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Autore: Bocca Dorata    31/05/2018    2 recensioni
TSO "Se non fosse stato un vulcaniano chiunque avrebbe detto che era nervoso. Ma, date le sue orecchie a punta, nessuno lo pensò. [...]
Si sedette, mentre un'inspiegabile nausea gli risaliva la gola.
Tutto ciò era illogico, non mangiava da ore.
Era Jim a farlo sentire così?
Era sempre Jim. [...]"

Avete presente quelle fanfiction imbarazzanti fatte in una sera e che non vorreste mai pubblicare? Ecco questa esce da quei vecchi meandri della mia mente. Eppure eccola qui!!
Una piccola slice of life introspettiva, spero di essere rimasta IC
Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Logica preoccupazione


 
Spock mise le mani dietro la schiena, com'era sua abitudine, e fece un paio di passi davanti a sé, pensoso. Poi si girò e ne fece altrettanti nella direzione opposta. Ripeté quell'andirivieni più volte, meditabondo.
Se non fosse stato un vulcaniano chiunque avrebbe detto che era nervoso.
Ma, date le sue orecchie a punta, nessuno lo pensò. Nemmeno l'infermiera che, correndo dentro e fuori dall'infermeria se lo trovava sempre davanti, a fissarla in una muta ricerca di risposte. 
Lo stesso Spock continuava a dirsi che il motivo per cui faticava a stare fermo e a concentrarsi era semplice e logica preoccupazione per il Capitano della sua Nave. 
Kirk era sotto i ferri del dottor McCoy da ore. E tutto perché lui e Sulu si erano fermati troppo ad analizzare una strana creaturina. Un animaletto che aveva ben deciso di sparare i propri invisibili aculei retrattili in mezzo a loro, colpendo il Capitano, che si stava avvicinando incuriosito al piccolo alieno. Gli aculei lo avevano trafitto in viso, talmente rapidi da essere visti solo quando ormai era troppo tardi. Un semplice quanto efficace sistema di difesa.
La creatura si era spaventata e, terminato l'attacco, era fuggita, nascondendosi nella macchia.
Il capitano era caduto immediatamente a terra, in preda a violenti spasmi da crisi respiratoria e praticamente incosciente. Qualcosa di simile ad una reazione allergica si era sparsa per il suo corpo, lasciandolo scosso da quelle continue contrazioni muscolari, e riempiendolo di inquietanti macchie rossastre.
Spock sapeva che, come primo ufficiale, sarebbe dovuto intervenire subito. Essere lui a contattare l'Enterprise e a chiedere del Dottor McCoy. 
Ma non ci era riuscito. Aveva perso la sua lucidità ed era rimasto lì, immobile e con le mani molli e inutili lungo i fianchi a guardare Jim divincolarsi sul terreno alieno.
Tutto era successo talmente in fretta da impedirgli qualunque reazione, mentre il tenente Sulu si era visto costretto ad avvertire del bisogno di un immediato teletrasporto a bordo.
Strinse i pugni tanto forte da far sbiancare le nocche. Sulu non aveva fatto osservazioni sul suo comportamento, così come non ne aveva fatte Checov, che si trovava poco lontano al momento dell'attacco.
Forse non si erano accorti del suo atteggiamento così erroneamente umano, o della sua espressione, che era certo tradisse la sua angoscia.
L'uomo scosse la testa, i suoi pensieri erano illogici. Era stata normale preoccupazione, il senso di colpa per non essere riuscito a difendere il Capitano da un pericolo.
Era tutto perfettamente logico.
Come sempre.
Il dottor McCoy uscì dalla sala operatoria asciugandosi la fronte, imperlata di sudore.
Spock non riuscì ad impedirsi un sussulto nel guardarlo. La sua sciocca metà umana lo tradiva sempre. Chissà com'era facile vivere senza emozioni per gli altri vulcaniani, un po' li invidiava.
Se fosse stato completamente vulcaniano nemmeno avrebbe compreso il significato di una cosa sciocca e irrazionale come l'invidia. E invece sapeva bene di esserne vittima più di quanto volesse ammettere. Si passò la lingua sulle labbra, nervoso.
"Come sta Jim...il Capitano, dottore?" chiese, atono come sempre. Senza esprimere nulla che tradisse quell'insensata morsa che sentiva alla bocca dello stomaco.
"È ancora in pericolo, quegli aghi sono quasi invisibili, estrarli tutti senza romperli richiede fin troppa precisione" sospirò il medico, passandosi l'indice e il pollice sulla radice del naso, stringendo gli occhi.
"Sono dovuto uscire un attimo, mi tremavano le mani".
Queste informazioni erano superflue, pensò Spock, trattenendosi dal dirlo e stringendo tanto forte i pugni dietro la schiena da farsi quasi male.
"Dovrebbe sbrigarsi, immagino" disse, facendo schioccare la lingua con fare severo.
McCoy alzò gli occhi su di lui, aprendosi in un illogico sorrisetto fuori luogo: "Per caso sei nervoso Spock?" chiese, in tono canzonatorio.
Spock trattenne così tanto la voglia di dargli uno schiaffo che per poco non si incrinò una costola.
"La sua domanda è illogica e fuori luogo" recitò, inespressivo, sentendo i muscoli delle spalle farsi sempre più rigidi "come vulcaniano io..."
"…Non provo sentimenti del genere e bla bla bla" lo canzonò il medico, imitandolo in malo modo " la conosco la manfrina Signor Spock, scusi la domanda, sono io ad essere nervoso in realtà…" ammise, serio come non mai.
Spock si sentì costretto a distogliere gli occhi dall’espressione del medico.
Certo che era preoccupato, ma lo era in modo logico, era la normale preoccupazione per il suo capitano, per un suo amico.
Il suo migliore amico.
Prima di conoscere Jim non pensava che avrebbe mai avuto un rapporto tanto profondo come la loro amicizia. 
Se fosse morto lui cosa avrebbe fatto?
Un brivido lo attraversò, mentre il dottore, con un sospiro, si ritirava di nuovo in Sala Operatoria.
Di prendere il comando dell'Enterprise non se ne parlava. Senza Jim gli sarebbe sembrata soltanto una tomba, una nave fantasma fatta per ricordargli l'uomo che l'aveva tanto amata ed era morto per una disattenzione così superficiale da parte sua.
Si sedette, mentre un'inspiegabile nausea gli risaliva la gola.
Tutto ciò era illogico, non mangiava da ore.
Era Jim a farlo sentire così?
Era sempre Jim.
Represse uno strano conato di malessere, desiderando scioccamente che il tempo scorresse più in fretta.
Che pensiero stupidamente umano. Il tempo non poteva certo piegarsi ai nostri voleri. Scorreva, logico, ineluttabile e perfetto.
"Abbiamo bisogno di lei sul ponte" 
La voce di una giovane attendente biondissima lo colpì come uno schiaffo.
Come aveva fatto a non sentirla arrivare? Eppure lei era lì, impeccabile nella sua corta divisa rossa, con in mano un programma della Nave da firmare.
Come aveva potuto ridursi così? Lui era un vulcaniano. Mica un illogico essere umano qualunque.
Era stato cresciuto come un vulcaniano e come tale sarebbe rimasto.
“Arrivo subito” disse, alzandosi con uno scatto rigido e accorgendosi di un rivolo di sangue verdognolo che gli scendeva dal palmo destro.
Aveva stretto i pugni tanto da ferirsi.
Doveva essere impazzito. Non c’erano altre spiegazioni logiche. Asciugò il sangue con noncuranza e cercò di tornare lucido.
Lui doveva esserlo.
Ma, proprio mentre si stava facendo spigare il perché di quella chiamata (la Flotta Spaziale aveva chiesto delucidazioni sul pianeta appena visitato e sulle condizioni del Comandante), il Dottor McCoy uscì dall’infermeria, togliendosi i guanti con un sospiro di stanchezza. Il discorso dell’attendente perse significato mentre il Primo Ufficiale cercava di leggere l’espressione del Dottore e carpirne qualunque notizia.
Non sapeva come avrebbe reagito se fosse stata negativa.
“Ah Spock è ancora qui, pensavo fosse già in plancia” disse il dottore, riprendendo fiato con quello che all’vulcaniano non poteva che sembrare un sorriso. Un sorriso che gli faceva venir voglia di farne uno anche lui.
“L’operazione è riuscita?” chiese, anticipandolo. Sentì lui stesso come uno strano tremito tradisse l’emozione nella sua voce e lo odiò.
Leonard non diede a vedere di essersene accorto, forse sfiancato dalla lunga operazione.
In fondo era durata esattamente quattro ore e dodici minuti. E questo Spock lo sapeva meglio di tutti.
“Sì, si è appena svegliato” disse McCoy, vedendo Spock superare la porta dell’infermeria, lasciando l’attendente semplicemente basita e la voce di Uhura ripetere all’Interfono della nave quanto la sua presenza fosse richiesta immediatamente sul ponte.
“Signor Spock!” lo chiamò l’attendente, semplicemente confusa da quel comportamento inaspettato, mentre McCoy si limitò ad aprirsi in uno stanco sorrisetto canzonatorio, questa se la sarebbe sicuramente segnata.
Spock si gettò dentro la sala operatoria, trovandosi davanti Kirk steso sul lettino, pallido come non mai e ancora attaccato ad un respiratore, mentre l’Infermiera gli misurava nuovamente la pressione sanguigna e le linee di febbre, in rapida discesa. In una piccola bara di vetro stavano almeno una decina di quegli aculei, sottili e trasparenti come dardi di vetro.
Nel vederli Spock sentì un'altra inspiegabile ondata di nausea. Era colpa sua se una cosa del genere era successa.
Jim alzò gli occhi sulla sua alta figura. Spock sapeva di essere quasi ansimante e si sentiva come se qualcosa dentro di lui si fosse sciolto, liberandolo da una morsa di gelo assolutamente irrazionale.
Se non fosse stato inutilmente sentimentale avrebbe voluto abbracciare Jim, assicurarsi che fosse davvero vivo come sembrava, che stesse davvero bene.
Ovviamente non fece nulla di tutto questo. Si limitò a ricomporsi e ad avvicinarsi al suo capitano con il solito passo lento e sicuro che sapeva di avere, tenendo le mani dietro la schiena come sempre, cercando di ignorare il loro tremare.
“Sono…sollevato di vedere che sta bene”
La scelta delle parole da usare non gli era mai sembrata più difficile.
“Sa capitano che Spock è rimasto qua tutto il tempo?” esclamò con innocenza l’infermiera, mentre il Dottor McCoy rientrava e batteva la mano sulla spalla di Kirk con naturalezza.
Una naturalezza che Spock non avrebbe mai avuto.
“Non mi sarei mai perdonato se lei fosse rimasto ucciso o gravemente ferito per causa di una mia disattenzione” rispose così allo sguardo interrogativo del capitano, ignorando lo strano sudore freddo che gli scendeva dal collo.
Era sempre Jim a farlo sentire così. Era lui il fattore irrazionale.
Eppure Spock sapeva che non sarebbe mai riuscito ad evitarlo.  
“Oh ma il nostro Capitano è una roccia, vero Jim?” esclamò il dottore, agitando il malato leggermente per le spalle “E poi c’è stato l’aiuto di un grande medico!”
“Sì ma faccia piano Leonard” ridacchiò Kirk, con voce flebile e roca sotto il respiratore, lanciando uno sguardo scintillante a Spock.
“E così sei rimasto qua tutto il tempo?” chiese, senza alcuna inflessione particolare.
“Semplice e logica preoccupazione per il mio capitano” rispose Spock, sollevando appena un sopracciglio e fissando con troppa intensità le mani del dottore, ancora appoggiate sulle spalle di Kirk con amichevole affetto.
Il capitano sorrise compiaciuto “Assolutamente logico da parte sua Spock.” disse, facendogli credere per un attimo di averlo ingannato.
“Sei davvero un vero amico” aggiunse, rischiando di fargli incrinare un’altra costola.
Spock sbatté lentamente gli occhi, perfettamente inespressivo: “Grazie” disse, riluttante.
E, indeciso tra il chiamarlo Capitano o Jim, non aggiunse nient’altro, lasciando quella singola parola a galleggiare tra di loro.
“Credo che Uhura ti abbia chiamato” gli ricordò Kirk, continuando a sorridere.
Spock si riprese da quel silenzio insopportabile, batté i tacchi e si recò verso l’uscita: “Vado in plancia a rispondere al Comando di flotta…guarisca presto” borbottò, incamminandosi in fretta assieme alla confusa attendente di poco prima.
Allontanandosi, non poté impedire alle sue perfette orecchie Vulcaniane di sentire il Capitano e Mccoy ridere nella Sala Operatoria in un modo che lui non avrebbe mai potuto concepire, e li invidiò.
Scosse la testa, mentre si avvicinava ad Uhura per rispondere alla chiamata.
Quella di quella sera sarebbe stata certamente una delle sue meditazioni più profonde. Doveva smettere di pensarci e basta.
Tutto era finito per il meglio e la sua non era stata che una logica preoccupazione.
Una logica preoccupazione e nient'altro.
  
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