo figlio, un luccichio che doveva necessariamente nascondere qualcosa di importante.
“Quel ragazzo mi fa preoccupare”
“Ah, non temere”, Jin fece spallucce. “Non c’è niente di male a farsi un amico...”.

Respirando il dolce profumo della libertà, Kuga raggiunse la spiaggia corredo e facendo volare via un paio di gabbiani. Tsukasa stava seduto vicino la riva, lo sguardo fisso sull’orizzonte. Con un sorriso dispettoso si avvicinò furtivamente.
“Preso!”, esclamò poggiandogli una mano su una spalla. “Ti ho fatto paura, eh?”.
Eishi ricambiò con un debole sorriso, tuttavia i suoi occhi erano coperti da uno spesso velo di tristezza.
“Hey, che ti prende? Non hai mai quella faccia”, Terunori gli si sedette accanto.
“Ah, non è nulla di importante. Sai, i soliti problemi con i genitori”
“Pff, brutta roba, ne so qualcosa”, alzò gli occhi al cielo. “Qual è il problema?”
“Il problema è che da me pretendono troppo. Insistono con il fatto che io debba frequentare l’università, malgrado non voglia. Vogliono che faccia qualche lavoro tipo l’avvocato o – non so – il medico. Ah, e poi c’è la questione matrimonio. Sono proprio fissati, non intendo sposarmi, che diamine...”.
Kuga assottigliò lo sguardo.
Non mi piace il fatto di immaginarti accanto a qualcuno e… oh, cavolo, adesso mi faccio anche i film. Non può essere…!
“… Sinceramente mi piacerebbe diventare uno chef. Magari andare a Parigi e affinare le mie tecniche. Quello sì che sarebbe figo”
“Mh, tu hai tutte le carte in regola per farcela”, affermò stiracchiandosi. “Purtroppo so bene cosa significa sentirsi oppressi. I miei genitori, soprattutto mia madre, sono apprensivi con me. Non pretendono chissà cosa, però temo che se venissero a sapere certe cose di me, andrebbero fuori di testa”
“Tipo cosa?”
“Beh, tipo il fatto che mi piacciono i ragazzi e non le ragazze e...”.
Si morse la lingua.
Cavolo… ma che mi passa per la testa? E’ una cosa di me che non sa nessuno. Che cosa penserà adesso?
Subito si irrigidì, guardando un punto indefinito davanti a sé.
“Kuga…?”, lo chiamò Tsukasa.
“Amh, sai cosa? Fa caldo! Perché non andiamo in acqua, eh?”.
Spero che dimentichi tutto quello che ho detto, non voglio che mi allontani. Con lui ci sto così bene che assolutamente non voglio perderlo.

Due minuti dopo, i due erano con l’acqua alla vita. Kuga si stava impegnando veramente molto, più del solito, forse nella speranza che Tsukasa non prendesse il discorso di poco prima.
“Tsukasa… Tsukasa… Tsukassan! Hey, ci o sei ci fai?”, domandò sguaiato.
Eishi spalancò gli occhi. Le sue parole di poco prima non erano di certo passate inosservate. Kuga non stava scherzando, aveva detto ciò che aveva detto in un momento di totale confidenza.
Sorrise.
“Mi piace questo nomignolo. Chiamami sempre così, d’accordo?”
“Sì, sì, d’accordo”, borbottò. “Allora? Ci esercitiamo oppure no? Io inizio a sentire freddo!”.
A quel punto a Tsukasa venne un’idea. Il mare intorno a loro non era perfettamente piatto, ogni tanto qualche onda arrivava, facendo loro perdere l’equilibrio.
“Va bene”, fece guardandolo negli occhi. “Andiamo pure”.
Kuga batté le palpebre, non riuscendo a capire il perché di quella sua espressione. Ad un certo punto un’onda li investì, separandoli.
Prontamente trattenne il respiro per impedirsi di bere.
“Ah, accidenti!”, tossì. “Ma che diavolo…?”.
Si guardò intorno, sgranando gli occhi: Tsukasa stava a qualche metro da lui, a pancia sotto.
Immediatamente il suo cuore perse un battito.
Aspetta… ma non è possibile.
Non è successo davvero.

Dimenticandosi totalmente della sua paura, si addentrò lì dove l’acqua era parecchio più alta. Lo afferrò saldamente, trascinandoselo dietro.
“Cazzo, resisti Tsukassan”, ansimò stanco. Quando furono arrivati vicino la riva, accadde ciò che Kuga non si sarebbe mai aspettato: Eishi aprì gli occhi, scoppiando a ridere.
“Ah, lo sapevo! Sapevo che ce l’avresti fatto, avevi solo bisogno di una spinta!”.
Brutto bastardo. Ti ammazzo.
Corrugò la fronte, mentre le guance si colorarono di rosso.
“IDIOTA! MALEDETTO, STUPIDO, COGLIONE!”, urlò iniziando a colpirlo ripetutamente sul petto.
“Sapevo che mi avresti insultato”, sospirò. “Su, sto bene adesso”.
Gli bloccò i polsi, costringendolo a guardarlo. Kuga incatenò gli occhi ai suoi.
Il battito non voleva proprio saperne di calmarsi. Deglutì a vuoto.
Lo sentiva vicino. Così vicino…
“Tsukassan?”.
Quest’ultimo sorrise, accarezzandogli dolcemente una guancia.
“Sei bello da morire, Terunori”, gli sentì dire.
Io? Sarei io quello bello?
E tu allora cosa sei?

Socchiuse gli occhi, aggrappandosi a lui. Ecco che l’arrabbiatura era passata.
Bastava sempre così poco. 
I nostri corpi vicini, il mare e questo cielo. E’ tutto ciò di cui ho bisogno.
“… Tu sei molto più bello. E mi piaci… mi piaci tanto, Tsukassan”, sussurrò vicino alle sue labbra.
Una distanza inutile che fu ben presto annullata dallo stesso Eishi. Quest’ultimo si chinò solo un altro po’, per poi incontrare le sue labbra.
Un bacio che immediatamente li accaldò, facendo dimenticare a Kuga del freddo.
La pelle d’oca era adesso causata da ben altro.
Un bacio che sapeva di mare. Le loro lingue si incontrarono ben presto, alla ricerca di un nuovo sapore e di una nuova emozione. 
Un bacio lungo un istante infinito.
E la gioia del primo amore di entrambi che scoppiava loro nel cuore.
Kuga si staccò qualche istante dopo, ancora con le labbra schiuse. Si perse nei suoi occhi chiari, lui gli sorrise.
E allora lo baciò di nuovo, fino a consumarsi le labbra.

Il loro vero inizio cominciò quel giorno. Da quel bacio.
Kuga aveva imparato a nuotare. E non solo questo. Stava imparando ad amare,a gioire delle piccole cose, delle passeggiate sul lungo mare, delle conversazioni infinite, degli abbracci, dei baci, dei piccoli grandi gesti.
Stava imparando ad amare ogni cosa e tutto di lui. E Tsukasa lo stava imparando a sua volta. 
Come due amanti segreti si nascondevano dagli occhi indiscreti per baciarsi, a volte per minuti interminabili. 
E sapeva tutto di sale. E di sole e di giovinezza.
Gli amore e le amicizie estive erano intensi quanto brevi, questo gli ripeteva sempre sua madre.
Ma non con il suo Tsukassan. Con lui sarebbe durata. E poco importava che i suoi fossero sciocchi sogni di un adolescente!
Perché ci credeva, ci credevano entrambi. Le loro mani strette, era questa la sua più grande certezza.

Una sera in particolare, Kuga non l’avrebbe mai dimenticata. Oramai, lui e Tsukasa avevano preso l’abitudine di uscire dopo cena. Ascoltavano il rumore del mare e guardavano le stelle in cielo.
E poi… Eishi aveva addosso un profumo che gli ricordava la vaniglia. 
Vaniglia sui capelli e sulla camicia sbottonata che portava. Al collo teneva legata la stessa conchiglia a cono che il suo ragazzo gli aveva regalato.
E ovviamente Kuga aveva fatto lo stesso, con quella a forma di ventaglio che aveva trovato.
Esattamente lo stesso giorno in cui lo aveva incontrato.
“Tsukassn, dove mi stai portando?”, domandò curioso Kuga, mentre il più grande lo trascinava verso un luogo inesplorato.
Intorno era buio, l’unica fonte di luce erano proprio le stelle. Si allontanarono un po’, arrivando ad un punto della spiaggia in cui non erano mai stati. 
“Su, vieni”, gli sussurrò Eishi guidandolo. Lo condusse dentro quella che sembrava una piccola casetta abbandonata, sebbene ancora più piccola, appena una stanza. Kuga si strinse a lui, guardandosi intorno.
“Ma che posto è questo?”, sussurrò.
“Ah, può essere un posto magico. Ti piace? L’ho scovato quando ero giunto qui da poco. Credo che fosse la casa di qualche pescatore, non lo trovi un posto carino?”.
Lì dove un tempo avrebbero dovuto esserci le finestre, si vedeva il mare illuminato dalla luna e, soprattutto, se ne sentiva il rumore.
“In effetti è molto rilassante”
“Già. E poi… qui… fa molto più caldo”, nel dire ciò Tsukasa si era avvicinato, stringendolo da dietro e causandogli un brivido profondo.
Le sue mani lo stringevano con dolcezza e il suo fiato sul collo scatenava in lui una miriade di sensazioni, tra cui l’eccitazione e una strana paura.
Non ci sarebbe stato bisogno né di domande né di parole, perché, da come i loro corpi fremevano, era chiaro che entrambi si bramassero.
“Tsukassan”, sussurrò con la voce già spezzata. “Per me… è la prima volta… io non so come si fa...”.
E con una tenerezza immane, l’altro gli sorrise.
“Non devi preoccuparti. Ci sono io a guidarti”, un sussurro che morì sulle due labbra.
Un bacio passionale e carico di intenti, carico di promesse e di progetti.
Anche quella, Kuga non se la sarebbe dimenticata mai: la prima volta in cui aveva fatto l’amore, con il ragazzo più bello e fantastico al mondo, l’odore della vaniglia mischiato all’aria salmastra.
Le stelle sopra la loro testa e il mare in lontananza.
La notte impressa per sempre nei loro cuori.



Oramai Kuga ne aveva la certezza. Era senza ombra di dubbio innamorato. Doveva essere per forza così. Perché non riusciva a smettere di pensarlo: aveva il suo odore addosso, il suo sapore, il suo tono in mente. Gli capitava di sorridere spesso come un totale idiota. E di questo sua madre se n’era accorta.
Chiyo si era resa conto che Kuga fosse diverso. I suoi occhi brillavano. E non c’era mai, era sempre fuori con quel ragazzo… con quel Tsukasa Eishi, di cui parlava sempre così bene. 
E a quel punto, forse anche merito del suo istinto di madre, qualcosa si era insinuato nella sua mente. Un qualcosa che non avrebbe accettato, in caso si fosse dimostrato reale.
E anche se aveva fino ad allora taciuto, quella sera sentì il bisogno viscerale di chiederglielo.
“Terunori, caro, vai ancora in giro con quel tuo amico?”. Lui la guardò, un sopracciglio inarcato, mentre si sistemava la camicia.
“Certo che sì, con chi dovrei essere sennò?”
“Credevo che ti fossi fatto anche altri amici, nel corso di quest’estate...”, affermò avvilita, un tono che l’altro colse.
“Beh, non è successo. E non vedo quale sia il problema, ci sto bene con lui”
“Dico solo che non è salutare… per te. Sai anche tu che alla fine dell’estate vi separerete”.
Kuga aggrottò la fronte.
Nessuno ci separerà.
“Io non me ne separo. Dì e pensa quello che vuoi, ma sono padrone della mia vita. Io gli voglio bene, in un modo che tu non puoi assolutamente capire!”.
Sputò quelle parole con veleno. Come avrebbe potuto suo madre capire?
Se avesse saputo della loro relazione… sarebbe stato un grosso problema.
Senza più degnarla neanche di uno sguardo, aprì la porta, sbattendola.
Chiyo sospirò, lanciando poi un’occhiata a Jin, il quale si era limitato ad osservare la scena, mentre fumava una sigaretta.
“Va bene, ho capito. Andrò a parlargli”.

Kuga corse a fatica lungo la spiaggia, sentendo il petto bruciare. In un modo o nell’altro sarebbero rimasti insieme. Anche quando gli altri avrebbero saputo, sarebbero rimasti insieme comunque.
Non importava se quello fosse un effimero amore estivo… lui voleva coltivarlo.
Tsukasa lo aspettava come ogni sera. Si sorprese molto nel vederselo arrivare incontro correndo.
“Hey, Kuga…!”.
Quest’ultimo gli finì addosso, stringendolo con foga.
“Cosa… cos’è tutta questa passione?”
“Non è passione, sono arrabbiato. Mia madre è soffocante. Dice che non dovrei passare il mio tempo con te. Io invece dico che lei ha il sospetto...”
“Pensi… che lei sappia di noi?”
“Forse… non lo so. Se dovesse scoprirlo sarebbe un casino. Ma sai cosa? Non mi importa! Se mi chiuderanno da qualche parte, io sfonderò i muri. E se mi porteranno lontano, troverò la strada verso te. Promettimelo. Promettimi che, anche se dovessero separarci, noi ci troveremo sempre. Ti prego, Tsukassan!”.
Kuga era scosso. Sembrava sull’orlo di un pianto isterico. Era incredibile come si fossero trovati, come si fossero legati. In quell’amore che sembrava dover durare per sempre.
“Certo che te lo prometto”, lo rassicurò immediatamente. Terunori lo guardò con gli occhi lucidi e, ancora stretto a lui, gli donò un bacio passionale sotto i raggi della luna.

A pochi metri da lui, suo padre aveva appena visto tutto.

Terunori non poteva immaginare. Perché uno come lui, nel pieno del suo tenero amore giovanile, avrebbe dovuto pensare al peggio?
I progetti erano chiari nella sua mente, i suoi sentimenti lo erano ancora di più. Stretto a Tsukasa, ogni dubbio svaniva.
Noi ce la faremo. Quello che proviamo non svanirà. Io ci voglio credere e voglio farlo fino alla fine.

Era suo il buon umore e un dolce batticuore che gli scaldava il petto. Kuga aveva ben presto dimenticato del suo litigio con la madre ed era rientrato a casa che doveva essere passata la mezzanotte. Aveva contato di far piano in modo da non svegliare nessuno, ma in verità non ce ne fu bisogno: i suoi genitori erano lì in cucina, sua madre seduta, suo padre in piedi accanto a lei. Avevano entrambi due espressione piuttosto strane.
“Oh… sono rientrato tardi, lo so, scusate”, sbuffò. “Possiamo rimandare la ramanzina a domani?”
“Fermo, Terunori”, lo chiamò Jin. “C’è qualcosa di cui dobbiamo parlarti”.
Quel tono non mi piace.
“Ah...ok”. Incatenò gli occhi a quelli di sua madre. Quest’ultima sembrava sul punto di piangere. Anche prima che iniziasse a parlare, il ragazzo poté in qualche modo capire.
“Terunori, tu… stai con quel ragazzo?”.
Una domanda che avrebbe dovuto aspettarsi. Quel momento prima o poi sarebbe dovuto arrivare, ma non immaginava così presto.
Si irrigidì.
“… Cosa…? Perché mi fai questa domanda all’improvviso?”.
Fu allora Jin a sospirare.
“Io… vi ho visti...”.
Lasciò la frase in sospeso. Che cosa poteva aver visto di tanto compromettente se non un loro fugace bacio?
Doveva essere necessariamente questo. Strinse i pugni.
“Mi hai spiato”
“Non ti ho spiato, è stato un caso”
“Me ne infischio. Allora, mamma, la tua preoccupazione è solo questa, vero? Qual è il problema se io e Tsukasa stiamo insieme?”
“Siete entrambi due ragazzi! Questo è sbagliato!”.
Non è sbagliato. E’ il mondo ad esserlo.
“Noi non siamo sbagliati. Io sono innamorato di lui. A lui ho dato tutto quello che ho. Sì, sono gay, ebbene? Per me non è affatto un problema”.
Chiyo lo guardò, andandogli poi incontro con fare severo.
“Terunori, tu sei ancora giovane. Non sai come funziona il mondo, sei ancora un ragazzino che pensa di sapere quello che è meglio per lui, ma non è così!”
“Immagino che tu lo sappia, vero? Sapevi del disagio che stavo vivendo nel non poter dire a nessuno quello che sono veramente? No, perché non te n’è mai fregato un cazzo. Ti interessa solo che io sia il figlio perfetto che, indovina un po’? Non sarò mai!”.
E poi arrivò uno schiaffo. 
Questo non lo sorprese.
Anzi, se lo era aspettato. Ma gli venne comunque da piangere.
“Vi detesto maledettamente! Fate pure quel cazzo che vi pare, ma non ci separerete!”, sputò quelle parole, lasciando lì sua madre ancora più sconvolta di prima.

Che vadano al diavolo e che ci vadano tutti. Cosa ho fatto di male io? Perché i miei non possono semplicemente capire che io e Tsukasa vogliamo stare insieme?
Gli occhi erano fissi sul buio, le dita stavano attorno alla conchiglia che gelosamente custodiva. Fuori era buio, magari sarebbe potuto scappare… scappare insieme a lui.
O forse no, sarebbe stato meglio aspettare l’indomani. Sapeva che sua madre non l’avrebbe presa bene. Per lui aveva sempre avuto altri progetti. Da questo punto di vista, lui e Tsukasa erano uguali.
Ci siamo fatti una promessa che intendo mantenere. Non ti preoccupare Tsukassan, questa storia finirà bene.
Certo che finirà bene.
E sorrise, le dita ancora strette alla conchiglia. 
Si addormentò con il cuore carico di speranza.

L’indomani mattina si svegliò di soprassalto, avvertendo l’adrenalina scorrergli nelle vene. A giudicare dal sole alto nel cielo, doveva aver dormito parecchio.
Merda, ho fatto tardi!
Devo andare via di qui. Correre veloce, scappare, raggiungerlo. Che importa dove andremo? L’importante è essere insieme.

Subito si alzò dal letto, fuggendo dalla sua camera e scendendo giù per le scale.
Sua madre era lì, sembrava averlo aspettato per tutto il tempo.
“Terunori!”
“Non ho tempo, fammi passare!”
“Aspetta! Stai andando da lui, non è vero?”
“E anche se fosse? Pensi che te lo direi?”.
Chiyo sospirò. Nel suo sguardo c’era qualcosa che Kuga non seppe come interpretare.
“Eishi… non è più qui...”.
Un colpo al cuore.
“Cosa…? Che significa che non è più qui?”, domandò con un filo di voce.
“Ieri sera, dopo che ti sei addormentato, io e tuo padre abbiamo parlato con i suoi genitori e… abbiamo detto loro tutto. Hanno detto che sarebbero andati via in mattinata e… Tesoro, lo so che ti sembra ingiusto tutto questo, ma io l’ho fatto per te. Perché entrambi meritate di avere una vita migliore e...”.
Ogni parola Kuga non la ascoltò neanche. Sentì solamente il vuoto. E si sentì tradito.
“No… no, non è possibile! Perché l’avete fatto, perché?! Per il mio bene?! Questo non è fare il bene di una persona, questo è ucciderla! Tsukasa… lui non andrebbe mai via!”.
“Aspetta!”.
Tsukassan non può essere andato via. Perché ci siamo fatti una promessa e perché so che tutto quello che c’è stato è esistito ed è reale. Non può aver fatto come dicevano loro. Avevamo detto che insieme ce l’avremmo fatta.
Adesso correva. I polmoni bruciavano. Corse in spiaggia, ma Tsukasa non era lì. Forse si trovava ancora a casa. Senza respiro si trascinò fino a quest’ultima, vedendo però le finestre chiuse, serrate.
Dimmi che è tutto un fottuto scherzo. Tu non puoi essere sparito nel nulla, come se non fossi mai esistito. Eppure non ti vedo. Perché? Perché hai ceduto con tanta facilità?
E tutto quello che ci siamo detti cos’è stato?

Cadde in ginocchio, ferendosi, mentre lacrime amare iniziavano a bagnargli il viso.
Come puoi essere andato via così senza neanche lasciarmi una traccia di te? Come farò a trovarti adesso?
Mi hai mentito. Ti odio, ti odio. Ti sei preso tutto e poi sei andato viso.
Tu per me non esisti più
Anzi, no. Non è vero. Mi manchi da morire e ti rivoglio qui. Ti prego, torna da me, mio dolce amore!

Non si era mai sentito così male. Il cuore si era letteralmente spezzato in due. Non poteva essere stata tutta una grande illusione. Non poteva essere l’amore di un estate, intenso ma sfuggente.
Siamo stati questo noi? Una parentesi in una vita intera?
Strizzò gli occhi, piegandosi su se stesso.
“… Tuskassan, dove sei…?”.
Torna da me.
Da quel momento era stato il nulla. Perché Tsukasa Eishi non sarebbe tornato. Era svanito nella luce del mattino come le stelle all’alba
E il cuore intanto faceva male.

 
***
Da allora era passato un decennio. Kuga era cresciuto, era diventato indipendente, aveva un lavoro e viveva in totale autonomia. Tuttavia c’era qualcosa che era rimasto uguale: le emozioni e sensazioni vissute quell’estate vivide nella sua mente.
Molti lo avrebbero semplicemente preso per stupido. Dopotutto si trattava di un amore adolescenziale, erano passati talmente tanti anni, sarebbe stato illogico continuare a pensare a ciò che avrebbe potuto essere ma che non sarebbe mai stato.
Eppure Kuga non aveva mai smesso di sperare che un giorno potessero rincontrarsi. Aveva pensato tante volte di cercarlo, ma poi si diceva che non avrebbe avuto senso.
Finché non era arrivata quella lettera. Che cos’era, forse uno strano segno del destino?
Un crudele segno.
Tsukasa si era costruito la sua vita… adesso era in procinto di sposarsi.
Doveva esserci un motivo se aveva deciso di invitarlo.
Non andare sarebbe stata la cosa più ovvia. Solo un masochista avrebbe accettato.
Ma lui voleva vederlo, voleva vederlo solo per insultarlo.
Perché aveva osato infrangere quella che era stata la loro unica e importante promessa.

Un mese dopo, un mese che sembrò non voler passare mai, Kuga, vestito di tutto punto, si presentò alla villa in cui il ricevimento si sarebbe svolto, non con poca difficoltà. A mente aveva formulato un bel discorso da fargli, con la consapevolezza che farsi progetti sarebbe comunque stato inutile.
L’esterno della villa era ben allestito, a quanto pare Tsukasa non aveva badato a spese.
Ecco, sarai diventato un insopportabile e arrogante avvocato dell’alta società.
Sbuffò, una mano infilata nella tasca e l’altra i capelli, eccessivamente lunghi sul davanti.
Non conosceva nessuno lì. L’importante era non incrociare i genitori di Eishi, quello sarebbe stato imbarazzante.
Che cavolo ci faccio qui?
Sono scemo.
E masochista.

“Kuga!”.
Spalancò gli occhi, rimanendo fermo per qualche istante. Il cuore iniziò a battere tanto forte da fargli male.
Pian piano si voltò, fin quando i suoi occhi non si incrociarono con quelli del suo primo amore, colui che gli aveva insegnato a nuotare, colui che gli aveva spezzato il cuore.
Era sempre lui, sempre uguale, solo un po’ più grande. Ed era sempre bellissimo.
Immediatamente tutti i suoi buoni propositi di insultarlo vennero meno.
Dieci anni senza vedersi… né sentirsi… mi chiami come se nulla fosse, ti picchierei.
“Tsukasa”, lo chiamò. Le labbra di Eishi si curvarono in un sorriso.
“Ma allora sei venuto. Non ci speravo”
“Sì, beh, a quanto pare sono diventato masochista”, affermò con una punta di veleno nella voce. “Auguri comunque. Dov’è la tua sposa?”
“Rindou sta parlando con dei nostri amici. Guarda, è di là”, rispose indicando una ragazza con un bellissimo abito da sposa degno di una principessa e che sorrideva.
Sì, decisamente lei fa al caso tuo.
Ma mentre pensava ciò, sentiva l’aria mancargli.
“Capisco… beh, congratulazioni”, disse freddamente.
Beh? E ora? Sono passati dieci anni, qualcosa dovrai pur dirmi. Tipo perché mi hai scaricato o perché non ti sei fatto sentire per tutto questo tempo.
Eishi si schiarì la voce.
“Emh… ti va di allontanarci un attimo?”.
Era ora, brutto idiota.
Annuì lentamente. L sua espressione seria serviva solo a nascondere la grande ansia che provava.
I due si incamminarono per un pergolato di rose bianche. Camminavano lenti, immersi in un silenzio a dir poco imbarazzante. Kuga attendeva. Attendeva che lui parlasse.
“Umh… suppongo tu sia ancora furioso con me vero?”, domandò ad un tratto.
Ma che gran spirito di osservazione.
“Mh. Ti prego, sono passati anni”, rispose gelido. “Ma non parliamo di me. Parliamo di te, piuttosto. Vedo che i tuoi ci sono riusciti. Ti hanno reso ciò che volevano loro. Ricco, di successo, sposato ad una bellissima donna. Ti hanno plasmato secondo i loro desideri”
“No, Kuga. Non è così”, affermò sfiorandogli un braccio.
“Io mi baso soltanto su quello che vedo! Ma che ti dice il cervello? Tu mi hai lasciato dieci anni fa senza una motivazione, per anni non ti sei fatto vivo e poi mi inviti al tuo matrimonio? Lo fai a posta, non è vero?”
“Se solo mi lasciassi spiegare...”
“E cosa ci sarebbe da spiegare? Cosa?! Che hai avuto una vita perfetta mentre io ah povero illuso quale sono, non ho aspettato altro che te…?”.
Iniziò a tremare. Anni di silenzio e attesa gravavano sulle sue labbra in quell’istante. Tsukasa era stato il primo. E l’unico, l’unico a cui avesse mai concesso tutto.
Si asciugò gli occhi prima che fosse troppo tardi.
“Comunque sia non c’è niente da spiegare. Oramai non siamo più ragazzini, quel che è stato è stato. Ci siamo amati una volta, ma è stato soltanto un amore adolescenziale”
“Non è così!”
“Tsukasa, piantala, d’accordo?!”, gridò con rabbia. Eishi allora aggrottò la fronte.
“Vuoi sapere perché ti ho invitato al mio matrimonio? Perché volevo vederti”
“Ah, hai scelto proprio l’occasione perfetta. Cosa vuoi che ti dica? Auguri e figli maschi?”
“Hai ragione ad essere arrabbiato con me. Ma Kuga… non sei l’unico che ha sofferto.
“E adesso cosa vai farneticando?”.
Tsukasa sospirò, guardandolo negli occhi.
*** 
Eishi teneva le mani sulla testa. Non voleva più sentire quelle urla. Era sceso giù in spiaggia, nonostante l’ora tarda, nella speranza di calmarsi. I suoi genitori avevano saputo tutto. La madre di Kuga era andata a parlare con loro, spiegando ciò che era successo.
Come aveva previsto, si erano arrabbiati. Certo che sì. Perché il loro unico e perfetto figlio non poteva intraprendere una relazione con un altro ragazzo, non sarebbe stato rispettabile.
E non era giusto. Per niente.
Io non ci sto qui, scappo. Scappo. Kuga, vengo a prenderti e andiamo via. In questo covo di pazzi io non ci sto. Avevi ragione tu, faranno di tutto per separarci.
“Egoisti”, mormorò a pugni stretti. “Tutti egoisti...”.
Non sapeva di non essere solo. Jin Kuga, con la sigaretta stretta fra le braccia, lo stava osservando. Tsukasa si accorse dopo un po’ di essere osservato.
“L-lei!”, esclamò. “Che cosa vuole da me?!”
“Sei scappato poco fa. Ah, ti capisco. Troppo casino, no?”.
Perché mi parla così?

“Perché mi ha seguito. Io non intendo parlare, è tutta colpa sua”
“Mi spiace, ma la mia non è stata che una conferma ai dubbi della madre di Kuga. So che adesso sembra una tragedia, ma...”
“Niente ma! Questa per me è la fine del mondo! Non voglio sentirmi dire cose come “passerà” o il “tempo guarirà le ferite!”
“Ma io non sono qui per questo. Ho ben capito che c’è un sentimento forte fra te e mio figlio, non reagireste così altrimenti. Quello che voglio farti cercare di capire è che forse non è questo il momento per vivere il vostro amore”
“No… no. No, noi scapperemo”
“E dove andrete? Siete giovani. Stare insieme adesso sarebbe troppo complicato e soffrireste”
“E che devo fare? Devo andare via con la mia famiglia e aspettare tipo vent’anni per poter stare con lui? Non posso! Io ho paura, ho paura di poterlo perdere, ho paura che non ci ameremo più. Gli ho promesso che avrei mantenuto la nostra promessa”
“Hai mai pensato che forse questo è l’unico modo per mantenere quella promessa?”.
Spalancò gli occhi. 
Ma così mi odierà. E magari ci perderemo per sempre.
“E se...”
“E se? Ascolta, Tsukasa Eishi. Il mio non è un ordine, è solo un consiglio.  C’è una cosa di cui sono consapevole. Se il vostro è vero amore, come tanto dite, allora sarete destinati a trovarvi. Fra cinque, dieci, quindici anni, questo non lo so. E non so neanche se credi a cose come il destino. Quello che voglio farti capire è che… forse questo non è il momento per voi, ma arriverà un giorno in cui, incontrandolo nuovamente, capirai. E magari sarà anche il momento più sbagliato, per altri versi. Ma sarà anche quello giusto, quello perfetto. Capisci cosa voglio dire?”.
Tsukasa annuì lentamente, mentre le lacrime gli rigavano il viso.
Non voleva creare problemi a Kuga, non voleva rendergli la vita difficile. Le parole di Jin erano così consolatorie, così poetiche. 
Come poteva un amore un amore così simile ad un bocciolo  - quindi fragile – resistere?
Non lo sapeva. Ma, con un grande peso nel cuore, Tsukasa sapeva che l’indomani sarebbe andato via.
Per quanto tempo? Chissà…
***

Kuga ascoltò quel racconto a bocca aperta. Suo padre non gli aveva mai raccontato di quella conversazione! Tra l’altro lui era l’unico con cui continuava ad avere rapporti, contrariamente alla madre.
Era stata colpa sua… o merito suo, dipendeva da come la si guardava.
“E’ così è andata quella notte. Tuo padre mi disse una cosa che io non capii. Mi disse che quello non era il momento, che quando sarebbe arrivato davvero lo avrei sentito. Me ne andai, mi iscrissi al college, trovai un bel lavoro e poi beh… conobbi Rindou. Ovviamente i miei non persero l’occasione di combinare un matrimonio. La mia può sembrare una bella vita, ma non è così. Per dieci anni non ho aspettato altro che te.
Terunori deglutì.
“Non è vero. Perché altrimenti mi avresti cercato prima”
“Avevo paura. Paura di essere odiato, paura di vederti felice senza di me”
“Intendi come te adesso? A cosa serve? Tu adesso ami la donna che hai sposato. E non dire il contrario, perché non ti credo!”
“Allora non parlerò. Te lo dimostrerò”.
Dicendo ciò infilò una mano dentro la camicia, uscendone qualcosa. E lì Terunori la riconobbe, la stessa conchiglia a cono che gli aveva donato dieci anni prima al loro primo incontro.
Gli venne di nuovo da piangere.
“L’hai… conservata? Dopo tutto questo tempo?”
“Io non l’ho mai tolta, Kuga. Ho vissuto solo aspettando il giorno in cui poterti rincontrare. Perdonami se puoi. Lo so, faccio schifo come tempismo, adesso sarà tutto un casino, forse anche peggio che dieci anni fa. Però sai, non mi importa. Anche se non vuoi vedermi, io adesso non andrò più via. Perché la magia di quell’estate io non l’ho mai dimenticata. E non ho mai dimenticato te”.
Possibile che io e tu fossimo destinati?
Possibile che tutto abbia portato a questo?

Si portò una mano intorno al collo, mostrando la conchiglia a forma di ventaglio, serio.
“Il tuo tempismo fa schifo, Tsukassan. Ma questa volta non andrai da nessuna parte. Sei stato il mio primo amore. Sei il mio unico amore. Forse non ci siamo mai persi davvero”.
Con gli occhi lucidi, Eishi si avvicinò.
“Posso baciarti?”
“Ma come, sposato da qualche ora e già tradisci?”, chiese malizioso.
Baciami. E non staccarti più.
Gli afferrò il viso tra le mani e dolcemente lo baciò tra le rose. Lì entrambi si resero conto che l’amore che li aveva uniti non se n’era mai andato.
C’era sempre stato. 
Ed era quello il momento per viverlo. Il più sbagliato e il più giusto.
Eishi si staccò sorridendo.
“Scappiamo”
“Cosa? Ma sei pazzo E’ il tuo matrimonio!”
“Non abbiamo più io vent’anni e tu sedici. Kuga, vieni con me. Come quella notte che non è mai stata, in cui non ho desiderato altro che fuggire con te”.
Pazzo.
Tu devi essere pazzo.

Sorrise, poi rise.
“Andiamo!”.
E mano nella mano andarono via. Verso cosa? 
Non aveva importanza. Perché la loro promessa era stata mantenuta e lo sarebbe stata per sempre.




NDA
E' successa una cosa strana. Mi piace questa storia, A ME!
Più che altro mi piace il finale, un po' aperto, così potete immaginare voi quello che succede ^^
Quando ho visto il prompt mi sono subito venut in mente Tsukasa e Kuga. Non so neanche il perché, però è così xD

 
   
 
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