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Autore: nikita82roma    03/06/2018    8 recensioni
Ambientata in un futuro che si snoda dopo la 8x02, dove tutto quello che è successo dopo che Beckett è uscita dal Loft non è mai esistito.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Chiudeva lentamente i bottoni della camicia guardandosi allo specchio, uno dopo l’altro, passando poi ai polsi, prima uno e poi l’altro. Si passò una mano tra i capelli nel silenzio della stanza dove l’unico rumore era quello della doccia attutito dalla porta socchiusa. Non sapeva se lei aveva voluto lasciarla aperta di proposito, se era un segnale, una dimenticanza o solo una vecchia consuetudine. Non se ne curò. Pensò ad calzare le scarpe, nere, lucide, fatte su misura per lui, così come il completo grigio di morbida lana pregiata, interamente cucito a mano. 
Si guardò allo specchio: un filo di barba lasciata volutamente incolta da un paio di giorni, capelli decisamente più corti, qualche ruga in più sul viso piuttosto dimagrito, occhiali da vista con montatura argentata, tutto decisamente studiato ed in fondo si piaceva in questo nuovo look, avrebbe fatto cinquant’anni di lì a qualche settimana, non era poi così male.
Fece scivolare le mani sul tessuto appena indossato, assicurandosi di essere impeccabile. Non dovevano rimanere tracce di quanto appena accaduto, almeno non visibili. Per il resto ci sarebbe stato modo di pensarci dopo o magari il giorno successivo. 


Era successo tutto in modo troppo veloce.
Aveva percepito la sua presenza nella sala appena era entrata e si era voltato immediatamente verso l’interno. Non sarebbe dovuta essere lì, aveva chiesto conferma più volte alla sua nuova agente prima di accettate la richiesta di partecipare e glielo aveva assicurato: il Capitano Beckett non ci sarebbe stata. Invece era lì. Era lì ed era dannatamente bella come l’ultima volta che l’aveva vista, ormai quasi più di tre anni prima, anzi forse anche di più.
Un completo blu fasciava il suo corpo, del quale ancora ogni curva era perfettamente impressa nella sua mente. Era elegante, seria, austera. Camminava decisa nella sala, con il suo solito piglio, vicino ad un uomo in alta uniforme, che doveva essere più o meno suo coetaneo. Sembravo parlottare di cose di grande importanza a giudicare dal modo in cui lei gesticolava e serrava poi la bocca. Riconosceva quel suo atteggiamento, era quello di quando dava degli ordini e voleva fossero rispettati e continuò così fino a quando anche lei non lo vide, coppa di champagne in mano, affiancato da una giovane vestita con un perfetto abito da sera rosso, che faceva pendant con la cravatta e la pochette nel taschino dell’abito di Castle.
Fu solo un instante e i pianeti entrarono in collisione. Tutto sembrò muoversi intorno ad un magnetismo ancora più forte di quello terrestre. Fecero finta di ignorarsi, imbarazzati e infastiditi, ma non riuscivano a non seguirsi con lo sguardo l’un l’altra. Castle sembrò non ascoltare nemmeno i “mi dispiace” di Julia, la sua agente che continuava ad assicurargli che non ci sarebbe stata, che lei non lo sapeva. Credeva alla sua buonafede, non avrebbe avuto motivo di fare diversamente, anzi lei era la prima a volere Kate Beckett il più lontano possibile da lui, soprattutto adesso.
Lo avevano invitato quell’anno alla festa della Polizia, per dargli un riconoscimento per quanto aveva fatto per loro, con le sue azioni, donazioni e con i suoi libri. Era stato titubante e indeciso fino all’ultimo se andare o no, poi aveva deciso di presenziare, sarebbe stato scortese non farlo. Aveva concluso già da qualche anno la saga di Nikki Heat, cambiando completamente la stesura di quello che sarebbe stato il libro più difficile che aveva mai scritto. Non l’aveva fatta morire come Storm, non ci era riuscito. Era stata un’uscita di scena sottotono e dolorosa per lui, come quella dalla sua vita.
Si avvicinarono troppo. Un momento di distrazione. Aveva appena ritirato sul palco la sua targa ed aveva dovuto sorridere tutto il tempo quando uno zelante cerimoniere ricordava il suo passato di collaboratore del dodicesimo distretto, e fissava un punto indefinito in fondo alla sala per non incrociare il suo sguardo.
“Non sarei dovuta venire, ma il capo della polizia ha insistito.” Si era scusata lei ancor prima di salutarlo. 
“Non è un problema” Rispose mentendo e facendo per andarsene senza dire altro dopo aver buttato giù tutto d’un fiato un calice di vino.
“Ti trovo bene.” Gli disse afferrandogli istintivamente il braccio per non farlo andare via mentre rimasero a guardarsi troppo o troppo poco.



Non sapeva come erano finiti in quella stanza poco dopo, non ricordava la scusa che avevano usato, ognuno per conto suo, per lasciare il salone della festa, andare verso gli ascensori e poi ritrovarsi davanti alla porta di quella stanza. Non ricordava nemmeno il momento in cui lo avevano deciso e si erano dati appuntamento o forse non l’avevano fatto ed era venuto tutto naturale, si erano capiti, come sempre. O quasi.
Entrare e chiudersi la porta alle spalle era stato un attimo, così come altrettanto rapido era stato il tempo per liberarsi dei vestiti e ritrovarsi. Ed era stato tutto troppo facile. Trovare le labbra da baciare e mordere, toccare tutti i punti giusti del corpo per andare fuori di testa, i gemiti e i sospiri, i corpi che si muovevano uno sull’altro, uno dentro l’altro, con quella naturalezza che avevano sempre avuto, due perfetti incastri che si erano ritrovati e non avevano avuto difficoltà a riconoscersi. Fu dirompente e spiazzante. Furono emozioni che non riuscì a incanalare in nessuno dei suoi schemi mentali. Tutto quello che aveva appena ricostruito nella sua vita tremò pericolosamente e fu sul punto di crollare. Si sarebbe ancora una volta prostrato, l’avrebbe ancora supplicata, avrebbe ancora una volta messo da parte la sua dignità per lei. Per loro. Stava per essere sopraffatto da se stesso e da tutto quello che provava mente accarezzava il suo corpo nudo e poi fu come ricevere una secchiata d’acqua gelata in pieno volto che lo riportò alla realtà. Conosceva quel corpo a memoria e sotto le sue dita sentì cicatrici che non conosceva. Si fermò spaventato, prendendo coscienza in quel del tempo passato e di quello che questo comportava. Lei mise la sua mano su quella di lui, sembrava quasi volesse spiegargli, ma non gli diede modo. Vide le loro mani senza alcun segno di loro.
Fu Kate a voltarsi e baciarlo e lui ricambiò quel bacio con passione. La baciò assaporando ogni istante, ogni piega della sua bocca, nutrendosi del suo sapore. Sapeva quanto era potente quella droga. Conosceva gli effetti su di lui. 
Si era alzata poi, avvisandolo che andava a farsi una doccia, camminando nuda per la stanza, ammiccandogli. 
Lui la guardò e poi si rivestì.



“Pensavo mi avresti raggiunto” gli disse avvolta in un corto accappatoio bianco trovandolo con sua sorpresa già perfettamente vestito.
Era stato tentato, non poteva negarlo, ma non lo aveva fatto.
Cosa nascondevano quelle cicatrici? Quale era la sua vita ora? Cosa faceva? Per cosa l’aveva lasciato? L’aveva pregata, supplicata, si era annientato per lei. Aveva fatto tutto quello che poteva e lei lo aveva sempre allontanato da quando quella sera se ne era andata dal loft. Gli aveva chiesto di aspettarla e lui sperava che sarebbe tornata prima o poi. Aveva sempre lasciato un posto nel suo cuore per leI, aveva lasciato tutto il suo cuore per lei, ma lei non era mai tornata. Gli aveva solo inviato qualche mese dopo per posta le carte per il divorzio. Non voleva niente da lui solo essere lasciata libera. Si era negata a lui in tutti i modi, non aveva più voluto vederlo, parlargli. Niente. Poteva comunicare solo con il suo avvocato, ma niente le avrebbe fatto cambiare idea, così gli aveva detto. Divorziarono un mese prima di Natale, pochi giorni dopo un primo anniversario mai festeggiato: il matrimonio che aveva creduto sarebbe durato per tutta la vita, era stato il più breve. Gli faceva male ancora solo a pensarci. Non poteva tornare indietro anche se era l’unica cosa che voleva. Non le aveva mai perdonato di non aver avuto un perché, di non meritare nemmeno una spiegazione per la fine del loro matrimonio. Non era mai andato avanti, non l'aveva mai superata, era cambiato. Era diverso, era un altro. Era quello che tutti volevano, era sempre più Castle e sempre meno Rick. Alla fine capì che così avrebbe sofferto meno anzi, non avrebbe sofferto più, non avrebbe permesso a nessun altra di farlo soffrire, anche perchè nessuna avrebbe potuto farlo più soffrire dopo di lei. Julia era giovane, molto giovane, forse troppo per qualcuno, anche per Alexis. Era carina, però e non era impegnativa. Avevano un buon feeling sul lavoro e lei aveva trovato la chiave giusta per valorizzare meglio la sua svolta sul lavoro, con quel nuovo personaggio, Alex Rogers, un moderno Indiana Jones che si trovava a combattere criminali risolvendo misteri tra i luoghi più affascinanti del mondo. Aveva successo, di nuovo, con le lettrici, con le donne, con il pubblico e con Julia che era letteralmente affascinata da qualsiasi cosa facesse. Lui lo sapeva e forse un po' se ne approfittava, ma quella relazione aveva vantaggi per entrambi. 
La guardò e capì quanto tutto quello che stava vivendo era finto. Quanto era lontano dai veri sentimenti che aveva provato, e provava per Kate, che con una sola smorfia era capace di scavargli il vuoto dentro, ma sentì lo stresso dolore di quei giorni quando lo aveva abbandonato, quel dolore che non lo aveva mai lasciato, solo aveva fatto finta di non sentire, coperto da tutte le cose futili della sua nuova vita. Avrebbe voluto chiederle tutto. Non le chiese niente.


“La camera è pagata, puoi andare via quando vuoi.” Le disse passando oltre, andando verso la porta. Kate rimase gelata dalle sue parole.
“Castle...”
“Non abbiamo nulla da dirci, Beckett. Non più adesso. Non è più il momento.” Le disse dandole le spalle senza guardarla. Non ce l’avrebbe fatta.
“Perché?”
“Non c’è un perché, come non c’era tre anni fa.”
“Posso spiegarti.”
“Non mi interessa. Non mi interessa più adesso.”
Se ne andò senza dire altro. Non ascoltò quello che lei voleva dirgli. Che non l’aveva voluto vedere perché non sarebbe riuscita a mettere fine al suo matrimonio guardandolo negli occhi. Che aveva vissuto sotto scorta per tutti questi anni, impegnata in operazioni segrete. Che aveva smantellato l’organizzazione di LokSat poche settimane prima. E che ora era finalmente libera e pronta a chiedergli se aveva sempre quel posto per lei. Era evidente che non lo aveva più.
Prese il cellulare nella borsetta, non lesse i numerosi messaggi in sospeso ma chiamò l’ultimo numero che aveva fatto poche ore prima. Rita l’aveva chiamata per offrirle un lavoro. Avrebbe dovuto cambiare vita, avrebbe dovuto rinunciare alla sua vita, ma era brava e la CIA la voleva fortemente. Per quello era andata lì, perché voleva vedere Castle, perché lei non voleva rinunciare alla sua vita, lei rivoleva la sua, con l’unico uomo che avesse mai amato, con l’uomo che era la sua vita e la sua casa. L’uomo che non la voleva più. Si era illusa per qualche ora, aveva assaporato ancora quello a cui aveva rinunciato, si era illusa di vivere ancora nel calore del suo abbraccio.
“Rita, sono Kate. Accetto.”

Non avrebbe avuto un’altra possibilità. La vita di Kate Beckett era finita, questa volta per sempre. Avrebbe avuto un altro nome o tanti altri, sarebbe diventata invisibile, come tutti loro. Avrebbe solo voluto dirgli “ti amo” ancora una volta, pensava che glielo aveva sempre detto troppo poco.

   
 
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