Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Florence    06/06/2018    2 recensioni
Scoprirsi, perdersi e ritrovarsi oltre il tempo, oltre il dolore, oltre una lontananza che strappa l'anima.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 17

Proprietà privata (Sei anni prima)

Era giunto il momento per Marinette di mettere in atto tutti gli insegnamenti che Alya le aveva dato in fatto di conquistare il genere maschile.

-Casomai cambiassi sponda-, le aveva detto una volta l’amica, -Sappi che avrai una spasimante lesbica che non ti darà mai pace-. In fondo, nonostante le risultasse difficile mettere in pratica le idee di Alya e sapesse che quelle erano solo parole di conforto, sapeva che lei aveva riposto molta fiducia nella naturale sensualità che riteneva Marinette emanasse.

Alla luce delle rivelazioni che erano state fatte, era abbastanza chiaro il perché Adrien amasse il rosso, ma, sebbene Marinette avrebbe voluto vederlo accendersi come un cerino vedendola arrivare il più rossa possibile, aveva paura che qualcuno avrebbe potuto riconoscere in lei Ladybug.

Quella mattina quindi decise di indossare qualcosa che aveva cucito mesi prima in onore del suo partner di avventure e che mai, mai, avrebbe pensato di indossare davvero.

Si guardò le gambe: erano le stesse gambe che Adrien le aveva detto di coprire… prese le parigine nere che aveva modificato secondo il modello ispirato a Chat Noir e le indossò, tendendole sulle ginocchia, su fino alle cosce. Chissà che ne avrebbe pensato “il suo Chaton”... Le sarebbe servita inoltre della biancheria adatta… e ce l’aveva. Basta col pizzo, era certa che anche Adrien sarebbe stato d’accordo.

Ma che sto pensando!

Marinette si prese le guance tra le mani: era ancora una ragazzina, cosa le venivano in mente certe immagini che… Oddio se le venivano in mente!

Doveva essere la prima a calmarsi, in fondo le parole di Adrien erano state dettate solo dalla rabbia del momento: “il gatto marca il territorio”… brrr le faceva quasi paura e che dolcissima, trasgressiva paura…

Prese la gonna nera a ruota: era molto corta, accidenti… Forse era un po’ cresciuta da quando l’aveva cucita, ma riusciva a coprire almeno il bordo delle calze, sarebbe andata bene.

La maglia era invece molto semplice, verde, con un charm a forma di campanellino dorato che avrebbe ciondolato tra le sue scapole, creato apposta in stile Chat Noir. Non aveva mai realmente capito perché aveva disegnato e cucito in gran segreto quel modello, in fondo non aveva mai avuto nessun interesse per lui prima…

O forse no…

Si rese conto che avrebbe dovuto prendersi una pausa e iniziare a riflettere seriamente su quando fosse stato l’attimo in cui aveva iniziato a pensare a Chat Noir non solo come un collega, ma come qualcosa di più. Le tornarono in mente le parole di Alya: “Chi disprezza, compra”… e chi meglio di lei lo aveva disprezzato allo sfinimento, quel povero ragazzo che poi aveva scoperto essere il più grande sogno d’amore?

Tirò su i capelli in una crocchia scomposta, per lasciare il collo scoperto e si coprì con un cappottino rosa che le permise di uscire di casa senza commenti da parte di sua madre.

Trotterellò fino a scuola, fiduciosa che quel giorno tutto sarebbe stato perfetto. “Pensa positivo” si ripeté fino a perdere il significato delle parole.

Quando entrò in classe, stranamente senza fare incontri di alcun tipo, Adrien era già arrivato. Stava in piedi appoggiato al banco e guardava distratto il suo telefono, una mano nella tasca dei jeans; percepì l’arrivo della sua ragazza prima di vederla e alzò su di lei occhi verdi e magnetici. Non ne poteva più di stare lontano da Marinette anche se erano passate sì e no due ore.

Un bravo ragazzo avrebbe dovuto salutarla, farla sedere al suo posto e dirle due parole di scuse per come l’aveva abbandonata quella mattina, ma quando la vide tutti i buoni propositi andarono a farsi friggere e senza una parola l’agguantò con un braccio attorno alla vita e uno dietro al collo e la baciò.

Addio gambe… Marinette vacillò squagliata, incredula e presa alla sprovvista, mentre una sfera di estremo calore l’attanagliava alla pancia e catturava ogni goccia di sangue dalla sua testa. Si lasciò andare al suo abbraccio e si fece baciare, socchiudendo appena le labbra e intrecciando le dita attorno al collo del ragazzo. Dov’era? Non avrebbe saputo dirlo. Era in paradiso, forse, e il paradiso aveva il dolce sapore delle labbra di Adrien.

Chi si allontanò per primo non fu chiaro a nessuno dei due: Adrien guardò gli occhi lucidi di Marinette, le labbra rosse per il suo attacco e le guance imporporate: -Buongiorno amore mio-, le sussurrò all’orecchio aprendosi in un sorriso, noncurante di chi ci fosse intorno.

C’erano Juleka e Kim, che avevano assistito attoniti alla scena e c’era Nino, appena arrivato, che con uno -Wow!-, si appuntò mentalmente di fare la stessa cosa quando fosse arrivata Alya.

Marinette sorrise imbarazzata all’amico e sovrappensiero sfilò il cappotto dirigendosi verso il corridoio per riporlo nello spogliatoio.

-Dai a me-, le disse Adrien, lanciandole uno sguardo infuocato mentre la studiava dalla testa ai piedi. Certamente quella visione in minigonna non era per tutti, avrebbe dovuto fare quattro chiacchiere con lei, in privato. Molto in privato…

Quando Alya entrò in classe vide Marinette con le spalle poggiate al muro, la testa tra le nuvole, le labbra rosse e l’espressione sognante; si diresse in tromba verso di lei, ma fu agguantata da Nino che provò a baciarla, -Ma che fai?-, lo brontolò scacciandolo e dirigendosi verso l’amica, noncurante della delusione del suo ragazzo.

-Marinette, è giunto il momento: sto per innamorarmi di te!-, le disse euforica.

-Ora la bacia anche lei-, grugnì Kim dall’altra parte dell’aula.

Alya afferrò Marinette per le spalle: -Cosa hanno udito le mie orecchie??? Chi ha fatto cosa?-

La ragazza abbassò lo sguardo arrossendo, in realtà era divertita dalla situazione, si sentiva vagamente come una principessa o una miss sul podio, ma sapeva anche che sarebbe stata una sensazione breve e volatile. La sua amica la scostò da sé, per ammirarne la mise: -Che brava maestra che hai avuto-, asserì gongolandosi, -Fatti vedere-, e nel farlo fece compiere una mezza piroetta a Marinette, tenendole la punta delle dita.

Adrien, rientrando, la vide con la gonna che si alzava e un campanello che ciondolava sulle sue scapole scoperte e desiderò come non mai trasformarsi in Chat Noir e rapirla. Fu un pensiero concreto: avrebbe potuto farlo, in realtà e chissà come ci sarebbe rimasta la dolce Marinette se le avesse tirato un colpo così basso… Avrebbe potuto rapirla e portarla a casa sua saltando di tetto in tetto, tanto suo padre non c’era… Sicuramente Nathalie sarebbe stata fuori e a sorvegliare la casa forse ci sarebbero state solo un paio di donne delle pulizie. L’avrebbe portata in camera sua e stesa sul suo grande letto dalle lenzuola di raso e…

-Adrien?-, qualcuno lo stava tirando per una manica.

-Adrien, ci sei?-, uno strattone più forte: ovviamente una sola persona poteva turbare quei sogni ad occhi aperti e quella persona era Chloe. La ragazza aveva qualcosa da farsi perdonare, o meglio ce l’aveva “LadybugChic2002”.

-Buongiorno a te, Chloe-, con tutto l’impegno che poteva metterci, non riusciva ad essere aggressivo nei suoi confronti e anche a sarcasmo non era padrone della materia.

-Adrienuccio caro, allora, sei soddisfatto del tuo lavoro di ieri? Io sono rimasta e-sta-sia-ta dalla tua professionalità e da come ti stavano bene quei vestiti-, strillava con il solo scopo di farsi sentire da Marinette. Dal canto suo, la ragazza si era messa a sedere al suo banco e ascoltava il teatrino di Chloe con il mento poggiato sui palmi delle mani, fingendo disinteresse e aspettando di vedere una reazione da parte di Adrien. Il gatto doveva marcare il territorio, no?, pensò fiduciosa.

-Anche oggi hai una sessione di foto, giusto?-, Chloe si era avvicinata a lui, pericolosamente. Marinette notò con un lieve disappunto che la bionda era più magra di lei e più alta, al di là del trucco vistoso e quell’orrendo colore di capelli era obiettievamente una ragazza molto attraente… perché Adrien non le diceva qualcosa???

-Dove mi porti di bello oggi, Adrienuccio?-, Chloe si strinse al braccio del ragazzo. Marinette stava per alzarsi e andare a dirne quattro a quella gallina, ma il ragazzo la precedette di un soffio.

-Mi dispiace Chloe, ma oggi ho annullato tutti i servizi fotografici : c’è stata una fuga di immagini ieri sera e mio padre ha già avvertito le autorità che stanno indagando su chi possa essere stato. Dice che hanno trovato le mie foto caricate su Facebook da… come si chiamava, Principessa?-, si voltò verso Marinette che avvampò e fece cadere dalle mani la matita che nel frattempo aveva preso per fare qualche schizzo. Lo guardò frastornata, articolò qualche suono senza senso. Perché mai l’aveva chiamata con quel nomignolo, così intrigante e allo stesso tempo così puerile? L’aveva fatto Chat Noir, una volta… era dunque Chat quello che stava parlando a Chloe in quel momento?

Sii Ladybug!

La sua coscienza a pois doveva prevalere su di lei: con un metaforico scatto di reni tornò lucida e -Quale dici, mio Hot Top Boy? Quella che abbiamo visto ieri sera a casa mia? Mi pare si chiamasse… “LadybugChic2002”…- , scandì bene Marinette, rimanendo a braccia conserte ad osservare la reazione della compagna, che passò dal rosso peperone al bianco cadaverico per la paura.

Adrien stirò le labbra in un sorriso sarcastico e andò a prendere posto accanto alla sua ragazza; entrambi rimasero molto composti, con le mani in bella vista sui banchi e lo sguardo dritto alla cattedra, dove stava arrivando e sistemandosi la professoressa Bustier.

Ressero per quasi dieci minuti, finché la lezione ebbe inizio e nessuno pensò più al loro show di pochi minuti prima, fortunatamente riservato a pochi intimi spettatori. Ma la mano di Adrien, a un certo punto, un po’ per la noia della lezione, un po’ per la voglia che aveva addosso da quando si era svegliato, scivolò sotto al tavolo, infischiandosene del fatto che dietro di lui ci fosse Ivan. Gli dispiaceva solo che non ci fosse anche Kurtzberg, ma evidentemente il Pomodoro non aveva avuto abbastanza coraggio di farsi rivedere, quella mattina. Avrebbe trovato un altro modo per fargli capire come stessero le cose: non aveva mandato giù che, ancora, lui fosse interessato a Marinette, nonostante fosse ormai chiaro che lei era impegnata.

La mano rimase ferma a mezz’aria, indecisa dove posarsi; Adrien buttò un’occhiata in basso e la mise sul ginocchio della ragazza che, voltandosi con occhi sgranati verso di lui e le spalle tese, non poté che socchiudere la bocca in un’espressione di estremo stupore.

La calza che indossava era liscia e sottile e le piccole orecchie nere applicate all’altezza delle ginocchia dovevano essere di pelle o qualcosa del genere. Adrien deglutì: la sua parte felina scalpitò per uscire allo scoperto e la mano agguantò tutto il ginocchio. Marinette sussultò e le sue guance si imporporarono parlando al posto suo.

Quando sentì il calore della mano addosso alla sua gamba, la prima cosa a cui pensò, scattando come una molla, fu quello che era successo pochi giorni prima a mensa. Ogni volta che metteva una gonna, Adrien Agreste finiva per toccarle le gambe! Ma se la volta prima si era ritirato come scottato dal contatto con pezzo di brace, in quel momento la sua mano stava indugiando sulla sua gamba in maniera molto poco conveniente al luogo dove si trovavano.

Era bollente e grande e Marinette sentì quasi un dolore fisico in mezzo alla pancia, scioglierla e scivolare giù. Adrien non poteva farle una cosa del genere, non mentre erano in classe con la Bustier a spiegare Boudelaire e lei non poteva difendersi in nessun modo, se non lanciandogli occhiate che lasciavano intendere volontà contradditorie.

Era una tortura deliziosa, ma non sapeva quanto avrebbe potuto reggere ancora…

Anche Adrien dal canto suo era rosso, indubbiamente doveva essere rosso perché si sentiva avvampare fino alle orecchie, ma non voleva nella maniera più assoluta staccarsi da quella coscia velata di nero. Cavolo si stava riprendendo tutto il tempo perduto a grosse manciate ed era una sensazione talmente trasgressiva da fargli male e impedirgli di smettere!

Mosse la mano sulla stoffa liscia, le sue dita scivolarono nella parte più interna e morbida. La sentì muoversi appena, era a disagio la sua Marinette, eppure quegli occhi lucidi e il rossore che spuntava da dietro i pugni con cui stava cercando di coprirsi il viso gli urlavano di andare avanti. Salì ancora di qualche centimetro finché non sentì sotto le sue dita che la calza era finita e c’era solo la pelle morbida e calda della sua ragazza.

Espirò portando l’altra mano a coprirsi la bocca, si strinse le guance e abbassò lo sguardo.

Poteva smettere, no? Bastava staccare la mano e liberare entrambi da quella liquida bollente scoperta.

E invece andò più in su e sentì che Marinette stringeva tra loro le cosce; vide che inghiottì e riprese aria, facendo gonfiare il petto e dietro di lei la piccola campanella dondolò sulle sua schiena.

Infilò un dito sotto il bordo della calza, sentì il segno prodotto sulla pelle, allungò un’occhiata alla ragazza e si incrociarono in tralice. Marinette piegò in basso le sopracciglia, giusto un poco, in una timida richiesta di pietà.

Quando Adrien staccò la mano dalla sua gamba e, spostandola sui suoi jeans deglutì e le lanciò un'altra occhiata obliqua languida da far male, Marinette avrebbe potuto mettersi a urlare.

Cercò di darsi un contegno e si piegò tremante sullo zainetto rosa ai suoi piedi estraendone una bottiglietta d’acqua. La stappò, fece accidentalmente cadere il tappo per terra e ne bevve un sorso, due, qualunque cosa pur di calmarsi.

Adrien alzò la mano e, sotto lo sguardo azzurro attonito della ragazza, chiese di poter uscire per andare in bagno. Sfilò di rimpiatto scivolando accanto al muro e uscì nel corridoio freddo, tirando un sospiro di sollievo; si precipitò in bagno e infilò la testa sotto il getto di acqua fredda del lavandino.

-Tu vuoi morire…-, lo avvertì Plagg, facendo capolino dalla sua giacca: -Hai presente che se continui così ti viene un infarto? Mi sembrava di stare in una discoteca con musica house, accidenti a te, moccioso pervertit…uuuhhh! Ma che vedono i miei occhi! Fossi in te ci metterei anche qualcos’altro sotto l’acqua!-, Adrien si tirò su infradiciandosi la maglia e schizzando tutto lo specchio. Era sempre rosso: maledizione, non era buono a fare quelle cose, non riusciva ancora a contenersi.

“Se la vuoi fare sporca, cerca di farla pulita” era stato il consiglio di un suo collega più grande, quando lo aveva beccato a palpeggiare allegramente una modella, durante un servizio fotografico. Toccava e sorrideva all’obiettivo del fotografo come se fosse stato pienamente in sé. E la ragazza rispondeva senza remore al suo palpeggiamento, con viso truce come si addiceva al tipo di scatto richiesto. Al posto suo, Adrien sarebbe morto per autocombustione, ne era convinto.

Si chiuse in una toilette e rimase attaccato con le spalle alla porta finché non si fu un po’ calmato. Affondò le mani nei capelli bagnati, scostandoseli dalla fronte, gli occhi rivolti al soffitto. “Ora stai calmo”, si ripeté.

Stai calmo, accidenti!

Dopo un tempo incalcolabile udì le porte del bagno che si aprivano e chiudevano, seguite dal rimbombo di passi pesanti.

-Adrien?-, era Ivan.

Maledizione… aveva visto davvero tutto?

-Sei qui Adrien?-, i passi si fermarono davanti alla porta del suo rifugio, -La Bustier chiede se stai bene… Che le devo rispondere, Adrien? Che staresti meglio se ti avesse mandato Marinette per finire quello che le stavi facendo?-

Ecco la doccia fredda che mancava…

Adrien aprì la porta e uscì, tutto fradicio, ma, nonostante tutto, molto, molto tranquillo. In qualche modo aveva ritrovato il suo aplomb Agreste, forse per la voce del ragazzone che in quel momento gli ricordava troppo l’asinello di Winnie The Pooh. Si soffermò a guardare un istante in quegli occhi innocenti e lievemente complici e gli passò accanto.

-Grazie Ivan, mi asciugo e torno in classe-, disse ostentando una sicurezza tipica di chi è avvezzo ai riflettori e agli obiettivi. Glissò completamente sul perché fosse tutto bagnato, ormai Ivan l’aveva capito da solo.

Intanto Marinette stava rosolando a fuoco basso immobile sul suo posto, sforzandosi di non dare a vedere il suo profondo, mostruoso, bellissimo imbarazzo: era decisamente una tortura per lei il modo in cui quel gatto aveva deciso di marcare il territorio...

-E se ti toccava più su, che facevi? Ti mettevi a urlare come la Ryan in Harry Ti presento Sally? T’immagini la faccia della Bustier!!!-, durante l’intervallo Alya non finiva più di prenderla in giro, dopo che entrambe si erano precipitate nello spogliatoio e Marinette aveva sputato il rospo sul perché di quella fuga del suo Adrien.

-Alya! Io non… Adrien non lo farebbe mai!-, strillò tra le dita che le coprivano il viso paonazzo.

-Vedrai come sarai tu a chiederglielo! Aspetta che i tuoi vadano una sera a cena fuori da soli e sono sicura che il tuo biondino sarà pronto a riprendere da dove ha lasciato, anzi, direttamente da qualche centimetro più in alto!-, Alya continuava a prenderla in giro e Marinette serrò di più le mani sul suo viso, vergognandosi come una ladra. Teneva gli occhi chiusi e non vide al di là della piccola finestrella vetrata in alto sulla porta, che stava entrando a scuola anche il suo pretendente dai capelli rossi.

-Ahia…-, disse Alya, rivolgendole uno sguardo preoccupato. Il giorno prima era stata proprio lei a trattare male il ragazzo, a discapito del fatto che non fossero propriamente affari suoi e la sua assenza di quella mattina le era parsa provvidenziale. Ma evidentemente Nathaniel aveva una qualche buona ragione per entrare in ritardo a lezione.

-Che c’è?-, chiese Marinette, tirandosi su le calze e sistemandosi i capelli. Doveva rendersi presentabile e rientrare in aula.

-È arrivato Nathaniel…-, rispose Alya precedendola fuori dallo spogliatoio, incrociando le dita perché non succedesse niente di eclatante. Marinette la seguì con lo stesso pensiero in testa, ma anche una certa paura che uno dei due ragazzi potesse improvvisamente perdere il lume della ragione.

Rientrando in aula, Marinette andò quasi a sbattere contro Adrien, che l’attendeva trepidante ai primi banchi, davanti alla porta. La trattenne posando le sue mani sulle braccia della ragazza, piegò un poco la testa e la guardò con occhi colpevoli e dolcissimi, -Scusami… non so che mi sia preso…-, ammise lasciando crollare il suo sguardo a terra.

Marinette piegò gli avambracci fino a sfiorargli il petto e si chinò appena per incatenare il suo sguardo: -Segnati dove eri rimasto…-, gli sussurrò stirando le labbra in un sorrisetto malizioso; Adrien si riaccese come una miccia, la scintilla brillò di nuovo nel verde dei suoi occhi, si piegò sul collo scoperto della ragazza e lo baciò, riempiendosi le narici del profumo della sua pelle. Con una mano era salito al suo volto, che accolse in un morbido giaciglio quando lei vi si abbandonò sopra. Lasciò scivolare il pollice alle labbra rosse e le sfiorò.

-Tu non sai quello che vorrei fare…-, mormorò al suo orecchio con voce roca, abbracciandola stretta. In quel momento incrociò lo sguardo con quello atterrito del suo compagno di classe dai capelli rossi, che stava entrando in classe e ogni proposito di comportarsi in maniera dignitosa e adeguata al luogo dove si trovavano andò a farsi benedire.

Si era ripromesso che gli avrebbe fatto capire in maniera cristallina come stessero le cose: non avrebbe voluto osare oltre con Marinette, ma il senso di possesso ebbe la meglio e, senza abbassare lo sguardo da lui, allentò un poco l’abbraccio per baciare la sua ragazza sulla bocca.

-Non importa che me lo mostri a scuola, riparliamone più tardi…-, sussurrò Marinette sorridendo sulle sue labbra, premendo appena i palmi aperti sul suo petto, perché si allontanasse un poco da lei. Quella mattina il pubblico era veramente scarso, ma nel bel mezzo dell’intervallo con tutti i compagni che andavano e venivano nel corridoio, non le andava di esibire oltremodo un certo tipo di comportamento. Avevano a disposizione tutto il giorno e anche la notte, se non fosse loro bastato, per scambiarsi quelle effusioni che aveva tanto sognato.

Adrien indugiò un secondo di più sulle sue labbra, staccandosi con un leggero morso e le sorrise felice e fiero, sentendo la spinta sul suo petto.

-E dai…-, ci riprovò, tornando con le labbra su quelle della ragazza. Marinette non fu l’unica a percepire la sua insistenza e, se lei ne fu compiaciuta, per Nathaniel fu la goccia che fece traboccare il vaso.

-La vuoi lasciare?-, s’intromise ostentando un coraggio che difficilmente possedeva davvero. Premette con la mano sulla spalla di Adrien, per allontanarlo dalla ragazza, che sussultò per quella apparizione improvvisa.

-Nath, tranquillo, è tutto a posto…-, cercò di spiegare Marinette, mettendosi nel mezzo tra loro. Non si era accorta dell’ingresso del compagno e certamente non avrebbe voluto essere colta in quel frangente proprio da lui.

-Togli quella mano-, ringhiò Adrien rivolto a Nathaniel. Marinette capì che le cose non si sarebbero limitate ad un semplice battibecco, perché non aveva mai visto gli occhi del suo amato così scuri e arrabbiati. Nathaniel in risposta si voltò verso di lei e l’afferrò per un polso.

-Ehi!-, Marinette si ritrasse, ma lui non la lasciò. Che gli prendeva al Nathaniel che credeva di conoscere da così tanti anni?

-Lasciala!-, gli intimò a voce più alta Adrien. Un piccolo capannello di compagni di classe si era avvicinato, più per curiosità che altro; tra loro si fece strada Nino che cercò di mettersi nel mezzo per raffreddare gli spiriti, con le mani alzate in segno di resa.

-Fate i bravi…-, provò a contenerli.

-Nino, per favore, non metterti nel mezzo-, disse tra i denti il suo amico lanciandogli un’occhiata furibonda.

-Ora smettetela per favore…-, tentò di nuovo di smorzare la situazione Marinette, cercando di liberarsi dalla presa sul suo polso, inutilmente. Le dita lunghe di Nathaniel la stringevano tanto da farle male. Marinette sentì prepotenti le lacrime affiorare alle sue ciglia. Aveva paura, così come il giorno prima, e il fatto che ci fosse Adrien e che fosse visibilmente arrabbiato non migliorava la situazione.

Infatti lui afferrò Nathaniel per il colletto della giacca, stringendolo in una mano. Marinette sentì lo strattone che gli diede ripercuotersi sul suo braccio intrappolato.

-Ti ho detto lasciala!-, urlò Adrien. Qualcuno dal corridoio si affacciò per capire cosa stesse accadendo.

Marinette avrebbe voluto mettersi a strillare di smetterla a tutti e due: stava vivendo un un sogno bellissimo, perché si stava trasformando nel peggiore e più paradossale incubo che avesse mai vissuto? In fondo Nath era solo un amico, un ragazzino spaurito che quando ci aveva provato con lei la prima volta, aveva riassunto in una scena romanticamente platonica tutto il sentimento che provava. Non aveva mai provato a sfiorarla, né a tentare altri tipi di approccio, allora perché lo stava facendo proprio nel momento in cui ormai avrebbe dovuto essersi rassegnato? E Adrien… era davvero così facile per lui accendersi come una carica esplosiva pronta a tutto pur di difenderla? Dov’era il dolce, educato, pacato Adrien che l’aveva conquistata con tutta la sua gentilezza e i modi delicati? Le stava facendo paura anche lui, non poteva perdere la sua razionalità in quel modo, davanti a tutti!

-Fermatevi!-, Nino cercò di staccare la mano di Adrien, che lo tenne lontano con l’altro braccio teso: -Nino, non farmi arrabbiare pure tu…-

-Basta, vi prego…-, una lacrima solcò il viso di Marinette che allungò una mano verso il suo ragazzo.

Ebbe l’effetto di un secchio d’acqua fredda su Adrien, che mollò il bavero di Kurtzberg e di colpo sentì l’enorme e vergognoso peso di quel che stava facendo gravargli sulla coscienza. Che diavolo stava facendo? Non era da lui reagire a quel modo, non era da lui nemmeno comportarsi come aveva fatto da quella mattina con Marinette! La vide piccola e indifesa, a dispetto della sua identità segreta che solo lui conosceva: c’era solo Marinette in quel momento, la dolce, mite Marinette. Si sentì un mostro e il senso di protezione che aveva appena lasciato che si comportasse in quel modo sbagliato lo portò a capitolare. Scuotendo la testa come per scacciare via i pensieri brutti che aveva appena lasciato prendessero il sopravvento su di lui, allungò le braccia verso la piccola Marinette e la strinse amorevolmente a sé, circondandole il capo con un braccio e baciandole i capelli.

-Scusa-, le disse piano, mentre lei si aggrappava alla sua maglia, con la sola mano libera. L’altra era ancora intrappolata.

Nathaniel lasciò la presa sul suo braccio e uscì di corsa dall’aula. Gli rimbombava il cuore nella testa, sentiva il palmo con cui aveva stretto il polso di Marinette bruciargli come se avesse toccato la mela proibita nel giardino dell’Eden.

Era finita… Se solo fosse riuscito ad esprimerle i suoi sentimenti quando aveva una maschera a coprirgli il viso, o se avesse potuto parlarle il giorno prima! In fondo non le avrebbe mai fatto del male, solo voleva che lei sapesse che la sua non era una semplice cotta. Ne era certo, lui la desiderava come se fosse la cosa più bella al mondo, adorava il suo carattere solare e quel suo essere imbranata al limite della comicità, eppure sempre sicura e pronta ad aiutare il prossimo.

Ma aveva fatto prima Adrien. Quel damerino figlio di papà, prepotente di Adrien che poteva avere ai suoi piedi tutte le ragazze del mondo e invece gli aveva rubato proprio lei. Lo pensava un bravo ragazzo, quanto si sbagliava! Che ne sapeva lui di quel che voleva dire penare per un amore? Pendere dalle labbra della persona amata e guardarla giorno dopo giorno sperando in un segnale da parte sua? Lui aveva tutto e subito, in ogni cosa. Quella sua faccia d’angelo gli spalancava tutte le porte, anche quelle del cuore di Marinette.

Avrebbe voluto tornare là e spaccargliela per farlo diventare un mostro, così Marinette non lo avrebbe più guardato e si sarebbe accorta di lui e sarebbe stata sua, per sempre. La collera e la frustrazione per quello che aveva fatto montavano dentro di lui come una marea nera, lo sentiva chiaramente ad ogni respiro ansimante che faceva. Aveva le unghie conficcate nei pugni stretti, i denti serrati e sapeva che doveva allontanarsi il prima possibile, per non dare di nuovo in escandescenza o cadere nel patetico, ma era appena entrato a scuola oltretutto presentando una giustificazione con una firma falsa fatta da lui e non poteva imn nessun modo andare via, se non scappando e mettendosi ancor più neki guai. Sentiva su di sé gli occhi di chi lo aveva seguito con curiosità fuori dall’aula, tutti piccoli, inutili osservatori di un segreto che sarebbe dovuto essere solo suo e di Marinette.

Maledizione Marinette, perché non hai voluto darmi una possibilità!

Si tastò la tasca della felpa: la lettera che avrebbe voluto darle era ancora là. Ci aveva speso tutta la notte fino all’alba e solo allora era crollato dal sonno con il magone in petto e tante speranze a tormentarlo. Per questo aveva fatto tardi, per lei stava perdendo la ragione! Eppure non poteva finire così… forse avrebbe potuto provarci, avrebbe potuto consegnarle quella lettera, almeno Marinette avrebbe letto quello che lui provava davvero. Si voltò e fece per rientrare in classe, stringendo la lettera tra le sue mani. L’avrebbe lasciata sul banco della ragazza e non avrebbe più detto o fatto niente. Quello che vide, però, cambiò tutto. Marinette era seduta sulle scalette, la gonna corta lasciava intravedere le sue gambe; accanto a lei, Adrien la guardava con amore, catturando lo sguardo della ragazza. Vide che le faceva coraggio accarezzandole il braccio che sembrava arrossato per la stretta a cui lui l’aveva costretta, l’altra mano corse al volto umido per asciugare le lacrime che ancora lo rigavano, ancora un tocco sulle sue labbra, ancora un timido bacio posato sulla sua bocca.

...no… No, non ce la poteva fare!

L’aveva persa per sempre!

Non la vide, ma comprese esattamente l’istante in cui le sue emozioni furono raggiunte dalla presenza maligna. Era già successo una volta, ricordava ancora quella straziante sensazione di perdita della sua libertà. La farfalla si posò sulla lettera che stringeva e per un istante si fermò come se gli stesse concedendo un’altra possibilità di calmarsi. Ma no… Nathaniel non voleva, non riusciva ormai più a calmarsi. L’akuma venne assorbita dalla carta e nella sua mente calò la tenebra.

***

Perdonatemi per il ritardo… Ormai ci sarete abituati però! :-P

A mia discolpa vi dico che la vita vera mi ha assorbita tanto, troppo forse, ma è l’unica che posso davvero avere la concessione di vivere, quindi… mi tocca!!!! :-P

Mi sono dedicata al lavoro, alla casa, alla famiglia, a gatti vari (...) e anche a Ladybug, sebbene in un’altra, dolcissima forma! Chi sa, sa, chi non sa, vedrà!

A questo punto… beh, infamatemi tranquillamente per l’attesa e per questo capitolo in cui ho descritto un Adrien decisamente OOC: chiedo umilmente venia e spero però di essere riuscita in minima parte a riportarlo nei ranghi alla fine di questa scena.

Ovviamente vi sarete accorti che Papi-Papillon è tornato! Muahahahahah!!!!

Bacioni a tutti, alla prossima!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Florence